Anche Per La ELO Sono 40 Anni…E Jeff Lynne Si Fa In Due!

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Jeff Lynne: Long Wave

Jeff Lynne/ELO: Mr. Blue Sky – The Very Best Of Electric Light Orchestra – Frontiers Records CD

Prima precisazione (lo so, non si comincia una recensione con una precisazione, ma il titolare di questo Blog mi ha concesso piena libertà…): sono sempre stato nel dubbio se dire “gli” ELO o “la” ELO, e alla fine ho optato per la seconda, in quanto Orchestra in greco (lingua dalla quale deriva) è una parola femminile (fine della lezione).

Seconda precisazione: gli anni sarebbero 41 (infatti il primo album, l’omonimo Electric Light OrchestraNo Answer in America – è del 1971), ma mi sembra che nell’ultimo periodo artisti e case discografiche con gli anniversari non vadano molto per il sottile.

Come avevo già accennato nella mia recensione dell’ultimo disco di Joe Walsh, Analog Man, ho sempre avuto una predilezione per Jeff Lynne, sicuramente poco condivisa tra i frequentatori abituali di questo Blog (ma chi non ha dei piaceri “proibiti”?): secondo me il fatto di essere stato per anni il leader della ELO, cioè uno dei gruppi di maggior successo commerciale degli anni settanta, gli ha inviso gran parte della critica musicale “colta”, che ha finito per sottovalutare la sua grande abilità come songwriter pop e, soprattutto, come arrangiatore e produttore (il Washington Post lo ha addirittura recentemente messo al quarto posto tra i produttori musicali più importanti di tutti i tempi, mica bruscolini…). Certo, alcuni arrangiamenti di celebri brani della ELO non erano proprio il massimo, ed il flirt con la musica disco (l’album Discovery) non è stata un gran scelta per Jeff (per l’immagine, il suo conto in banca è cresciuto eccome), ma, come ha dimostrato in seguito George Harrison “sdoganandolo” per fargli produrre il suo album Cloud 9, ci trovavamo di fronte ad un fior di musicista. Da quel momento, e per molti anni, Lynne diventò il produttore “da avere”, e fu chiamato da gente non proprio di seconda fascia, tra cui Tom Petty, Roy Orbison, Paul McCartney, Randy Newman, Brian Wilson (uno che non ha bisogno di produttori), i Beatles riuniti e molti altri, oltre a far parte con Harrison, Orbison, Petty e Bob Dylan di quel meraviglioso ensemble dopolavoristico che furono i Traveling Wilburys.

Come solista non ha mai prodotto molto: un album nel 1990 (Armchair Theatre), passato quasi inosservato, ed un disco nel 2001, Zoom, accreditato però alla ELO per motivi puramente di marketing (ma nel disco suonava solo Jeff). Ora, dopo aver scaldato le gomme producendo circa metà del disco di Joe Walsh, Lynne si rifà vivo con ben due progetti in una botta sola: il primo, Mr. Blue Sky, sembra apparentemente la centotreesima antologia della ELO, ma in realtà sono incisioni nuove di zecca fatte da Jeff in perfetta solitudine, suonando tutti gli strumenti, di dodici brani storici più un inedito, mentre il secondo, Long Wave (dalla bellissima copertina) è una serie di rivisitazioni fatte da Lynne di evergreen da lui ascoltati alla radio durante gli anni della giovinezza.

Diciamo una cosa, e cioè che anche il più fedele dei fans, dopo undici anni di silenzio assoluto, avrebbe potuto storcere la bocca vedendosi davanti due dischi con appena una canzone nuova (e l’album di cover che dura mezz’oretta scarsa), ma il buon Jeff ha subito pensato di stoppare le eventuali critiche annunciando di essere già a buon punto su un nuovo album di inediti, in uscita probabilmente già il prossimo anno.

