Replay: Un Grandissimo Disco…Che Per Ora Non “Esiste”! Phish – Sigma Oasis. “Ora Anche In Formato Fisico”

phish sigma oasis

*NDB L’album è stato pubblicato in questi giorni anche come doppio vinile e, ma solo sul sito della band  https://drygoods.phish.com/product/PHCD247/sigma-oasis-cd-dry-goods-exclusive?cp=null anche come CD. Per cui vi riproponiamo la recensione, uscita il 13 aprile.

Phish – Sigma Oasis – JEMP/ATO Records Download

Lo scorso 2 aprile i Phish, band del Vermont che ormai possiamo definire storica esistendo dal 1983, ha deciso di fare una sorpresa ai suoi fans pubblicando senza alcun battage pubblicitario un nuovo album, intitolato Sigma Oasis. Probabilmente la cosa era già nei piani del quartetto (Trey Anastasio, Mike Gordon, Page McConnell e Jon Fishman), ma l’emergenza coronavirus li ha spinti a bruciare le tappe in modo da dare al loro pubblico della nuova musica per questo lungo periodo di quarantena: purtroppo al momento l’album è disponibile soltanto come download (a pagamento) sulle principali piattaforme, e non è ancora stata resa nota una data di pubblicazione di un eventuale supporto fisico. Sarebbe un vero peccato se non potessimo avere a breve anche il CD tra le mani (parlo ovviamente di chi come il sottoscritto predilige ancora la fruizione vecchio stile, “da divano”), perché già dal primo ascolto Sigma Oasis si rivela non solo superiore al precedente e già ottimo Big Boat https://discoclub.myblog.it/2016/10/18/allora-sanno-grandi-dischi-phish-big-boat/ , e neanche semplicemente l’episodio migliore dalla reunion del gruppo avvenuta nel 2009, ma addirittura al livello dei loro lavori più belli come Rift, Hoist o Billy Breathes.

Registrato in presa diretta nel loro studio The Barn, e anche Sputnik Sound (Nashville TN), Brighter Shade Studios (Atlanta GA) e Flux Studios (New York NY), con la co-produzione di Vance Powell (già collaboratore di Chris Stapleton, Sturgill Simpson, Jack White e Buddy Guy), Sigma Oasis è formato da nove brani che i fans americani della band conoscono già in quanto presenti nelle setilist dei concerti del gruppo da diversi anni (in un caso, Steam, addirittura dal 2011, mentre altri due pezzi, Mercury e Shade, erano stati anche insisi per Big Boat ma poi lasciati in un cassetto), ma che per la maggior parte degli ascoltatori sono inediti. Ebbene, sarà perché i nostri conoscono già queste canzoni a menadito, sarà per la bontà assoluta delle composizioni (tutte a firma di Anastasio con il suo consueto paroliere Tom Marshall, e se non sbaglio è la prima volta in un disco dei Phish), ma Sigma Oasis è un album straordinario, un lavoro in cui il mix di rock, funky, ballate, progressive e tendenza alla jam di Anastasio e soci è a livelli eccellenti, in più con una serie di canzoni di prima categoria (non me ne voglia Gordon, ma Trey è sempre stato il compositore migliore del quartetto): un vero disco rock, con brani spesso lunghi e fluenti in cui i nostri suonano come se fossero nel bel mezzo di un concerto, al massimo della loro ispirazione e creatività.

L’album si apre proprio con la title track, una rock ballad fluida dal suono pieno e potente, con reminiscenze dei Grateful Dead (specie nell’insistito riff di chitarra), un ritornello disteso e godibile ed un’ottima coda strumentale: il disco (scusate se ogni tanto lo chiamo così) si mette fin da subito sui binari giusti. Leaves inizia come uno slow pianistico, poi entra una chitarra acustica e la voce di McConnell che duetta con quella di Anastasio e la melodia si sviluppa sontuosa ed in continuo crescendo, con un bellissimo gioco di voci che si rincorrono ed anche l’aggiunta di un background orchestrale, il tutto condito dalla splendida chitarra di Trey e dalle nitide note del pianoforte di Page: sette minuti fantastici. Everything’s Right di minuti ne dura più di dodici, ed è un gustoso midtempo rock dal ritmo cadenzato con un refrain corale ed un tappeto sonoro leggermente funky: Phish sound al 100%, un brano epico che dal vivo può toccare anche minutaggi maggiori, dato che dal sesto minuto diventa una straordinaria jam con McConnell che si alterna superbamente a piano ed organo e Trey che suona in modalità wah-wah.

Ancora più funky è Mercury, canzone godibile dal ritornello ripetitivo che però entra in testa subito ed ancora elementi “deaddiani” (periodo Shakedown Street), per altri sette minuti e mezzo di musica ad alti livelli; Shade è un toccante lento pianistico sul genere di classici passati del gruppo come Wading In The Velvet Sea, ancora con un emozionante intervento orchestrale ed Anastasio che canta molto bene una melodia non facile, rilasciando nel finale un assolo decisamente lirico, mentre Evening Song, che con i suoi tre minuti e venti è la più breve del lotto, è una rock song rilassata e dal motivo diretto ed accattivante, di nuovo con piano e chitarra in evidenza ed un ritornello corale molto bello. Con i quasi otto minuti di Steam ci rituffiamo in una miscela robusta ma assai fruibile di rock e funky, un suono che ormai è il marchio di fabbrica dei quattro, con Page e Trey strepitosi ai rispettivi strumenti: si sente che i brani di questo album sono già nel loro repertorio da tempo, in quanto si percepisce la sensazione di una coesione e compattezza del suono perfino maggiori del solito.

A Life Beyond The Dream conferma che i Phish sono un gruppo capace di sfornare anche ballate coi fiocchi, e forse questa è la migliore di tutte: sei minuti e mezzo splendidi, con un motivo intenso e profondo ed un accompagnamento molto anni settanta, con organo ed un coro femminile a dare un tocco southern soul ed un finale maestoso tra rock e gospel. Il CD (ehm…volevo dire lo streaming) si chiude alla grande con gli undici minuti della potente Thread, un pezzo creativo e pieno di idee, cambi di ritmo e melodia a go-go ed ennesima prestazione strumentale di valore assoluto, un brano che denota l’influenza che Frank Zappa ha avuto sui nostri. Sigma Oasis è quindi un lavoro eccellente, tra i migliori dei Phish se non addirittura il migliore: spero vivamente che prima o poi esca anche in CD, così avrò meno remore ad inserirlo nella mia Top Ten annuale.

Marco Verdi

Il Rock Non E’ Musica Per Panettieri…O Forse Sì! Phish – The Baker’s Dozen: Live At Madison Square Garden

phish baker's dozen

*NDB Anche ieri, e nei tre giorni precedenti, come è tradizione ormai da parecchi anni, i Phish hanno festeggiato la fine dell’anno con una serie di concerti al Madison Square Garden di New York, che è diventato per loro una sorta di quartier generale per le “residenze” più lunghe nei loro tour, oltre che per i concerti di Halloween. Gli eventi di cui leggete sotto, invece si sono tenuti, sempre al Madison Square Garden, nel luglio del 2017.

Phish – The Baker’s Dozen: Live At Madison Square Garden – JEMP 3CD – 6LP

I Phish sono ormai da più di due decenni una delle migliori live band al mondo, e giustamente vengono considerati gli eredi dei Grateful Dead, per la loro capacità di trasformare e dilatare qualsiasi canzone, originale o cover che sia, con feeling, grande tecnica e creatività: non a caso quando nel 2015 i membri superstiti dei Dead hanno deciso di dare l’addio con cinque Farewell Concerts, il prescelto per sostituire Jerry Garcia è stato proprio Trey Anastasio, cantante, chitarrista e principale compositore del quartetto del Vermont (gli altri tre sono da sempre il bassista Mike Gordon, lo straordinario pianista Page McConnell ed il batterista Jon Fishman, un pazzo scatenato che però quando suona non ha paura di nessuno). Di conseguenza, è chiaro che la discografia dal vivo dei quattro sia corposa, per usare un eufemismo, tra live normali, cofanetti e CD pubblicati in esclusiva sul loro sito: l’ultima uscita in ordine di tempo è anche una delle più interessanti, e stiamo parlando cioè di The Baker’s Dozen: Live At Madison Square Garden, un triplo CD (o sestuplo LP) che presenta una selezione dai ben tredici concerti consecutivi tenuti nel 2017 dai nostri nel famoso teatro di New York.

