Che Cosa Fa Un Hippy A Nashville? Un Grande Disco! Jonathan Wilson – Dixie Blur

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Jonathan Wilson – Dixie Blur – Bella Union CD

Il secondo album di Jonathan Wilson, Fanfare https://discoclub.myblog.it/2013/12/14/recuperi-fine-anno-parte-4-jonathan-wilson-fanfare/  (seguito del positivo esordio Gentle Spirit https://discoclub.myblog.it/2011/08/08/un-jonathan-tira-l-altro-da-laurel-canyon-e-dintorni-jonatha/ ), era stato per il sottoscritto il disco dell’anno 2013, un lavoro tra i più perfetti da me ascoltati nell’ultima decade, risultato di una miscela strepitosa di rock, folk, psichedelia e Laurel Canyon Sound: se i dischi potessero avere figli, il padre di Fanfare poteva senz’altro essere il mitico esordio solista di David Crosby If I Could Only Remember My Name. Jonathan era tornato tra noi nel 2018 con Rare Birds, un album spiazzante che sembrava invece ispirarsi alle sonorità techno-pop degli anni ottanta, anche se qualche traccia del Wilson che conoscevamo era rimasta: va bene l’idea di cambiare suono (il terzo disco di solito è il più difficile per un artista), ma le scelte di Jonathan mi avevano abbastanza deluso, anche se in questo blog la si pensava diversamente https://discoclub.myblog.it/2018/04/26/il-gabbiano-jonathan-vola-sempre-alto-jonathan-wilson-rare-birds/ .

La curiosità su ciò che avrebbe fatto Wilson dopo Rare Birds era tanta, e sinceramente non mi aspettavo di trovarmi tra le mani un suo nuovo lavoro dopo solo due anni; Jonathan ha seguito il consiglio dell’amico Pat Sansone (membro dei Wilco) di andare a registrare le sue nuove canzoni a Nashville, insieme ad una crew di professionisti di gran nome (Russ Pahl, Mark O’Connor, Kenny Vaughan, Dennis Crouch, Drew Erickson, oltre allo stesso Sansone che ha prodotto le sessions): il risultato è Dixie Blur, un lavoro splendido che ci fa ritrovare il Wilson di Fanfare, con una serie di composizioni di prima qualità valorizzate da un suono spettacolare e da una serie di soluzioni strumentali da applausi. Dixie Blur inizia in pratica da dove Fanfare finiva, ma se là il suono ricordava appunto il rock “cosmico” californiano dei primi anni settanta, qua l’ispirazione trae spunto sempre dall’interno del Golden State ma più indirizzata verso un sound country-rock che all’epoca potevamo ascoltare nei dischi dei Byrds di fine carriera, dei Flying Burrito Brothers e dei New Riders Of The Purple Sage. Registrato nello Studio A del mitico Sound Emporium (che era di proprietà di Cowboy Jack Clement), Dixie Blur non è però un album country, anche se il country è presente in dosi massicce, ma piuttosto un lavoro di American Music a 360 gradi che mescola alla grande la visione cosmica da moderno hippy che ha Wilson della musica ed un background sonoro di altissimo livello suonato da alcuni tra i migliori sessionmen di Nashville, e che alla fine risulta ancora più immediato e fruibile di Fanfare.

Just For Love (unica cover presente, un pezzo di Dino Valenti title track del quarto album dei Quicksilver Messenger Service) inizia più o meno nel mood del disco del 2013, con sonorità raffinate ed eteree grazie anche all’uso del flauto come strumento solista ed un motivo di fondo rilassato ed affascinante: pochi minuti e Rare Birds è già un ricordo. 69 Corvette ha una intro strumentale molto evocativa a base di chitarra acustica, piano e steel, e Jonathan canta quasi sussurrando una melodia profonda e toccante, subito doppiato dallo splendido violino di O’Connor: canzone malinconica ma bellissima, con pathos a mille. Anche New Home è una ballata dal passo lento, con Wilson avvolto da un suono crepuscolare dominato da piano, mellotron e la magnifica steel di Pahl, ma sul finale inizia un crescendo sonoro splendido e di grande impatto emotivo. So Alive velocizza il ritmo e ci porta in territori country & western, ancora con il violino protagonista e con il nostro che intona un motivo decisamente intrigante circondato da sonorità molto roots; anche meglio In Heaven Making Love, una sorta di bluegrass elettrico dal ritmo vertiginoso e ricco di swing, con una melodia irresistibile che rimanda agli anni cinquanta: il CD sta mutando suono a poco a poco, quasi come se Wilson si avvicinasse prograssivamente dal Laurel Canyon a Nashville.

Un pianoforte struggente introduce la lenta Oh Girl, altra ballata dallo sviluppo splendido, un accompagnamento avvolgente ed un leggero gusto pop; Pirate è ancora uno slow, ma non ci si annoia per niente in quanto la strumentazione aggiunge sempre quel quid in più a canzoni già belle di loro: qui per esempio abbiamo una delle melodie più belle di tutto il CD. Enemies è un brano arioso, quasi maestoso e dall’arrangiamento “spectoriano”, caratterizzato da un refrain vocale di impatto notevole, Fun For The Masses è invece una ballatona intensa con piano e steel ancora in primo piano ed un suono che sembra provenire da un qualsiasi album californiano del triennio 1970-72, mentre Platform ha un’introduzione chitarristica che ricorda Everybody’s Talkin’, ma il resto è puro Wilson, stile “cantautore al crepuscolo” con tracce di Gram Parsons. Riding The Blinds è l’ennesima ballata toccante e bellissima, con la band che offre un accompagnamento perfetto ed una tensione emotiva molto alta, e con uno spettacolare cambio di tempo nella seconda parte quando il pezzo si trasforma in uno strepitoso country-rock per poi chiudersi come era iniziato: grande canzone. Finale con El Camino Real, puro e travolgente bluegrass elettroacustico con O’Connor formidabile (tra le più dirette del CD), la languida e soave country ballad a tempo di valzer Golden Apples e la sontuosa Korean Tea, sostenuta dal piano e da una bella chitarra spagnoleggiante.

Non so se Dixie Blur bisserà l’exploit di Fanfare nella mia personale classifica di fine anno, ma di sicuro sarà difficile per me lasciarlo fuori dalla top ten.

Marco Verdi

Vecchio E Nuovo Rock, “Psichedelico”? Hans Chew – Open Sea

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Hans Chew – Open Sea – At The Helm Records

Hans Chew, anche se la pronuncia del suo nome e cognome ricorda molto quella di uno starnuto, è in effetti un artista piuttosto interessante: prima membro di una band “country psichedelica” come D. Charles Speer & the Helix, poi si è creato una reputazione per i suoi interventi al piano nei dischi di Jack Rose, e in seguito anche Hiss Golden Messenger, Chris Forsyth e più di recente ancora con Steve Gunn. Nel frattempo ha registrato tre album solisti, di cui il primo Tennessee & Other Stories era entrato quasi nella Top 20 dei migliori dischi dell’anno di Uncut nel 2010; da poco è uscito il suo quarto album, questo Open Sea di cui stiamo per occuparci, un prodotto piuttosto interessante che lo vede alla guida di un quartetto con Dave Cavallo, il suo chitarrista abituale, e una sezione ritmica formata dal batterista Jimmy Seitang (spesso con Michael Chapman e il citato Steve Gunn) e da Rob Smith alla batteria. Lo stile che ne risulta incorpora elementi di rock, blues, country con spiccate venature southern e anche tocchi R&B e folk, quindi un suono piuttosto eclettico, dove spicca il piano di Chew, ma ancor di più le chitarre, suonate di sovente pure da Hans, che sono spesso e volentieri le protagoniste, in sei brani, tutti piuttosto lunghi, a parte uno, e che ricordano abbastanza anche una sorta di psichedelia gentile, come evidenzia subito l’iniziale Give Up The Ghost, che potrebbe rimandare ad un album come Shady Grove dei Quicksilver Messenger Service.

Il nostro ha anche una bella voce, particolare, rauca, profonda e risonante, ben inserita nel tessuto sonoro che si apre in continue jam strumentali, e scrive pure pezzi di eccellente qualità, come conferma la guizzante Cruikshanks, oltre otto minuti di una sorta di country-southern-rock anni ’70 che ricorda anche (sia pure in modo più vibrante e meno compassato) le sonorità di Hiss Golden Messenger (aka MC Taylor), con le chitarre che si rincorrono in un continuo intreccio di rimandi psych di ottima fattura, con la band che tira alla grande e in piena libertà. Molto bella anche la title track Open Sea che ha addirittura dei tratti che potrebbero riferirsi ai Grateful Dead più bucolici, almeno nella parte iniziale, perché poi nel dipanarsi del brano non siamo lontani dalle evoluzioni di una band come i Magpie Salute oppure di altre jam band attuali, tipo i Widespread Panic, con le chitarre che vengono rinforzate da improvvise entrate fluenti del piano di Chew, veramente bella musica; si diceva che l’unico brano breve del disco è riferito ai circa quattro minuti di Who Am Your Love?, introdotta da una chitarra acustica, da piccole percussioni e poco altro, ma che poi nella seconda parte si anima e si apre in un classico rock and roll con tanto di uso della solista in modalità wah-wah.