Oggi vorrei parlare principalmente dell’album di covers, in quanto Mr. Blue Sky è una sorta di regalo ai fans della ELO, una serie di brani famosissimi reincisi in quanto, a detta di Jeff, gli originali lo avevano sempre lasciato non del tutto convinto. Ebbene, alcuni di questi brani suonano quasi come copie carbone degli originali, anche se si sente che il suono è notevolmente migliorato (Evil Woman, Mr. Blue Sky, Turn To Stone), mentre in altri si sente eccome il miglioramento, la voce è più centrale, i suoni più nitidi, gli arrangiamenti più asciutti e “rock”: fanno parte di questa seconda categoria brani come Do Ya (che vi piaccia o no, uno dei più bei riff di chitarra della storia), Livin’ Thing (ovvero le radici del Wilbury sound), la splendida ballata Can’t Get It Out Of My Head, l’errebi Showdown (che era uno dei brani preferiti in assoluto da John Lennon). Il meglio viene alla fine, con una versione tosta e vigorosa di 10538 Overture, che apriva in origine il primo disco della ELO (l’unico con Roy Wood in formazione), e la nuova Point Of No Return, un brano rock, decisamente caratterizzato dal tipico Lynne sound, con una melodia estremamente orecchiabile. Un bel disco, anche se fondamentalmente inutile, che delizierà i fans e lascierà indifferenti tutti gli altri.

Ed ora veniamo a Long Wave, che come ho già detto presenta una serie di brani che Jeff ha amato particolarmente durante la sua giovinezza, arrivando come limite temporale fino alla fine degli anni ’50 (ecco dunque spiegata l’assenza di canzoni dei Beatles, vera fonte d’ispirazione in seguito per Lynne): diciamo subito che, a paragone con i dischi analoghi di Rod Stewart e Glenn Frey (che facevano alquanto calare le palpebre, e anche qualcos’altro…), Jeff non ha ripreso alla lettera le sonorità originarie, ma ha intelligentemente usato arrangiamenti più personali e moderni, usufruendo dei suoi abituali trucchi di studio (riverberi, wall of sound di chitarre acustiche, batteria molto pestata, cori in stile Beach Boys); se vogliamo fare però una critica (oltre all’eccessiva brevità del CD), in alcuni casi le interpretazioni suonano un po’ troppo superficiali, quasi che Jeff avesse una sorta di timore referenziale nei confronti dell’originale. Un fatto che, comunque, non rovina la godibilità del dischetto al quale, ripeto, avrei piuttosto aggiunto almeno un altro quarto d’ora di musica.

L’apertura è ottima con la splendida She, un classico assoluto di Charles Aznavour, che Jeff ripropone arrangiandola come un brano ELO al 100% (senza diavolerie elettroniche però), elettrificandola e riuscendo nella non facile impresa di farla sua.

Anche If I Loved You (di Rodgers & Hammerstein, tratta dal musical Carousel) prosegue sulla stessa falsariga: voce in primo piano, suoni semplici (piano, chitarra e batteria), e brano che si ascolta con piacere. In So Sad degli Everly Brothers Jeff canta proprio come Phil e Don, cioè doppiando sé stesso, inventandosi un accompagnamento acustico che ricorda le cose dei Wilburys; Mercy Mercy, un successo di Don Covay, è invece un gustoso errebi dal sapore sixties, che Lynne personalizza con i suoi tipici riverberi. E’ anche il primo singolo, ed è accompagnato da un divertente video nel quale Jeff esegue il brano accompagnato da tre suoi cloni (un’idea già sperimentata da McCartney nel video di Coming Up). (*NDB. La facevano anche gli Stones).

Misurarsi con Roy Orbison è sempre un rischio, ma Running Scared rientra nelle corde di Jeff, e la cover si può dire riuscita, anche se Lynne soffre un po’ il confronto vocale con Roy (ma va?); Bewitched, Bothered And Bewildered (di Rodgers & Hart) è l’unica del disco ad essere un tantino soporifera, mentre la nota Smile di Charlie Chaplin è una gran bella canzone, e Jeff le trasmette un po’ di sapore pop-rock che non guasta. La notissima At Last esce bene dal Jeff Lynne treatment, non differisce molto dall’originale di Etta James (tranne che per la voce, ovvio) e si segnala come una delle più riuscite dell’album; avevo paura prima di ascoltare Love Is A Many Splendoured Thing, il superclassico tratto dall’omonimo film diretto da Henry King, ma Jeff mi ha stupito con un arrangiamento dei suoi, bella voce e performance fluida.