In realtà il piatto forte era The Complete Baker’s Dozen, un megabox di 36 CD che comprendeva la residence completa, un cofanetto costoso e limitato che è andato esaurito in breve tempo (e per una volta il sottoscritto si è accontentato del triplo). La particolarità di quegli show (e non è una cosa da poco) è che i Phish durante le tredici serate non hanno mai suonato la stessa canzone per due volte, una cosa che non tutti si possono certo permettere di fare. La selezione per il triplo CD (presentato in un’elegante confezione mini-box, che quelli che hanno studiato chiamano “clamshell”) deve dunque essere stata difficile e dolorosa, anche perché la lunghezza dei brani presenti (una media di 11-12 minuti a canzone: si va dai sette di More e Miss You ai venticinque di Simple) non ha consentito di inserire più di tredici pezzi in totale. Personalmente sono abbastanza soddisfatto della scelta, anche se avrei ascoltato volentieri anche altri pezzi del gruppo, ed in particolare non mi sarebbe dispiaciuto un CD in più con una selezione delle varie cover suonate durante gli show, brani appartenenti, tra gli altri, ai songbook di Bob Dylan, Neil Young, Frank Zappa, David Bowie, Beatles e Led Zeppelin).

Il risultato finale è comunque eccellente, e The Baker’s Dozen si colloca quasi fuori tempo massimo tra i migliori album live dell’anno: Anastasio e soci sono in forma strepitosa, avendo ormai raggiunto uno status per cui sarebbero in grado di suonare qualsiasi cosa e renderla propria. I brani partono spesso dalle melodie iniziali per poi svilupparsi in maniera assolutamente creativa ed improvvisata, con la chitarra ed il pianoforte sempre a dettare legge ma con la sezione ritmica che non si tira mai indietro: i Phish non utilizzano altri musicisti sul palco, sono solo loro quattro, ma in certi momenti sembra che siano in sedici tanto corposo ed intenso è il groove che mettono nei vari brani. Ci sono quattro pezzi tratti da Big Boat, il loro ultimo bellissimo album di studio https://discoclub.myblog.it/2016/10/18/allora-sanno-grandi-dischi-phish-big-boat/  (mentre nulla proviene dai due precedenti, Joy e Fuego), a partire da una formidabile Blaze On, un brano limpido e solare che ricorda molto da vicino gli episodi più orecchiabili dei Dead: 23 minuti di piacere assoluto, con Anastasio e McConnell (il quale passa con estrema disinvoltura dal piano acustico a quello elettrico) che fanno sentire da subito di che pasta sono fatti, con improvvisazioni continue ed assoli su assoli, ma senza mai perdere di vista la canzone stessa.

Completano la selezione da Big Boat l’immediata More, un brano rock solido e molto ben costruito (e l’assolo di Trey è da urlo), la fulgida slow ballad Miss You, dal motivo bellissimo che evidenzia il gusto melodico del gruppo, e la funkeggante No Men In No Man’s Land, dal suono grasso e ritmo sostenuto. Abbiamo anche due inediti, e cioè la gustosa Everything’s Right, una rock song cadenzata, godibile e dal ritornello vincente, e la travolgente Most Events Aren’t Planned, in cui i Phish suonano con grande affiatamento e compattezza, un brano ancora tra rock e funky, con il basso di Gordon piacevolmente sopra le righe. Ci sono due pezzi tratti da The Story Of The Ghost, a mio parere il disco meno riuscito della carriera della band, che però non sembra pensarla come me: la rock ballad Roggae, un brano fluido tipico del loro repertorio, eseguita al solito impeccabilmente e con potenti riff elettrici (ed un liquidissimo assolo di Anastasio), e l’annerita Ghost (20 minuti), che dal vivo risulta molto più coinvolgente che sull’album originale. Il resto? Innanzitutto la strepitosa Simple (unica del triplo scritta da Gordon), un pezzo che i nostri hanno suonato sempre e solo dal vivo, che parte come una potente rock song di stampo classico, molto chitarristica e dal motivo diretto, e che poi nei suoi 25 minuti vede il gruppo percorrere tutte le direzioni musicali possibili (e non manca anche qui un mood funky, genere che i nostri amano infilare un po’ dappertutto).

Ci sono poi tre canzoni prese dalla discografia “di mezzo”, cioè da Farmhouse (una maestosa Twist, altri 20 minuti di grande intensità e con Anastasio monumentale, nonostante ad un certo punto compaia un synth poco gradito), da Round Room la quasi soffusa Waves, dallo spirito “deaddiano” e finale psichedelico, e da Undermind l’energica Scents And Subtle Sounds, che alterna momenti parecchio roccati ad altri più distesi, con un grandissimo McConnell e Fishman debordante: una delle performance migliori del triplo. L’unico classico appartenente ai primi dischi della band è la nota Chalk Dust Torture, qui proposta in una roboante e vitale rilettura di 24 minuti, in cui i quattro ci fanno vedere e soprattutto sentire perché sono uno dei migliori gruppi del pianeta (e Trey è in pura trance agonistica). Un grande live album, da ascoltare attentamente dalla prima all’ultima nota: alla fine arrivo quasi a rimpiangere di essermi lasciato sfuggire la versione extralarge.

Marco Verdi

Ma Allora Sanno Ancora Fare Grandi Dischi! Phish – Big Boat

phish big boat

Phish – Big Boat – JEMP CD

Dalla loro reunion nel 2009, in seguito alla separazione avvenuta nel 2004 dopo l’ottimo Undermind (separazione alla quale non avevano creduto in molti, almeno non al fatto che fosse definitiva), i Phish non hanno inciso moltissimo, anche se sono stati sempre attivi dal vivo, sia con i concerti che con le ristampe d’archivio. Joy, del 2009 appunto, era un buon disco, con tre-quattro ottime canzoni e qualche episodio più di routine, ma Fuego, di due anni orsono, era parecchio involuto, con brani che faticavano ad emergere ed un pesante senso di già sentito, quasi come se la popolare band del Vermont avesse pubblicato il disco più per dovere che per reale intenzione  (*NDB Per una volta, non sono d’accordo, come avevo scritto ai tempi http://discoclub.myblog.it/2014/08/04/se-ci-fossero-bisognerebbe-inventarli-phish-fuego/.) Era quindi lecito pensare che il gruppo formato da Trey Anastasio, Mike Gordon, Page McConnell e Jon Fishman fosse arrivato quasi a fine corsa, almeno in termini di ispirazione (dato che dal vivo continuano ad essere formidabili), e che la loro rimpatriata fosse più una cosa a fini pecuniari che per una reale voglia di continuare il percorso intrapreso nell’ormai lontano 1983. Ebbene, sono il primo ad essere contento nell’affermare di essermi sbagliato, in quanto il loro nuovissimo lavoro, intitolato Big Boat, non solo è il loro migliore da quando hanno ricominciato, ma non sfigurerebbe accanto a nessun album della loro discografia pre-2004. I quattro sono di nuovo ispirati, suonano alla grande (ma questo non avevano mai smesso di farlo) e, cosa più importante, hanno ripreso a scrivere grandi canzoni.