Freely, con il suo titolo, e gli oltre nove minuti di durata, è nuovamente musica psichedelica, acid rock, chiamatela come volete, libera e molta improvvisata, con gli strumenti sempre in modalità jam, anche con tocchi jazz e leggermente sperimentali che non sono lontani da quelli di Chris Forsyth http://discoclub.myblog.it/2016/04/02/chitarre-go-go-psych-rock-television-richard-thompson-improvvisazione-chris-forsyth-the-solar-motel-band-the-rarity-of-experience/ , altro musicista con cui Chew ha condiviso una parte di percorso, cambi di tempo continuo, chitarre e piano che si alternano alla guida per creare paesaggi sonori di grande bellezza e nuovamente in piena libertà, ma anche con improvvisi ritorni alla melodia e alla forma canzone. La conclusiva Extra Mile è un brano quasi di cosmic country e Americana, con una sorta di pianino honky-tonk, la voce alla Leon Russell del titolare e le solite chitarre acustiche ed elettriche che non mancano di farsi sentire nell’economia musicale della canzone. Quindi un menu veramente ricco e vario che non mancherà di colpire chi è alla ricerca di qualità e idee brillanti, ben realizzate, anche se con continui rimandi alla tradizione della migliore musica americana classica. Segnatevi il nome, questo signore è veramente bravo.

Bruno Conti

Se Fosse Anche Inciso Bene Sarebbe Perfetto! Quicksilver Messenger Service – New Year’s Eve 1967

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Quicksilver Messenger Service – New Year’s Eve 1967 – Cleopatra 

Ho contato almeno otto CD (più l’Anthology Box, e non credo sia finita la serie) pubblicati dalla Cleopatra Records e relativi a prezioso materiale d’archivio dei Quicksilver Messenger Service, la prodigiosa band californiana che giustamente viene considerata uno dei capisaldi del rock psichedelico ed acido che imperava sulla costa occidentale americana tra la fine anni ’60 ed i primi anni ’70. In effetti la storia inizia ancora prima, nel 1965, quando Dino Valenti, John Cipollina e il cantante e armonicista Jim Murray, uniscono le forze con Gary Duncan, David Freiberg e Greg Elmore, per iniziare una avventura che raggiungerà il suo apice tra il ’68 ed il ’69 quando usciranno i due capolavori, l’omonimo Quicksilver Messenger Service e l’epocale Happy Trails. Ma questa è una storia raccontata mille volte ed in ogni caso molte cose sono successe prima e dopo questi due dischi: da qualche anno a questa parte, oltre alla Cleopatra anche altre etichette, più o meno ufficiali, hanno pubblicato materiale dal vivo proveniente da quel periodo, spesso annunciato come proveniente dagli archivi di Gary Duncan, ma altrettanto spesso di qualità sonora non proprio memorabile.

Anche questo New Year’s Eve 1967 non sfugge alla regola: registrato al Winterland di San Francisco la notte del 31 dicembre del 1967, e quindi, come tutto il materiale proveniente dai locali di proprietà di Bill Graham, presente anche negli archivi di Concert Vault, e pubblicato diverse volte pure come bootleg, il concerto è formidabile per i contenuti musicali, ma la qualità sonora è “scarsina”, a voler essere magnanimi. La formazione è quella classica, il quartetto Cipollina, Duncan, Freiberg e Elmore, che da lì a poco avrebbe pubblicato Quicksilver Messenger Service e Happy Trails, quindi non c’è più Jim Murray alla voce e all’armonica, ma il repertorio comprende ancora molti dei brani del primissimo periodo: ed ecco quindi scorrere un ignoto Instrumental senza nome che fluisce, già iniziato, come prima traccia del concerto, la batteria è in cantina, il basso ha una buona presenza, il suono delle chitarre sfugge di tanto in tanto, ma la qualità sonora è comunque accettabile, mentre le improvvisazioni bluesy delle soliste di Cipollina e Duncan, sono all’altezza delle giornate migliori (non dimentichiamo che in quella serata i Quicksilver dovevano duellare con i Jefferson Airplane e i Big Brother di Janis Joplin che dividevano con loro il palco nell’occasione).

Quindi partenza ottima, poi rafforzata da una eccellente e vibrante versione di Pride Of Man, il brano che sarebbe stato uno dei punti di forza del disco di esordio (qui il suono va e viene, la voce si intuisce e la batteria è purtroppo microfonata male), ma la musica è sempre potente, come nella successiva Who Do You Love (la versione nel video è di due giorni prima), che non è ancora quella “corazzata” da oltre 20 minuti che sarebbe divenuta su Happy Trails, ma l’inconfondibile riff non manca e l’interplay tra le due soliste e la sezione ritmica è già magnifico, il brano è più breve e compatto, “solo” dieci minuti scarsi, ma la magia (anche con gli inconvenienti tecnici ricorrenti nella registrazione) del brano è già presente. Non male pure la bluesata If You Live (Your Time Will Come), cantata da Gary Duncan e che si anima nelle parti improvvisate, mentre It’s Been Too Long è uno dei brani meno conosciuti della band, un classico pezzo psych-garage. Altro discorso per la lunghissima, e ricca di jam chitarristiche, versione di Smokestack Lightning, il classico di Howlin’ Wolf che illustra il lato blues dei Quicksilver visto attraverso l’ottica intrippata di quei tempi e anche Babe I’m Gonna Leave You (quando il suono non sparisce a tratti) illustra il sound acido che condividevano con le altre band di San Francisco dell’epoca. Gold And Silver, con un lungo assolo di batteria nella parte centrale, è sempre quella perfetta fusione tra chitarre rock acide e ritmi jazz alla Dave Brubeck, anche se il livello sonoro è pessimo.

Dino’s Song lascia intuire le evoluzioni soliste del mitico John Cipollina, che poi le reitera in un’ottima Back Door Man e nel lungo medley, Bo Didley goes psych, di improvvisazione Mona/Maiden Of The Cancer Moon. Sono già i Quicksilver della leggenda acida di Haight-Ashbury, se fosse anche inciso bene sarebbe perfetto.

Bruno Conti

Una Delle Grandi Della Musica Folk Americana: L’Ultima “Pellerossa” ! Buffy Sainte-Marie – Power In The Blood

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Buffy Sainte-Marie – Power In The Blood – True North Records

Riappare a sei anni dall’ultimo album Running For The Drum (08), questa arzilla signora (è nata nel 1941),  la cantautrice Buffy Sainte-Marie, una che nella sua lunga carriera è stata attiva su molti fronti contro “l’establishment” americano, diventando per il popolo “pellerossa” (ma non solo), una vera “icona”. Beverly (nome d’arte Buffy) nata da genitori indiani nella riserva Cree del Saskatchewan canadese, viene scoperta dal manager Maynard Soloman, che la porta a diventare un personaggio importante della scena del Greenwhich Village folk di New York (grazie ad alcune sue composizioni portate al successo da altri artisti). Il suo primo disco su Vanguard It’s My Way (64), contiene una delle più belle e note canzoni di protesta di sempre, The Universal Soldier https://www.youtube.com/watch?v=DbKa2gapq_M  che diventerà un grande successo in seguito per Donovan e Glen Campbell, e la famosa Cod’ine, una lenta ballata contro la droga https://www.youtube.com/watch?v=d3bfqlTCHZk (ripresa da numerosi gruppi degli anni ’60, fantastica la versione dei Quicksilver Messenger Service). Anche negli album successivi Many A Mile (65), Little Wheel Spin And Spin (66), Fire & Fleet & Candlelight (67), gran parte dei brani parlano della situazione degli indiani d’America. I’m Gonna Be A Country Girl Again (68) viene registrato a Nashville, mentre nel seguente Illuminations (70) fanno capolino i primi arrangiamenti elettronici, ma il grande successo internazionale arriva con Soldier Blue, una delicata ballata dedicata ai massacri nelle guerre indiane e tema del film Soldato Blu https://www.youtube.com/watch?v=LlrOaJFf6tg  ( con una meravigliosa Candice Bergen e Peter Strauss) tratta dall’album She Used To Wanna Be A Ballerina (71) registrato con l’ausilio di Ry Cooder e di Neil Young con i suoi Crazy Horse e che conteneva un brano dello stesso Neil e uno di Leonard Cohen, a cui farà seguire due dischi “minori” come Moonshot (72) e Quiet Places (73).

