Gli “Inventori” dell’Heavy Metal? Blue Cheer – Vincebus Eruptum & Outsideinside

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Blue Cheer – Vincebus Eruptum – Sundazed

Blue Cheer – Outside Inside – Sundazed

Secondo alcuni le violente sferzate di Summertime Blues sono i primi poderosi “vagiti” dell’heavy metal (e del punk rock, dello stoner rock, del grunge…aggiungere a piacere). Secondi altri bisogna fare risalire questo “merito” a gruppi come Cream o Jimi Hendrix Experience che già qualche mese prima del fatidico gennaio 1968 in cui appariva Vincebus Eruptum dei Blue Cheer si erano affacciati, magari con maggiore classe, ma sicuramente con un fronte sonoro meno devastante di quello del trio californiano. Secondo le parole di tale Doug Sheppard della rivista Ugly Things i Blue Cheer sono stati il primo gruppo a “bastardizzare” il Blues, come dice nelle liner notes della ristampa della versione mono dell’album a cura della Sundazed, più di Cream e Led Zeppelin, che sempre nelle sue parole erano più deferenti verso le tradizioni. Ovviamente in queste parole c’è un po’ di partigianeria da parte di una rivista che dalle sue pagine parla soprattutto di Beat anni ’60, garage e rock psichedelico, tutti elementi presenti in abbondanti dosi nella musica dei Blue Cheer, ma è altrettanto vero che la versione del brano di Eddie Cochran, che poi verrà ripresa da lì a poco anche dagli Who in questo arrangiamento, ha veramente una potenza devastante come pochi altri brani dell’epoca (forse l’attacco di Kick Out The Jams degli MC5).

Non è la prima volta che questo album viene pubblicato: era già uscito nel 1993 per la Mercury Usa e anche l’italiana Akarma nella sua versione del 2003 aveva aggiunto una bonus track. Questa edizione “definitiva” ripristina l’album originale: 6 brani per un totale di 32 minuti scarsi, 3 cover e 3 brani originali firmati dal bassista Dickie Peterson che era anche il cantante della formazione. A completare la formazione il chitarrista Leigh Stephens e il batterista Paul Whaley e qualche tonnellata di sostanze sospette, ma neanche troppo. Ispirati dalla esibizione al Festival di Monterey del 1967 dell’Experience di Jimi Hendrix, il gruppo che in origine era un sestetto decise di adottare la formula del power trio per meglio sfruttare le potenzialità della propria musica. Il disco, con un titolo latino – me li vedo gli hippies e i rocker dell’epoca a entrare nei negozi di dischi americani “uè ce l’hai Vinkaybus aerouptum”arrivò all’11° posto delle classifiche Usa mentre anche il singolo entrò nei Top 20, ma erano altri tempi. Il suono è volutamente primordiale, distorto, con tutta la potenza consentita all’epoca dagli amplificatori Marshall e il cantato tra lo stoner e lo stonato di Peterson con la musica che deve qualcosa ai riff più semplici della musica di Jimi Hendrix, che aveva ben altra consistenza, per dirla tutta; Paul Whaley picchia con energia sui suoi tamburi mentre il basso di Peterson tiene ancorato con note profonde il sound del gruppo dove la chitarra di Stephens si occupa con assoli brevi e ficcanti, direi con un neologismo -“mononota”-,  di ricreare il vigore del Blues attraverso le nuove frontiere del rock.

E questo direte voi è solo il primo brano? Mica tanto, perché poi gli altri cinque se andiamo bene a vedere sono solo variazioni sul tema. Ok, abbiamo i tempi rallentati della versione di Rock Me Baby di BB King o gli otto minuti di Doctor Please dal testo “psichedelico” per i prodotti chimici utilizzati ma dal sound che tanto ricorda le cavalcate in libertà (le prime jam) di Cream e Hendrix all’ennesima potenza con più di un tocco di garage e psichedelia e il fervore percussionistico di Whaley che quasi pareggia la potenza di Keith Moon, Mitch Mitchell, Ginger Baker o John Bonham (ma quasi!). Out Of Focus e Parchment Farm (che poi sarebbe Parchman Farm di Mose Allison) offrono ulteriori variazioni sul tema e a ben ascoltare hanno parecchi punti di contatto anche con il suono dei Big Brother and The Holding Co. che però avevano nelle loro fila una cantante come Janis Joplin e qualche piccola differenza questo la faceva. Quindi una miscela tra suono californiano e le “nuove” derive blues-rock della scena musicale inglese con qualche elemento garage e il beat acido di Nuggets. Second Time Around è un altro brano proto-metal e conclude questo primo assalto alle vostre orecchie con l’immancabile, per i tempi, assolo di batteria.

Passano otto mesi e arriva Outsideinside, l’etichetta dell’epoca è sempre la Philips, il produttore è sempre Abe “Voco” Kesh, ma il nuovo ingegnere del suono è Eddie Kramer già con Hendrix e gli Stones e che poi avrebbe lavorato con Led Zeppelin e Kiss. La copertina è di Gut, che era il loro manager nonché ex Hells Angels e il disco prende il nome dal fatto che fu registrato sia dentro che fuori dagli studi di registrazione per cercare di contenere la potenza del suono che scaturiva dagli ampli della band. Questa volta il disco è stereo, fanno la loro timida comparsa delle tastiere come nell’iniziale Feathers From Your Tree, gli arrangiamenti sempre “picchiati” si arricchiscono di maggiori florilegi acidi e psichedelici e Leigh Stephens aggiunge delle nuove tonalità al suo campionario di solista e anche degli elementi dark che potrebbero ricordare i primi Black Sabbath. Il wah-wah di Sun Cycle è sintomatico di questa svolta e anche il cantato è meno urgente e frenetico ma non mancano le improvvise sventagliate ritmiche del recentissimo passato. Arriva anche il phasing alla batteria di Whaley per il brano Just A Little Bit con il ritmo che stantuffa come un treno e le chitarre che si inseguono nei canali dello stereo. Gypsy Ball potrebbe essere un brano di Hendrix ma in realtà è firmata Peterson/Stephens.

Come and Get It ritorna alle vecchie abitudini di “viuulenza” mentre la cover di Satisfaction degli Stones velocizzata in una sorta di futuristico incontro tra ritmi soul e punk-rock è più riuscita dell’altra cover del disco una The Hunter che sull’altro lato dell’oceano i Free di Rodgers e Kossoff avrebbero inserito pochi mesi dopo nel loro esordio Tons Of Sobs con ben altro tiro e potenza. Magnolia Caboose Babyfinger è un breve strumentale di poco più di un minuto sempre vicino a brani tipo Fire di Hendrix, psichedelia acida che viene ampliata e perfezionata nella conclusiva Babylon. I Blue Cheer hanno continuato in varie formazioni e combinazioni la loro carriera fin quasi ai giorni nostri ma i loro album “fondamentali” sono questi due.