Big Boat, prodotto come il precedente Fuego dal grande Bob Ezrin (Alice Cooper, Lou Reed, Deep Purple, Kiss, Pink Floyd, Peter Gabriel, non proprio un pirla quindi) è proprio questo, un disco di canzoni, che tralascia parzialmente le jam per le quali i nostri sono diventati famosi (tranne in un paio di casi) e lascia spazio alle melodie, accompagnandole in maniera sublime, grazie alla splendida chitarra di Anastasio, al formidabile pianoforte di McConnell, ed alla sezione ritmica schiacciasassi di Gordon e Fishman (più diversi sessionmen tra cui una splendida sezione fiati). Da tempo non sentivo un disco con dodici brani di questo spessore tutti insieme (su tredici, solo uno è una schifezza, ma glielo perdoniamo), una sorpresa ancora più gradita in quanto cominciavo a considerare l’ascolto dei nuovi CD del quartetto come un dovere e non più un piacere. E non è che, come accadeva spesso in passato, solo i brani di Trey sono di livello superiore (un po’ come succedeva nei Grateful Dead con Garcia, tanto per citare un gruppo tanto caro ai nostri), ma anche i suoi tre compagni sono in stato di grazia dal punto di vista del songwriting, facendo di Big Boat uno degli album a mio giudizio imperdibili di questo 2016 che si avvia quasi al termine.

Friends dà il via al disco, una rock song fluida e potente, con lo splendido piano di McConnell a dialogare egregiamente con la chitarra di Anastasio (ma anche il drumming di Fishman, che tra l’altro è l’autore del brano, è notevole), un suono molto classico per una canzone creativa, densa, piena di idee, che immagino farà faville dal vivo. Breath And Burning è il primo singolo, ed è una canzone splendida, solare, godibile, quasi caraibica, con una tersa melodia tipica di Trey, ed i fiati a mo’ di ciliegina su una torta già saporita di suo; anche Home è un gran bel pezzo, disteso e diretto, quasi pop ma con classe, ancora con Trey e Page (che l’ha scritta) a guidare le danze, e nel finale un accenno di jam, con McConnell che si conferma un pianista eccezionale. Molto gradevole anche Blaze On, che ricorda molto da vicino certi pezzi solari dei Dead (tipo Scarlet Begonias), con il suo ritornello da canticchiare al primo ascolto e, tanto per cambiare, un grande pianoforte (ma che ve lo dico a fà?), così come bellissima è Tide Turns, un errebi puro e dal motivo decisamente fruibile, una delle migliori canzoni che ho ascoltato ultimamente, sarebbe stato bene anche sul disco dello scorso anno di Anderson East, con la sua melodia classica ed i fiati (guidati da Jim Horn) usati con classe e misura.

Dopo la breve Things People Do, una specie di filastrocca per sola voce e chitarra elettrica, abbiamo la vibrante Waking Up Dead (di Gordon), una sorta di pop song lisergica, con soluzioni ritmiche e melodiche non scontate, il classico Phish sound insomma, mentre Running Out Of  Time è una deliziosa folk ballad con il solo Anastasio per il primo minuto e mezzo, poi entra il resto del gruppo, sebbene in punta di piedi, bellissima anche questa, un altro dei molti highlights del CD. La funkeggiante e ritmata No Men In No Men’s Land, molto energica (e come suonano), precede la fantastica Miss You, più di sette minuti di puro godimento, una rock ballad classica e dal motivo splendido, suonata alla grandissima (e con Anastasio stratosferico), una delle canzoni più belle dell’anno. A questo punto sarei già contento, ma abbiamo ancora tre pezzi, a cominciare dalla strana I Always Wanted It This Way, una pop song elettronica e sintetizzata, completamente fuori contesto in questo disco (e lo sarebbe in qualsiasi disco dei nostri), stava meglio forse negli ultimi lavori dei Mumford And Sons, quelli brutti però. Uno scivolone che mi sento di perdonare, anche perché c’è ancora More, un’altra rock song molto anni settanta (e molto Anastasio), con melodia liquida e solito piano strepitoso, e la maestosa Petrichor, più di tredici minuti di puro suono Phish, con cambi di ritmo continui e soluzioni melodiche molto Dead, un’irresistibile canzone-jam che chiude alla grande un disco sopraffino.

Non solo il migliore degli ultimi tre lavori, ma sicuramente un album allo stesso livello di Rift, Hoist e Billy Breathes: aspettatevi di rivederlo nelle classifiche di fine anno.

Marco Verdi

Il Meglio Del 2015: Puntata Natalizia, Un Anno In Musica.

Come promesso, il giorno di Natale ho preparato la lista definitiva del mio (esagerato) Best Of 2015. Sotto gli auspici del grande Bruce in versione Santa Claus, ecco la classifica del “meglio del resto” (qui trovate le presunte prime scelte, che non vengono ripetute nella lista di oggi, http://discoclub.myblog.it/2015/12/10/ecco-il-meglio-del-2015-secondo-disco-club-blogger-collaboratori/), ricchissima, sono più di 50 titoli fra novità e ristampe. troppi? Può essere, ma come dicevano i latini “melius abundare quam deficere”, ovvero, esageriamo e partiamo. Sono più o meno in ordine cronologico e raccolti anche per piccoli gruppi di genere: live, voci femminili, country, cantautori, folk, grandi nomi ed illustri sconosciuti, tanta bella musica, ovviamente a parere di chi scrive.

another-day-another-time cdgov't mule sco-mulejerry garcia live volume 5

L’anno si è aperto con una serie di album dal vivo estratti dagli archivi.

Another Day, Another Time, Celebrating The Music Of Inside Llewyn Davis, un doppio CD, registrato nell’autunno del 2013, per celebrare la musica della colonna sonora del film dei fratelli Coen, con la partecipazione di una grande quantità di musicisti “nuovi e vecchi” dell’area folk e Americana

Gov’t Mule Feat, John Scofield – Sco-Mule un altro doppio Cd dal vivo, registrato nel 1999, quando era ancora vivo il primo bassista della band, Allen Woody

Jerry Garcia Band – Garcia Live.: Volume Five anche questo doppio, registrato l’ultimo giorno del 1975 al Keystone di Berkeley, a oggi l’ultimo capitolo della serie (poi sono partiti i festeggiamenti per il 50° Anniversario dei Grateful Dead.

waterboys modern blues

Waterboys – Modern Blues

drew holcomb medicine

Drew Holcomb & The Neighbors – Medicine una delle prime sorprese del 2015 (anche se aveva già pubblicato otto dischi prima di questo)

bob dylan shadows in the nightsteve earle terraplaneryan bingham fear and saturday nightrhiannon giddens tomorrow is my turn

Bob Dylan – Shadows In The Night

Steve Earle & The Dukes – Terraplane Blues

Ryan Bingham – Fear And Saturday Night 

Rhiannon Giddens -Tomorrow Is My Turn

Due conferme, un ritorno e un esordio, tutti dischi di notevole spessore

mark knopfler tracker deluxelaura marling short movejj grey & mofro ol' gloryryley walker primrose green

Un altro quartetto di “rispettabili” uscite. Un eccellente disco di Mark Knopfler Tracker, le conferme di Laura Marling con Short Movie JJ Grey & Mofro con Ol’ Glory, e le traiettorie elettroacustiche dell’ottimo Primrose Green di Ryley Walker.

bettye lavette worthybrandi carlile the firewatcher's daughter

Due signore confermano la loro classe.

Betty Lavette – Worthy (anche in versione Deluxe con un DVD dal vivo)

Brandi Carlile – The Firewatcher’s Daughter

Fotheringay nothing more

Fotheringay – Nothing More The Collected Fotheringay Il primo cofanetto importante del 2015 che traccia la breve storia, durata meno di un anno, di una delle band di Sandy Denny, forse la più bella voce prodotta dalla scena musicale inglese

boz scagss a fool to caredayna kurtz risa and fallsufjan stevens carrie & lowell

van morrison duets

Boz Scaggs – A Fool To Care uno dei migliori dischi di blue-eyed soul dell’anno

Dayna Kurtz – Risa And  Fall La cantante nativa del New Jersey ci regala un’altra piccola perla, con un album intenso ed ispirato arricchito da un secondo CD di materiale raro nella edizione italiana pubblicata dalla italiana Appaloosa

Sufjan Stevens – Carrie And Lowell A livello internazionale è praticamente in tutte le liste di fine anno, in Italia sembra sia piaciuto leggermente meno

Van Morrison – Duets: Re-Working The Catalogue Quello con Michael Bublé forse ce lo poteva risparmiare, ma il resto è più che buono, per l’esordio di Van con la nuova etichetta

