Succedeva Più Di 40 Anni Fa, Un Piccolo Classico Del Rock Riscoperto! Black Oak Arkansas – The Complete Raunch ‘n’ Roll Live

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Black Oak Arkansas – The Complete Raunch ’n’ Roll Live – Real Gone Music 

Il disco originale, uscito in origine nel 1973, è considerato a ragione uno dei piccoli classici Live della storia del rock. I Black Oak Arkansas, vengono proprio dalla piccola cittadina dell’Arkansas, e  come molti altri gruppi nati in quel epoca si trasferirono alla fine degli anni ’60 a Memphis, una delle capitali della musica, prima come The Knowbody Else (pubblicando addirittura un album per la Stax, rimasto ignoto ai più), poi un ulteriore trasferta in California, cambiando anche il nome in B.O.A e venendo messi sotto contratto dalla Atco, pubblicando tra il ’70 e il ’72 ben tre album di studio,  piuttosto buoni e caratterizzati da un certo successo commerciale (allora bastava arrivare intorno al 100° posto delle classifiche per vendere mezzo milione di copie), e circondati dalle polemiche per i contenuti pseudo satanici nascosti nei testi del cantante Jim Dandy, che, leggenda vuole, in un concerto borbottò tre volte “natas”, ma era probabilmente più dovuto al tasso alcolico e a quello che si fumava (non sigarette) che a motivi trasgressivi veri.

Comunque Jim “Dandy” Mangrum era effettivamente un personaggio sopra le righe, un prototipo per i futuri biondi con capello lungo, torso nudo, pantalone attillato, tipo Axl Rose e David Lee Roth, più che una copia di Robert Plant, che però era un grande cantante: comunque, anche con quella voce, che lui stesso definiva “l’urlo di un rospo”, sgraziata e rovinata dall’uso dell’hashish, non dal fumo di sigarette normali, era un animale da palcoscenico, con dei lunghi discorsi, spesso senza senso, tra un brano e l’altro, che avevano un effetto scatenante sul pubblico presente https://www.youtube.com/watch?v=KDJEfd4O0Ro . Oltre a tutto il repertorio della band era ottimo, gli album di studio, alcuni prodotti da Tom Dowd, pure Raunch’n’Roll, erano degli ottimi esempi di southern rock, sguaiato e “sporco” rispetto ai classici del genere, ma comunque di grande efficacia. Il gruppo era una vera potenza, con tre ottimi chitarristi, Harvey Jett, Stanley Knight e Rick Knight, alla dodici corde e con un batterista esplosivo come Tommy Aldridge (futuro collaboratore di Pat Travers, Gary Moore e Ozzy Osbourne) da poco entrato in formazione, in quel dicembre del 1972 in cui furono registrati i due concerti al Paramount Theatre di Portland.

Eh sì, perché qui sta la bellezza di questa ristampa doppia potenziata (già uscita nel 2008 per la Rhino Handmade, molto costosa e sparita in fretta dalla circolazione), dai sette brani del vinile originale dell’epoca (con la lunga Up, sfumata a 9 minuti dai quindici della versione completa) passa a ben 24 canzoni, le due serate complete, che anche se presentano molti brani in comune, offrono in ogni caso quattordici brani diversi. Ci sono naturalmente tutti i classici, Dandy canta con quella voce strozzata e gutturale, che ha comunque una sua rozza efficacia, ma sono i suoi compari che portano a casa il risultato: pezzi come l’iniziale Gettin’ Kinda Cocky, che apre entrambi i concerti, e che è una sorta di dichiarazione di intenti del gruppo, fonde un rock sudista poderoso e tirato, con l’energia e la grinta live di gruppi come gli MC5, con le chitarre che inanellano una serie di soli, anche ricchi di classe e tecnica, mentre Mangrun è una sorta di dinamo inarrestabile che proietta la sua carica sul pubblico presente, con presentazioni che sono versioni distorte dei sermoni imparati dalla mamma, tutt’ora maestra del coro in una chiesa nella natia Black Oak.

Ma sono i chitarristi e il batterista i veri protagonisti del concerto, andatevi a sentire il grande lavoro che fanno in un brano come Fever In My Mind, che è potenza rock allo stato puro, con le soliste che intrecciano duelli di grande intensità, ma anche la capacità di imbastire versione bastardizzate di un country malandrino e quasi punk , come in Uncle Liijah e R&R winteriano nella tiratissima Keep The Faith, con le due/tre soliste all’unisono, in puro stile sudista. Anche Mutants Of The Monster è un’altra sberla in faccia, con il suo crescendo vorticoso https://www.youtube.com/watch?v=muPcr4LIWiI  e Hot Rod è un’orgia wah-wah cattivissima, per non parlare di  devastanti versioni di Lord Have Mercy On My Soul e Full Moon Ride, ancora rock galoppante alla ennesima potenza o i canti tribali di una When Electricity Came To Arkansas, dove Dandy, con un primitivo washboard, detta i tempi di una sorta di rito pagano rock, prima di lasciare spazio alla band che nella parte strumentale del brano non ha nulla da invidiare ai migliori Allman Brothers, Dixie è il classico pezzo sudista che parte come un inno e poi “degenera” in puro stile Black Oak, altro super classico è Hot And Nasty, nuovamente puro southern rock della più bell’acqua https://www.youtube.com/watch?v=pDyp75O0kyc , prima di lanciarsi in una lunghissima Up, che è la quintessenza del sound della band, anarchico e disordinato (un assolo di batteria di 8 minuti era necessario?), ma con un assolo micidiale di slide nella parte finale https://www.youtube.com/watch?v=ZzlnpiH6SXY . Conclude la serata dell’1 dicembre una Movin’, quasi free form rock orgasmico che poi sfocia in un’altra micidiale cavalcata. La seconda serata, con alcune variazioni (anche sonore, per cui vale la pena di averla) replica il repertorio della prima, con l’aggiunta di un altro classico della band come Gigolò, che mancava dalla prima. Classico R&R con gli attributi, come usava un tempo.

Bruno Conti

50 Anni “Sulla Strada”! Canned Heat – Songs From The Road

canned heat songs from The road

Canned Heat – Songs From The Road – CD+DVD Ruf Records – 14-08-2015

In questi ultimi mesi sono usciti più dischi dei Canned Heat, ristampe e questo nuovo doppio Live, che nei gloriosi giorni di 50 anni fa in cui la band californiana, fondata da Bob Hite Alan Wilson, iniziava la sua attività nel Topanga Canyon. Hite e Wilson non ci sono più, ma Adolfo “Fito” De La Parra (il cui nome mi ricorda sempre i fumetti di Zagor) e Larry “The Mole” Taylor, rispettivamente batteria e basso della formazione classica, sono di nuovo in sella, anzi Fito è l’unico componente ad essere sempre stato presente nelle line-ups che si sono succedute nel corso degli anni e, in teoria, sarebbe in formazione ufficialmente anche Harvey Mandel, il chitarrista storico, che però per problemi di salute non ha potuto essere presente nelle ultime registrazioni del gruppo, sostituito da John JP Paulus, l’attuale solista e con l’aggiunta del solido armonicista, chitarrista slide e cantante, Dale Wesley Spalding. Diciamo pure che sono parecchi anni che i Canned Heat non fanno un album di studio degno del loro passato, forse, ma forse, l’ultimo disco di buon valore è stato Friends In The Can, che risale al 2003, ma dal vivo il loro valore non si discute, soprattutto da quando è rientrato in formazione il prodigioso bassista Larry Taylor, uno dei più grandi allo strumento, e non solo nell’ambito blues-rock, un musicista che ha suonato con chiunque nella storia del rock, dai Monkees Jerry Lee Lewis, passando per Captain Beefheart Zappa, per arrivare fino a Tom Waits e all’Hollywood Fats Band.