Bruno Conti     

Saluti Dalla Louisiana! Eric Bibb – Deeper In The Well

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Eric Bibb – Deeper In The Well – Dixiefrog/IRD

Eric Bibb è uno dei più rispettati musicisti della scena musicale acustica Blues americana, figlio di Leon Bibb e nipote di John Lewis del Modern Jazz Quartet, Eric è una sorta di cittadino del mondo visto che vive in Finlandia e una delle nazioni dove è più popolare, e dove si trova una delle sue tante case discografiche, è la Francia. Ma è anche prolifico, molto prolifico, questo Deeper In the well è il quarto album che esce in meno di anno: d’altronde gli “scappava” di fare un album con alcuni musicisti della Louisiana conosciuti in occasione della trasmissione della BBC Celtic Connections  e, detto fatto, è stato organizzato un viaggio per andare a registrare questo album in quel di Pont Breaux, Louisiana al Cypress House Studio di Dirk Powell con alcuni musicisti locali e qualche ospite di prestigio. Visto che in ogni caso, New Orleans e la Louisiana in generale sono comunque una delle culle dove è nato il Blues, il genere del disco è quello solito dei dischi di Bibb con alcuni brani dove le influenze cajun e zydeco sono più evidenti.

Come al solito il contenuto è un misto di cover, traditionals e brani originali di Bibb la cui provenienza è assolutamente indistinguibile: dall’iniziale Bayou Belle firmata dal nostro amico, un blues intriso di gospel con l’armonica di Grant Dermody, il contrabbasso di Dirk Powell (ma suona una infinità di strumenti, tra cui fisarmonica, banjo e violino), il violino di Cedric Watson e le percussioni di Danny De Villier, nonché il triangolo cajun di Christine Balfa ( proveniente da una delle famiglie più importanti della musica della Louisiana) a dare una mano alla acustica di Bibb e a supportare la sua voce ricca di mille sfumature si passa al puro cajun di Dig A Litte Deeper In the Well che Eric dice di avere conosciuto in una registrazione live della coppia Doc & Merle Watson ma qui ritrova lo spirito “regionale” del brano. C’è il super Deep Blues di No Further, solo armonica, contrabbasso e chitarra acustica a sostenere la voce molto espressiva di Bibb.

Sinner Man è un brano tradizionale che consente ancora una volta di apprezzare questa musica “senza tempo”, sospesa tra il passato delle radici e le tecnologie moderne che ci permettono di godere ogni più piccola evoluzione di armonica, chitarra acustica, violino e contrabbasso e la voce, profonda e risonante. Boll Weewil arrangiata dal duo Powell e Dermody è un altro traditional austero e scarno che proviene dalle radici del blues mentre In My Time con il dobro dell’ospite Jerry Douglas in grande evidenza svolta per un country blues rigoroso ma allo stesso tempo piacevole all’ascolto. Tutto quello che abbiamo ascoltato finora profuma di Taj Mahal e infatti la successiva Every Wind In The River porta la firma e le coordinate musicali del grande colored americano, uno dei più grandi musicisti in circolazione come dimostra la sua partecipazione al recente Chimes Of Freedom e la sua versione di Dylan è una delle più brillanti del lotto. Eric Bibb con l’aiuto degli ospiti Michael Jerome Browne al fretless banio e mandolino e Michel Pepin alle chitarre elettriche “baritone e ambient” (giuro!), si candida autorevolmente alla successione di Mahal, in un lontano futuro. Sittin’ In A Hotel Room è una di quelle meravigliose ballate acustiche che il nostro amico ogni tanto ci regala, solo una chitarra sullo sfondo, la armonica e il violino del duo Dermody e Watson e il triangolo della Balfa a incorniciare la sua splendida voce. Senza stare a tediarvi ulteriormente con altri titoli ( ma è importante anche questo) vi segnalo almeno ancora l’ottima Money In Your Pocket più ricca negli arrangiamenti e una particolare versione dolcissima di The Times They Are a Changin’ con un banjo insinuante in evidenza e tutto il gruppo di musicisti al servizio della voce di Eric Bibb che in questo brano raggiunge vette interpretative di grandissimo spessore e intensità (questa era da mettere nel tributo a Dylan)!

Che dire, ne farà pure troppi di dischi, ma è proprio bravo. Approvato.

Bruno Conti

Country Got Soul! Steve Azar – Delta Soul Volume One

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Steve Azar – Delta Soul Volume one – Ride Records

Direi che per questo disco il termine perfetto è proprio “Country Got Soul”. Steve Azar non è un giovane debuttante, ha già pubblicato quattro album dal 1996 a oggi, soprattutto in un ambito country (che comunque rimane il “cuore” della sua musica), transitando anche per una major come la Universal per Waitin’ On Joe del 2002 uscito su Mercury Nashville. Questo “nuovo” Delta Soul Volume One lo riporta alle radici della musica e anche delle sue origini: Azar è nato a Greenville, Mississippi, la patria del Blues del Delta, a due passi da Clarksdale. Si tratta di quattro nuovi brani e cinque rivisitazioni di vecchie canzoni re-incise senza il sound leccato delle produzioni targate Nashville, capitale del Tennessee dove il nostro amico era stato anche autore, negli anni della sua militanza country.

Il salto di qualità è evidente (anche se i vecchi album non erano male): nelle note del disco, volando alto, si definisce Delta Soul la musica che nasce dal delta del Mississippi (e lì Azar è a posto), storie di vite dure, una miscela di culture e razze, povertà e orgoglio, e in questo caso non vi so dire. Musica che ha influenzato il miglior Blues e Rock della storia: Clapton, gli Stones, Paul Simon (?), Led Zeppelin, ZZ Top sono stati ispirati da quella musica e l’hanno trasposta nella loro. Non so se siamo a quei livelli, ma idealmente il sound di Steve Azar sicuramente si nutre di soul, blues, southern rock, country e li frulla in uno stile fresco e vitale che merita un ascolto approfondito. Il disco, anche se autogestito, ha un suono molto professionale, da major, e uno stuolo di musicisti e collaboratori di qualità, tra cui i più noti sono il batterista Chad Cromwell e il chitarrista Kenny Greenberg, ma quelli fondamentali nell’economia del suono sono Mark Easterling che si occupa della solista e della slide e Gary Morse alla steel guitar e alla weisserborn nonché John Wallum che “pennella”  organo, piano e clavinet. Azar è in possesso di una bella voce, a suo agio nei brani più rock come nelle ballate, scrive ottime canzoni, suona anche chitarre acustiche ed elettriche e si occupa della produzione.

Il disco mi è decisamente piaciuto: dall’iniziale Highway 61 (la “strada” di quelle contrade) scritta in collaborazione con James House, altro ottimo cantautore di cui si erano perse la tracce e che appare anche nell’album e in questo brano in particolare, il tocco della Weissenborn, un organo B3 epitome del soul, la voce sicura e melodica di Azar, tutto coincide per una partenza felice. Ma Flatlands ha tutta un’altra marcia, batteria e percussioni in primo piano, ritmi southern con una slide che scalda le atmosfere sin dalla partenza e poi si scioglie in un lungo assolo ricco di connotati blues doc, con l’altra chitarra che risponde e rilancia il brano in continue accelerazioni, un piano alla Chuck Leavell, gran bella musica se posso sbilanciarmi, questo è proprio country got soul, e blues e rock e southern music se vogliamo aggiungere.