Olivia Chaney The Longest Riverallison moorer down to believing

Olivia Chaney The Longest River Una giovane cantante ed autrice inglese che incide per la americana Nonesuch un bellissimo disco da classica folksinger

Allison Moorer – Down To Believing L’ex signora Earle “grazie” alle pene del suo divorizo da Steve realizza uno dei suoi dischi migliori

jimmy lafave night tribetom russell tthe rose of roscraedwight yoakam second hand

graham parker mystery glue

Jimmy LaFave – The Night Tribe

Tom Russell – The Rose Of Roscrae

Dwight Yoakam – Second Hand Heart

Graham Parker & The Mystery – Mystery Glue per chi scrive uno dei migliori dischi del rocker inglese http://discoclub.myblog.it/2015/05/19/il-disco-del-giorno-forse-del-mese-graham-parker-the-rumour-mystery-glue/

chris stapleton travellerchristian lopez band onward

Chris Stapleton – Traveller

Chris Lopez Band – Onward accomunati dal fatto di essere stati entrambi prodotti da Dave Cobb, forse il secondo è ancora più bello del pur ottimo Traveller. Cobb durante l’anno ha prodotto anche quelli degli A Thousand Horses, Corb Lund e l’eccellente Delilah di Anderson East.

anderson east delilah

railroad earth live red rocks

Uno dei migliori DVD dell’anno è quello doppio dal vivo dei Railroad Earth Live At Red Rocks

james taylor before this world cd standard

James Taylor – Before This World ottimo disco che rinverdisce i fasti dei suoi migliori dischi degli anni ’70

gnola blues band down the line

Gnola Blues Band altri “italiani per caso” che si sono fatti onore durante l’anno http://discoclub.myblog.it/2015/05/12/blues-tanta-buona-musica-gnola-blues-band-down-the-line/

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Banditos – Omonimo per chi scrive uno delle “sorprese” più piacevoli dell’anno http://discoclub.myblog.it/2015/06/09/facce-raccomandabili-disco-molto-raccomandato-birmingham-alabama-via-nashville-banditos/

needtobreathe live from the woods

Needtobreathe – Live From The Woods E anche questo, pure nella categoria dei migliori dischi dal vivo http://discoclub.myblog.it/2015/06/16/doppi-dal-vivo-classici-needtobreathe-live-from-the-woods-at-fontanel/

dar williams emeraldromi mayes devil on both shoulders

Dar Williams – Emerald

Romi Mayes – Devil On Both Shoulders

one more for the fans lynyrd cd

One More For The Fans – Tribute To Lynyrd Skynyrd Sempre a proposito di Live

dawes all your favorite bandsjason isbell something more than free

Dawes – All Your Favourite Bands http://discoclub.myblog.it/2015/06/03/from-los-angeles-california-the-dawes-all-your-favourite-bands/

Jason Isbell – Something More Than Free il disco “rock” più votato nelle classifiche annuali di gradimento internazionali

sister sparrow the weather below

Sister Sparrow And The Dirty Birds – The Weather Below altro gruppo “sorpresa” che non scherza un c… http://discoclub.myblog.it/2015/07/13/piu-sparviero-che-passerotto-sister-sparrow-and-the-dirty-birds-the-weather-below/

rolling stones hyde park dvdrolling stones live in leedsrolling stones tokyo dome

Inserisco a questo punto i tre From The Vault dei Rolling Stones anche se due sono usciti a fine novembre. Peraltro a dicembre è uscito anche un cofanetto che raccoglie i cinque titoli della serie usciti fino ad ora.

nathaniel rateliff and the night sweats

Nathaniel Rateliffe And The Night Sweats

gregg allman live back to macon

Gregg Allman – Live Back To Macon altro formidabile CD+DVD dal vivo

rpbert cray 4 nights

Robert Cray – 4 Nights In 40 Years Live E pure questo http://discoclub.myblog.it/2015/09/02/quattro-decadi-del-migliori-blues-contemporaneo-robert-cray-band-4-nights-of-40-years-live anche nella categoria dei migliori dischi blues con quello che segue

buddy guy born to play

Buddy Guy – Born To Play Guitar http://discoclub.myblog.it/2015/08/03/lultimo-dei-chitarristi-blues-gran-forma-buddy-guy-born-to-play-guitar/

los lobos gates of gold

Los Lobos – Gates Of Gold

joe ely panhandle rambler

Joe Ely – Panhandle Rambler

tom jones long lost

Tom Jones – Long Lost Suitcase

wood brothers paradise

Tre che sono piaciuti a tutti (sottoscritto incluso) e uno che forse è piaciuto solo a me, e mi sono pure scordato di recensirlo, ma Paradise dei Wood Brothers è tra i candidati certi alla rubrica dei “recuperi” di fine anno., insieme a quello di Trey Anastasio Paper Wheels. Due dischi molti belli.

trey anastasio paper wheels

van morrison astral weeksvan morrison his bandjimi hendrix freedomallman brothers idlewild south 2 cd

Tra le ristampe col botto di fine anno, mancano le due principali Dylan Springsteen, ma erano già nell’altra lista, come tra i live Clapton Blue Rodeo.

natalie merchant paradise is there

Natalie Merchant – Paradise Is There The New Tigerlily Recordings E tra le ristampe “anomale” non trascurerei il disco della Merchant che lo ha ri-inciso ex novo (altro candidato ai recuperi di fine anno o inizio 2016, non ci formalizziamo)

don henley cass county

Don Henley – Cass County http://discoclub.myblog.it/2015/10/16/il-ritorno-dell-aquila-texana-don-henley-cass-county/

de gregori amore e furto

Francesco De Gregori – Amore E Furto http://discoclub.myblog.it/2015/11/02/secondo-me-approverebbe-anche-bob-francesco-de-gregori-amore-furto-de-gregori-canta-dylan/

southside johnny soultime!

Southside Johnny & The Asbury Jukes  – Soultime!

kevin gordon long gone time

Kevin Gordon – Long Gone Time  http://discoclub.myblog.it/2015/12/11/vi-piacciono-bravi-kevin-gordon-long-gone-time/

widespread panic street dogs

Widespread Panic – Street Dogs  http://discoclub.myblog.it/2015/11/09/i-capostipiti-delle-jam-band-gran-forma-widespread-panic-street-dogs/

ethan johns silver liner

Ethan Johns & Black Eyed Dogs – Silver Liner

Tra le “sorprese” di fine anno aggiungerei anche questi quattro. E per concludere un’altra “ristampa” sicuramente tra quelle da recuperare.

eva cassidy nightbird

Eva Cassidy – Nightbird

Direi che è proprio tutto, di alcuni ho inserito anche i link dei post, ma se andate a ritroso, trovate tutto. Quelli che non avete trovato qui erano già nell’altra liste (o perché non ci sono piaciuti o ancora, non rientrano nei gusti del Blog, se state leggendo li sapete) e se c’è qualcosa che manca secondo voi segnalatelo nei commenti, dove potete mandare, se ne avete voglia, ma non è obbligatorio, anche le vostre classifiche di gradimento di fine anno. Magari le più interessanti le riverso pure nel Blog.

Oggi puntatona doppia, domani non credo che posterò nulla, ma non è detto, qualcosa di pronto c’è sempre!

Di nuovo Buon Natale!