Un po’ di rock’n’roll ci voleva: Let It Rock (Chuck Berry, of course) viene eseguita in maniera trascinante, anche se finisce proprio sul più bello; l’album si chiude con la splendida Beyond The Sea (originariamente La Mer di Charles Trenet, ma diventata un successo internazionale in inglese per mano di Bobby Darin), rifatta da Jeff in maniera molto vigorosa.

(N.D.M: nella versione giapponese del CD, che è quella in mio possesso – anche perché l’uscita mondiale del disco è intorno al 10 Ottobre – si trova un brano in più, e cioè Jody di Del Shannon, in origine sul lato B del singolo Runaway e, in effetti, del valore di un lato B).

Quindi un uno-due gradito (almeno a me) da parte di Lynne, un antipasto nell’attesa dei suoi progetti futuri, sperando che non faccia passare altri undici anni.

Marco Verdi

P.s. *NDB A noi del Blog (e a me che lo faccio) invece Jeff Lynne (non sempre) ci piace e quindi questi dischi, che mi sembrano assai piacevoli, a maggior ragione incontreranno il (mio) nostro favore!

Da Tucson A New Orleans! Calexico – Algiers

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Algiers – Calexico – City Slang 2012 – Deluxe Edition 2 CD

Torna la Band che meglio di chiunque altra, sul finire degli anni novanta (periodo in cui il rock cercava forme diverse di musica), ha saputo creare un sound roots-rock postmoderno, illustrato da lavori affascinanti come la pietra miliare The Black Light (98), l’intrigante Hot Rail (2000) e le splendide suggestioni di Feast of Wire (2003), certificato dal genio artistico di Joey Burns e John Convertino (la sezione ritmica dei Giant Sand). In seguito, l’uscita di In The Reins (2005) (un EP con Iron & Wine), ha rappresentato la svolta musicale del gruppo, e negli ultimi anni il suono ha  lasciato il posto ad un folk-rock sempre ben curato, ma con dischi non indispensabili come Garden Ruin (2006)  e Carried To Dust (2008).

Questo nuovo lavoro Algiers (è un quartiere francese di New Orleans) non si discosta dalla seconda parte di carriera dei Calexico, ma fortunatamente in queste dodici tracce, hanno assimilato in modo intelligente, quella musica magica, tipica della suggestiva capitale della Lousiana. Registrato negli studi del quartiere (The Living Room) e prodotto dagli stessi Burns e Convertino, il disco si avvale di una valida schiera di musicisti (18 per la precisione), fra cui spiccano nomi eccellenti quali Jacob Valenzuela, Martin Wenk, Paul Niehaus, Sergio Mendoza, il co-produttore Craig Schumacher e la dolce Pieta Brown (figlia d’arte) ai cori.

Ascoltando Algiers dall’inizio alla fine, si passa dall’iniziale Epic che ricorda il classico suono della band, proseguendo con il folk-rock di Splitter, l’affascinante post-rock di Sinner In The Sea  (che mi ricorda il compianto Willy Deville), la delicata ballata Fortune Teller con al controcanto Pieta, e poi ancora le armonie di Para, per chiudere la prima parte con lo strumentale Algiers , un brano latineggiante che rievoca atmosfere sudamericane. Si riparte con la classica ballata Maybe On Monday, seguita dalla spagnoleggiante Puerto, il minimale accompagnamento acustico di Better And Better,  l’intro messicano di No Te Vayas (cantata in spagnolo da Jacob Valenzuela) con trombe “mariachi” in sottofondo, l’accorata ballad intimista Hush, per chiudere in gloria con l’ambiziosa e commovente The Vanishing Mind, sicuramente la traccia più splendente del lavoro.