Mississippi Minute è un altro brano sempre in perfetto bilico tra acustico ed elettrico, chitarre e tastiere che si integrano perfettamente con un cantato molto laidback e qualche “tocco” del George Harrison dei lati B dei singoli del periodo Beatles-Apple, delizioso. Nuovamente slide in primo piano per l’ottima Gonna Be Good Lovin’ You e poi il funky-blues della tirata Bluestune con Jason Young il co-autore che aggiunge la sua armonica e canta il secondo verso con una voce ricca di ardore mentre sullo sfondo si agita una voce di supporto fermentata nel soul, forse femminile ma potrebbe essere un clamoroso falsetto. Indianola era la title-track del terzo CD di Steve Azar e dimostra che anche l’arte della ballata roots non è una virtù sconosciuta al titolare di questo album. Doin’ It Right è un’altra dimostrazione di come si fa a fare della musica country di ottima qualità, belle melodie, impasti di voci e strumenti delicati e raffinati, musica che ti entra in testa con facilità.

Goin’ To Be The Devil è un’altra southern tune, ricca di feeling e ritmo, con retrogusti swamp a cura dell’organo e della slide. The River’s Workin’ con piano ed organo ad aprirla è un brano degno del miglior Jackson Browne o dello Springsteen più rootsy, la solita slide che la caratterizza e un bel crescendo ti lasciano un senso di soddisfazione ed appagamento finale. Steve Azar, questo signore è bravo, fatevi un appunto, consigliato caldamente!

Bruno Conti

Occupy Wall Street – Occupy This Album Compilation

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Sono solo le prime voci che giungono dagli Stati Uniti ma pare proprio che il Movimento Occupy Wall Street avrà una compilation ad hoc per raccogliere fondi da utilizzare per il prosieguo della loro storia. Dovrebbe essere pubblicato in versione solo digitale e uscire questa primavera. Sembra confermata la lista dei partecipanti, che è questa, con un mix di nuove canzoni e registrazioni dal vivo inedite:

•Crosby & Nash
•Yoko Ono
•Debbie Harry
•Devo
•Willie Nelson
•Jackson Browne
•Tom Morello
•Michael Moore
•Thievery Corporation
•Immortal Technique
•Joan Baez, James McMurtry and Steve Earle
•Mogwai
•Warren Haynes
•DJ Logic
•Ladytron
•Lucinda Williams
•The Guthrie Family
•Third Eye Blind
•Toots and the Maytals
•Yo La Tengo
•Rain Phoenix
•Our Lady Peace
•Aeroplane Pageant
•Chroma
•Cosmonaut
•Global Block
•Harry Hayward
•Jay Samel
•Jennie Arnau
•Joel Rafael
•Lloyd Cole
•Matt Pless
•Mike + Ruthy
•Mike Rimbaud
•My Pet Dragon
•Mystic Bowie
•Stephan Said
•Tao Seeger
•Taj Weekes
•Thee Oh Sees
•Julie B. Bonnie
•Ace Reporter
•Black Dragon
•Joseph Arthur
•Loudon Wainwright III
•Danger Field
•Richard Barone
•Ronny Elliot
•Los Cintron
•The Middle Eight
•Dylan Chambers
•Alex Emanuel
•Junkyard Empire

Questa dovrebbe essere una delle canzoni incluse, quella dei Third Eye Blind, speriamo che le altre siano migliori!

Magari tipo questa!

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I Bis. Dr.Dog, Dierks Bentley, Ben Kweller, The Fray, Roberta Flack, Sharon Van Etten, Goldfrapp, Big Country, Beth Jeans Houghton

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Queste sono le altre uscite previste per il 7 febbraio. Partiamo con tre voci o gruppi a conduzione femminile.

Sharon Van Etten che con Tramp giunge al terzo album, il primo per la JagJaguwar, mi sembra la più interessante del lotto. Nativa del New Jersey (ma non ha a che vedere con “illo”) il suo stile si colloca, direi, tra il nuovo folk, la cantautrice “classica” e il cosiddetto indie rock. L’importante è che sia brava, abbia una voce interessante, intensa e non troppo “consueta” e i brani di questo Tramp siano interessanti: il disco è prodotto da Aaron Dessner dei National e tra gli ospiti ci sono Zach Condon dei Beirut, Julianna Barwick e gli stessi fratelli Dessner, quindi frequentazioni interessanti. Suono a cavallo tra lo scarno e l’arrangiato (bene), qualcuno ha tirato in ballo la prima PJ Harvey.

Altro caso è quello di Beth Jeans Joughton & The Hooves Of Destiny che è stata accolta dalla stampa inglese come uno dei nuovi fenomeni musicali dall’anno, un misto di “psychedelia, glam rock & chain gang folk (?!?)”, anche se cosa voglia significare la descrizione non saprei. Forse perché ci sono violini, trombe e chitarre tutte insieme? Produce Ben Hillier (Blur, Elbow, Depeche Mode) e, a un primo ascolto, mi sembra più una “nuova” Florence+The Machine con qualcosina della Bjork meno fuori di testa. Ok, si veste in modo stravagante e questo attizza subito gli inglesi, ma…vedremo.Esce domani 7 febbraio per la Mute Records.

I Goldfrapp che avevano pubblicato nel 2010 un nuovo album Head First tornano con questo The Singles che applica la ormai ben nota tecnica della raccolta con inediti, due brani nuovi in questo caso. Etichetta Parlophone/EMI.

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Terzetto americano di novità. Be The Void è il sesto album dei Dr.Dog, il secondo per la Anti Records, fanno rock classico con venature psichedeliche, tante chitarre, belle armonie vocali e c’è la versione “speciale” con 15 anziché 12 brani. Quindi occhio!

Dierks Bentley è uno dei “nuovi” cantautori country più interessanti, già all’ottavo album, è presente anche nel recente tributo a Dylan con una bella versione di Senor.Il disco si chiama Home ed esce per la Capitol Nashville. E’ uno di quelli bravi.

Anche Ben Kweller, californiano, è uno di quelli più interessanti tra le ultime leve. Molto prolifico, tra album ufficiali, autoprodotti ed EP ne ha già pubblicati una quindicina, questo Go Fly A Kite è comunque considerato il quinto album ufficiale di studio e, probabilmente, il suo migliore. Tra power pop, rock classico, echi pop anni ’60 di Beatles e Co., ma anche atmosfere texane (dove vive) direi che è il più “energico” pubblicato fino ad ora. Esce il 7 negli States e il 14 febbraio in Europa per la The Noise Company. Molto piacevole.

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Il nuovo album dei Fray Scars and Stories è uno dei più attesi sul mercato americano visto che il precedente aveva debuttato direttamente al 1° posto delle classifiche di Billboard (quindi attenzione Adele!). Fanno rock classico, sono prodotti da Brendan O’Brien (quello di Springsteen, Pearl Jam, Gaslight Anthem, Incubus, Brandon Flowers e qualche altra decina di artisti). Esce domani negli Stati Uniti per la Epic e il 6 marzo sul mercato europeo.

Torna anche Roberta Flack con un nuovo album Let It Be Roberta, sottotitolato Roberta Flack Sings The Beatles. Era da una decina di anni che non pubblicava nuovi dischi, questo esce per la 429 Records e come dice il titolo sono tutte cover, 12 brani, dal repertorio dei Beatles. Un po “camomilloso”, d’altronde quello è il suo stile, però ha sempre una gran voce.