Bruno Conti

“Finalmente” Un Cofanetto Dal Vivo Dei Dead! Grateful Dead – Fare Thee Well: Chicago, IL, Soldier Field

grateful dead fare thee well complete

Grateful Dead – Fare Thee Well: Chicago, IL, Soldier Field – Warner/Rhino 2 CD (Best Of) – 2 DVD – 2 BluRay – 3 CD + 2 DVD – 3 CD + 2 BluRay – Super Deluxe 12CD/7DVD – 12CD/7BluRay

Il titolo del post è volutamente sarcastico, dato che per l’anno della celebrazione dei 50 anni di attività dei Grateful Dead  (anche se negli ultimi 20 si sono più che altro occupati dei loro archivi), pensavo che sarebbe bastato (e avanzato) il box di 80CD 30 Trips Around The Sun http://discoclub.myblog.it/2015/09/28/anteprima-mondiale-meno-male-che-gli-anni-trenta-grateful-dead-30-trips-around-the-sun/ , o la sua versione ridotta a 4CD, ma come potevano esimersi i membri superstiti (quindi senza il leggendario leader Jerry Garcia e tutti i tastieristi della loro storia – anni fa, giuro, ho letto una classifica delle cause di morte più comuni tra musicisti rock, ed una di esse era ‘essere tastieristi dei Grateful Dead’) dal pubblicare ufficialmente un resoconto dei loro concerti d’addio di quest’estate? Cinque spettacoli tutti esauriti, due a Santa Clara ed i tre finali al Soldier’s Field di Chicago (dove nel 1995 tennero il loro ultimo show prima del ricovero e della susseguente morte di Garcia), e proprio queste tre serate sono oggetto di questo Fare Thee Well, pubblicato in vari formati: un CD doppio che raccoglie il meglio di tutti i tre concerti, un box triplo (più due DVD o BluRay, che escono anche da soli) con la serata finale, e la solita versione monstre limitata e numerata con i tre show completi su 12CD e 7DVD (o BluRay), con le immagini che comprendono anche i dietro le quinte e la parte audio che aggiunge 3 CD dei Circles Around The Sun (la nuova band di Neal Casal) con le loro improvvisazioni di rock psichedelico suonate negli intervalli (saranno anche bravi, ma forse tre dischetti interi sono anche troppi), il cui meglio è uscito anche a parte su doppio CD con il titolo Interludes For The Dead.

neal casal interludes

Ma veniamo ai nostri: Bob Weir, Phil Lesh, Mickey Hart e Bill Kreutzmann, con l’aggiunta alle tastiere di Jeff Chimenti e Bruce Hornsby (il quale nel biennio 1990-1991 suonò diverse date coi Dead) e soprattutto con Trey Anastasio al posto di Garcia (scelta più che logica, il leader dei Phish è sempre stato un deadiano di ferro, e secondo me può essere l’erede naturale di Jerry) hanno fatto le cose in grande, celebrando il loro passato davanti ad un pubblico immenso, che forse neppure si aspettavano, una gigantesca festa in musica che ha permesso ala band di uscire di scena in grande stile (anche se poi secondo me hanno rovinato un po’ le cose continuando in autunno con altre date come Dead & Company insieme a John Mayer).(NDM: so che Tom Constanten e Donna Godchaux sono stati due membri che poco hanno inciso nella storia dei Dead, ma visto che sono entrambi in vita una ospitata come special guests in un paio di canzoni sarebbe stata una cosa carina).

grateful dead fare thee well 3 cd + 2 dvd

Cinquant’anni (o forse è meglio dire trenta) di grande musica in tre serate, anche se però sono costretto a far notare qualche magagna, principalmente tre. La prima è il suono, più che buono, ma che secondo me poteva essere molto meglio, dato che ho ancora nelle orecchie gli ultimi live di Eric Clapton e Who incisi meravigliosamente; in seconda battuta le scalette: so benissimo che ognuno ha la sua setlist preferita (personalmente io adoro Brown Eyed Women, Mississippi Half-Step Uptown Toodeloo, Alabama Getaway e Black Muddy River, e chiaramente a Chicago non ne hanno suonata mezza – ma le prime tre a Santa Clara sì), ma trovo inconcepibile che non si sia trovato posto in nessuna delle tre serate né per Dark Star, la signature song dei Dead, né per Uncle John’s Band, cioè quella che quasi all’unanimità viene considerata la loro canzone più bella, e che sarebbe stata perfetta per chiudere la serata finale al posto dell’anonima Attics Of My Life, inserendo però brani minori come Passenger, Lost Sailor, Saint Of Circumstance, la soporifera Stella Blue (so che ha molti estimatori, ma io l’ho sempre trovata di una noia mortale), Days Between o, in ogni show, il binomio Drums/Space che ho sempre considerato uno spreco di minutaggio.

Ma la magagna più seria a mio giudizio è la qualità complessiva della performance, troppo discontinua e che, soprattutto nella prima serata, mostra la ruggine accumulatasi sugli ex membri del gruppo in vent’anni di inattività (almeno come Dead), con performance vocali di Weir e Lesh di molto sotto la media (specie il secondo, che non è mai stato un cantante) ed i due batteristi che vanno spesso fuori tempo: i tre show comunque mostrano un deciso crescendo, dato che la seconda serata inizia maluccio ma si tira su su quasi subito, e nella terza fila tutto abbastanza liscio, con molti momenti di eccellenza che ricordano il periodo d’oro. Il merito della riuscita complessiva va sicuramente attribuita anche ai tre membri aggiunti (Hornsby ed Anastasio sono anche due cantanti migliori, ma non hanno tutto lo spazio vocale che meriterebbero, probabilmente a causa della loro non appartenenza alla band storica), che anche nei momenti più difficili della prima serata si caricano sulle spalle la responsabilità di dare un senso alla performance.

grateful dead fare thee well 2 dvd

Serata 1 – 3 Luglio: iniziare con la pur bella Box Of Rain forse non è la scelta migliore, dato che in cinquant’anni Lesh non ha mai imparato a cantare, ma il concerto si raddrizza subito con una solida Jack Straw e con la bellissima Bertha, solitamente scintillante ma stasera appena sufficiente, con Anastasio che si barcamena come può, abituato com’è alla precisione dei Phish. Dopo una trascurabile Passenger abbiamo una liquidissima The Wheel (anche se non tutto è perfetto), seguita da una Crazy Fingers che vede i Dead un po’ confusi e sfasati. Tra i pochi highlights ci sono la sempre solare Scarlet Begonias e la rara (e qui plaudo alla scelta) Mason’s Children, che purtroppo viene affidata alla voce monocorde e stonata di Lesh. Il medley Help On The Way/Slipknot!/Franklin’s Tower, una delle cose più belle dei Dead, ed una toccante Ripple cantata a più voci (questa sì eseguita come Dio comanda) chiudono in crescendo un concerto tutto sommato mediocre.

Serata 2 – 4 Luglio: anche qui si comincia maluccio con una versione approssimativa e troppo lunga di Shakedown Street (un brano che non ho mai amato), per di più cantata malissimo da Weir, seguita da Liberty che non è certo uno dei pezzi più riusciti del binomio Garcia-Hunter. Ma già con la terza canzone, Standing On The Moon, ben cantata da Trey, la serata si alza di livello: le cose migliori sono la splendida Tennessee Jed, dove Weir, Hornsby ed Anastasio si alternano alla voce solista, una Little Red Rooster ben suonata (anche se il blues non è molto nelle loro corde), la vivace Deal, anche se ne ho sentite di molto migliori quando c’era Garcia, una Bird Song liquida al punto giusto (finalmente!), la solida e vibrante West L.A. Fadeaway e la sempre gradevole Foolish Heart, con un grande Anastasio.

Serata 3 – 5 Luglio: lo show finale è nettamente il migliore dei tre, un po’ per la presenza di vari classici assodati del gruppo (l’uno-due iniziale China Cat Sunflower e I Know You Rider, la splendida Althea, una delle mie preferite, la coinvolgente Truckin’ e la sontuosa Terrapin Station), ma soprattutto per la qualità della performance, finalmente degna del passato della band. Built To Last non la ricordavo così bella, Throwing Stones è uno dei brani più diretti di Weir, mentre, subito dopo una trascinante Not Fade Away (il classico di Buddy Holly è ormai in tutto e per tutto un classico dei Dead), la serata si chiude con l’inno Touch Of Grey, una delle canzoni più belle di Garcia, e con la già citata Attics Of My Life, carina ma poco adatta a mio parere a dare l’addio definitivo.

In conclusione un box altalenante, che presenta un gruppo parecchio incerto all’inizio ma finalmente padrone della situazione nella serata finale (che consiglio a chi non vuole accaparrarsi il super box da 12 CD), ma che conferma ciò che avevo sempre pensato, e cioè che i Grateful Dead con Jerry Garcia erano una delle migliori band di sempre, mentre senza di lui sono poco più di un gruppo di ottimi mestieranti.