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Con Buffy (74) la “nostra” effettua una  svolta artistica, passando ad una musica più convenzionale e pop, per poi subito ritornare con Changing Woman (75) e Sweet America (76) con canzoni basate su materiale popolare indiano,  e melodie originali del popolo “pellerossa”. all’inizio degli anni ’80, Buffy sposa in terze nozze (il primo matrimonio con un insegnante di surf) il compositore Jack Nitzsche (Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo) e si ritira dalle scene per quindici anni, a parte la parentesi del ’83 quando Up Where We Belong, (da lei scritta per Joe Cocker e tema del film Ufficiale e Gentiluomo), si aggiudica l’Oscar come migliore canzone da colonna sonora. Il ritorno discografico avviene con Coincidence And Likely Stories (92) con nuove sonorità elettroniche, a cui segue Up Where We Belong (96), una collezione dei suoi grandi successi riproposti per l’occasione in una nuova veste sonora https://www.youtube.com/watch?v=M7C1JLd30Uk , un imperdibile Live At Carnegie Hall (04), e l’ultimo lavoro in studio il sopracitato Running For The Drum con allegato un DVD con un interessante documentario sulla carriera di Buffy Sainte-Marie https://www.youtube.com/watch?v=TbqsVyDO7gQ  (a completamento vi consiglio anche varie raccolte del primo periodo Vanguard).

Questo nuovo lavoro Power In The Blood è stato registrato a Toronto con tre dei migliori produttori di musica del Canada, Michael Wojewoda (Rheostatics), Chris Birkett (Sinead 0’Connor) e Jon Levine (Serena Ryder) tutti noti per successi pop e materiale più esoterico, e contiene intriganti rielaborazioni di brani del passato, due cover abbastanza sorprendenti, e nuove canzoni. Si parte con una formidabile versione di una delle sue prime canzoni It’s My Way, rivoltata come un calzino con un suono potente, seguita dalla title track Power In The Blood,  una cover degli Alabama 3 con un arrangiamento techno-pop che ci poteva risparmiare, il tradizionale We Are Circling su un moderno tessuto tribale https://www.youtube.com/watch?v=YxZilJNVmc0 , e la rilettura di due brani della “lista nera” di Lyndon B. Johnson, Not The Lovin Kind e la famosa Generation, assai efficace.

Con Love Charms (Mojo Bijoux) e la ninna-nanna magistrale di Ke Sakihitin Awasis (I Love You, Baby) arrivano le prime ballate cantate da Buffy in uno stile confidenziale e il suo particolare vibrato, per poi passare alla dolce litania di Farm In The Middle Of Nowhere (sulla sua vita in mezzo alla natura) https://www.youtube.com/watch?v=JgvJ1GxP0y0 , e ad un’altra inaspettata cover degli UB4O Sing Our Own Song su un testo modificato dalla Sainte-Marie, con un ritornello dal canto tribale. Ci si avvia alla fine con la struggente elegia di Orion scritta con il marito Jack (prima della sua scomparsa), il canto accorato di una trascinante The Uranium War, e lo splendore di una gioiosa Carry It On, un inno alla nuova generazione dei nativi americani https://www.youtube.com/watch?v=Ow2_j3YF06o .

Per quanto nel corso della sua carriera abbia attraversato diversi campi artistici, dalla recitazione all’attivismo politico, dalla televisione per bambini alle colonne sonore, dalla canzone rock alla musica country, Buffy Sainte-Marie non è mai stata (a parte dalla sua gente e da molti colleghi) considerata come il suo talento avrebbe meritato, e sarebbe ora che questa simpatica signora che ha inciso parecchi ottimi album e ha composto molte belle canzoni (mai banali nei testi), venga riscoperta dai tanti amanti della buona musica, perché se vogliamo trovare una via alternativa, dobbiamo cercarla tra la gente che conosce la maniera di comunicare fuori dagli schemi, e Buffy Sainte-Marie è sicuramente una degna rappresentante di questa scuola di pensiero.

Tino Montanari

C’era Una Volta L’Acid Rock. Quicksilver Messenger Service – Live In San Jose 1966

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Quicksilver Messenger Service – Live In San Jose 1966 – Purple Pyramid/Cleopatra

Prosegue l’infinita serie di ristampe dedicate dalla Cleopatra Records al materiale d’archivio (leggi ex bootlegs) dei Quicksilver. E qui sta l’inghippo: spesso (ma non sempre, ci sono eccezioni, penso per esempio al bellissimo cofanetto quadruplo Anthology Box 1966-1970 http://discoclub.myblog.it/2011/09/02/un-altro-cofanetto-da-considerare-quicksilver-messenger-serv/ ,) il suono dei CD che vengono pubblicati è simile a quello dei vecchi dischi pirata. D’accordo, si tratta di materiale storico, ma in teoria questo dovrebbe essere materiale ufficiale. E’ altrettanto vero che tra i pregi di questo notevole concerto, Live In San Jose 1966, c’è la presenza del cantante originale della band, quel Jim Murray che era tra i membri fondatori del gruppo nel 1965 (ma l’idea originale fu di Dino Valenti, che però sarebbe arrivato in pianta stabile non prima del ’69) e comunque seguire i cambi di cantante rimane arduo, anche se il corpo del gruppo, quello che li ha portati ad essere una delle vere leggende della West Coast acida e psichedelica di quegli anni, ossia John Cipollina e Gary Duncan alle due soliste, David Freiberg al basso e Greg Elmore alla batteria, fino alla prima parte del 1969 è sempre presente. Quanto alla presunta rarità di alcuni brani contenuti in questo CD, direi che è abbastanza relativa, perché comunque appaiono, ad esempio, nei contenuti del quadruplo ed in altre date del primo periodo. La qualità sonora è un discorso diverso: qui sta l’oggetto del contendere. Dato per scontato che ognuno ha un suo parere diverso, per chi scrive il sound che fuoriesce da questo CD è discreto, con qualche punta di maggiore qualità, buono per un bootleg ma … Per altri è eccellente, e forse nel contesto storico si può considerare tale; è il solito discorso del sesso degli angeli, mettersi d’accordo è difficile.

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Anche per le mie orecchie allenate da anni di ascolto di vecchi bootleg, il nuovo regime dell’era digitale in cui spesso antichi concerti, registrati con mezzi primitivi, improvvisamente suonano splendidamente, mi ha abituato bene. Già, il suono che usciva dagli amplificatori di quel periodo agli albori della musica rock e quindi la fonte sonora non era fantastica di per sé, però la qualità dell’esecuzione dovrebbe compensare in parte: si apre con una rara All Night Worker, un blues elettrico dove la voce e l’armonica di Jim Murray sono spesso in evidenza e pazienza se il basso di Freiberg ogni tanto va in distorsione e le chitarre di Duncan e Cipollina non sono in primo piano https://www.youtube.com/watch?v=JC_QzQJJ1D0 . In Walkin’ Blues la famosa chitarra con tremolo tintinnante di John Cipollina comincia a salire in cattedra e la band lo segue con trasporto, anche se il sound è sempre parzialmente confuso. Come giustamente rileva lo “storico del rock” Dave Thompson, nelle sue eccellenti note contenute nel CD, siamo ad un punto di svolta nella storia della band in questo settembre 1966, quando viene registrato il concerto, stanno per passare definitivamente dal blues elettrico esemplificato in questi primi brani, alle lunghe ed epiche cavalcate chitarristiche che avrebbero caratterizzato il primo disco in studio, poi Happy Trails e gli innumerevoli concerti dal vivo della loro gloriosa storia. Tornando al concerto I hear you knockin’ è un vecchio brano di Dave Bartholomew, un successo per l’artista di New Orleans Smiley Lewis e poi nel ’70 per Dave Edmunds, tra R’n’R e blues subisce il tipico trattamento psych alla QMS, con le voci e le chitarre che ogni tanto vanno in distorsione (anche Thompson ammette che la qualità sonora non è A1, qualsiasi cosa voglia dire).

If You Live (Your Time Will Come) è un brano di Mose Allison, con un sound che li avvicina ai loro contemporanei Jefferson, Doors e Grateful Dead, di nuovo con l’armonica di Murray in evidenza, che poi lascia spazio alle due soliste che si esibiscono in una bella accelerazione acida e qui il sound è decisamente accettabile https://www.youtube.com/watch?v=gto5oW8tqc4 . Smokestack Lightning è il primo tour de force di quasi dieci minuti con le chitarre in libertà, anche grazie all’ottima sezione ritmica, agile e jazzata https://www.youtube.com/watch?v=bgSkVG9–qo , quasi un preludio all’eccellente Acapulco Silver And Gold, la loro eccitante rivisitazione in chiave acid-rock di Take Five. Ma prima c’è spazio per una stranamente concisa (solo 8 minuti e mezzo) Who Do You Love, comunque sempre fantastica e con i florilegi all’armonica di Murray che la differenziano da altre versioni, però quando parte Cipollina non lo ferma nessuno e anche Duncan non scherza https://www.youtube.com/watch?v=Fb5knuJInMQ . Super acida anche Back Door Man, con le due chitarre a fronteggiarsi e fantastica la già menzionata e lunghissima Silver And Gold, una delle versioni più belle a mia memoria, lungo assolo di batteria di Elmore incluso. Cod’ine acquista un apostrofo nel titolo ma è il solito brano di Buffy Sainte-Marie, con la qualità sonora, ma non dell’esecuzione, un po’ discontinua. Chiude l’immancabile inno alla psichedelia pura The Fool, in una versione lunga e visionaria, acidissima come sempre, con Murray che fa la differenza e pure incisa abbastanza bene.       