Ultimamente le Deluxe Editions riservano piacevoli sorprese, in questo caso il secondo dischetto dal titolo Spiritoso, cattura i Calexico in una performance dal vivo registrata con le Symphonic Orchestras di Vienna e Potsdam, con una scaletta che riporta in buona parte i brani di Algiers, ma con la strumentazione che viene arricchita dai violini, le immancabili trombe mariachi, cori a cascata che elevano ulteriormente il livello di un concerto intensamente lirico. Spendete qualche euro in più, assolutamente ne vale la pena, e per chi ancora non li conosce, farete conoscenza con una grande Band.

Tino Montanari

Altri Titoli “Futuri” Interessanti! Atlantic Soul Legends, Elvis Presley, Joni Mitchell, Amy Winehouse, Jethro Tull, Black Country Communion

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Proseguiamo con le segnalazioni di altre uscite interessanti in pubblicazione tra ottobre e novembre. La prima è imminente e quindi entrerebbe di diritto nella rubrica regolare delle uscite ma visto che si tratta di un cofanetto facciamo uno strappo!

Atlantic Soul Legends è un notevole cofanetto di ben 20 CD pubblicato dalla Rhino Records il prossimo 2 ottobre ad un prezzo super speciale, che dovrebbe oscillare tra i 50 e i 60 euro, e che contiene alcuni dei classici immancabili della storia della Soul Music, e di Stax ed Atlantic in particolare! Il problema è che, essendo classici, sono già usciti quasi tutti in precedenti versioni. Quasi, perché gli ultimi tre o quattro fanno la differenza, compreso il “mitico” album di Sam Dees. Quindi, come al solito, in molti casi, si ricomprerà, ma se li avete mancati al primo giro non fateci sfuggire nuovamentel’occasione perché si tratta di materiale di prima scelta, ovvero:

Disc 1 – Ray Charles – What’d I Say (1958)
Disc 2 – Booker T. & The M.G.s – Green Onions (1962)
Disc 3 – Ben E. King – Don’t Play That Song (1962)
Disc 4 – Solomon Burke – If You Need Me (1963)
Disc 5 – Rufus Thomas – Walking The Dog (1963)
Disc 6 – The Drifters – Under The Boardwalk (1964)
Disc 7 – Otis Redding – Otis Blue (1965)
Disc 8 – Wilson Pickett – In The Midnight Hour (1965)
Disc 9 – Don Covay & The Goodtimers – Mercy! (1965)
Disc 10 – Percy Sledge – When A Man Loves A Woman (1966)
Disc 11 – Sam & Dave – Hold On, I’m Comin’ (1966)
Disc 12 – Bar-Kays – Soul Finger (1967)
Disc 13 – Eddie Floyd – Knock On Wood (1967)
Disc 14 – Arthur Conley – Sweet Soul Music (1967)
Disc 15 – William Bell – The Soul Of A Bell (1967)
Disc 16 – Aretha Franklin – Lady Soul (1968)
Disc 17 – Donny Hathaway – Everything Is Everything (1970)
Disc 18 – Clarence Wheeler – Doin’ What We Wanna (1970)
Disc 19 – Howard Tate – Howard Tate (1972)
Disc 20 – Sam Dees – The Show Must Go On (1975)