Marco Verdi

L’Ultimo Capitolo Di Una Saga Interminabile? Grateful Dead – Fare Thee Well: Chicago, IL, Soldier Field, July 5th, 2015

grateful dead fare thee well 3 cd + 2 dvd grateful dead fare thee well the best 2 cd grateful dead fare thee well 2 dvd

Grateful Dead – Fare Thee Well: Chicago, IL, Soldier Field, July 5th, 2015 – 2 CD (Best Of) – 2 DVD – 2 Blu-ray – 3 CD + 2 DVD – 3 CD + 2 Blu-ray – Warner/Rhino 20-11-2015

Il titolo ovviamente fa riferimento solo alla pubblicazione di materiale “nuovo” con la formazione attuale dei Grateful Dead, ristampe, live e cofanetti assortiti continueranno a uscire per chissà quanti anni ancora. E comunque non sono convinto che non ci saranno seguiti a questa serie di concerti del 2015, anche se il 50° Anniversario è un bel numero tondo difficile da replicare.

Come vedete sopra ne usciranno cinque edizioni diverse: non ho capito quella in doppio CD, definita Best Of, che però comprende 16 brani del concerto, quindi ne mancano solo due rispetto al concerto completo, ma come dico spesso non comprendo le strategie delle case discografiche (ammesso che ce ne siano). La formazione è quella classica dei “sopravvissuti”, cioè, in ordine alfabetico, Mickey Hart, Bill Kreutzmann, Phil Lesh, e Bob Weir, con l’aggiunta di Trey Anastasio alle chitarre e Bruce Hornsby Jeff Chimenti alle tastiere. Alle tre serate del 3, 4 e 5 luglio, nello stadio Soldier Field di Chicago, hanno assistito circa 200.000 persone e il tutto è stato registrato e ripreso con le migliori tecnologie disponibili. Per il momento esce solo la data del 5 luglio (ma conoscendo i nostri amici non si escludono futuri cofanetti), con questo contenuto:

Disc: 1 1. China Cat Sunflower (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 2. I Know You Rider (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 3. Estimated Prophet (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 4. Built To Last (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 5. Samson And Delilah (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 6. Mountains Of The Moon (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 7. Throwing Stones (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015)

Disc: 2 1. Truckin’ (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 2. Cassidy (Live at Soldier Field, Chicago, IL 07/5/2015) 3. Althea (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 4. Terrapin Station (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 5. Drums (Live at Soldier Field 7/5/2015)

Disc: 3 1. Space (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 2. Unbroken Chain (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 3. Days Between (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 4. Not Fade Away (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 5. Touch Of Grey (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 6. Attics Of My Life (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015)

Disc: 4 1. China Cat Sunflower (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 2. I Know You Rider (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 3. Estimated Prophet (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 4. Built To Last (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 5. Samson And Delilah (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 6. Mountains Of The Moon (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 7. Throwing Stones (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015)

Disc: 5 1. Truckin’ (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 2. Cassidy (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 3. Althea (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 4. Terrapin Station (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 5. Drums (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 6. Space (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 7. Unbroken Chain (Live at Soldier Field 7/5/2015) 8. Days Between (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 9. Not Fade Away (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 10. Touch Of Grey (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015) 11. Attics Of My Life (Live at Soldier Field, Chicago, IL 7/5/2015)

Ovviamente i primi tre dischetti sono i CD, gli altri i DVD o i Blu-ray, con lo stesso contenuto. Alcuni siti di vendita riportano edizioni da 4 CD + 2 DVD o Blu-Ray, ma è un errore, non ci sono altre edizioni.

Presumo che leggerete il resoconto dell’amico Marco (mi impegno per lui) non appena sarà disponibile sul mercato, ovviamente dopo il 20 novembre.

Alla prossima.

Bruno Conti

Ci Sarà Anche la Versione Da “Poveri”! Grateful Dead – 30 Trips Around The Sun

grateful dead 30 trips 4 cd

Per i 50 anni di carriera dei Grateful Dead, oltre alla versione pantagruelica da 80 CD di 30 Trips Around The Sun venduta solo sul loro sito http://discoclub.myblog.it/2015/06/03/esagerati-grateful-dead-30-trips-around-the-world-30-concerti-80-cd-50-anni-carriera/, ce ne sarà anche una “normale”, in “soli” quattro CD (che vedete qui sopra) intitolata 30 TRIPS AROUND THE SUN: THE DEFINITIVE LIVE STORY 1965-1995, pubblicata dalla Rhino/Warner con un brano inedito per ogni singolo anno di carriera della band di Jerry Garcia, Bob Weir e soci, 30 brani, più la versione di Caution del 1965. Questo il contenuto:

Track Listing

Disc One
1. “Caution (Do Not Stop On Tracks)” – 1965
2. “Cream Puff War” – 1966
3. “Viola Lee Blues” – 1967
4. “Dark Star” – 1968
5. “Doin’ That Rag” – 1969
6. “Dancing In The Street” – 1970
7. “The Rub” – 1971
8. “Tomorrow Is Forever” – 1972
9. “Here Comes Sunshine” – 1973

Disc Two
1. “Uncle John’s Band” – 1974
2. “Franklin’s Tower” – 1975
3. “Scarlet Begonias” – 1976
4. “Estimated Prophet” – 1977
5. “Samson and Delilah” – 1978
6. “Lost Sailor>Saint Of Circumstance” – 1979
7. “Deep Elem Blues” – 1980

Disc Three
1. “Shakedown Street” – 1981
2. “Bird Song” – 1982
3. “My Brother Esau” – 1983
4. “Feel Like A Stranger” – 1984
5. “Let It Grow” – 1985
6. “Comes A Time” – 1986
7. “Morning Dew” – 1987
8. “Not Fade Away” – 1988

Disc Four
1. “Blow Away” – 1989
2. “Ramble On Rose” – 1990
3. “High Time” – 1991
4. “Althea” – 1992
5. “Broken Arrow” – 1993
6. “So Many Roads” – 1994
7. “Visions Of Johanna” – 1995

La data di uscita prevista è il 18 settembre. Intanto la band riunita per l’occasione pare non abbia intenzione di fermarsi dopo la conclusione del Fare Thee Well Tour ma di continuare aggiungendo John Mayer alla formazione, dopo che Trey Anastasio era stato il chitarrista per la prima parte. A novembre usciranno vari box per celebrare l’avvenimento, ne parliamo più avanti, per il momento:

Alla prossima.

Bruno Conti

Se Non Ci Fossero Bisognerebbe Inventarli! Phish – Fuego

phish fuego

Phish – Fuego – Jemp Records

Avevo letto in rete, come di consueto, pareri contrastanti sul nuovo album dei Phish Fuego (sempre titoli brevi che si ricordano con facilità, al contrario delle canzoni), per la verità, fino ad ora, negativi solo un paio, un sito italiano, Rootshighway e la webzine Tiny Mix Tapes, per il resto tutti hanno parlato in termini, più o meno, positivi di questa nuova fatica della band del Vermont. Già deponeva a loro favore il fatto di avere scelto un produttore esterno come Bob Ezrin, poi anche la scelta degli studi dove registrare, parte a Nashville, parte ai famosi Fame Studios di Muscle Shoals in Albama e infine nel Barn in Vermont, a casa. Il loro problema, se tale vogliamo definirlo, è sempre stato quello che i dischi di studio, undici fino ad ora, non sempre sono stati stati all’altezza delle loro leggendarie esibizioni dal vivo, problema peraltro comune a quasi tutte, anzi direi tutte, le jam bands. Ma non si può neppure dire che si sia trattato di brutti dischi o solo accozzaglie di idee in attesa di essere trasfigurate dalle esecuzioni in concerto (ogni tanto; magari), questo Fuego, il dodicesimo, a parere di chi scrive, è una delle loro migliori opere, o così mi pare https://www.youtube.com/watch?v=NNaOM5YZB0c !