Bruno Conti   

Novità Di Marzo, Parte Ib. Darius Rucker, Jesse Malin, Paul McCartney, Richie Furay, John Mayall, Sonics, Hawkwind, Quicksilver Messenger Service, Dayna Kurtz, Courtney Barnett

darius rucker southern style

Darius Rucker, dopo la partenza fulminante con gli Hootie And The Blowfish (il loro Cracked Rear View, con oltre sedici milioni di copie negli Stati Uniti, è uno dei venti dischi più venduti di tutti i tempi), si è progressivamente trasformato nel corso degli anni in un cantante country a tutti gli effetti. Southern Style, il suo sesto album, in una carriera solista iniziata nel 2002 (compreso un disco natalizio), mette in evidenza ancora una volta la sua bella voce baritonale e piacerà molto agli appassionati del country meno bieco e più ruspante, tutti brani originali scritti dallo stesso Rucker con vari collaboratori, ma allo stesso tempo non mancherà di provocare un po’ di nostalgia nei fans del suo vecchio gruppo. Non per nulla il disco esce per la Capitol Nashville (con la solita Deluxe version con 2 tracce extra) e quindi è proprio un disco di “genere”, anche se non mancano elementi del vecchio stile e sonorità più moderne https://www.youtube.com/watch?v=sTXq33a6YnM

jesse malin new york before the war

L’ultimo album ufficiale del newyorkese Jesse Malin risale al 2010, Love It To Life, un buon disco dal suono decisamente rock, pubblicato come Jesse Malin & The St. Marks Social, ma nel 2012 è uscito anche un disco acustico e distribuito solo ai concerti, Hail Mary Gunners, parte del ricavato del quale andava in beneficenza alla Croce Rossa internazionale; un disco registrato dal vivo a New York e San Sebastian, in Spagna, supportato da Mark Troth Lewis alla chitarra, e presentato come venti “frecce acustiche nella loro forma originale – dai retrobottega, camere da letto e sgabelli da bar del mondo”. Questo nuovo New York Before The War https://www.youtube.com/watch?v=CPMDiSUX3mM , fin dal titolo, viene annunciato come quello più influenzato dai suoni della sua città di origine, quindi echi di Lou Reed, Television, Ramones, ma anche le ballate del suo amato Springsteen, tocchi di Dylan e Neil Young, mi è sembrato di cogliere anche accenni agli Stones e secondo la critica americana potrebbe essere il suo miglior disco in assoluto. Esce ufficialmente il 31 marzo per la One Little Indian e questo è un assaggio https://www.youtube.com/watch?v=DfeSYF3VElM

paul mccartney a musicares tribute

La versione americana, zona 1, è già stata pubblicata dalla Shout Factory, in Europa uscirà il 12 maggio su etichetta Eagle Rock. Stiamo parlando del DVD (o Blu-Ray) dedicato a Paul McCartney, per la benemerita serie A Musicares Tribute, che riporta il concerto che si svolge tutti gli anni nella settimana dei Grammy e che premia una personalità del mondo musicale che si è distinta nel corso dell’anno (e della carriera) per il suo spirito filantropico. Quest’anno è toccato a Bob Dylan, mentre la serata dedicata a Macca è stata registrata nel 2012: ad omaggiarlo erano presenti, oltre a Sir Paul, per la simpatica consuetudine che prevede quasi sempre la presenza sul palco del festeggiato: 1) Get Back / Hello Goodbye / Sgt. Pepper s Lonely Hearts Club Band Cirque du Soleil featuring The Beatles Love Cast 2) Magical Mystery Tour Paul McCartney https://www.youtube.com/watch?v=9oSLl8K05g4  3) Junior s Farm Paul McCartney 4) Blackbird Alicia Keys https://www.youtube.com/watch?v=pX6T-dRnZNM  5) No More Lonely Nights Alison Krauss & Union Station 6) And I Love Her Duane Eddy 7) Oh! Darling Norah Jones 8) I Saw Her Standing There Neil Young & Crazy Horse https://www.youtube.com/watch?v=GyzR_3-dEN0  9) The Fool On The Hill Sergio Mendes 10) We Can Work It Out Coldplay https://www.youtube.com/watch?v=uAB4lhhEErw  11) Yesterday James Taylor & Diana Krall 12) For No One Diana Krall & James Taylor 13) My Valentine Paul McCartney 14) Nineteen Hundred And Eighty Five Paul McCartney 15) Golden Slumbers / Carry That Weight / The End Paul McCartney with Dave Grohl & Joe Walsh https://www.youtube.com/watch?v=aaKoBq9AU2c . Un’altra meno simpatica consuetudine che sta prendendo piede (con l’eccezione del DVD dedicato a Springsteen che durava quasi due ore) è quella di pubblicare solo una parte del concerto e quindi il dischetto del tributo a Paul dura solo 60 minuti circa, e quindi, come ho già ricordato recensendo mi pare il DVD di Bruce, mancano il brano dei Foo Fighters, Katy Perry (ce ne faremo una ragione), TonBennett, uno dei duetti di McCartney con Diana Krall e Bucky Pizzarelli, mi pare siano questi. Comunque rimane una bella serata, da avere nel formato che preferite.

richie furay hand in hand

Richie Furay è stato uno dei membri fondatori dei Buffalo Springfield e in seguito dei Poco (e aggiungiamo anche la Souther-Hillman-Furay Band), due/tre delle migliori formazioni del country e del rock americano di sempre, poi dopo la sua conversione religiosa alla chiesa pastorale americana, Furay ha diradato la sua presenza discografica pur continuando a fare dischi con una certa regolarità e partecipando spesso, come ospite, alle reunion delle band di cui ha fatto parte, ed azzeccando, di tanto in tanto, anche dei dischi che mostravano tracce del vecchio splendore, penso soprattutto a The Heartbeat Of Love, dove apparivano Timothy B. Schmidt, Kenny Loggins, Stephen Stills e Neil Young e al bellissimo doppio dal vivo Alive. Anche questo nuovo Hand In Hand, pubblicato in questi giorni dalla eOne Music, fa parte della categoria di quelli di avere, per la presenza di alcuni nuovi brani di buona qualità, tra cui Someday, con la presenza di Keb’ Mo‘ e una sontuosa versione di Kind Woman, con Kenny Loggins e Neil Young alle armonie vocali, oltre ad una bellissima We were the dreamers che ricorda il miglior country-rock di sempre, di cui è stato uno degli artefici https://www.youtube.com/watch?v=4jpXti74wTM

john mayal blues alive nyc

Il 1976 giustamente non è considerata una delle annate tra le più memorabili dei Bluesbreakers di John Mayall, è l’anno di Banquet In Blues, ma nei due concerti da cui è tratto questo broadcast radiofonico non ci sono più tutti i musicisti di quel disco (quindi niente Rick Vito, Don “Sugarcane Harris” e Soko Richardson), ma ci sono ancora Larry Taylor al basso, Jay Spell alle tastiere, mentre il chitarrista è tale Gary Rowles, non famosissimo ma bravo, qualcuno ricorderà che è stato il solista nei Love di Arthur Lee, la versione della band è la Mark XXVII, è il repertorio delle due serate è il seguente:

The Bottom Line, New York, NY, 2-Oct-76 (early show):
1. Long Time Blues
2. 1974 Gasoline Blues
3. Later On
4. The Boy Most Likely To Succeed
5. All Your Love
6. Room To Move
[Encores]
7. Stormy Monday
8. Old Time Blues

My Father’s Place, Roslyn, NY, 3-Oct-76:
9. Band Intros by Mayall
10. 1974 Gasoline Blues
11. Play The Harp
12. The Boy Most Likely To Succeed

Qualità sonora buona, in parte già uscito come bootleg, ma, escludiamo gli i fan incalliti di Mayall, se ne può fare tranquillamente anche a meno, oppure no, in fondo non è male, vedete voi. Etichetta S’more/RockBeat.