Infine, per questa settimana, ultima segnalazione. La ristampa in doppio DeLuxe di The Crossing dei Big Country, il loro primo e migliore album pubblicato nel 1983 dalla Mercury. L’occasione per risentire le twin guitars di Stuart Adamson (morto suicida nel dicembre 2001) e Bruce Watson che tanto ricordavano il sound delle cornamuse riportate in ambito rock. Gran bel disco, nel secondo CD ci sono 17 brani tra demo ed alternative versions.

That’s All.

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I. Paul McCartney, Mark Lanegan Band, Van Halen, Air, Chuck Prophet, Raul Malo.

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Prime uscite per il mese di febbraio, numerose e molto differenziate, scelte sempre ad “insindacabile” giudizio, da chi scrive, tra le decine di pubblicazioni: metà oggi, il resto domani.

Iniziamo con Paul McCartney, Kisses On The Bottom è il famoso album di cover di “classici” che Paul annunciava da lungo tempo. Si tratta dei brani che hanno segnato le sua infanzia, quelli che ascoltava dal padre mentre strimpellava il pianoforte, più due brani composti per l’occasione. Visto che i celebrati “sixty-four” per McCartney ormai sono un ricordo, dopo avere dimostrato nell’ultimo tour mondiale che sa ancora fare rock come pochi, dal vivo, questa volta, accompagnato da Diana Krall e dalla sua band e da un paio di ospiti di nome come Eric Clapton e Stevie Wonder, il baronetto si dedica ad un repertorio che proviene dall’epoca pre-Rock and Roll (quest’ultimo già trattato in altri dischi). Con la produzione di Tommy Lipuma, sinonimo di un sound molto raffinato, vengono ripresi brani celebri ma non celeberrimi come I’m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter, una canzone del 1935 di Fats Waller che è quella che contiene il verso “A Lot Of Kisses On The Bottom, I’ll Be Glad I Got ‘em” che nel senso della frase sta a significare le coccole che si fanno ai bambini e non del bondage. Un salto nel passato che a quasi 70 anni era forse un obbligo prima che fosse troppo tardi, poi tornerà a fare la “sua musica”. Non manca, perversamente, la solita Deluxe Edition Digipack con 2 brani extra a un prezzo più alto. Il tutto esce il 7 febbraio per la Hear Music/Concord/Mpl/Universal.

Dopo 8 anni, una serie di collaborazioni con chiunque respirasse, tre album con Isobell Campbell, due con i Soulsavers, torna la Mark Lanegan Band, nel 2004 era Bubblegum ora è la volta di Blues Funeral. Etichetta 4AD, giudizi abbastanza controversi, 5 stellette su Mojo listen_now_mark_lanegan_bands.html, più circospette le riviste musicali italiani. Esce martedì 7 anche questo, ad un primo ascolto forse troppi synth e tastiere ma non mi sembra male, molto dark come al solito con un “pizzico” di new wave anni ’80 e qualche reminiscenza, per il sottoscritto, sia musicalmente che vocalmente ,con l’ultimo Jackie Leven.

Torna anche la formazione “originale” dei Van Halen, ovvero tre Van Halen perché ora c’è anche “Wolfgang” al basso più il rientrante David Lee Roth, dopo 28 anni nuovamente voce solista del gruppo, una ventata di freschezza! Nuova etichetta la Interscope del gruppo Universal, il disco si chiama A different kind Of truth e non manca l’edizione Deluxe CD+DVD che contiene le Downtown Sessions, versioni acustiche di alcuni vecchi brani.

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Nuovo disco anche per gli Air. La formazione francese aveva musicato per il Festival di Cannes la versione restaurata del film di Georges Méliés Le Voyage Dans La Lune, un film di 14 minuti che è considerato tra i primi capolavori del cinema muto (datato 1902) e che appare nel DVD allegato alla versione Deluxe del disco. Poi il progetto è stato ampliato, sono stati aggiunti anche alcuni brani cantati e l’album esce per Virgin, sempre martedì prossimo.

Per la Yep Rock è in uscita il nuovo album dell’ex Green On Red (sempre per la vita) Chuck Prophet e come dice lui si tratta di un album dedicato a San Francisco, la sua città di elezione, come Lou Reed aveva fatto, ancora più esplicitamente con New York. L’album si chiama Temple Beautiful ed è un ciclo di canzoni dedicate alla città californiana. Tra rock, psichedelia e qualche ballata, il solito Chuck Prophet, quindi bello!

Around The World di Raul Malo è un disco “strano”, tutte cover per il Roy Orbison moderno (titolo che contende a Chris Isaak) ed ex leader dei Mavericks. Ma questa volta, forse, ha esagerato, da quello che ho sentito, frettolosamente, ma magari no! Brani in inglese, francese, spagnolo, c’è anche L’appuntamento, proprio quella della Vanoni (giuro, ma la faceva già dal vivo, controllare please!), cantata in italiano, ma anche Guantanamera, La Vie en Rose, Besame Mucho e altre.

Questa la tracklist:

01. Indian Love Cell      
02. L Appuntamento      
03. Every Little Thing About You      
04. Lucky One      
05. Let It Be Me      
06. Make the World Go Away      
07. La Vie en Rose      
08. I Said I Love You      
09. Besame Mucho      
10. A Man Without Love      
11. Moonlight Kiss      
12. Dance the Night Away      
13. Guantanamera      
14. Around the World

Dovrebbe uscire la settimana prossima in Inghilterra, quella dopo negli Stati Uniti e a fine mese in Italia, etichetta Decca/Universal.

Domani, il resto delle novità della prima uscita di Febbraio.

Bruno Conti

Nuovo Anno Nuova Serie! Non C’é Fine Alle Ristampe – Grateful Dead Dave’s Picks Vol.1

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Grateful Dead -Dave’s Picks Vol.1 – The Mosque, Richmond, Va. 5/25/77 3 CD

La serie dei Dick’s Picks era andata in pensione dopo il volume 36, quella di Road Trips dopo 3 serie da 4 volumi e una da 5 per un totale di 17 titoli, l’anno scorso è uscito il Mega Europe ’72 da 72 CD, già cominciava a serpeggiare del nervosismo da astinenza tra i fans dei Grateful Dead ma, niente paura, dal 1 febbraio parte la nuova serie Dave’s Picks, sarà una serie di box con tiratura limitata di 12.000 copie per ogni singola uscita acquistabili sul loro sito daves-picks-volume-1. Questo primo volume costa 27 dollari e 98 più spese di spedizione e contiene il concerto del 25 maggio 1977 al Mosque di Richmond, Virginia rimasterizzato in HDCD in 3 CD con il seguente contenuto:

Disc 1
1. Mississippi Half-Step Uptown Toodeloo
2. Jack Straw
3. They Love Each Other
4. Mexicali Blues
5. Peggy-O
6. Cassidy
7. Loser
8. Lazy Lightning>
9. Supplication
10. Brown-Eyed Women
11. Promised Land

Disc 2
1. Scarlet Begonias>
2. Fire On The Mountain
3. Estimated Prophet>
4. He’s Gone>
5. Drums

Disc 3
1. The Other One>
2. Wharf Rat>
3. The Other One>
4. The Wheel>
5. Around And Around
6. Johnny B. Goode

Dicono che sia eccezionale, uno dei loro migliori concerti, ma qualcuno ha mai letto “no, non prendetelo, è scarso, quel giorno Jerry Garcia non aveva voglia oppure aveva l’influenza” per cui, fans e apprendisti fans all’erta, per gli altri dipende dalle vostre disponibilità finanziarie e dalla pazienza nel cercarlo se non vi fidate degli acquisti in rete.