phish 1

Un disco compatto, dieci brani, meno di cinquantacinque minuti di musica, con l’unico pezzo lungo, quello da jam band tipica, la title-track Fuego, quasi dieci minuti di classic Phish, posto in apertura, con i suoi continui e vorticosi cambi di tempo, un inizio vagamente beatlesiano, poi sprazzi zappiani, intrecci vocali e strumentali subito complessi e dall’aura quasi progressiva che confluiscono nei soli lirici ed aerei di Trey Anastasio. The Line, sempre con ottimi intrecci vocali (caratteristica più marcata rispetto al passato in questo album), sia le voci soliste che quelle di supporto intrecciate, con risultati complessi ma anche assai piacevoli all’ascolto, un pop ricercato e ben realizzato https://www.youtube.com/watch?v=mX6kUM4Guro . Pure Devotion To A Dream ha questi intrecci tra il pop più raffinato e la voglia della improvvisazione, tipo i Grateful Dead più leggeri, canzoni che spesso sono canovacci per le future esibizioni live, ma anche costruzioni sonore compiute, dove chitarre, tastiere ed una ritmica geniale ed inventiva come poche in circolazione si esaltano in un lavoro di gruppo che poi lascia spazio ad un assolo di Anastasio che molto ricorda il miglior Garcia, di cui viene ritenuto uno degli eredi più credibili, quella musica “cosmica” ma terrestre al tempo stesso.

trey anastasio

Altro brano notevole è Halfway To The Moon, l’unica firmata in solitaria da Page McConnell, il tastierista, che rilascia un ottimo assolo di piano acustico, su ritmi e progressioni di stampo più jazzistico, divagazioni armoniche tastiere-chitarra e le immancabili armonie vocali. I tre brani successivi costituiscono il contributo di Trey Anastasio dal lato compositivo: Winterqueen, scritta con Tom Marshall, è sempre questa miscela di pop raffinato e fruibile al tempo stesso, con strumenti e voci ben delineate dalla produzione di Ezrin, che prefersice la cura dei particolari rispetto al suono d’insieme, forse brano che a tratti diviene indulgente, ma si riprende nella parte strumentale dove fanno capolino anche dei fiati e il suono della solista di Anastasio è quantomai efficace. Sing Monica ha una andatura più rock con un call and response tra le voci moltiplicate di Trey e quelle degli altri, si tratta del brano più breve ma non per questo meno compiuto, con il “solito” assolo di chitarra a nobilitarlo. 555, ancora di Anastasio, con Scott Murawski, un brano che esplora il lato più funky e nero della band, non per nulla registrato ai Fame Studios, tra chitarre wah-wah (che si lasciano andare nel finale), coretti femminili, di nuovo i fiati, l’organo di McConnell, esplora il lato più ludico del sound della band https://www.youtube.com/watch?v=kl1Od2fkeYQ .

phish waiting all night

Waiting All Night, di nuovo firmato dal gruppo al completo, come i primi tre, se non lo avevo ricordato, potrebbe ricordare i Beatles o CSNY, ma anche gli Xtc, in trasferta ai Caraibi, musica rock ma con vaghe cadenze latine, i soliti curatissimi intrecci vocali e strumentali, il tutto reso nello stile unico dei Phish https://www.youtube.com/watch?v=mmxHvGCo2wQ . Wombat illustra il lato più goliardico della formazione, “stupido”, gli americani dicono “goofy”, che in Italia potrebbe suonare come “Pippesco”, nell’accezione Disneyana, non il Pippo nazionale, tra liriche nonsense, vocine e vocione improbabili come pure parte della strumentazione, con ritmi funky e spezzati che ci conducono sempre dalle parti del Zappa più sardonico e il funk più sofisticato, musica che ha già avuto il suo collaudo con il concerto di Halloween dello scorso anno. Posta in conclusione Wingsuit è probabilmente quella che preferisco, una meravigliosa e morbida ballata in bilico tra i Pink Floyd “spaziali” e la West Coast di Crosby & Co, con arrangiamenti complessi, deliziose armonie vocali, le tastiere liquide di McConnell e un fantastico assolo di Trey Anastasio, il tutto a conferma che questi giovanotti di belle speranze si sono trasformati in una delle migliori rock band dell’orbe terracqueo https://www.youtube.com/watch?v=oAKWyptfQB8 , dal vivo eccezionali, in studio più che adeguati alla loro fama, con un disco che arrivando al settimo posto delle classifiche di Billboard ha fatto bene anche a livello commerciale!

Bruno Conti

Novità Di Ottobre Parte IIb. Trey Anastasio, Benjamin Gibbard, Neil Young, Tame Impala, Beth Nielsen Chapman, A Fine Frenzy, Show Of Hands, Tim O’Brien & Darrell Scott, Blackmore’s Night, Holly Golightly & The Brokeoffs, John McLaughlin, Eccetera

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Riprendiamo l’esame delle uscite discografiche del periodo 9-16 ottobre.

Disco solista per Trey Anastasio, chitarrista e leader dei Phish (dei quali è appena uscito un bel sestuplo CD, Chicago ’94). Il disco si chiama Traveler, viene pubblicato dalla Rubber Jungle distribuz. Ato Records, esce il 16 ottobre, co-prodotto da Peter Katis (Interpol, Jonsi, National) e oltre alla solita band vede la partecipazione di due componenti dei National, Bryan Devendorf e Matt Berninger, il percussionista islandese Samuli Kosminen (che deve essere un oriundo, perché non ha il cognome che finsice per …son), Rob Moose dei Bon Iver e la voce femminile di Kori Gardner dei Mates Of State. Più funky e rock del solito, con parecchi brani anche più canzone che jam, senza dimenticare che pure i Phish in studio sono meno torrenziali che nella dimensione Live. Troviamo, tra gli altri brani, una cover di Clint Eastwood dei Gorillaz. Non male!

Anche Benjamin Gibbard pubblica il suo primo disco da solista, Former Lives per la Barsuk Records. L’ex (?) Death Cab For Cutie aveva già pubblicato nel 2009 un bel disco in coppia con Jay Farrar. I brani raccontano gli ultimi 8 anni della sua vita, dei problemi di alcolismo, la vita sentimentale (è stato sposato 2 anni con Zooey Deschanel, ma si sono già divisi). Il disco mi sembra molto bello, con un suono in bilico tra pop raffinato, roots rock, folk e ballate malinconiche. C’è anche un bel duetto con Aimee Mann, Bigger Than Love. Una delle piacevoli sorprese di questa fine anno, esce la settimana prossima anche in Europa per la City Slang.

A fine mese esce Psychedelic Pill di Neil Young con i Crazy Horse e se ne parlerà molto, con un brano di oltre 27 minuti questa volta Neil si è superato. Nel frattempo negli States per la Sony Pictures, in Blu-Ray e DVD, esce questo Journeys, che è il documentario che gli ha dedicato Jonathan Demme, una novantina di minuti sulla vita del “loner” canadese, ricco però anche di momenti musicali, con un paio di brani inediti tanto per gradire. Ma quante canzoni ha scritto?

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Pubblicato lo scorso 9 ottobre per la Modular Records Lonerism è il secondo album di studio per i Tame Impala. Il trio australiano propone una sorta di pop-rock psichedelico assai interessante e dalle sonorità “moderne”, ma ricco anche di suggestioni anni ’70. Per questo album è stato citato il sound di Todd Rundgren dei primi anni ’70 ed in effetti, a ben sentire, qualche analogia c’è. Comunque sono interessanti. 

Beth Nielsen Chapman è una brava cantautrice americana (con una voce che ricorda Joni Mitchell) di cui mi sono già occupato sul Blog per il precedente album beth-nielsen-chapman-back-to-love.html  di un paio di anni fa, ora sempre per la propria etichetta, la BNC Records, pubblica il suo undicesimo CD, in una carriera più che trentennale. Si chiama The Mighty Sky e nella presentazione del disco, uscito la scorsa settimana in Inghilterra, viene definito “una collezione di canzoni sull’astronomia per bambini di tutte le età”. In effetti i testi del disco sono tutti ispirati a questa scienza, vista come una sorta di metafora per la vita. Da quello che ho potuto sentire il disco ha un suo fascino particolare e si ascolta con molto piacere. In Italia noi ai bambini diamo Antonellina Clerici, altrove riescono a creare qualcosa di più interessante e di qualità.