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 Sempre della categoria, “questa faccia non mi è nuova”, per il 35° anniversario della morte di Elvis Presley (o per qualsiasi altro motivo, visto che la ricorrenza era ad agosto), escono queste due confezioni curate dalla Sony Bmg. Si tratta, in entrambi i casi, del famoso o dei famosi concerti al Madison Square Garden del 9, 10 e 11 giugno del 1972, quattro in tutto, uno si tenne anche il pomeriggio del 10 giugno. Dove sta il motivo di interesse di questo Prince From Another Planet As Recorded At Madison Square Garden? Sarebbe il DVD contenuto nella versione tripla: condizionale d’obbligo, perché il materiale video consiste di un filmato di 20 minuti, recentemente acquisito da un fan, registrato da un fan in 8mm e sul quale è stato sincronizzato l’audio originale. Il filmato di 12 minuti della conferenza stampa relativa al concerto del 9, girata ai tempi dalla NBC, più un mini documentario con nuove interviste, realizzate per l’occasione, con Lenny Kaye, James Burton, Glenn D.Hardin, Joe Guercio e Jerry Schilling. Oltre all’audio completo dei due concerti, peraltro già usciti in CD con il titolo As Recorded At Madison Square Garden il primo e An Afternoon in The Garden, il secondo, in CD nel 1997, però c’è la scritta “Il Principe Da Un Altro Pianeta. Se non volete il DVD c’è anche la versione in doppio CD, che vedete qui sopra.

Data di Uscita 13 Novembre.

Il filmato di Proud Mary, peraltro ottimo, è tratto da quel concerto, ma lo trovate su Elvis On Tour! 

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Il cofanetto di Joni Mitchell, quello da 4 CD+DVD, con materiale audio e video inedito, annunciato dalla Rhino, più volte rinviato e mai più pubblicato, per il momento ce lo scordiamo. Sempre la Rhino/Warner UK, pubblica il 30 ottobre, senza inediti, tutta la discografia del primo periodo, dischi dal vivo esclusi, come Joni Mitchell The Studio Albums 1968-1979, in quei cofanetti spartani, ma ben fatti, che hanno il pregio di avere un prezzo budget. Una domanda sorge spontanea (erano anni che non usavo il motto di Lubrano), ma saranno rimasterizzati? Ho dei dubbi, visto che la Mitchell è una delle poche il cui catalogo non ha mai subito un bel processo di rimasterizzazione, almeno in Europa, anche se molti CD riportano digitally mastered o addirittura HDCD, ma sono i soliti in circolazione da una vita (anni ’80). Vedremo, per ora il contenuto:

• Song To A Seagull (1968)
• Clouds (1969)
• Ladies of the Canyon (1970)
• Blue (1971)
• For The Roses (1972)
• Court and Spark (1974)
• The Hissing Of Summer Lawns (1975)
• Hejira (1976)
• Don Juan’s Reckless Daughter (1977)
• Mingus (1979)

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Questo sicuramente è stato rimasterizzato, come di consueto da Steven Wilson, ma confezione a parte non c’è nulla di nuovo a livello contenuti. Si tratta della versione CD+DVD(A) di Thick As A Brick dei Jethro Tull per il 40° anniversario. Il CD è il Steven Wilson Remix, mentre il DVD ha la versione in 5.1. Nella confezione anche un libro di 104 pagine con copertina rigida. Per essere sinceri un inedito c’è, il jingle radiofonico promozionale del 1972. Nuova data di edizione, dopo vari spostamenti, il 6 novembre per la EMI.

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Il 13 novembre (non credete alle liste che riportano il 15 ottobre), uscirà per la Universal/Island questo interessantissimo Box quadruplo dedicato a Amy Winehouse, intitolato At The BBC. Si tratta di 3 DVD e 1 CD e il contenuto è in gran parte inedito, questa la tracklist:

DISC ONE (DVD) A Tribute To Amy Winehouse by Jools Holland

  1. STRONGER THAN ME
  2. TAKE THE BOX
  3. TEACH ME TONIGHT feat. Jools Holland
  4. REHAB
  5. TENDERLY feat. Jools Holland
  6. TEARS DRY ON THEIR OWN
  7. MONKEY MAN feat. Jools Holland
  8. I HEARD IT THROUGH THE GRAPEVINE feat. Paul Weller and Jools Holland
  9. DON’T GO TO STRANGERS feat. Paul Weller and Jools Holland
  10. LOVE IS A LOSING GAME