Bruno Conti

P.S. Comunque, se vi interessa, l’ho già detto altre volte, ma mi ripeto per i ritardatari o per chi non frequenta abitualmente il Blog, c’è un sito che si chiama http://www.archive.org/ dove lo potete trovare, insieme ad altri 8521 concerti dei Grateful Dead e 97.680 di altri artisti. Il tutto, gratis e, per il momento, ufficialmente, in quanto i concerti sono caricati nel sito con l’autorizzazione degli artisti (che spesso lo fanno direttamente) o dei loro manager. Anche qui ci vuole pazienza per “sfogliare” le liste e quei 7/800 anni per ascoltare tutto.

Chimes Of Freedom Tributo A Bob Dylan Per I 50 Anni Di Amnesty International – Track By Track

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Chimes Of Freedom – The Songs Of Bob Dylan – Honoring 50 Years of Amnesty International – 4 CD Universal

Quest’anno si festeggiano i 50 anni di Amnesty International ma anche quelli di carriera di Bob Dylan: unendo le due cose si è deciso, per una causa benefica, di realizzare questo progetto gargantuesco, 73 canzoni di “His Bobness” reinterpretate da chiunque, dal colto all’inclita, dal fondamentale al superfluo. Se dovesse servire per fare conoscere la musica di Dylan, “quello che non sa cantare” (ma se penso a qualche illustre cantautore italiano osannato da tutti, quanto a cantare…non fatemi parlare che poi verrei linciato) a qualche fan di Miley Cyrus, che peraltro se la cava, ma vediamo tra un attimo, dicevo che se dovesse servire a questo scopo e soprattutto a raccogliere fondi per una nobile causa mi sta benissimo. D’altronde, come sappiamo, lo stesso Dylan difficilmente i suoi brani li ricanta due volte nella stessa versione e non sempre per il meglio, quindi prendiamo quello che viene. Ecco i 73 brani, traccia per traccia, con un breve commentino per ciascuno: sono più di 5 ore di musica considerando che i CD si avvicinano o superano (in tre casi) gli 80 minuti per ogni dischetto.

DISC 1

Johnny Cash & Avett Brothers – One Too Many Mornings

Questa è una delle “sorprese”, la voce di Cash è stata registrata ai tempi della collaborazione con Dylan in Nashvile Skyline e mai pubblicata. Gli Avett Brothers hanno aggiunto le loro parti in modo virtuale, ma il risultato finale è tra le cose migliori del cofanetto. Sembra, perché lo è, il “vero Johnny Cash.

Raphael Saadiq Leopard-Skin Pill-Box Hat

Anche questo brano mi ha sorpreso favorevolmente, eccellente versione da parte dell’ex Tony!, Toni!, Tone!, tra soul e blues, cantato con voce felpata, all’inizio l’avevo scambiato per una voce femminile.

Patti Smith Drifter’s Escape

Bella versione, che nulla toglie e nulla aggiunge alla reputazione di entrambi, bella però.

Rise Against Ballad of Hollis Brown

Troppo caciarona questa versione, non c’entra molto con il resto

Tom Morello The Nightwatchman Blind Willie McTell

Anche Tom Morello si cimenta onestamente con Dylan, meglio quando “suona” Springsteen ma tutto sommato non male.

Pete Townshend Corrina, Corrina

Tra quelli della vecchia guardia è uno di quelli che mi ha convinto meno, Townshend che reinterpreta Dylan che interpreta un brano tradizionale. Versione acustica e morbida ma la voce, mai eccezionale, non è più quella di un tempo. Lo so, visto chi festeggiamo, ma è un parere di chi scrive, come tutti gli altri, eventualmente, non condivisibile.

Bettye LaVette Most of the Time

La “vecchia leonessa del soul” se la cava alla grande, voce ed arrangiamenti assolutamente all’altezza della situazione, tra le migliori.

Charlie Winston This Wheel’s On Fire

Uno che ha fatto un disco intitolato Hobo, anche se non è conosciutissimo se non soprattutto tra Francia e Germania, in questo consesso ci sta alla grande e la versione del classico dei Basement Tapes ha i suoi pregi ed è vicina allo spirito dell’originale.

Diana Krall Simple Twist of Fate

La signora Costello (di cui tra poco), solo voce e piano, ci regala una ottima versione di questa perla tratta da Blood On The Tracks. Anche lei tra le migliori del lotto.

Brett Dennen You Ain’t Goin’ Nowhere

Molto buona anche questa versione del brano dei Byrds (e diciamolo).

Mariachi El Bronx Love Sick

L’approccio del quintetto di Los Angeles questa volta non mi convince, 6 di stima.

Ziggy Marley Blowin’ in the Wind

Si poteva fare di meglio per uno dei super classici, ma visto che non si poteva avere il padre accontentiamoci del figlio, non è malaccio dopo tutto.

The Gaslight Anthem Changing of the Guards

In “rappresentanza” di Springsteen, ma in questo caso ci può stare. Bella versione, gagliarda come lo stesso Bruce (non presente, come mai?) avrebbe fatto.

Silversun Pickups Not Dark Yet

Saranno anche famosi negli States, ma due palle di giudizio e anche per l’ascolto, 6 minuti e 23 interminabili!

My Morning Jacket You’re A Big Girl Now

Yim Yames, anche lui tra i migliori del lotto, regala una bellissima versione di un altro classico (ma quanti ne ha scritti?) di Blood On The Tracks. Il tocco della pedal steel è geniale.

The Airborne Toxic Event Boots of Spanish Leather

Altro nuovo gruppo dell’alternative rock/indie americano, ma questa volta la versione mi piace e l’aggiunta della sezione archi ha un suo perché.

Sting Girl from the North Country

Zzzzzzz, scusate mi stavo appisolando! Mah, che dire… per stavolta non diciamo, ha fatto di meglio!

Mark Knopfler Restless Farewell

L’ultima svolta di Mark Knopfler tra il celtico e il country può non piacere ma l’ex Dire Straits è uno che l’argomento lo conosce bene e alla fine porta a casa il risultato con una versione molto misurata di un brano non conosciutissimo.

DISC 2

Queens Of The Stone Age Outlaw Blues

Rock ribaldo nel più puro spirito dylaniano ovvero anche il rock vuole la sua parte.

Lenny Kravitz Rainy Day Woman # 12 & 35

Senza echi e compressioni non lo avevo neanche riconosciuto. L’arrangiamento è simile all’originale marcetta ma la somiglianza finisce lì, e poi il sax al posto dell’armonica non va mica bene.

Steve Earle & Lucia Micarelli One More Cup of Coffee (Valley Below)

Un altro che conosce l’argomento a menadito, la violinista in sostituzione di Scarlet Rivera c’è, la voce femminile per Emmylou anche e il brano di Desire riceve un trattamento sontuoso.