Quindi solo buone notizie per questo doppio dal vivo? In parte: il disco, perlopiù, è ottimo, il vecchio boogie loro marchio di fabbrica è spesso in evidenza, ma di tanto in tanto, forse perché Wilson e Hite sono due personalità difficili da sostituire, il repertorio della band vira verso un competente e abile a livello tecnico swing-blues, che però non ha il fuoco e la rabbia dei vecchi tempi andati. Forse sono io che pretendo troppo, giustamente mi si può far notare che siamo alle prese con un paio di “vecchietti” che veleggiano verso e superano i 70 anni, e anche gli altri due non sono poi dei giovanissimi, però ci sono dei momenti nel concerto, registrato lo scorso 16 marzo all’Harmonie di Bonn, per i tipi della Ruf, la loro etichetta degli ultimi venti anni, in cui il quartetto è ancora in grado di roccare e rollare, e suonare il boogie, come pochi al mondo. Se non altro sono presenti gran parte dei “classici”, da On The Road Again, che stranamente apre il concerto anziché chiuderlo, dove il falsetto immancabile è affidato a Fito De La Parra, che si è “inventato” anche cantante, nei brani dove la voce solista era quella di Alan Wilson, con il classico riff, uno dei più noti di sempre che non manca di infiammare i presenti, con l’armonica di Spalding e la chitarra di Paulus subito in bella evidenza, come nella successiva Time Was, un altro dei cavalli di battaglia del repertorio della band, con Taylor in gran forma con il suo basso pulsante che ricorda quello di un altro grande come Jack Bruce, e infatti il sound del brano ricorda anche i Cream.

A questo punto del concerto (ma solo sul Dvd, che ha due brani in più rispetto al CD) troviamo uno buona I’m Her Man, seguita da due di quei brani jazz-blues swinganti, Don’t Know Where She Went (she split) Nighthawk, che sul piano stilistico e tecnico sono perfetti, ma, almeno nel sottoscritto provocano un principio di sbadiglio (solo un principio, perché non sono poi orribili, solo mi sembra centrino poco con i vecchi Canned Heat, ma magari sbaglio io), comunque è classico Chicago blues, il secondo brano uno strumentale. eseguito alla perfezione, con armonica e chitarra sempre in gran spolvero. So Sad (The World’s In A Tangle) https://www.youtube.com/watch?v=K8tVJxfnvkA  è uno dei primi brani dove i tempi si dilatano, il boogie e il rock prendono il sopravvento, insieme alla vecchia capacità della band di improvvisare all’impronta, perché quando il tempo accelera sono ancora una ottima band, grazie allo swing inesorabile di Taylor e De La Parra, e alle derive quasi psichedeliche dell’ottimo Paulus. Altro classico, quello che apriva il film sul Festival di Woodstock, una Going Up The Country dove il riff originale di flauto viene sostituito dall’armonica di Spalding, con l’immancabile falsetto di Fito a sostituire il vecchio “Blind Owl” https://www.youtube.com/watch?v=qG4R5rD6y7Y .

Oaxaca è un altro strumentale ineccepibile, anche con continui cambi di tempo, e un ottimo Spalding all’armonica, però troppo “scolastico”, e anche Chicken Shack Boogie, più vivace, ha i suoi momenti che potrebbero ricordare il sound della Butterfiel Blues Band. Comunque quando Larry Taylor comincia a pompare sul suo basso in Future Blues (preceduta sul DVD da Have A Good Time) le cose si fanno serie, come conferma l’eccellente versione di Christo Redentor, uno dei super classici della band, che nei concerti era il momento di Harvey Mandel, uno slow blues dai risvolti ancora una volta quasi psichedelici con prima Spalding e poi Paulus in gran spolvero. Poderosa la versione di Amphetamine Annie, uno dei pezzi più rock del loro repertorio, con Spalding che passa alla seconda chitarra, e sempre trascinante Rollin’ And Tumblin’, una delle migliori versioni di sempre di questo classico del blues, il primo brano registrato dalla band, con il classico lavoro alla slide. Per concludere un’altra stilettata di energia con Let’s Work Together, che vola sempre sul groove inesorabile del basso di Taylor, che poi si sfoga nell’immancabile boogie conclusivo (grande assolo), che per l’occasione si chiama Euro Boogie, ma è la consueta lunga improvvisazione che conclude in gloria tutti i concerti dei Canned Heat. In definitiva un buon live, tutto sommato, qualche ombra, ma anche molte luci e una band che per il momento non ha intenzione di appendere gli strumenti al chiodo. Let’s Boogie!

Bruno Conti

NDB. Non ci sono ancora in rete video ufficiali dal DVD/CD del concerto, che esce il 14 agosto, quindi ne ho inseriti altri, nuovi e vecchi, comunque spero interessanti.

Un Inglese A New York City! Bobby Long – Ode To Thinking

bobby long ode to thinking

 

Bobby Long – Ode To Thinking – Compass Records

Bobby Long è un giovane cantautore inglese originario di Wigan, vicino a Manchester, cresciuto nello Wiltshire (località conosciuta per l’ambientazione dei romanzi di Thomas Hardy), con una lunga gavetta alle spalle (durante gli anni dell’Università) per tutti i locali e i pub di Londra, e salito alla ribalta anche per la sua amicizia con l’attore Robert Pattinson, e la conseguente inclusione di una sua canzone, Let Me Sign, scritta con Marcus Foster, e cantata da Pattinson  nella colonna sonora di Twilight https://www.youtube.com/watch?v=7H47oQH1TW4 . Dopo i primi lavori autoprodotti (incisi nella stanzetta di casa in Inghilterra) Dirty Pond Songs (09), Live At Arlene’s Grocery (09), Dangerous Summer (10), il “ragazzo” (30 anni a settembre) l’ulteriore salto di qualità lo ottiene con l’ottimo A Winter Tale (11) https://www.youtube.com/watch?v=AwGc22pI0NU , a cui fa seguire il meno convincente, ma non male comunque, Wishbone (13) https://www.youtube.com/watch?v=CJG9eSqO2M4 , con la produzione di Ted Hutt (Gaslight Anthem, Lucero), entrambi pubblicati dalla ATO Records,  prima di arrivare a questo Ode To Thinking (che è stato reso possibile dalla solita campagna di autofinanziamento con  PledgeMusic),registrato a Austin presso i Congress House Studios dal veterano produttore-musicista Mark Hallman (Carole King e Ani DiFranco, ma anche Iain Matthews), per undici brani, prevalentemente ballate ambientate tra Inghilterra e Scozia ( anche del 19° secolo), ricche di storie, di eventi e persone http://www.daytrotter.com/#!/concert/bobby-long/21021643-37382260 .