sonics this is the sonics

Ormai si stanno riunendo tutte le band storiche del band, quindi era inevitabile che succedesse anche per i Sonics, peraltro già di nuovo in azione dal 2007, con una serie di concerti dal vivo e un EP 8, uscito nel 2010, ma questo è proprio un nuovo disco di studio. Quello che è sorprendente di questo This Is The Sonics, registrato rigorosamente in Mono per la loro etichetta Revox (!), è che si tratti di un buon disco, i tre membri originali, Jerry Roslie, Larry Parypa e Rob Lind, sono in ottima forma, la sezione ritmica con gente del giro Kingsmen e Dick Dale è bella carica, e il disco suona come se fossimo in pieno 1966, un anno prima dello scioglimento, quindi garage punk e psych-rock classico della più bell’acqua. Ok, niente The Witch, Psycho, Strychnine, Louie Louie, ma i nuovi brani sprizzano energia e alcune cover di classici del blues come You Can’t Judge a Book By The Cover, Don’t Need No Doctor e Sugaree sono veramente gagliarde e sorprendenti. Produce Jim Diamond, famoso per il suo lavoro con i primi White Stripes, Dirtbombs e Fleshtones. E anche i brani nuovi tirano di brutto https://www.youtube.com/watch?v=BIzinr84gGw

hawkwind this is your captain boxhawkwind this is your captain back cover

Gli Hawkwind viceversa non si sono mai sciolti e continuano imperrterriti la loro carriera; nel corso degli anni sono uscite varie riedizioni, rimasterizzate e spesso potenziate, dei loro album migliori, ora la Parlophone UK del gruppo Warner pubblica questo box di 11 CD This Is Your Captain Speaking, Your Captain Is Dead – The Albums & Singles 1970-1974, senza le bonus delle ristampe, ma a prezzo super speciale e con l’ultimo CD che contiene rare versioni tratte dai singoli dell’epoca.Qui sopra, nel retro della copertina del box, potete legger i titoli dei brani ed i rispettivi dischi dove appaiono, questo pezzo è tratto dal Greasy Truckers Party.

quicksiver live in san jose 1966

A proposito di live continua la (ri)scoperta del vecchio materiale d’archivio dei Quicksilver Messenger Service. Sempre la Cleopatra Records (croce e delizia degli appassionati di ristampe e del sottoscritto) pubblica un raro concerto Live In San Jose 1966, dove appare la prima formazione del gruppo con Jim Murray, il primo vocalist della band, ad affiancare il classico quartetto Cipollina-Duncan-Freiberg-Elmore, quindi in teoria interessantissimo anche per il repertorio che presenta alcune rarità come All Night Worker, Walkin’ Blues e I Hear You Knockin’. Però è inciso, nella mia opininone, veramente maluccio, sembra un bootleg (e spesso queste registrazioni da lì vengono), ma di quelli purtroppo con qualità sonora scadente https://www.youtube.com/watch?v=q4yaXTr15mM

dayna kurtz risa and fall

Per concludere un paio di voci femminili veramente interessanti. Di Dayna Kurtz vi abbiamo parlato in modo lusinghiero sul blog http://discoclub.myblog.it/2013/06/14/una-tom-waits-al-femminile-dayna-kurtz-secret-canon-vol-2/. Ora è in uscita questo nuovo Rise And Fall per la sua etichetta M.C. Records, ma mi pare di ricordare che gli amici della IRD mi abbiano detto che avevano intenzione di pubblicarne una versione italiana con bonus, però non conosco con esattezza i particolari, per cui, in attesa di verificare, e poi naturalmente di recensirlo, nella rubrica Carbonari, mi limito a segnalarvi l’uscita del nuovo album di questa bravissima vocalist, nata nel New Jersey, ma residente a New Orleans, che è giustamente considerata dalla stampa di tutto il globo terracqueo uno dei piccoli tesori nascosti della musica cantautorale. Nell’attesa, questo nuovo brano fa già capire la classe della signora in questione https://www.youtube.com/watch?v=YF60nUWJ02k

courtney barnett sometimes i sit

Più giovane, ma assai promettente, è l’australiana Courtney Barnett, che giustamente è stata incensata dalla critica per il suo primo album The Double EP: A Sea of Split Peas, che come dice il titolo raccoglieva i primi due EP, pubblicati per il mercato australiano. Ora esce il primo disco ufficiale Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit, un titolo intrigante e ricco di (auto)ironia che indica la personalità vivace della ragazza, ma poi parla la musica, veramente interessante. Qualcuno l’ha paragonata a Hope Sandoval, altri hanno tirato in ballo Lou Reed e Nirvana, altri ancora hanno ricordato Liz Phair (ma mi sembra più brava), come la volete girare questo nuovo CD, edito dalla Marathon Artists in Europa e dalla Mom + Pop Records in Australia (o viceversa) la scorsa settimana, è diverso da gran parte di quello che circola al momento a livello di voci femminili https://www.youtube.com/watch?v=o-nr1nNC3ds, parliamo di rock, ma anche di belle ballate loureediane https://www.youtube.com/watch?v=1NVOawOXxSA

E pure in versione solitaria il talento si percepisce https://www.youtube.com/watch?v=Xv-FOSJIwrU

That’s all, a domani con un altro giro di novità.

Bruno Conti

Novità Di Agosto Parte IIIb. Little River Band, Black Joe Lewis, Robbie Fulks, Graham Parker, Quicksilver Messenger Service, Dan Zanes, Chris Duarte, Carly Ritter, Serena Ryder

little river diamond cuts like.jpgblack joe lewis electric slave.jpgrobbie fulks gone away.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Seconda ed ultima parte delle novità di agosto, conclude la disamina delle uscite di questo mese, con gli altri titoli in uscita il 27, cioè oggi.

Tra i gruppi storici del cosiddetto AOR (Adult Oriented Rock) americano, c’erano anche i tipi della Little River Band, pur essendo australiani: il grande successo lo hanno avuto negli anni ’70 e qualche disco, tipo Diamantina Cocktail e il doppio Live Backstage pass, non erano neppure male, un rock melodico venato di country, con in evidenza la voce di Glenn Shorrock e la formazione a tre chitarre. Purtroppo il tempo passa per tutti e della formazione originale non è più rimasto nessuno, il componente più “antico” del gruppo è il bassista Wayne Nelson, americano, entrato nella formazione nel 1980, gli altri, americani pure loro, si sono tutti aggiunti nei vari reunion tour degli anni 2000. Il nuovo album Cuts Like A Diamond, esce per l’taliana Frontiers Records ed è dell’onesto rock melodico: una band australiana, composta da americani, che incide per una etichetta italiana. E’ proprio strano il mercato discografico. Nella mia veste di ex negoziante, ricordo che erano uno dei gruppi più apprezzati dai filippini (una nota di colore).

Black Joe Lewis era uno degli artisti americani che, con i suoi Honeybears, nella seconda parte della prima decade dei Noughties meglio fondeva soul e R&B, con rock e blues, alla stregua di gente come Eli Paperboy Reed, Lee Fields, Charles Bradley, Sharon Jones, tanto per citarne alcuni, più o meno influenzati dal soul. Ora, il musicista texano, lasciati sia gli Honeybears che l’etichetta Lost Highway, passa alla Vagrant con questo Electric Slave, dal suono decisamente più rock, anche se l’amore per il blues e il soul rimagono evidenti. I due produttori hanno lavorato, rispettivamente, con White Stripes, Cat Power, Modest Mouse uno, e Explosions In the Sky e Okkervil River l’altro, per cui il suono si è avvicinato al rock psichedelico, ma non mancano gli omaggi al mito James Brown in brani come Come To My Party, comunque da quello che ho sentito il disco è piuttosto buono, ricco di energia e musica di qualità. Un altro nero che alla stregua di gente come Arthur Lee, Hendrix o i Chambers Brothers sa come trattare la materia rock. Interessante.

Robbie Fulks è uno strano tipo di cantautore, sulle scene da una trentina d’anni, ma attivo discograficamente dal 1996, ogni tanto ci lascia qualche missiva del suo country alternativo e sghembo, ma molto raffinato. Gone Away Backward vede il suo ritorno alla Bloodshot, dopo sei anni di silenzio e un paio di dischi pubblicati per la Yep Rock. L’ingegnere del suono è Steve Albini, ma il suono è quello solito, acustico e influenzato da folk e country classici: bella voce, canzoni semplici ma mai banali, basate su chitarra acustica, banjo, violino, mandolino e dobro, con l’occasionale chitarra elettrica. Uno di quelli bravi.

graham parker this is live.jpgquicksilver live at the old mill 1970.jpgdan zanes elizabeth mitchell.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Un ulteriore trio di uscite eclettiche.

Graham Parker lo scorso anno si è riunito con i Rumour per realizzare con Three Chords Good uno dei migliori dischi di rock classico del 2012. Nell’occasione, per il film This Is 40 di Judd Apatow, ha registrato anche una apparizione in un piccolo locale di Los Angeles nel settembre del 2011, filmata dallo stesso regista Apatow, un brano della quale è stato pure utilizzato nel film. Ma il concerto è stato registrato tutto, e ora, nella forma del combo, DVD+Blu-Ray o viceversa, viene pubblicato dalla Shout Factory negli USA: ci sono molti brani dall’ultimo album ma anche classici della band, oltre ad un brano inedito, Sirens In the night. Molto bello. L’unico fattore negativo è che dura un’ora scarsa. Diciamo breve ma intenso, per consolarci.