Anche A Fine Frenzy, al secolo Allison Sudol (chissà perché uno pensa che si chiami A Fine di nome e Frenzy di cognome) ci regala un disco inconsueto, Pines, che proprio di quello tratta: un album che racconta della vita proprio di un pino, anche in questo caso visto come una metafora della decadenza della natura e delle foreste in particolare. Il disco è “strano” ma non più del solito, A Fine Frenzy propone sempre quel suo pop raffinato con elementi elettronici non fastidiosi, illuminato anche da canzoni commerciali, radiofoniche perfino, ma di qualità, con elementi favolistici e un ampio uso del piano in cui la Sudol se la cava alla grande. E il tutto esce il 16 ottobre per una major come la Virgin US EMI, non per nulla i due dischi preedenti erano entrambi entrati nelle classifiche di vendita di vari paesi.

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Molto popolare in Australia dove è attualmente forse la numero uno in assoluto, Kasey Chambers alterna dischi a nome proprio ad altri registrati in coppia con il marito Shane Nicholson, questo nuovo Wreck And Ruin è già uscito down under il 18 settembre ma uscirà per il mercato americano ed europeo il prossimo 23 ottobre. Il disco viene pubblicato dalla Sugar Hill anche in una versione doppia Deluxe ed è proprio bello, country ma ricco di roots rock, una serie di duetti che permettono di gustare la voce della Chambers che a cavallo del secolo aveva pubblicato una sequenza di album con un ottimo riscontro di critica. Non escludo che se ne parli sul Blog, magari l’amico Tino che ha una particolare predilezione per questa cantautrice.

Non mi ricordo se si era già parlato di questo CD (o DVD) dei Blackmore’s Night A Knight In York, che era già stato pubblicato la scorsa estate in Europa (Italia compresa), ma visto che questa settimana esce negli Stati Uniti e il vecchio gruppo del chitarrista inglese festeggia i 40 anni di Machine Head ne approfitto per (ri) segnalarlo. Si tratta della registrazione di un concerto tenutosi nell’autunno del 2011 alla Opera House di York in Inghilterra. La voce, come di consueto, è quella della moglie Candice Knight e lo stile è il particolare folk-rock sognante del duo.

A proposito di folk britannico, un’altra delle formazioni storiche britanniche (oltre ai Bellowhead di cui si parlava nel Post di ieri) è quella degli Show Of Hands, un duo di musicisti poco conosciuto dalle nostre parti ma bravissimi. Steve Knightley e Phil Beer, tra cassette, dischi di studio e dal vivo, compilations e altro, hanno abbondantemente superato i 25 titoli nella loro discografia. Questo Wake The Union che esce oggi per la loro etichetta omonima è l’occasione per ascoltare un folk celtico intriso anche di radici americane e con la partecipazione di una valanga di ospiti: Martin Simpson, Seth Lakeman, Bj Cole, Andy Cutting, Paul Sartin dei Bellowhead e molti altri, tra i quali non manca la contrabassista Miranda Sykes, che è il terzo componente del gruppo e che aggiunge spesso le sue splendide armonie vocali. Se non conoscete già e amate il genere, assolutamente consigliati.

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Tim O’Brien e Darrell Scott stanno registrando un nuovo album di studio che uscirà nei primi mesi del 2013, ma nel frattempo pubblicano questo Live dal titolo autoironico, We’re Usually A Lot BetterThan This, registrato dal vivo in una serie di esibizioni tenute tra il 2005 e il 2006 e pubblicato la scorsa settimana, anche in Europa, dalla Full Light Records. I concerti erano per promuovere il loro precedente disco di studio in coppia ( Real Time, uscito nel 2000), ma anche no, visti gli anni passati. Entrambi sono cantatutori e pluristrumentisti dell’area country/bluegrass, bravissimi e con delle copiose  discografie. Darrell Scott, per i più distratti, era quello che divideva le parti strumentali con Buddy Miller nel disco e nei concerti della Band Of Joy di Robert Plant e Patty Griffin, grande musicista.

Un’altra coppia, più pazzerellona, basta vedere l’abbigliamento sulla copertina del CD, è quella di Holly Golighty & The Brokeoffs. Nonostante lei sia inglese, fanno una sorta di Americana music sgangherata, con elementi alternative rock e in particolare con ampi squarci di melodia e altrettanti di stranezza. Il marito Lawyer Dave si occupa, da solo, principalmente della parte strumentale. Da soli o in coppia, da metà anni ’90 hanno pubblicato all’incirca una trentina di dischi. Forse ho dimenticato di dire il titolo, Someday Run Me Over, etichetta 12Th Street Records, esce oggi 16 ottobre.

Jason Lytle, il vecchio leader dei Grandaddy, dopo una serie di dischi solisti non memorabili esce con questo nuovo album che si intitola Dept Of Disappeareance, sempre per la Anti Records, il 16 ottobre e le critiche non sono state proprio positive, a parte qualche parente o amico. Ma il mondo è bello perché è vario, per cui ognuno è libero di dire quello che vuole, soprattutto i fans, però se vi fidate, state alla larga.

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E con questo trio di chitarristi concludiamo il giro di segnalazioni odierne.

John McLaughlin, anche lui ha compiuto 70 anni quest’anno, è stato, prima con Miles Davis e poi con la sua Mahavishnu Orchestra uno dei fondatori del cosiddetto movimento jazz-rock poi divenuto fusion. Ma già prima aveva suonato nella Graham Bond Organisation con Jack Bruce, Ginger Baker e Dick Heckstall Smith (a proposito, il cofanetto della Repertoire con l’opera omnia del gruppo continua a venire posticipato, ora è previsto per fine ottobre). McLaughlin ha suonato anche con il Tony Williams Lifetime e con gli Shakti ha fuso la musica indiana e il jazz. Per non parlare dei bellissimi dischi in trio acustici con Al Di Meola e Paco De Lucia. Quindi un musicista di quelli super importanti. Da qualche anno, con i bravissimi musicisti dei 4Th Dimension, ha ripreso a fare quel jazz-rock furioso dei tempi d’oro della Mahavishnu Orchestra. Il nuovo album edito in questi giorni dalla Abstract Logix si chiama Now Here This, ed è molto bello, lo sto sentendo in questo periodo perché gli amici della IRD mi hanno chiesto di recensirlo. Spero di trovare il tempo di farlo, in ogni caso lo consiglio vivamente a chi ama questo tipo di musica.

Ian Siegal, eccellente chitarrista inglese di blues, lo scorso anno aveva pubblicato per la Nugene Records un ottimo disco insieme ai “figli di…”, The Youngest Son, registrato negli Stati Uniti The Skinny era uno dei migliori dischi di blues-rock del 2011. Ora, con la stessa etichetta, quasi gli stessi musicisti, ma un nome nuovo per il gruppo, Mississippi Mudbloods, esce in questi giorni Candy Store Kid che mi sembra, più o meno, sugli stessi livelli, quindi molto buono. Appena possibile recensione!

Per finire, a proposito di chitarristi, esce un doppio CD con l’opera omnia, inediti a go-gò compresi, dei texani Moving Sidewalks. Forse senza barba e cappellaccio non lo riconoscete, ma si tratta della prima band, come definirla, psychedelic blues, di Billy Gibbons, il futuro ZZ Top. Jimi Hendrix, per cui all’epoca avevano aperto alcuni concerti, spesso, in quei giorni, li citava come musicisti da tenere d’occhio. In questa confezione doppia The Complete Moving Sidewalks Collection ,che esce per la Rockbeat Records, etichetta americana specializzata nelle ristampe e rarità, troviamo il disco originale Flash, che era già uscito in varie versioni, nel primo CD e altri 16 brani, di cui 9 inediti, nel secondo, alcuni della formazione pre-Moving The Coachmen. Si tratta, fondamentalmente, di un disco per maniaci e completisti, perché alcuni dei brani nel secondo CD sono gli stessi, ripetuti in più versioni, però è interessante segnalarlo ai lettori di questo Blog, almeno penso.

That’s All, alla prossima.

Bruno Conti