Blake Mills Heart Of Mine

Non conoscevo questo giovane signore (che è l’opening act dell’attuale tour americano di Lucinda Williams) ma a giudicare da questo brano penso che approfondirò la conoscenza. Anche la scelta di un brano di Shot Of Love è inconsueta ma il risultato è molto piacevole.

Miley Cyrus You’re Gonna Make Me Lonesome When You Go

Anche lei, la “pietra dello scandalo”, 19 anni, la più giovane dei presenti, alla fine se la cava più che dignitosamente. Lascia da parte i risvolti sociali e politici e canta una bella canzone d’amore ma va bene se serve da effetto propedeutico per introdurre Dylan alle nuove generazioni.

Billy Bragg Lay Down Your Weary Tune

Come l’avrebbe fatta Woody Guthrie ai tempi.

Elvis Costello License to Kill

Il signor Krall questa volta non mi soddisfa, vagamente soul e futurista con effetti rumori di statica, ma non poteva scegliere un altro brano con tutti quelli che c’erano o gli avevano “fregato” quelli più interessanti? Per stavolta un bel mah.

Angelique Kidjo Lay, Lady, Lay

L’inizio con l’insieme di voci a caratterizzare il sound  è molto intrigante poi lo sviluppo mi ha soddisfatto meno, però gran bella voce.

Natasha Bedingfield Ring Them Bells

Una delle più belle canzoni dell’ultimo Bob Dylan, ma per favore, una noia mortale, e c’è anche il fratello nei brani extra per la versione di iTunes.

Jackson Browne Love Minus Zero/No Limit

Ottima versione, lui è uno dei “colleghi” migliori del vecchio Bob e la classe quando c’è si sente!

Joan Baez Seven Curses (Live)

Devo dire che la ex musa del vecchio Zimmerman ne ha cantate di migliori, di versioni dico, innestato il pilota automatico e via andare visto che conosce assai bene il personaggio e la sua musica. Poteva fare di meglio ma non poteva mancare.

The Belle Brigade No Time To Think

Questa No Time To Think non è sicuramente tra i brani più famosi di Street Legal ma la versione dei (delle) Belle Brigade è intrigante, con i loro intrecci e armonie vocali i due fratelli Gruska, una voce femminile e una maschile alla ribalta, si confermano uno dei nuovi gruppi più interessanti del rock morbido americano.

Sugarland Tonight I’ll Be Staying Here With You (Live)

I Sugarland vendono tonnellate di dischi country negli Stati Uniti dove sono popolarissimi e questa versione dal vivo di uno dei brani più conosciuti di Dylan trascina il pubblico ma al di là della bella voce di Jennifer Nettles ne ho sentite delle versioni migliori.

Jack’s Mannequin Mr. Tambourine Man

Questa versione del “signor tamburino” fatta dagli ex Something Corporate è molto piacevole, non saprei dirvi altro.

Oren Lavie 4th Time Around

Questo Oren Lavie è un cantante folk-rock israeliano. Onestamente non avevo mai sentito parlare neanche di lui ma a giudicare da questa versione onirico-beatlesiana di 4Th Time Around è bravo (si impara sempre qualcosa di nuovo!).

Sussan Deyhim All I Really Want To Do

George Harrison sarebbe stato contento di sentire una canzone dell’amico Bob cantata da una voce iraniana, tra oriente ed occidente, affascinante ed inconsueta.

Adele Make You Feel My Love (Recorded Live at WXPN)

Questo brano ormai lo conoscono anche i muri e la canzone è bellissima e questa signora ha una gran voce per cui il risultato è ottimo. Incidentalmente questa settimana nelle classifiche americane Adele con 21 è ancora al numero 1 per la miliardesima volta mentre questo Chimes Of Freedom esordisce ad un onorevolissimo 11° posto (lì è uscito due settimane prima rispetto al 7 febbraio della versione europea).

DISC 3

K’NAAN With God On Our Side

Dalla Somalia via Canada, una versione “moderna” di Dylan, non orribile ma preferisco quella “antica”

Ximena Sariñana I Want You

Per rappresentare il Messico OK, ma una delle canzoni più belle di Dylan la dovevano fare cantare proprio a lei? Se volevano una versione moderna la aveva fatta molto bene Sophie B.Hawkins qualche anno fa. Come dite? Devono essere inedite! Ah, allora…

Neil Finn with Pajama Club She Belongs to Me

Questa, per completare la trilogia, è una versione moderna ma fatta come si deve, anni di onorata carriera negli Split Enz e nei Crowded House si fanno sentire e la classe non è acqua.

Bryan Ferry Bob Dylan’s Dream

Il nostro amico Bryan ha più volte coverizzato, come si dice, Bob Dylan e ancora una volta colpisce nel segno. Quando si ama e si conosce profondamente l’oggetto del desiderio è difficile fallire. Un altro dei migliori.

Zee Avi Tomorrow Is A Long Time

Della Malesia poteva mancare una rappresentante? E invece è molto brava, malfidenti!

Carly Simon Just Like a Woman

Io l’avrei vista bene cantata da Van Morrison ma anche la bella Carly se la cava alla grande.

Flogging Molly The Times They Are A-Changin’

I Pogues americani in versione folk-punk.

Fistful Of Mercy Buckets Of Rain

In rappresentanza della famiglia Harrison, Dhani più Joseph Arthur e Ben Harper, tra i più folk del lotto, bravi.

Joe Perry Man Of Peace

Anche in questo caso non potendo avere il cantante degli Aerosmith ci accontentiamo del chitarrista, che fa il Ron Wood della situazione con risultati alterni.

Bad Religion It’s All Over Now, Baby Blue

Questo brano in versione a velocità supersonica è sicuramente inconsueta, ma se penso alla versione dei Them, ma…

My Chemical Romance Desolation Row (Live)

Ma si può fare anche di peggio, mah, mah e poi ancora bah!

RedOne featuring Nabil Khayat Knockin’ on Heaven’s Door

Lady Gaga non poteva venire allora ha mandato RedOne, ma la canzone è talmente bella che più di tanto non si può peggiorarla.

Paul Rodgers & Nils Lofgren Abandoned Love

Per il settore “vecchie glorie” Paul Rodgers, con uno dei chitarristi di Springsteen e Neil Young al seguito, dimostra che quando non è impegnato a fare disastri con le canzoni dei Queen ha ancora una gran voce e insieme tirano fuori dal cilindro una gran versione

 

Darren Criss featuring Chuck Criss and Freelance Whales New Morning

Darren Criss è uno dei supergiovani bellocci che piacciono alle ragazzine americane ma questa versione folk acustica con violino al seguito di New Morning non è niente male, niente di memorabile ma onesta.

Cage the Elephant The Lonesome Death of Hattie Carroll

Per il reparto “moderni” e alternativi ecco i Cage The Elephant ma questo brano potrebbe essere di chiunque tanto è indistinguibile dall’originale.

Band of Skulls It Ain’t Me, Babe

Anche i Band Of Skulls in versione unplugged che fanno It Ain’t Me Baby non entreranno negli annali della musica ma potevano fare ben altri danni, oh no?

Sinéad O’Connor Property of Jesus

E ti pareva che Sinead O’Connor non avrebbe cantato un brano del Dylan religioso ma questa versione ha il vigore della Sinead delle origini e fa ben sperare per l’imminente ritorno.