Ode To Thinking inizia con la title track, una tenera ballata solo chitarra acustica e voce, per poi passare alle influenze alla Ryan Adams di una crepuscolare Cold Hearted Lover Of Mine, al ritmo pop-country dell’orecchiabile I’m Not Going Out Tonight, le romanticherie di una dolente Treat Me Like A Stranger, e il suono accattivante di una intrigante Kill Someone. Le storie proseguono con una dolcissima ballata vagamente alla Procol Harum, Something Blue, Something Borrowed, cantata al meglio dal bravo Bobby, e si intensificano con il battito soul di Hideaway, la melodia in falsetto di The Dark Won’t Get Darker, le atmosfere da circo, con un uso di fisarmonica da valzer musette, della triste ma meravigliosa The Songs The Kids Sing (la storia di un bambino condannato) https://www.youtube.com/watch?v=D2M2Bp-4PLE , per poi passare ad un brano 1985, incentrato su chitarra e pianoforte (tutti gli strumenti nel disco sono suonati da Hallman), che potrebbe richiamare alla mente qualcosa dei brani dei Beatles, e chiudere in perfetto stile Americana con That Little Place, su un tessuto di solo chitarra acustica, armonica e voce (queste suonate da Long), che si ispira a quello di Dylan, uno dei suoi miti.

Oltre a a fare da supporto nei tour di artisti come Dave Matthews Band, Steve Winwood, Brett Dennen, Iron & Wine, e altri, Robert Thomas Long,  questo il nome completo, con Ode To Thinking ha alzato di molto l’asticella, con un album che è un viaggio attraverso il cuore e la mente (probabilmente con i testi più personali mai scritti) di  un cantautore tanto meravigliosamente suggestivo da venire, giustamente, in alcuni casi, paragonato a mostri sacri come Dylan e Cohen. Adesso il “nostro” vive e abita a New York, e per un ragazzo uscito dalla periferia di Manchester, l’America, la musica e quel che ne consegue, indubbiamente è come scoprire il “Santo Graal” https://www.relix.com/media/video/bobby_long_three_songs_from_ode_to_thinking . Al momento, un talento da conoscere, il disco è uscito ieri 7 agosto per la Compass http://compassrecords.com/album.php?id=1082&artist=bobby-long. , in Italia distr.Ird!

Tino Montanari

Toh Guarda Chi Si Rivede, Doppia Uscita A Settembre! Arlen Roth – Slide Guitar Summit E Ristampa Toolin’ Around Woodstock Feat. Levon Helm

arlen roth slide guitar summit   arlen roth toolin' around woodstock

Dopo qualche anno di silenzio (ma aveva continuato a produrre dischi in proprio nel corso degli anni) ritorna Arlen Roth, quello che giustamente viene considerato uno dei migliori chitarristi “sconosciuti” americani, vincitore del premio dei critici di Montreux con il suo album di esordio nel lontano 1978, quel Guitarist, che insieme a Hot Pickups dell’anno successivo e al primo volume di Toolin’ Around, viene considerato il suo disco migliore.

cd_guitarist_big   arlen roth toolin' around

Andiamo per copertine, ma è per rinfrescare la memoria di chi ricorda questi album (i primi due non disponibili in CD), quello del 1996 ancora in commercio, e stimolare gli amanti dei chitarristi, in possesso sia di una grande tecnica come di un notevole feeling, e con le giuste amicizie coltivate tra i colleghi nel corso degli anni.

Qui sopra, e a seguire, trovate un po’ di esempi della sua tecnica ineccepibile, che lo ha portato a pubblicare anche diversi CD e DVD didattici (e sia il nuovo album che la ristampa di quello con Levon Helm ospite dovrebbero contenere un DVD bonus, per quanto, temo, zona 1).

Ecco un estratto video della collaborazione con Sonny Landreth, tratta dal CD dove appaiono anche Helm e Bill Kirchen dei Commander Cody https://www.youtube.com/watch?v=MwVJV-0-0K0

Nonché presentazione video di Slide Guitar Summit e due anticipazioni audio dal nuovo album in uscita a settembre

Provare, o meglio, sentire per credere, questo signore è veramente un maestro della chitarra, purtroppo poco conosciuto se non dagli “iniziati”! Peccato che il tutto non sarà di facile reperibilità visto che esce, il 18 settembre, su etichetta Aquinnah (?!?). Ora comunque non avete più scuse, buona ricerca.

Bruno Conti

“Ristampe” Agosto 2015. Canned Heat, Paul Butterfield, Joe Jackson, Greg Lake, Elvis Presley, Faces

canned heat illinois blues 1973

Il virgolettato sulla parola ristampe è relativo al fatto che in effetti, pur trattandosi di materiale d’archivio, tutti dischi di cui andiamo a parlare non sono mai stati pubblicati a livello ufficiale (alcuni erano usciti come bootleg, altri mai). Partiamo con questo nuovo, ulteriore, titolo dei Canned Heat, etichetta Purple Pyramid/Cleopatra come per le precedenti ristampe http://discoclub.myblog.it/2015/06/07/canned-heat-live-tira-laltro-stockholm-1973/, data di uscita 7 agosto. Il repertorio è abbastanza differente da quello degli altri CD, con brani “rari” eseguiti non di frequente:

1. So Long Wrong
2. Harley Davidson Blues
3. Sore Back Blues
4. Shake, Ratte And Roll
5. Keep It Clean
6. Looking For My Rainbow
8. Rockin’ With The King
9. Goodbye For Now

La formazione è la stessa: Bob Hite, Henry Vestine, Fito De La Parra, Richard Hite, James Shane Ed Beyer, in promozione del disco New Age del 1973

elvis presley today

Sempre il 7 agosto, cioè domani, esce l’edizione Deluxe doppia della serie Sony Legacy dell’ultimo album ufficiale di studio di Elvis Presley, Today, in origine pubblicato nel 1975, quindi questa nuova versione è quella per il 40° Anniversario, potenziata con versioni alternative nel primo dischetto ,oltre a materiale dal vivo registrato nell’immediatezza dell’uscita di allora, nel secondo disco Questi i contenuti completi del doppio:

CD1:
1. T-R-O-U-B-L-E
2. And I Love You So
3. Susan When She Tried
4. Woman Without Love
5. Shake A Hand
6. Pieces Of My Life
7. Fairytale
8. I Can Help
9. Bringin’ It Back
10. Green, Green Grass Of Home
11. Fairytale (Original undubbed session mix)
12. Green, Green Grass Of Home (Original undubbed session mix)
13. I Can Help (Original undubbed session mix)
14. And I Love You So (Original undubbed session mix)
15. Susan When She Tried (Original undubbed session mix)
16. T-R-O-U-B-L-E (Original undubbed session mix)
17. Woman Without Love (Original undubbed session mix)
18. Shake A Hand (Original undubbed session mix)
19. Bringin’ It Back (Original undubbed session mix)
20. Pieces Of My Life (Original undubbed session mix)

CD2:
1. Also Sprach Zarathustra
2. See See Rider
3. I Got A Woman/Amen
4. Love Me
5. If You Love Me (Let Me Know)
6. Love Me Tender
7. All Shook Up
8. (Let Me Be Your) Teddy Bear/Don’t Be Cruel
9. Hound Dog
10. The Wonder Of You
11. Burning Love
12. Introductions/Johnny B. Goode
13. Introductions/School Day
14. T-R-O-U-B-L-E
15. Why Me Lord
16. How Great Thou Art
17. Let Me Be There
18. An American Trilogy
19. Funny How Time Slips Away
20. Little Darlin’
21. Mystery Train/Tiger Man
22. Can’t Help Falling In Love

joe jackson access all areas

Il 14 agosto la Edsel nella serie Access All Areas, pubblicato un CD+DVD dedicato a Joe Jackson. Siamo nel 1980, quindi un periodo poco coperto della discografia di Jackson, a parte il doppio Live 1980/86 prima di Jumpin’ Jive Night Day, quando ancora si esibiva con un quartetto diciamo rock, nel tour di Beat Crazy, con la chitarra di Gary Sanford, il basso di Graham Maby e la batteria di Dave Houghton:

1. I’m The Man
2. The Evil Eye
3. Beat Crazy
4. Look Sharp!
5. Mad At You
6. Pretty Boys
7. Fit
8. Is She Really Going Out With Him?
9. Don’t Wanna Be Like That

greg lake london 81

Avevo saltato una uscita della Purple Pyramid/Cleopatra del 7 agosto: Greg Lake London ’81. Secondo alcuni si tratta del bootleg della serie King Biscuit Hour di quel tour, però il concerto era a New York, secondo altri è effettivamente Londra, 5 Novembrre 1981 all’ Hammersmith Odeon, con Gary Moore ospite alla chitarra solista, ma con la Cleopatra c’è da aspettarsi di tutto, anche se sembra comunque un bel concerto:

1a. Fanfare For The Common Man
1b. Karn Evil 9
2. Nuclear Attack
3. The Lie
4. Retribution Drive
5. Lucky Man
6. Parisienne Walkways
7. You’ve Really Got A Hold On Me
8. Love You Too Much
9. 21st Century Schizoid Man
10. The Court Of The Crimson King
11. C’est La Vie

paul butterfield live new york 1970

21 agosto, etichetta Rockbeat/S’More, Paul Butterfield Live New York 1970, 2 CD. Non so molto, ma sembra assai promettente, probabilmente qualche broadcast radiofonico, dagli studi A&R di New York nel dicembre 1970, con la Butterfield Blues Band:

[CD1]
1. Born Under A Bad Sign
2. Play On
3. Driftin’ And Driftin’

[CD2]
1. The Boxer
2. Everything’s Alright
3. Stuck In The Countryside
4. Love March
5. Together Again
6. Stage Announcer 

https://soundcloud.com/rockbeat-records/the-boxer

faces 1970-1975

Questa è l’unica “vera” ristampa, cofanetto da 5 CD pubblicato dalla Warner/Rhino il 28 agosto The Faces  1970-1975: You Can Make Me Dance, Sing Or Anything …, i quattro album originali di studio dell’epoca Rod Stewart, arricchiti da una valanga di rarità, inediti, singoli e materiale dal vivo. Anche se avete già, come il sottoscritto, l’altro box quadruplo uscito nel 2004, 5 Guys Walk In Bar, qui c’è moltissima trippa per gatti, con gli album con le copertine originali, un quinto CD intitolato Stray Singles And B-Sides  il tutto a un prezzo speciale, che volere di più? La lista dei brani! Giusto, eccola:

CD1 – First Step:
1. Wicked Messenger
2. Devotion
3. Shake, Shudder, Shiver
4. Stone
5. Around The Plynth
6. Flying
7. Pineapple And The Monkey
8. Nobody Knows
9. Looking Out The Window
10. Three Button Hand Me Down
[Bonus Tracks]
11. Behind The Sun (Outtake)
12. Mona – The Blues (Outtake)
13. Shake, Shudder, Shiver (BBC Session)
14. Flying (Take 3)
15. Nobody Knows (Take 2)

CD2 – Long Player:
1. Bad ‘N’ Ruin
2. Tell Everyone
3. Sweet Lady Mary
4. Richmond
5. Maybe I’m Amazed
6. Had Me A Real Good Time
7. On The Beach
8. I Feel So Good
9. Jerusalem
[Bonus Tracks]
10. Whole Lotta Woman (Outtake)
11. Tell Everyone (Take 1)
12. Sham-Mozzal (Instrumental – Outtake)
13. Too Much Woman (Live)
14. Love In Vain (Live)

CD3 – A Nod Is As Good As a Wink…To A Blind Horse:
1. Miss Judy’s Farm
2. You’re So Rude
3. Love Lives Here
4. Last Orders Please
5. Stay With Me
6. Debris
7. Memphis
8. Too Bad
9. That’s All You Need
[Bonus Tracks]
10. Miss Judy’s Farm (BBC Session)
11. Stay With Me (BBC Session)

CD4 – Ooh La La:
1. Silicone Grown
2. Cindy Incidentally
3. Flags And Banners
4. My Fault
5. Borstal Boys
6. Fly In The Ointment
7. If I’m On The Late Side
8. Glad And Sorry
9. Just Another Honky
10. Ooh La La
[Bonus Tracks]
11. Cindy Incidentally (BBC Session)
12. Borstal Boys (Rehearsal)
13. Silicone Grown (Rehearsal)
14. Glad And Sorry (Rehearsal)
15. Jealous Guy (Live)

CD5 – Stray Singles & B-Sides:
1. Pool Hall Richard
2. I Wish It Would Rain (With A Trumpet)
3. Rear Wheel Skid
4. Maybe I’m Amazed
5. Oh Lord I’m Browned Off
6. You Can Make Me Dance, Sing Or Anything (Even Take The Dog For A Walk, Mend A Fuse, Fold Away The Ironing Board, Or Any Other Domestic Short Comings) (UK Single Version)
7. As Long As You Tell Him
8. Skewiff (Mend The Fuse)
9. Dishevelment Blues

Grande musica, in quegli anni in Inghilterra per questo tipo di rock c’erano gli Stones e poi i Faces.

That’s All, alla prossima, magari cominciamo prossimamente a dare un’occhiata anche alle uscite di settembre, mese ricco di roba interessante!

Bruno Conti

Ristampe Agosto 2015. Taste – I’ll Remember You Cofanetto 4 CD

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Taste – I’ll Remember You – Box 4 CD – Polydor/Universal 28-08-2015

Se ne parlava già da alcuni mesi, e a fine agosto uscirà questo cofanetto di 4 CD per ricordare Rory Gallagher, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa, ma anche per rendere onore e merito agli irlandesi Taste, uno dei gruppi che viene giustamente considerato tra gli inventori del cosidetto power-rock trio, contemporanei dei Cream e degli Experience di Jimi Hendrix, a distanza di tanti anni non vengono ricordati con la stessa riverenza accordata ai gruppi di Clapton ed Hendrix, forse anche perché Richard McCraken, al basso e John Wilson, alla batteria,  non sono entrati nella leggenda del rock come Ginger Baker e Jack Bruce, Mitch Mitchell e Noel Redding (e forse, ma forse, perché erano anche meno bravi), ma Gallagher era uno dei chitarristi più straordinari prodotti da quell’epoca, e da tutte le successive, uno dei chitarristi elettrici più bravi di sempre, ancora oggi al n° 57 nella classifica all time di Rolling Stone. E con quella presunta famosa frase attribuita a Jimi Hendrix “Come ci si sente ad essere il più grande chitarrista del mondo? “ Non lo so vai a chiederlo a Rory Gallagher”  entrata nella mitologia del rock.