A proposito di Live, la Cleopatra Records continua imperterrita a pubblicare CD di concerti inediti dei Quicksilver Messenger Service (se non avessero distribuito quel peraltro bellissimo cofanetto Anthology Box 1966-1970 sarebbe però stato meglio, visto che conteneva estratti dai vari concerti che l’ora l’etichetta sta pubblicando in versione integrale). Dopo l’ottimo doppio Live At Fillmore June 7, 1968 ora è la volta di Live At the Old Mill Tavern March 29 1970 che oltre al quartetto classico Cipollina, Duncan, Freiberg, Elmore vede in azione anche il rientrante Dino Valenti e al piano, Nicky Hopkins, e il grande James Cotton all’armonica in una gustosa jam blues finale. Purtroppo, s’ha da avere!

Dan Zanes ormai ha abbandonato i Del Fuegos da illo tempore e con la propria etichetta, la Festival Five Records, si è dedicato ad una meritoria opera di recupero delle tradizioni della musica folk e popolare americana dedicata ai dischi per l’infanzia. Lo preferivo prima ma vi segnalo comunque questo piacevole Turn Turn Turn in coppia con Elizabeth Mitchell, che comprende anche una nuova versione, rivisitata ed aggiornata ai giorni nostri, nei testi, del classico di Pete Seeger e dei Byrds.

chris duarte group live.jpgcarly ritter.jpgserena ryder harmony.jpg








 

Gli ultimi tre.

Chris Duarte è al secondo disco di quest’anno e spesso mi capita di recensirlo per Blog e Buscadero, clienti-abituali-chris-duarte-group-my-soul-alone.html, nell’occasione siamo al fatidico doppio CD dal vivo, Chris Duarte Group Live, pubblicato come di consueto dalla Blues Bureau/Shrapnel, e , stranamente, se non sbaglio, è il primo disco registrato in concerto in più di 25 anni di carriera, durante il tour giapponese del 2012. Non escludendo di occuparmene con un Post apposito mi limito a segnalare, che ad un veloce ascolto, mi sembra ottimo, nel genere (rock-blues) con cover di Dylan, Leon Russell, Freddie King, Junior Kimbrough, Coltrane e una versione monstre di People Say dei Meters di più di 10 minuti.

Carly Ritter è una nuova cantautrice che esordisce con questo CD omonimo, prodotto dal figlio di Ry Cooder, Joachim, mentre anche il babbo appare alla chitarra nell’album, a fianco di Juliette Commagere, altra scoperta del duo e del di lei fratello Robert Francis, altro ottimo chitarrista, pupillo del grande Ry che è stato il suo maestro, insieme a John Frusciante. Ma il protagonista del CD è la piacevole voce della Ritter, tra folk e canzone d’autore, in un disco pubblicato dalla storica etichetta Vanguard.

Altra voce femminile è quella della rocker canadese Serena Ryder, con tre album di studio ed un live EP già pubblicati: il nuovo Harmony era già uscito per la EMI canadese lo scorso anno, ma visto che viene pubblicato ora anche per il mercato americano, il buon Tino se ne occuperà nei prossimi giorni con recensione ad hoc. Quindi non aggiungo altro, se non che il CD mi sembra decisamente buono, considerato che è un po’ di mesi che lo sento, ed era tra i papabili tra quelli da recensire, ma per le solite problematiche di tempo era rimasto in un angolino. Rientra, tra i “ripassi” delle vacanze.

That’s all folks.

Bruno Conti

Torna Uno Dei Dischi “Storici” Del Rock Anni ’70. Fleetwood Mac – Then Play On

fleetwood mac then play on.jpg

 

 

 

 

 

 

Fleetwood Mac – Then Play On (Extended edition) – Rhino 20-08-2013

Moltissimi conoscono i Fleetwood Mac di Rumours, in tanti conoscono i Fleetwood Mac blues di Peter Green, almeno per sentito dire, ma non altrettanti conoscono questa incarnazione, diciamo più rock, del gruppo, quella con la doppia chitarra solista, grazie all’ingresso di Danny Kirwan, avvenuto durante le registrazioni del disco nel 1969. A volere proprio essere pignoli il disco uscì per la Reprise il 19 settembre del 1969 e quindi il titolo del Post sembrerebbe un po’ tirato per le orecchie. Ma se London Calling dei Clash, uscito nel Regno Unito il 14 Dicembre del ’79 e poi pubblicato negli Stati Uniti ad inizio gennaio ’80, è stato proclamato dalla rivista Rolling Stone il miglior disco appunto degli anni ’80, possiamo considerare Then Play On a tutti gli effetti un disco degli anni ’70! Anche per il tipo di suono che fondeva blues, progressive rock e psichedelia con la voce tipica di Peter Green e con un suono chitarristico decisamente più virtuosistico rispetto al passato e le due chitarre soliste che anticipavano almeno di un anno il sound ricco di improvvisazione degli Allman Brothers,  unito con quello di altri gruppi di derivazione acida e psichedelica con due twin lead guitars come ad esempio i Quickislver di Cipollina e Duncan, che nel marzo ’69 avevano pubblicato il loro capolavoro Happy Trails.

Tornando ai Fleetwood Mac, in quegli anni (ed ancora oggi) avevano una formidabile sezione ritmica, John McVie e Mick Fleetwood, che dava il nome alla band ed è stata una delle più grandi della storia del rock, nelle varie incarnazioni del gruppo. Il disco fu il primo ad uscire con la Reprise, dopo lunghi anni passati alla Blue Horizon e venne pubblicato in edizioni diverse per l’Inghilterra e per gli Stati Uniti (addirittura due), con una durata inconsueta per i tempi, quasi 54 minuti, e molti brani che iniziavano e finivano con un fade-in o un fade-out, probabile conseguenza di lunghe jam da cui erano state ricavate (e che se fosse disponibile ancora, ma non credo, sarebbe possibile ascoltare sul notevole CD doppio The Vaudeville Years che ne raccoglieva moltissime), Comunque parlando anche per immagini, era questo:

fleetwood mac the vaudeville years.jpg

 

 

 

 

 

 

Uscito per l’etichetta Receiver in CD nel 1998 conteneva, oltre alle citate fantastiche jam, anche alcuni brani a guida Jeremy Spencer, quindi decisamente più blues e R&R, che avrebbero dovuto essere inseriti in un EP, The Milton Schlitz Show, da pubblicarsi insieme al disco originale. Per vari motivi non se ne fece nulla e la presenza di Spencer nel LP è limitata a brevi tocchi di piano qui è là. Ovviamente il gruppo si recò ad inizio anni ’70 negli Stati Uniti per promuovere l’album e i tre concerti, tenuti tra il 5 e il 7 febbraio 1970 al Boston Tea Party, vennero per fortuna registrati per un album dal vivo che avrebbe potuto essere leggendario, al pari del citato Happy Trails e del Live At Fillmore degli Allman Brothers che sarebbe uscito l’anno successivo.

 

Peter Green in quei mesi suonava la chitarra in modo magnifico ed ispirato (come sempre peraltro, uno dei miei Top 5 di tutti i tempi) ed in più aveva aggiunto una grinta ed un volume inusitati per lui, che uniti allo sprone che gli forniva l’eccellente seconda chitarra solista di Danny Kirwan, lo rendeva, in quel momento e in quell’anno 1970, probabilmente il più grande chitarrista rock sulla faccia del pianeta, meglio anche di Clapton, Hendrix, Page e Beck, per un breve periodo, purtroppo non destinato a durare, per le note vicissitudini che lo avrebbero interessato da lì a poco. Dico questo perché esistono le prove di tutto ciò, e sono contenute qui:

fleetwood mac live in boston box.jpgfleetwood mac live in boston volume one.jpg

fleetwood mac live in boston volume two.jpgfleetwood mac live in boston volume three.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Usciti prima in vinile come Bootleg negli anni ’70, poi ancora come doppio LP Cerulean ed infine come CD Live In Boston, i tre CD contengono il meglio delle tre serate tenute in quel di Boston, con delle versioni “spaziali” dei classici della band, tra i quali molti di quelli contenuti in Then Play On, in particolare due versioni pantagrueliche di Rattlesnake Shake, entrambe intorno ai 25 minuti, che sono tra le jam improvvisative di rock-blues e psichedelia più incredibili mai ascoltate. Potete verificare qui sotto:

 

e anche qui

 

La versione tripla in Box, uscita in edizione limitata e numerata di 10.000 copie, circola a cifre esagerate, ma i volumi Uno e Due, che sono i più interessanti, si trovano ancora sciolti a prezzi decisamente abbordabili. Le chitarre ululano e strepitano, si incrociano e si scambiano fendenti nella miglior tradizione del rock, ma sono anche in grado di regalare momenti di pura poesia sonora nelle ricercate evoluzioni di Peter Green. Questa svolta rock (ma anche melodica) era già presente in brani come Black magic woman, Albatross, Man Of The World, che erano diversi rispetto al blues degli esordi, comunque sempre amato e presente nel sound di Green, che era molto rispettato da BB King che lo considerava il miglior chitarrista bianco di blues e dagli altri artisti di Chicago con cui aveva registrato Blues Jam At Chess. Nella versione di studio tutti questi elementi sono presenti e più rifiniti, meno vibranti delle versioni dal vivo, brani come Searching For Madge, Fighting For Madge e Underway, che tutti e tre confluiscono in Rattlesnake Shake per quel medley formidabile, sono nondimeno grandi pezzi e insieme con la fantastica Oh Well, uscita anche come singolo, divisa in due parti, l’ottima Coming Your Way, le 12 battute sempre amate di Showbiz Blues e le atmosfere oniriche e sognanti di alcuni brani sia di Kirwan che di Green, rendono Then Play On un disco da conoscere a tutti i costi.