Ed Roland and The Sweet Tea Project Shelter From The Storm

Questo signore era il leader dei Collective Soul, bravi ma non eccezionali, come questa versione di uno dei capolavori di Dylan.

Ke$ha Don’t Think Twice, It’s All Right

Qualcuno ha avuto il coraggio di dire che questa è una bella versione (ma hanno parlato bene anche di Natasha Bedingfield, per cui) perché è cantata quasi accapella senza “macchinetta” (che non è quella dei denti), nuda e cruda, non mi rimane che un altro triplo mah!

Kronos Quartet Don’t Think Twice, It’s All Right

Anche la versione strumentale dello stesso brano del Kronos Quartet non è tra la le loro interpretazioni più riuscite.

DISC 4

Maroon 5 I Shall Be Released

Richard Manuel dove sei? Dopo Move Like Jagger abbiamo Sing Like Dylan? Comunque anche se fatta con la carta carbone o con il “copiaeincolla” se siete più giovani, questa canzone è talmente bella che è difficile rovinarla. Aspettate che aggiunga qualcosa, no ho finito!

Carolina Chocolate Drops Political World

Giustamente abbiamo anche il Dylan in versione string band e loro si confermano molto bravi e la musica universale.

Seal & Jeff Beck Like A Rolling Stone

Dopo A Day In The Life dei Beatles, Jeff Beck si dedica alla canzone più bella di Dylan e della storia della musica rock, secondo Rolling Stone, con l’aggiunta della voce di Seal il risultato è più che onesto anche se siamo lontani dall’originale.

Taj Mahal Bob Dylan’s 115th Dream

Grandissima versione soul-blues del “115 sogno di Dylan”, un Taj Mahal in forma strepitosa la trasforma e la piega ai propri voleri.

Dierks Bentley Senor (Tales of Yankee Power) (Live)

Uno dei nuovi cantanti country più interessanti con una versione dal vivo di buona qualità di questo brano di Dylan che però Jerry Garcia faceva dal vivo alla grande, uno dei più grandi interpreti del menestrello di Duluth (così, se per caso lo legge, si incazza, perché non gli piace la definizione).

Mick Hucknall One Of Us Must Know (Sooner Or Later)

Critiche contrastanti, secondo alcuni Mr. Simply Red ha “copiato” troppo, secondo altri ha centrato alla perfezione lo spirito di questa stupenda canzone d’amore, propenderei per la seconda versione, e bravo Mick!

Thea Gilmore I’ll Remember You

Thea Gilmore nel 2011 per il 70° di Dylan ha reinciso in versione integrale John Wesley Harding, quindi è una che conosce alla perfezione il repertorio dylaniano ma questa di Empire Burlesque proprio non me la ricordavo, molto, molto bella!

State Radio John Brown

Anche gli State Radio mi erano completamente ignoti e avrebbero potuto rimanere tali, una sorta di sub sub Pearl Jam, ma molto alla lontana.

Dave Matthews Band All Along the Watchtower (Live)

Un altro dei cavalli di battaglia di Dylan (e di Jimi Hendrix, uno dei rarissimi casi in cui un brano è diventato di un altro e anche Dylan si è adeguato). Ma è anche uno dei cavalli di battaglia della Dave Matthews Band che lo esegue quasi sempre dal vivo e l’ha inciso un tot di volte. Comunque è sempre bellissima.

Michael Franti Subterranean Homesick Blues

Qualcuno ha detto acoustic reggae?

We Are Augustines Mama, You Been On My Mind

Un nuovo gruppo, hanno appena pubblicato il loro esordio Rise Ye Sunken Ships, molto bello, ve lo consiglio, in questo brano mi sembrano una sorta di Counting Crows più acustici. Una delle piacevoli sorprese di questo cofanetto, grande versione.

Lucinda Williams Tryin’ To Get To Heaven

Lucinda, come ha dimostrato nel recente duetto con Tom Russell è una grande ammiratrice di Dylan ma lo suona e lo canta come pochi altri in circolazione, una garanzia.

Kris Kristofferson Quinn The Eskimo (The Mighty Quinn)

La voce è sempre “più vissuta” ma la classe è inconfondibile, solo voce e chitarra come ai vecchi tempi.

Eric Burdon Gotta Serve Somebody

Un’altra delle grandi sorprese tra le “vecchie glorie”, Eric Burdon incide poco, per usare un eufemismo, ma ha ancora una voce della Madonna!

Evan Rachel Wood I’d Have You Anytime

Un’altra attrice molto amata in America, versione jazzata di questo brano, piacevole per l’amor di Dio,   non per essere pignoli ma c’erano alcune migliaia di cantanti jazz più brave in circolazione perché proprio lei hanno scelto?

Marianne Faithfull Baby Let Me Follow You Down (Live)

Solo voce e, credo, ukulele, lei è brava ma questa versione non rimarrà memorabile nel suo repertorio.

Pete Seeger Forever Young

Quest’anno saranno 93 anni per Pete Seeger, con coro di bambini al seguito, è veramente “giovane per sempre”, però sempre per non essere pignoli non c’erano delle versioni migliori?

Bob Dylan Chimes Of Freedom

Qui non ci sono problemi, è la versione originale dell’unico e inimitabile Bob Dylan!

DIGITAL ONLY
Outernational When The Ship Comes In
Silverstein Song To Woody
Daniel Bedingfield Man In The Long Black Coat

Queste tre non le ho sentite, ma ho come l’impressione di non avere perso molto. In conclusione, nei giudizi della critica internazionale ho visto che il voto ricorrente sono le tre stellette, per il momento, con l’eccezione dell’Observer che ne ha date 4 e la BBC che ha “picchiato” con sole 2 stellette. Per chi scrive questo “breve” Post ne merita almeno 3 e mezzo per la musica (quelle brutte non le consideriamo) e 5 per il progetto.

Bruno Conti

Questa E’ Curiosa, E Anche In Netto Anticipo! Thick As A Brick 2

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Come molti sapranno quest’anno si festeggiano i 40 anni dall’uscita di Thick As A Brick dei Jethro Tull e si era detto che Steven Wilson oltre a rimasterizzare Aqulaung aveva preparato anche una “nuova” versione del famoso concept album. Poi Ian Anderson stesso aveva dichiarato che dalla tarda primavera del 2012 ci sarebbe stata una tourneé, prima in Europa e poi in America, per eseguire dal vivo per la prima volta nella sua interezza il disco del 1972.

In questo giorni si scopre che Gerald Bostock è ritornato al St Cleve Chronicle che ora giustamente si chiama St Cleve.com e ha edito un nuovo numero del famoso giornale. Uscirà il 3 aprile ed avrà i seguenti contenuti:

Track list: 1. “From a Pebble Thrown”; 2. “Pebbles Instrumental”; 3. “Might-have-beens”; 4. “Upper Sixth Loan Shark”; 5. “Banker Bets, Banker Wins”; 6. “Swing It Far”; “7. Adrift And Dumfounded”; 8. “Old School Song”; 9. “Wootton Bassett Town”; 10. “Power and Spirit”; 11. “Give Till It Hurts”; 12. “Cosy Corner”; 13. “Shunt and Shuffle”; 14. “A Change of Horses”; 15. “Confessional”; 16. “Kismet in Suburbia”; 17. “What-ifs, Maybes and Might-have-beens.”