Diciamo subito che il cofanetto, I’ll Remember You, è molto bello, sia a livello estetico che di contenuti, ma non è la discografia completa del gruppo: mancano i due dischi dal vivo postumi (la band si è sciolta nel 1970) Live Taste e Live At The Isle Of Wight, entrambi pubblicati nel 1971, Taste First, con le registrazioni del 1967, uscito nel 1972 per la Basf, e In Concert, etichetta Ariola 1976, come Taste featuring Rory Gallagher, con un concerto al Marquee del 1968. Però gli inediti e le rarità compensano abbondantemente. I primi due CD contengono gli album originali di studio Taste, del 1969 e On The Boards, del 1970, entrambi arricchiti da molte tracce aggiunte, mentre il terzo e quarto CD riportano materiale dal vivo e in studio di grande valore, con demos, alternate takes e materiale dal vivo inedito, tra cui la registrazione parziale del famoso Woburn Abbey Festival del 1968 in cui si incrociarono per la prima volta le strade di Rory Gallagher e Jimi Hendrix (e di cui esistono anche i nastri di Hendrix, già venduto in rete dalla Dagger Records della Experience Hendrix come official bootleg, ma si presume verranno pubblicati in futuro anche dalla Sony a livello ufficiale, ma questa è un’altra storia).

Comunque ecco il contenuto completo del cofanetto:

CD1 – Taste:
01: Blister On The Moon ( 3:26 )
02: Leaving Blues ( 4:15 )
03: Sugar Mama ( 7:14 )
04: Hail ( 2:35 )
05: Born On The Wrong Side of Time ( 4:00 )
06: Dual Carriageway Pain ( 3:13 )
07: Same Old Story ( 3:32 )
08: Catfish ( 8:04 )
09: I’m Moving On ( 2:29 )
10: Blister On The Moon – Alt Version ( 3:30 )
11: Leaving Blues – Alt Version ( 4:20 )
12: Hail – Alt Version ( 2:36 )
13: Dual Carriageway Pain – Alt Version – No Vocal ( 3:00 )
14: Same Old Story – Alt Version ( 3:30 )
15: Catfish – Alt Version ( 8:00 )

CD2 – On The Boards:
01: What’s Going On ( 2:44 )
02: Railway and Gun ( 3:33 )
03: It’s Happened Before, It’ll Happen Again ( 6:32 )
04: If The Day Was Any Longer ( 2:07 )
05: Morning Sun ( 2:38 )
06: Eat My Words ( 3:45 )
07: On The Boards ( 6:01)
08: If I Don’t Sing I’ll Cry ( 2:38 )
09: See Here ( 3:04 )
10: I’ll Remember ( 3:01 )
11: Railway and Gun – Off The Boards mix ( 3:30 )
12: See Here – Alt Version ( 3:00 )
13: It’s Happened Before, It’ll Happen Again – Take 2 – Beat Club audio 1970 ( 10:52 )
14: If The Day Was Any Longer – Beat Club audio 1970 ( 2:35 )
15: Morning Sun – Beat Club audio 1970 ( 3:31 )
16: It’s Happened Before, It’ll Happen Again – Take 1 – Beat Club audio 1970 ( 9:48 )


CD3 – Live In Stockholm and London 1970:
01: What’s Going On ( 3:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
02: Sugar Mama ( 7:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
03: Gambling Blues ( 4:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
04: Sinner Boy ( 4:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
05: At The Bottom (4:00) – Live in Stockholm – September 1970
06: She’s 19 Years Old ( 4:00) – Live in Stockholm – September 1970
07: Morning Sun ( 2:40 ) – Live in Stockholm – September 1970
08: Catfish ( 5:30 ) – Live in Stockholm – September 1970
09: I’ll Remember ( 5:30 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
10: Railway and Gun ( 4:10 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
11: Sugar Mama ( 6:31 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
12: Eat My Words ( 8:17 )- BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
13: Catfish ( 5:32 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***

*** Off-air recordings

CD4 – Taste Mark I – Belfast Sessions and Demos / 7” single and Live at Woburn Abbey Festival 1968:
01: Wee Wee Baby ( 2:45 ) – Major Minor demo
02: How Many More Years ( 3:24 ) – Major Minor demo
03: Take It Easy Baby ( 7:09 ) – Major Minor demo
04: Pardon me Mister ( 2:41 ) – Major Minor demo
05: You’ve Got To Pay ( 2:42 ) – Major Minor demo
06: Norman Invasion ( 3:01 ) – Major Minor demo
07: Worried Man ( 2:30 ) – Major Minor demo
08: Blister On The Moon – A-Side of the Major Minor 7” single
09: Born On The Wrong Side of Time – B-Side of the Major Minor 7” single
10: Summertime ( Instrumental ) ( 1:31 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968
11: Blister On The Moon ( 3:38 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968
12: I Got My Brand On You ( 7:23 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968
13: Medley – Rock Me, Baby / Bye Bye Bird / Baby Please Don’t Go / You Shook Me, Baby ( 10:59 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968

Il box costerà tra i 40 e 50 euro e per chi non conosce i dischi dei Taste sarà una sorpresa ascoltare Rory Gallagher impegnato di tanto in tanto anche al sax, oltre che alla chitarra e all’armonica, in incursioni in territori jazz inconsueti nella sua opera successiva.

Le altre “ristampe” di agosto le leggete in un altro Post.

Bruno Conti

Forse Il Più “Grande” Dei Beautiful Losers ! Guthrie Thomas – The Band Played On

guthrie thomas the band played on 1

Guthrie Thomas – The Band Played On – Self-released Moon And Back Records

Per chi non lo conoscesse, il Dr. Guthrie Thomas (ebbene sì, ha anche una laurea in farmacia) nativo di Wichita Falls, Texas, era molto popolare (anche dalle nostre parti) intorno alla metà degli anni settanta e fino ai primi ottanta, tra i “cultori” della musica di qualità, con un cantautorato a cavallo tra folk e country, con innesti rock, che richiamava i suoi maestri dichiarati, John Prine, John Stewart e Gordon Lightfoot. Le sue prime incisioni (ormai introvabili) sono state Guthrie Thomas I (75) e Lies And Alibis (76) https://www.youtube.com/watch?v=IyYti_kvziM , seguiti da altri lavori (a cadenza più o meno annuale) tra cui vi segnalo Like No Other, Street Kid, La Belle Poisoneuse, e Dear Ginny in coppia con Ramblin’ Jack Elliott. Negli anni ’90 alcuni suoi dischi vengono pubblicati dalla Taxim Records, che meritoriamente ristampa “perle” come Buffalo e This One’s For Sara, dischi nuovi come The Writer (90), Through The Years (92) e lo splendido Midnight Train (96), distribuito anche in Italia dalla IRD, disco che conteneva un “trittico” da brividi, You Can’t Buy No Love Song, Lucky In Love e Tonight I’ve Got Loving On My Mind https://www.youtube.com/watch?v=ZRFEVEBSbww . La terza fase (quella più recente) lo vede vendere i suoi CD attraverso il proprio sito http://www.guthriethomas.com/ , titoli come Old Horses e Way Back When (raccolte di materiale vario, dove spicca la meravigliosa Sweet Virginia tratta dal secondo album per la Capitol Lies And Alibis https://www.youtube.com/watch?v=35PvE_AUfIs ), ma anche nuove canzoni inedite che vengono distribuite in Medicine Men, Mirror Images e Django, prima di arrivare a questo nuovo The Band Played On http://discoclub.myblog.it/2011/08/30/rieccolo-finalmente-non-uno-non-due-non-tre-ma-ben-qua/ .