 

A maggior ragione in questa nuova versione, pubblicata il 20 agosto p.v. dalla Rhino, che ai tredici brani della versione che ha sempre circolato in compact aggiunge alcune canzoni che erano uscite solo come singoli, tra le quali la fantastica (e durissima, la facevano anche i Judas Priest) The Green Manalishi (With The Two-Prong Crown) e il suo lato B, World in Harmony:

  1. Coming Your Way
  2. Closing My Eyes
  3. Fighting for Madge
  4. When You Say
  5. Show Biz Blues
  6. Underway
  7. One Sunny Day
  8. Although the Sun is Shining
  9. Rattlesnake Shake
  10. Without You
  11. Searching for Madge
  12. My Dream
  13. Like Crying
  14. Before the Beginning
  15. Oh Well (Part 1)
  16. Oh Well (Part 2)
  17. The Green Manalishi (with the Two-Prong Crown)
  18. World in Harmony

Tracks 1-14 released as Reprise U.K. LP RSLP 9000, 1969
Tracks 15-16 released as Reprise single RS 27000 (U.K.)/0883 (U.S.), 1969
Tracks 17-18 released as Reprise single RS 27007 (U.K.)/0925 (U.S.), 1970

Se, per concludere, aggiungiamo che il tutto dovrebbe costare poco più di 10 euro, è decisamente da inserire nella categoria degli “imperdibili”!

Sparsi nel post trovate molti artefatti sonori che illustrano alla perfezione quanto detto.

Bruno Conti

Novità Di Aprile Parte I. Tribute To John Denver, Flaming Lips, Suzanne Vega, Quicksilver, Besnard Lakes, Charles Bradley, Harper Simon, Black Angels, Mad Season

the music is you tribute to john denver.jpgflaming lips the terror.jpgsuzanne vega solitude standing live at the barbican.jpg

 

 

 

 

 

 

Nuovo mese, nuove uscite, riprendiamo con la rubrica sulle pubblicazioni discografiche della settimana, in questo caso quelle relative al 2 aprile. I titoli che non trovate in questo Post, o li avete già letti o state per leggerli, il resto lo trovate domani.

The Music Is You sottotitolo A Tribute To John Denver, annunciato da parecchi mesi, esce domani per la ATO negli States e per la Sony/Bmg in Europa, e si tratta di un doveroso omaggio per un cantautore, spesso massacrato dalla critica, e che invece, almeno nella prima parte della sua carriera, è stato tra i più validi ed eclettici, con una musica, di volta in volta, tra country, folk e da cantautore puro. Non per nulla i nomi che si sono riuniti per celebrare questo omaggio ad un musicista molto amato dai colleghi, a oltre quindici anni dalla scomparsa, sono, per certi versi, e per chi conosce le sue canzoni solo superficialmente, sorprendenti:

1. My Morning Jacket – Leaving on a Jet Plane
2. Dave Matthews – Take Me to Tomorrow
3. Kathleen Edwards – All of My Memories
4. J. Mascis & Sharon Van Etten – Prisoners
5. Train – Sunshine on My Shoulders
6. Old Crow Medicine Show – Back Home Again
7. Lucinda Williams – This Old Guitar
8. Amos Lee – Some Days Are Diamonds
9. Allen Stone – Rocky Mountain High
10. Brett Dennen and Milow – Annie’s Song
11. Evan Dando – Looking for Space
12. Emmylou Harris & Brandi Carlile – Take Me Home, Country Roads
13. Blind Pilot – The Eagle and the Hawk
14. Mary Chapin Carpenter – I Guess He’d Rather Be in Colorado
15. Josh Ritter and Barnstar! – Darcy Farrow
16. Edward Sharpe and the Magnetic Zeros – Wooden Indian

Se non ho fatto male i conti, questo The Terror dovrebbe essere il 13° album di studio dei Flaming Lips, a pochi mesi di distanza dalla rivisitazione di In The Court Of Crimson King che aveva fatto seguito a quella di Dark Side Of The Moon. La band di Wayne Coyne pubblica il nuovo album il 16 aprile negli Stati Uniti per la Warner mentre in Europa esce domani, in versione doppia, per la Bella Union. Il secondo CD è formato 3 pollici (sapete, quelli piccolini che richiedono un adattatore) e contiene altri 2 brani Sun Blows Up Today e una cover di All You Need Is Love con alcuni componenti di Edward Sharpe & The Magnetic Zeros, con i quali avevano gi collaborato in passato. Ammetto che ultimamente non li seguo più molto.

Dopo i 4 volumi della serie Close-Up dove rivisitava il suo vecchio songbook in nuove versioni e qualche canzone aggiunta per l’occasione, ora per Suzanne Vega è la volta di un CD dal vivo Solitude Standing Live At The Barbican pubblicato nell’immediatezza dell’evento come Instant Live su doppio album dalla Concert Live e che ora viene distribuito di nuovo, almeno per il mercato inglese (lo so che il video è un “nanetto” come direbbe Frassica, ma quello c’era)!

 

Un paio di ristampe effettive e una che è una “ristampa” di un genere.

quicksilver live at the fillmore.jpgmad season above deluxe.jpgblack angels indigo meadow.jpg

 

 

 

 

 

 

Di album di materiale inedito dei Quicksilver Messenger Service, dal vivo e in studio, in questi ultimi anni, ne sono usciti veramente tanti, tra i migliori quelli pubblicati dalla Purple Pyramid Records, una sottoetichetta della Cleopatra Records americana, ovvero Anthology Box 1966-1970 3 CD+DVD e Happy Trails Live At Fillmore 1969. Questo doppio CD Live At The Fillmore June 7, 1968 è della stessa famiglia, registrato un anno prima di quello citato poc’anzi vede in azione sempre la formazione classica del gruppo: John Cipollina e Gary Duncan alle chitarre e voce, David Freiberg basso e voce, Greg Elmore, batteria La qualità del suono, da quello che ho potuto sentire è più che buona, qualche pignolo ha sottolineato che nel mixare l’album, la chitarra di Duncan (che ha fatto il lavoro ma non credo ci sia del dolo) ogni tanto copre quella di Cipollina, a me non pare, comunque non si nota molto. In ogno caso la qualità della musica compensa abbondantemente, una delle serate di grazia della formazione che non sempre era impeccabile, ancorchè spesso fantastica, dal vivo.

I Mad Season nel corso della loro vita musicale hanno pubblicato un solo album, questo Above uscito in origine nel 1995. Ora, a 18 anni dalla data originale, subisce il trattamento Deluxe e, per una volta, la Sony Music ha fatto un ottimo lavoro. Della formazione originale ormai sono rimasti in vita solo Mike McCready e il batterista Barrett Martin, il bassista John Baker Saunders è morto nel 1999 e l’ex cantante degli Alice In Chains Layne Staley se ne è andato 3 anni dopo, nel 2002. Ma il disco è uno di quelli che ha retto meglio il passare del tempo e la fine del cosiddetto movimento grunge. Un disco di rock, solido e violento, ma con influenze anche jazz e blues portate da Saunders, che tra i tanti aveva suonato anche nell’ottima Lamont Cranston Band, e con alcuni contributi da parte di Mark Lanegan, allora cantante degli Screaming Trees.