DISC TWO (CD) The BBC Sessions

  1. KNOW YOU NOW (Leicester Summer Sundae 2004)
  2. FUCK ME PUMPS (T In The Park 2004)
  3. IN MY BED (T In The Park 2004)
  4. OCTOBER SONG (T In The Park 2004)
  5. REHAB (Pete Mitchell 2006)
  6. YOU KNOW I’M NO GOOD (Jo Whiley Live Lounge 2007)
  7. JUST FRIENDS (Big Band Special 2009)
  8. LOVE IS A LOSING GAME (Jools Holland 2009)
  9. TEARS DRY ON THEIR OWN (Jo Whiley Live Lounge 2007)
  10. BEST FRIENDS, RIGHT? (Leicester Summer Sundae 2004)
  11. I SHOULD CARE (The Stables 2004)
  12. LULLABY OF BIRDLAND (The Stables 2004)
  13. VALERIE (Jo Whiley Live Lounge 2007)
  14. TO KNOW HIM IS TO LOVE HIM (Pete Mitchell 2006)

DISC THREE (DVD) Amy Winehouse- BBC One Sessions Live at Porchester Hall

  1. KNOW YOU NOW
  2. TEARS DRY ON THEIR OWN
  3. YOU KNOW I’M NO GOOD
  4. JUST FRIENDS
  5. HE CAN ONLY HOLD HER
  6. I HEARD LOVE IS BLIND
  7. REHAB
  8. TAKE THE BOX
  9. SOME UNHOLY WAR
  10. BACK TO BLACK
  11. VALERIE
  12. ADDICTED
  13. ME & MR JONES
  14. MONKEY MAN

DISC FOUR (DVD) Arena: Amy Winehouse- The Day She Came To Dingle* Documentary featuring live performances of:

  1. TEARS DRY ON THEIR OWN
  2. YOU KNOW I’M NO GOOD
  3. LOVE IS A LOSING GAME
  4. BACK TO BLACK
  5. REHAB
  6. ME & MR JONES

Tra l’altro dovrebbe avere anche un prezzo molto interessante compreso tra i 30 e i 40 euro.

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Vi avevo detto recentemente che doveva uscire un nuovo Joe Bonamassa Unplugged? Ebbene, non è vero, ho mentito, invece uscità il 30 ottobre per la Mascot/Provogue/Edel un nuovo Black Country Communion, il terzo e ultimo della loro carriera, a sentire quello che ha dichiarato Bonamassa. Il titolo è Afterglow e ne dovrebbe uscire una Special Edition con DVD allegato di cui non conosco ancora il contenuto.

Anche per oggi è tutto.

Bruno Conti

Una Piacevole (Ri)Scoperta. Mike Ryan – Night Comes Falling

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Mike Ryan – Night Comes Falling – Smith Music 2012

La settimana scorsa, cercando altro nel disordine dei miei CD (sono più di 10.000 purtroppo, o per fortuna), mi ritrovo tra le mani l’esordio di tale Mike Ryan Six Feet Over del lontano ’98, e incuriosito lo metto nel lettore, e il positivo ascolto mi porta a consultare i siti internet per ulteriori informazioni. La breve ricerca certifica che il “nostro” nel periodo seguente ha prodotto pochino (la sua discografia è  sempre stata piuttosto scarna), in quanto ha pubblicato solamente due EP The First One e Just Takes Time del 2010, prima di questo Night Comes Falling. Ryan arriva da Minneapolis e oltre a cantare, suona la chitarra elettrica ed acustica, mentre i suoi “partner” sono Rodney Pyeatt alle chitarre, Jeremy Bryant alla batteria, Stephen Cargill al basso, Clark Erickson al piano, Roger Ray alla pedal-steel, e il bravo Jeremy Watkins al violino, per un “sound” sullo stile di Mellencamp, con un orecchio verso la musica delle radici e l’altro nei confronti del rock stradaiolo.