Guthrie Thomas è un virtuoso della chitarra acustica, nonché maestro del “fingerpicking” (come Bruce Cockburn,  per citare un suo pari), e lo dimostra in queste undici canzoni tristi e amare, a partire dal brano iniziale, Passing Sorrow, asciutto e lancinante, seguito da una polverosa I Ain’t Goin’ Nowhere con echi di west-coast, dal folk-rock di Stand By You, e da una splendida serenata come la title track The Band Played On, mentre The Tower è un brano di grande forza interpretativa, elegante e seducente. Un violino lancinante introduce Full Moon Rising, un country-folk con rilevanti suoni di frontiera, inframmezzato da un intermezzo strumentale delicato come Only One, che fa da preludio all’imperiosa And Then There Were None, cantata con la sua tipica voce accorata, a cui fa seguito ancora una attraente ballata “texana” come The Bird With Wings, un altro brano strumentale Two Thousand Fifteen, dove viene evidenziata ancora una volta la bravura di Guthrie con la sua “Taylor acustica” https://www.youtube.com/watch?v=DvioL3xMpvk&spfreload=10 , andando poi a chiudere, sorprendentemente, con il ritmo “bluesy” di una tirata e coinvolgente No One But You, a confermare che siamo di fronte ad un artista poliedrico, capace di esprimersi in molteplici linguaggi musicali.

Guthrie Thomas, per chi scrive, è un “songwriter” eccezionale, eccentrico e sensibile (categoria da collocare, com’è noto, fra quelle meno sponsorizzate), un signore che ha attraversato ben quattro decenni di carriera, con un “palmares” di ben 49 album (tra vinili e CD), e 5 film, forse il più “noto” il documentario Questa terra, è la mia terra, sulla vita di Woody Guthrie, dove appaiono musicisti del calibro di Willie Nelson, Waylon Jennings, John Stewart, Gordon Lightfoot, Ramblin’ Jack Elliott, Arlo Guthrie, e ovviamente Bob Dylan. Questa nuova raccolta The Band Played On conferma ancora una volta le sue note qualità di narratore in musica e la sua sensibilità artistica, e in fondo non importa se i suoi dischi sono di difficile reperibilità, per il sottoscritto l’importante è che continui a farci sognare, emozionare e a volte piangere con le sue canzoni.

Tino Montanari    

NDT conclusiva. Se mi sono “infatuato” di questo cantautore, devo ringraziare il compianto “promoter” Carlo Carlini https://www.youtube.com/watch?v=p2FOdAsb3WU , e il titolare di questo “Blog”, che me lo hanno fatto conoscere ed apprezzare.

L’Ultimo Dei “Veri” Chitarristi Blues, In Gran Forma! Buddy Guy – Born To Play Guitar

buddy guy born to play

Buddy Guy – Born To Play Guitar – RCA/Silvertone/Sony

La foto di copertina è probabilmente un omaggio al suo “discepolo” Hendrix, mangiatore di chitarre, nel disco vengono ricordati due grandi che non ci sono più, come Muddy Waters B.B. King, e tutto il disco è incentrato sul suono di uno dei più grandi chitarristi che il Blues abbia mai prodotto, forse l’ultimo dei grandissimi ancora in vita, ora che BB ci ha lasciato. Buddy Guy, 79 anni compiuti il 30 luglio, il giorno primo della pubblicazione di questo Born To Play Guitar, quarto album di studio consecutivo prodotto dal bravo Tom Hambridge (oltre al Live del 2012), ennesima dimostrazione che se questi artisti vengono affidati ad un produttore capace sono ancora in grado di fare faville. Hambridge, oltre a produrre, suona la batteria, arrangia e compone gran parte del materiale di questo album, sceglie i musicisti, tutti eccellenti: Billy Cox al basso (un omonimo o l’originale?), Kenny Greenberg, Bob Britt, Rob McNelley Doyle Bramhall II, alle chitarre aggiunte, Tommy MacDonald, Michael Rhodes  e Glen Worf, che si alternano ancora al basso Kevin McKendree o Reese Wynans, alle tastiere, che sono coloro che Hambridge utilizza abitualmente nelle sue produzioni, oltre alle McCrary Sisters, alle armonie vocali. Ospiti speciali, Kim Wilson, Billy Gibbons, Joss Stone e Van Morrison. E il risultato è ancora una volta ottimo, come era stato per il precedente Rhythm And Blues di due anni fa http://discoclub.myblog.it/2013/07/25/buddy-guy-non-lascia-anzi-raddoppia-il-30-luglio-compie-77-a/, quasi 60 anni di carriera e 28 album di studio non hanno intaccato la voglia di Buddy Guy di fare buona musica blues!

Proprio Tom Hambridge, con l’aiuto di Richard Fleming, costruisce una sorta di piccola cronistoria autobiografica nella title-track, uno slow Chicago Blues di quelli duri e puri, dove Buddy racconta la sua vicenda di giovane virgulto nato a Lettsworth in Lousiana con le 12 battute già incorporate nelle sue vene, mentre Wear You Out è un poderoso boogie-rock-blues dove Guy, sempre in gran voce, e Billy Gibbons, un po’ meno, duellano però con le chitarre, nel pezzo del disco che più concede alle dinamiche del rock, ma quando ci vuole ci vuole, e qui i due fanno veramente sfracelli con le loro Stratocaster https://www.youtube.com/watch?v=hThlFYaUXds . Back Up Mama è un altro lento di quelli ad alta intensità con il nostro amico che gigioneggia e dispensa blues di gran qualità, spalleggiato dai musicisti citati sopra, tutti che si dannano l’anima per tenere botta ad un Buddy in gran spolvero, ottimi Bramhall e Wynans (o è McKendree?) al piano. Too Late è un  brano che porta la firma di Charles Brown e Willie Dixon, vecchio cavallo di battaglia di Little Walter, permette a Guy, grazie alla presenza di uno scatenato Kim Wilson all’armonica, di ricreare i vecchi duetti con Junior Wells. Whiskey, Beer And Wine, uno dei cinque brani co-firmati da Buddy Guy è un’altra poderosa costruzione sonora con la solista che dispensa sciabolate di blues, ma grazie alla precisa costruzione di Hambridge non è mai sopra alle righe, come in passato succedeva di tanto in tanto nei vecchi dischi. E anche Kiss Me Quick, il secondo duetto con Kim Wilson, è un perfetto esempio di come deve suonare il blues elettrico nel ventunesimo secolo https://www.youtube.com/watch?v=DYOkbVwkLuk : come lo si suonava sul finire anni cinquanta a Chicago con il grande Muddy.