Nella nuova versione, oltre all’album originale rimasterizzato troviamo nientepopodimeno che:

CD1:
1. Wake Up
2. X-Ray Mind
3. River Of Deceit
4. I’m Above
5. Artificial Red
6. Lifeless Dead
7. I Don’t Know Anything
8. Long Gone Day
9. November Hotel
10. All Alone
11. Interlude
12. Locomotive [feat. Mark Lanegan]
13. Black Book Of Fear [feat. Mark Lanegan]
14. Slip Away [feat. Mark Lanegan]
15. I Don’t Wanna Be A Soldier [remix]

CD2:
1. Wake Up [live]
2. Lifeless Dead [live]
3. Artificial Red [live]
4. River Of Deceit [live]
5. I Don’t Wanna Be A Soldier [live]
6. Long Gone Day [live]
7. I’m Above [live]
8. I Don’t Know Anything [live]
9. X-Ray Mind [live]
10. All Alone [live]
11. November Hotel [live]

DVD:

  • Full video set of the Live at The Moore performance from Seattle, WA performance, April 29, 1995. Remixed and remastered for 5.1 sound, and newly edited by director Duncan Sharp.
  • Plus, more bonus footage, including a full concert of the band’s performance from New Years Eve 1995 at RKCNDY in Seattle, and both performances from the Seattle-based Self-Pollution Radio specials, one newly edited

I Black Angels (da non confondere con degli omonimi metallari, che non hanno il The, ma siamo al limite delle sottigliezze) vengono presentati come una rock band neo-psichedelica da Austin, Texas e prendono il loro nome da una canzone dei Velvet Underground, ecco perché poco sopra li ho presentati come “una ristampa” di un genere e le collaborazioni con Roky Erickson sono sintomatiche. Indigo Meadow è il loro quarto album, oltre a tre EP, il secondo per la riattivata eichetta Blue Horizon Ventures, che però è solo una lontana parente dell’originale fondata da Mike Vernon in Inghilterra negli anni ’60.  Phosphene Dream del 2010 mi era parso un buon disco, di Indigo Meadow ho letto recensioni nuovamente abbastanza positive, ma da quello che ho sentito mi sembra leggermente inferiore, anche se ascolterò meglio perché ho sentito veramente poco e velocemente. Se è ancora attivo il link qui potete ascoltare qualcosa (tutto il disco) http://pitchfork.com/advance/55-indigo-meadow/

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 Non so cosa unisca questi tre album, penso nulla se non che escono tutti e tre il 2 aprile, per cui…

I Besnard Lakes sono canadesi e vengono da Montreal, Quebec e sono accostati al filone indie, shoegaze, post-rock, ma a me sembra solo del sano buon vecchio rock, incidono per l’etichetta Jagjaguwar che di solito è sinonimo di buona musica (Black Mountain, Okkervil River, Sharon Van Etten) e Until In Excess, Imperceptible UFO è il 4° album della loro discografia (se i negozi di dischi fossero ancora il primo posto dove si compra musica, entrando sarebbe stato d’uopo esordire con un bel “mi dà l’ultimo dei Besnard Lakes!” per evitare scioglilingua). “Strani” ma interessanti.

Charles Bradley ha esordito nel 2011, a 63 anni, con l’album No Time For Dreaming uscito per la meritoria etichetta Dap-Tone (quella di Sharon Jones), o meglio per la divisione Durham Records. Ora, il figlio illegittimo nato dall’unione tra James Brown e Otis Redding (non si può? Scusate!), con qualche gene di Wilson Pickett e Marvin Gaye caduto casualmente nella provetta, pubblica il suo secondo album, Victim Of Love, che ribadisce e rilancia il suo amore per funky, soul ed errebì classici. Se volete qui trovate la recensione del precedente disco charles+bradley, il nuovo è altrettanto buono.

Harper Simon è il “figlio vero” di Paul Simon, ma questo Division Street non conferma, a parere di chi scrive, quanto di buono aveva palesato il disco omonimo di esordio del 2010. Tanti ospiti: Pete Thomas degli Attractions alla batteria, il bassista degli Stokes, Nate Walcott dei Bright Eyes, Mikael Jorgensen dei Wilco alle tastiere (che però mi sembra porti il lato meno buono musicale del gruppo di Chicago), con la produzione di Tom Rothrock che ha lavorato con Elliott Smith e Beck, oltre che al debutto di James Blunt recordman di vendite inel Regno Unito (quasi 2 milioni e mezzo di copie). Insomma, tante tastiere, synth soprattutto e chitarre elettriche rispetto al suono più “intimo” del precedente, anche se certo rock di qualità non mancava neppure lì. Ci sono anche Jon Brion, Inara George, Eleni Mandell, Benmont Tench, ma quel suono troppo “moderno”, al solito primo ascolto, potrei correggermi, nun me piace troppo. Etichetta PIAS, Play It Again Sam, nel video almeno si vedono ottimi dischi…

Poi arriva il seguito.

Bruno Conti

Un Altro Cofanetto Da Considerare. Quicksilver Messenger Service – Anthology Box 1966-1970

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Quicksilver Messenger Service – Anthology Box 1966-1970 – Cleopatra Records – 3CD+DVD -Usa 13-09-2011/Europa 19-09-2011

Come direbbero quelli che parlano bene, i Quicksilver non sono mai stati “antologizzati” a dovere e neppure questa volta verrà colmato questo vuoto. In effetti esiste(va) un bel doppio della Rhino Sons Of Mercury con ben 30 brani (ma con la versione abbreviata di Who Do You Love da Happy Trails e questi son punti in meno), la BGO ha sempre in produzione il CD Anthology che è la ripresa del vecchio doppio vinile in CD singolo, ma sono solo 16 brani e niente Who Do You Love. Ci sarebbe anche Lost Gold And Silver della Collectors’ Choice che è una bella raccolta di brani inediti, outtakes e demos pubblicata nel 2000, oltre a una numerosa serie di CD usciti in questi anni con vari concerti inediti molto interessanti.

Ma nessun bel cofanetto di quelli gustosi, il più completo possibile con discografia, inediti e rarità ben amalgamati. Anche questo Anthology Box 1966-1970 farà la gioia di appassionati e fans con la sua messe di materiale inedito ma definirlo antologia è una parola grossa. Sono tre CD e un DVD di materiale “raro” anche se, secondo me, parte del materiale potrebbe provenire o comunque trovarsi su alcuni dei dischi citati (ma forse mi sbaglio).

In ogni caso questa è la lista dei brani e non dimentichiamo che nella confezione c’è anche del materiale video piuttosto raro:

DISC 1: OUTTAKES

1967 Sessions: Quicksilver Messenger Service

1. Dino’s Song
2. Studio Chat
3. Gold And Silver (Take 17)
4. Light Your Windows
5. Pride Of Man
6. I Hear You Knockin’
7. Stand By Me (Take 1)
8. Stand By Me (Take 2)
9. The Fool
10. Gold And Silver (Take 18) 1969 Sessions: Happy Trails
11. Calvary

DISC 2:

LIVE 1966-1967 May 11, 1966: Live at The Fillmore Auditorium

1. Dino’s Song
2. Hair Like Sunshine (Long Distance Call)
3. If You Live (Your Time Will Come)
4. All Night Worker
5. Got My Mojo Workin’
6. You Don’t Love Me
7. Susie Q
8. Hoochie Coochie Man
9. Babe, I’m Gonna Leave You
10. Stand By Me
11. Pride Of Man February 4, 1967: Live at The Fillmore Auditorium
12. I Hear You Knockin’
13. Acapulco Gold And Silver
14. Codine
15. Don’t Tell Me You’re Sorry
16. A Strange, Funny World
17. Walkin’ Blues
18. Duncan And Brady
19. Who Do You Love?

DISC 3:

LIVE 1968-1970 June 7, 1968: Live at The Fillmore East

1. Smokestack Lightnin’
2. Light Your Windows
3. Back Door Man
4. The Fool 1970: Live at Winterland
5. Too Far
6. The Warm Red Wine
7. Mona
8. Long Haired Lady
9. Mojo March 29, 1970: Live at The Old Mill Tavern
10. Subway
11. Rain
12. Blues Jam

BONUS DVD

Monterey International Pop Festival (1967) 1. Dino’s Song From the film Revolution (1968) 2. Babe, I’m Gonna Leave You 3. Codine Sonoma State College (1970) 4. The Warm Red Wine 5. Baby Baby 6. Subway 7. Mona Fillmore “Carousel Ballroom” – July 4, 1971 8. Fresh Air 9. Mojo Winterland Ballroom – December 1, 1973 10. Losing Hand 11. Play My Guitar 12. Mojo 13. What About Me 14. The Hat 15. Who Do You Love

Le date dei concerti sembrano diverse da quelle dei CD dal vivo pubblicati in questi anni, si spera in una buona qualità sonora. Comunque fateci un pensierino perchè sembra interessante. Se Cipollina e Duncan vi attizzano qui c’è trippa per gatti.

Per chi non ha nulla dei Quicksilver Messenger Service (ovvero, negli anni d’oro, quelli, il prototipo di tutte le jam band degli anni a venire) direi immancabile Happy Trails oppure la recente ristampa della Rock Beat Records del primo album Quicksilver Messenger Service con ben 9 bonus oltre ai 6 brani dell’album originale. Se vi avanza qualche soldo un penserino anche per Shady Grove del 1969 che la BGO ha ripubblicato in un twofer con Solid Silver del 1975 (non particolarmente memorabile).

Varrebbe la pena solo per la cavalcata pianistica di Nicky Hopkins nella fantastica Edward, The Mad Shirt Grinder, il punto più alto della sua carriera.

Magari una bella accoppiata con il Box di Winterland di Hendrix che esce lo stesso giorno normale-o-super-jimi-hendrix-winterland-box-set.html.

Bruno Conti