Versione CD singolo con libretto di 8 pagine e versione Special Edition CD+DVDA con libretto di 16 pagine. Il DVD conterrà la versione 5.1 surround, stereo mixes a 24 bit, filmati sul making of dell’album, interviste, Ian Anderson che legge i testi del nuovo album in varie location, oltre naturalmente alle pagine del St Cleve.com e a quelle dell’originale St Cleve Chronicle, con traduzione dei testi in varie lingue tra cui l’italiano.

Il progetto dovrebbe uscire come album solista di Anderson e anche il tour dove verranno eseguiti entrambi i TAAB dovrebbe essere un progetto solitario senza Jethro Tull ma con la presenza di non meglio specificati ospiti (quindi pare niente Martin Barre).

Potrebbe essere molto interessante o una tavanata galattica, vedremo. Non appena ci saranno ulteriori informazioni vi farò sapere, anche se lo stesso Anderson ha già annunciato che c’è una forte presenza della chitarra acustica in gran parte dei brani ma non mancano sezioni dove l’immancabile flauto farà sentire la sua presenza. Sembra (anzi è certo)che alle spalle del progetto ci sia Derek Shulman, il non dimenticato leader dei Gentle Giant, che nel frattempo è diventato un discografico ai più alti livelli.

Ne approfitto per ringraziare chi lascia i suoi incoraggiamenti, che sono sempre graditi, nei commenti del Blog, e anche se non tutti i giorni riesco a parlare di tutti i dischi che vorrei. faccio del mio meglio. Oggi volevo dare spazio al quadruplo Chimes Of Freedom ma non ho fatto in tempo, magari domani, qualcosa di nuovo c’è comunque tutti i giorni.

Bruno Conti

Uno Dei Migliori Bluesmen In Circolazione! Joe Louis Walker – Hellfire

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Joe Louis Walker – Hellfire – Alligator Records/Ird

Joe Louis Walker colpisce ancora! Questo Hellfire (il debutto per la Alligator) è forse il suo miglior disco in assoluto, anche se dovendone citare uno scarso non saprei dove andare a parare, in una lunga carriera che lo ha portato ad incidere con quasi tutte le più importanti etichette indipendenti del mondo e anche con qualche major. Ma quest’ultimo ha quel quid in più che contraddistingue gli album particolarmente riusciti: sarà la produzione di Tom Hambridge, anche ottimo batterista, che è stato definito il “Willie Dixon” bianco per i suoi lavori, a partire da Just Won’t Burn di Susan Tedeschi del 1998 per arrivare ai recenti Skin Deep e Living Proof di Buddy Guy (senza dimenticare 2120 South Michigan Ave. di George Thorogood). Il punto che lo accomuna al grande della Chess è il fatto che Hambridge partecipa, oltre che come produttore, anche come autore alla stesura degli album ai quali collabora.

E’ ovvio che se il materiale su cui si lavora è già ottimo alla fonte, il risultato è garantito. Mi viene da dire che Buddy Guy sia proprio il musicista che più si può accostare a Joe Louis Walker (e un pizzico di BB King per la grinta vocale): grande rispetto per le radici blues classiche ma una apertura anche verso il rock e le sonorità più tirate (non era un mistero che Guy e Jimi Hendrix, a fine anni ’60 si sono influenzati a vicenda), un amore per altre forme di musica nera come soul e gospel e una personalità trascinante. Tutti tratti che lo accomunano a Walker, che in più è in possesso di una delle migliori voci in circolazione, in grado di essere grintosa e potente ma anche melliflua e tenera allo stesso tempo. E poi una tecnica chitarristica e un tiro mostruosi, sembra proprio che il “fuoco dell’Inferno” gli bruci sotto il sedere.

Già dall’inziale traccia che dà il titolo al CD, una rauca e poderosa Hellfire con la ritmica che pompa e l’organo di Reese Wynans che disegna ghirigori, si capisce che siamo sulla giusta lunghezza d’onda, quando poi Joe Louis Walker innesta il wah-wah per un assolo devastante è subito goduria! Per scombinare le carte Walker ci regala immediatemente uno slow blues, I Won’t Do That, da manuale del genere, Wynans passa al piano e il nostro amico ci spiega come si costruiscono i grandi assoli, un misto di tecnica e feeling, il tutto cantato con una voce da brividi e la produzione di Hambridge che illumina tutti i particolari. Ride All Night per contro è un brano rock che avrebbe fatto la gioia degli Stones del periodo migliore, una sorta di Gimme Shelter con la seconda voce di Wendy Moten che urla e strepita e la slide di Walker che taglia l’aria, ottima! Per I’m On To You Joe sfodera anche l’armonica d’ordinanza, che peraltro suona molto bene, per un brano più tradizionale ma non per questo meno soddisfacente, anche il “trucchetto ” di autocitarsi nel testo della canzone è uno dei “classici” del Blues (non importa se la firma del brano è di Hambridge & Fleming).

Con What’s It Worth si toccano livelli incredibili: un brano che inizia lento, con organo e chitarra minacciosi e poi si trasforma in una lunga improvvisazione psichedelica in un crescendo inarrestabile che non avrebbe sfigurato nella facciata più tirata e sperimentale di “Electric Ladyland”del grande Jimi, il finale del brano in particolare è quasi “magico”, e non sto esagerando. A questo punto cosa ti pensano il Walker (e anche l’Hambridge), e se chiamassimo i Jordanaires per un bel tuffo nel gospel? Detto fatto e ti ritrovi ad ascoltare un brano come Soldier For Jesus con la voce del nostro che guida il gruppo vocale in una esuberante rilettura del genere con slide e organo che aggiungono pepe alla esecuzione. I Know Why con l’aggiunta dei fiati e la voce melliflua e carezzevole di Joe è un lentone da pista da ballo soul, fiati che rimangono anche per la successiva Too Drunk To Drive Drunk un rock and roll frenetico con il marchio di approvazione del Thorogood più ruspante con tanto di solista “riffologica e battezzante” come usava il George dei tempi d’oro (ricordo un Odissea 2001 a Milano di qualche annetto fa, mi fischiano ancora le orecchie)!  

Altro grande brano, Black Girls, ancora con la seconda voce della Moten alla ribalta ed un drive del brano che ricorda il Ry Cooder di Bop Till You Drop (anche la slide aiuta) o i Little Feat intrippati di brutto. Don’t Cry, nuovamente con i Jordanaires pronti alla bisogna è un altro gospel soul errebì da godersi fino alla fine, lui canta veramente bene, il gruppo gira alla grande, con la chitarrina choppata di Walker a presiedere le operazioni. L’unica cover viene tenuta per ultima: una rilettura notevole di I’m Movin’ On di Hank Snow ma che tutti ricordano nella versione di Johnny Cash e anche la figlia Rosanne l’aveva inserita in apertura del suo bellissimo The List. La versione di Joe Louis Walker è da grande del Blues, pimpante e pulsante come poche, a conferma di un momento di grazia goduto in questo Hellfire, dischi di “genere” Blues così belli se ne faranno pochi nel corso dell’anno, garantisco!

Bruno Conti