Addirittura Crying Out Of One Eye, ancora con la firma Guy/Hambridge, e con l’aiuto di una sostanziosa sezione fiati, suona come un brano tratto dal vecchio Blues Jam At Chess registrato a Chicago con i Fleetwood Mac di Peter Green, un blues dove la chitarra è alla ricerca di sonorità lente e spaziali. Sempre a proposito di Chess Records, (Baby) You Got What It Takes, il duetto con una Joss Stone finalmente in grado di esprimere i suoi talenti in modo efficace e misurato, sembra un brano tratto dal vecchio repertorio di Etta James o ancor più Koko Taylor, con Hambridge che aggiunge un pizzico di genio nella trovata di aggiungere una sezione di archi https://www.youtube.com/watch?v=fYfWNYecvJA . In Turn Me Wild  Buddy Guy innesta il pedale wah-wah e lascia andare la sua solista in modalità più selvaggia, come solo lui sa fare, uno dei maestri della moderna chitarra elettrica, quello che ha insegnato a Jimi due o tre trucchetti su come si suona il blues, qui lo dimostra ancora una volta https://www.youtube.com/watch?v=c7yfVy0Fm24 . Crazy World, con la voce filtrata e carica di eco, sospesa su un tappeto di organo, e di nuovo con il wah-wah più atmosferico di Guy, ci illustra una ulteriore sfaccettattura di questo artista sempre in grado di variare il suo stile all’interno delle grande strade della musica del diavolo (o del Signore). Smarter Than I Was, altro brano autobiografico costruito ad hoc da Hambridge, mostra ancora una volta perché gente come gli Stones e Clapton idolizzano questo signore di quasi ottanta anni, una vera leggenda vivente, in grado di cavare dalla sua chitarra torrenti di note ribollenti, come se il tempo per lui si fosse fermato.

Negli ultimi tre brani è tempo di ricordare e commemorare: prima con una Thick Like Mississippi Mud che ricorda le folate elettriche anni cinquanta, anche con fiati, del suo vecchio datore di lavoro e maestro, quel McKinley Morganfield con cui Guy ha lavorato relativamente poco, apparendo però in alcuni degli album migliori del Muddy Waters inizio anni ’60, nello specifico Muddy Waters Sings Big Bill Broonzy e Folk Singer, due capolavori di equlibri sonori. Non c’entra quasi nulla con il resto a livello sonoro, in teoria, ma Flesh And Bone (Dedicated To B.B. King), il duetto con Van Morrison, è una ballata quasi celtic soul, tipica del rosso irlandese, cantata meravigliosamente da entrambi, con Buddy Guy che ricama arabeschi con la sua chitarra e i fiati e le McCray Sisters che aggiungono quello spirito cerimoniale tipico del miglior gospel, un omaggio sentito e realizzato con classe immensa, bellissima canzone. E anche la seconda dedica a Waters, una delicata e quasi acustica Come Back Muddy, si riappropria dello stile di Folk Singer con assoluta naturalezza e un pizzico di nostalgia, per concludere in gloria un album che si candida come uno dei migliori della carriera di Buddy Guy: signori, questo è il vero Blues, con la B maiuscola, è lui è veramente nato per suonare la chitarra!

Bruno Conti

Degna Figlia Di Tanto Padre! Amy Helm – Didn’t It Rain

amy helm didn't it rain

Amy Helm – Didn’t It Rain – Entertainment One

Amy Helm (come è stato ricordato moltissime volte, ma ripetiamolo) è la figlia di Levon Helm e Libby Titus, due artisti e cantanti: uno, tra i più grandi prodotti dalla scena musicale americana, batterista e cantante con The Band, poi solista per lunghi anni, l’altra, meno nota, ha pubblicato un paio di dischi interessanti, entrambi omonimi, usciti nel ’68 e ’77, ma è famosa anche per essere stata, dopo la fine della storia con Helm, la compagna per qualche anno di Mac Rebennack Dr. John ed in seguito di Donald Fagen, che ha sposato nel 1993, dopo una breve convivenza. Quindi la musica ha sempre avuto una parte rilevante nella vita di Amy, nata nel 1970, negli anni migliori della carriera di Levon, ma poi cresciuta a contatto con alcuni musicisti tra i più geniali della storia del rock. Senza andarne a ricordare le carriere si direbbe che la loro influenza, soprattutto quella di Levon Helm, con cui Amy ha a lungo collaborato, soprattutto negli ultimi anni di vita del babbo, sia stata fondamentale nello sviluppo di un proprio percorso musicale: prima con le Ollabelle, grande piccola band, autrice di quattro piccoli gioellini sonori nella prima decade degli anni ’00, http://discoclub.myblog.it/2011/09/01/forse-non-imprescindibile-ma-sicuramente-molto-bello-ollabel/, poi, ma anche contemporaneamente, nelle varie formazioni del padre, Levon Helm Band, Dirt Farmer Band, Midnight Ramble Band, oltre ad una quantità di collaborazioni impressionanti con i migliori musicisti del settore roots, le più recenti con The Word, Larry Campbell e Teresa Williams, ma in precedenza anche con Rosanne Cash, David Bromberg, Blackie And The Rodeo Kings e mille altri, fino a risalire a Kamakiriad, il disco di Donald Fagen del 1993, la prima partecipazione importante, anche se il suo CV vanta puree la presenza, all’età di 10 anni, nel disco per bambini In Harmony dei Sesame Street, dove però erano coinvolti, oltre alla mamma Libby, Carly Simon James Taylor, Linda Ronstadt, Bette Midler, i Doobie Brothers.

Come la stessa Helm ha ricordato in una intervista, negli anni ’80 (un periodo in cui la musica di suo padre era stata quasi dimenticata) la giovane Amy ascoltava Lisa Lisa Cult Jam, Cameo e i Run D.M.C., anche se il padre le aveva già fatto conoscere la musica di Ray Charles e Muddy Waters, fino alla seconda metà degli anni ottanta non aveva mai sentito per intero un disco della Band finché la madre non le diede una cassetta di Music From Big Pink, che, nei continui ascolti sul bus che la portava al college di New York dove studiava, le cambiò la vita. Saltando di palo in frasca, dopo la morte di Levon, avvenuta nel 2012, la Helm è diventata anche la curatrice, con la collaborazione di Larry Campbell, degli studi di The Barn, sulle Catskill Mountains, il mitico luogo dove si svolgevano (e tuttora si svolgono) le leggendarie Midnight Rambles, l’ultima avvenuta nella primavera di quest’anno, pochi giorni dopo la scomparsa del cane di Levon, chiamato “Muddy”, in onore di voi sapete chi. Ma negli anni dal 2010, quando uscì l’ultimo disco delle Ollabelle, Amy Helm ha anche iniziato la registrazione del suo primo disco come solista, nei primi tempi ancora con la presenza di Levon Helm (alla batteria in tre pezzi dell’album) che gentilmente le concedeva grauitamente l’uso dei propri studi, e poi con l’aiuto del suo nuovo gruppo, gli Handsome Strangers, con i quali ha re-inciso parte dei brani contenuti in Didn’t It Rain, per ultilizzare la notevole bravura di questi musicisti (dal vivo sono bravissimi, come potete constatare nei vari video inseriti nel Post). Naturalmente i musicisti di talento si sprecano in questo CD, da Byron Isaacs, polistrumentista e produttore del disco, nonché compagno di avventura già negli Ollabelle, a Bill Payne e John Medeski alle tastiere, Larry Campbell, Chris Masterson e Jim Weider alle chitarre, Daniel Littleton, anche lui chitarrista di gran classe, e David Berger alla batteria, che sono gli Handsome Strangers, oltre alle armonie vocali di Allison Moorer, Elizabeth Mitchell e Teresa Williams, per non citare che alcuni dei tantissimi musicisti che hanno contribuito alla riuscita di questo album.

Che, diciamolo subito, è molto bello; a livello qualitativo siamo dalle parti delle ultime prove di Rosanne Cash o Lucinda Williams, forse un filo inferiore, ma di poco. Dodici brani, firmati per buona parte dalla stessa Amy Helm, in collaborazione con Isaacs e, in un paio, Littleton, più quattro cover, magari non celeberrime, ma di grande fascino, di cui tra un attimo. Diciamo che si è presa i suoi tempi per arrivare a questo esordio solista, pubblicato a 44 anni, tra la famiglia, la morte del padre, i suoi impegni vari, ma nei cinque anni durante i quali Didn’t It Rain ha avuto la sua genesi ha lavorato con impegno per creare un disco che rimarrà nei cuori degli ascoltatori per il giusto tempo. L’apertura è affidata alla title-track, un gospel traditional sui diritti civili che era nel repertorio sia di Mahalia Jackson quanto di Mavis Staples (con cui la Helm ha diviso recentemente i palchi, in un tour che vedeva anche la presenza di Patty Griffin, che detto per inciso pubblicherà il suo nuovo album a fine settembre), un brano intenso, riarrangiato per suonare come un funky alla Meters, comunque con quel sapore di Louisiana che ogni tanto pervadeva anche l’opera del babbo, lei canta con voce limpida e pimpante, i musicisti ci mettono la giusta anima gospel soul e la partenza è subito scintillante, con il call and response con le vocalist ospiti, le chitarre taglienti e il groove di basso e batteria a sottolineare il tessuto sonoro del brano. Rescue Me è una bellissima ballata mid-tempo, una classica canzone da cantautrice, un potenziale singolo, con una melodia memorabilizzabile e un arrangiamento di gran classe, con tastiere, soprattutto il piano, e chitarre che girano leggiadre intorno alle voce della Helm.

Good News è un vecchio pezzo di Sam Cooke che ha perso l’Ain’t That del titolo originale, ma non lo spirito nero del brano, anche se in questa versione viene accentuata la componente blues che si allaccia allo spirito gospel dell’originale, con chitarre acustiche e slide, qualche percussione e la voce di Amy protagonista assoluta del brano. Deep Water è un delicato pezzo folk corale, di stampo prevalentemente acustico, con le solite ottime armonie vocali che rimandano al sound tipico Ollabelle, mentre Spend Our Last Dime, con il count off della voce spezzata di Levon Helm e il suo tocco inconfondibile alla batteria, è un bellissimo valzerone semi-country, scritto da Martha Scanlan, una bravissima cantautrice di cui vi consiglio di recuperare i pochi album che ha fatto, atmosfera vicina alle ultime prove rootsy di Rosanne Cash, altra figlia d’arte https://www.youtube.com/watch?v=SOLjBToKPmo . Chitarra con riverbero, batteria dal suono secco, basso che pompa, un organo avvolgente, penso opera di John Medeski (ma potrebbe anche essere Bill Payne) puro sound Memphis epoca Muscle Shoals per una deliziosa The Sky’s Falling https://www.youtube.com/watch?v=yEaQ-Qk6kcY . Bellissima anche Gentling Me, una canzone che porta la firma di Mary Gauthier e Beth Nielsen Chapman, dolce e sognante, una boccata di freschezza gentile, come evoca il titolo, nuovamente atmosfere folk per un brano che è puro piacere sonoro.

Roll Away ha una costruzione sonora più raffinata, blue-eyed soul di quello “serio”, con tastiere, chitarre e ritmica che permettono alla voce della Helm quasi di galleggiare su un costrutto sonoro jazz&soul degno delle grandi cantautrici degli anni ’70; per non parlare di un’altra ballata sontuosa come Sing To Me https://www.youtube.com/watch?v=yguKCcaQHYU  o di Roll The Stone, dove il banjo di Isaacs si sposa con l’organo alla Garth Hudson di John Medeski, piano e chitarra quasi telepatici con la sezione ritmica, per un altro tuffo nel deep soul gospel che tanto caro era a Levon Helm, curato fino nei minimi particolari sonori anche grazie al tocco gospel della batteria dei cantanti ospiti. E non è finita, Heat Lightning, ancora con Levon alla batteria, viaggia a tempo di rockabilly, con chitarre twangy e atmosfere country alla Band dietro l’angolo, mentre per la conclusiva Wild Girl, il chitarrista Daniel Littleton alza il riverbero della sua elettrica al massimo per creare un doveroso contrappunto ad una sofferta prestazione vocale in solitaria della brava Amy Helm, giusta conclusione per un album che conferma la classe di questa outsider di gran lusso, che forse non arriverà mai ai livelli del padre, ma quantomeno ci prova!

Bruno Conti

Capitolo 4: Gli Archivi di “Jimmy” Non Finiscono Mai! Jimmy LaFave – Trails West Lounge

jimmy lafave trail 4

Jimmy LaFave – Trail Four – Music Road Records/Ird

Dopo lo splendido The Night Tribe (sicuramente uno dei dischi più belli di quest’anno) http://discoclub.myblog.it/2015/05/18/sempre-buona-musica-dalle-parti-austin-jimmy-lafave-the-night-tribe/ , ritorna  Jimmy LaFave con il quarto capitolo dei suoi “Basement Tapes” personali (una sorta di bootleg series per fan, contenenti inediti e materiale radiofonico live). La “compagnia di giro” che accompagnava il buon Jimmy in queste performances era composta da Kevin Carroll alle chitarre, Herb Belofsky alla batteria, Stewart Cochran alle tastiere, Randy Glines al basso, Gary Primich all’armonica, Darcie Deaville al violino, e (occasionalmente) Gurf Morlix alla lap-steel, tutti splendidi musicisti in grado di dare alle canzoni (in buona parte covers), un gusto raffinato e professionale.

I “sentieri musicali”, in questo quarto capitolo, partono con una accorata Walking To New Orleans, pescata dal repertorio del grande Fats Domino (la trovate in qualsiasi raccolta), subito seguita da una delle più belle ballate del “nostro”, la pianistica When It Starts To Rain (Austin Skyline), per poi omaggiare J.J.Cale con il blues di Call Me The Breeze (Naturally) https://www.youtube.com/watch?v=cVPGPSn1lKk , setacciare come al solito l’amato repertorio “dylaniano” con le note She Belongs To Me, I’ll Remember You (meravigliosa), Chimes Of Freedom, e anche una It Takes A Lot To LaughIt Takes A Train To Cry rivoltata come un calzino e rifatta in versione blues https://www.youtube.com/watch?v=72l1dUuCDGM . I “sentieri” proseguono alla grande con Rocket In My Pocket dei grandi Little Feat di Lowell George (era in Times Loves A Hero), con una performance di Stewart Cochran al pianoforte che non fa rimpiangere il grande Bill Payne https://www.youtube.com/watch?v=YDGXZBLX5c4 , riproporre ancora una volta il “blues da saloon” di Route 66 Revisited, andando poi a recuperare dal repertorio di Townes Van Zandt una magnifica rilettura di Snowin’ On Raton (cercatela su At My Window), andando poi a chiudere con un brano poco conosciuto come Hideaway Girl (Cimarron Manifesto), e la canzone che chiude sempre i suoi concerti, una sempre sontuosa Worn Out American Dream (dal capolavoro Buffalo Return To The Plain), una ballata in perfetto stile Jimmy LaFave.

Mi auguro che questi ultimi lavori, The Night Tribe e anche questo Trail Four, facciano (ri)scoprire  un autore un po’ troppo colpevolmente sottovalutato,  a giudizio di chi scrive, e che gli archivi di  uno “dei figli prediletti del Texas” non siano ancora stati svuotati del tutto!

Tino Montanari