Undici canzoni, quaranta minuti di musica: inizio potente con The Cold One, figlia del Boss e di John il “coguaro”, 57 Songs andamento classico e tempo incalzante. Dance With an Angel è una ballatona elettrica cantata con passione, mentre con Baby Blue Jeans si viaggia dalle parti del country blues. Si prosegue con Should I dalla melodia gradevole, dal suono sempre elettrico ma non duro, mentre un inizio di violino introduce Prettiest Girl at The Dance, un brano che lascia fluire la pedal steel, con una ritmica sempre presente. Con My Heartbreak si ritorna alla ballata di sapore roots, una composizione, acustica nella parte iniziale, che poi si apre con una melodia di ampio respiro, seguita da una Little Too Long dal ritmo funky. Holding On ha un intro vocale pieno di nostalgia, poi il brano si distende e lascia spazio agli strumenti, e Mike ci regala una di quelle ballate spesse e profonde, che solo un musicista vero è in grado di scrivere, mentre Night Comes Falling sembra uscita dai primi dischi dei Dire Straits, con le chitarre in spolvero per un suono cristallino. Chiude Only All the Time, canzone nostalgica, che parla di una storia d’amore finita male, una di quelle ballate d’altri tempi, con il violino di Watkins ad accompagnare il sofferto canto di Ryan.

Dischi come questo escono sempre più raramente, e Mike Ryan è un “rocker” degno successore, oltre che dei sopra citati maestri (Springsteen e Mellencamp), di gente come Steve Earle, Jack Ingram, Todd Snider e personcine meno famose che seguivo ai tempi, come Martin Zellar , Jason Reed e Joe D’Urso. Se amate il genere date un ascolto al buon Ryan, forse avrete solo il rimpianto di non averlo scoperto prima.

Tino Montanari

Tre Pere E Palla Al Centro! Dwight Yoakam – 3 Pears

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Dwight Yoakam – 3 Pears – Warner Nashville

Come già scritto da Bruno tempo fa in uno dei suoi post in cui annuncia le uscite future, in Italia il termine “3 pere” ha connotati calcistici, di solito irrisori nei confronti della squadra che ha subito la sconfitta incassando, appunto, tre reti (e meno male che le pere non erano due, se no si finiva a parlare di anatomia femminile…).

Titolo un po’ idiota a parte (e digiamolo, direbbe La Russa), e copertina perfettamente in linea…pure, sono molto contento di avere finalmente tra le mani il nuovo disco di Dwight Yoakam, sicuramente il miglior countryman degli ultimi 25 anni, a ben un lustro di distanza dalla sua precedente fatica, Dwight Sings Buck, composto però totalmente di covers del suo idolo Buck Owens: per avere un disco di brani originali, bisogna infatti risalire al 2005, quando uscì il discreto Blame The Vain, che precedeva a sua volta di due anni quel Population Me che è il preferito in assoluto del sottoscritto (assieme a Buenas Noches From A Lonely Room, If There Was A Way e This Time.

La cosa che mi fa più piacere è notare che Dwight non ha perso un’oncia del suo smalto: 3 Pears è un signor disco, suonato alla grande, cantato ancora meglio (ma la voce di Yoakam non la scopriamo oggi) e prodotto con grande pulizia e professionalità da Dwight stesso (da circa dieci anni infatti il nostro ha rinunciato alla collaborazione di Pete Anderson, e di conseguenza ha anche dovuto imparare a suonare meglio la chitarra, avvalendosi solo saltuariamente di contributi esterni, in questo disco Eddie Perez in pochi brani). In un paio di pezzi Dwight si è addirittura rivolto al reuccio del pop alternativo Beck (grande appassionato di country comunque), ma se la cosa non fosse specificata nelle note del booklet non ci si accorgerebbe neppure della differenza.

Dwight non cambia infatti di una virgola il suo suono, anche se rispetto ai primi dischi l’elemento honky-tonk è praticamente sparito: ormai Yoakam è un musicista completo, che trascende il genere country, ed i suoi brani sono una miscela vincente di rock, pop, rock’n’roll (come? Sì certo, anche country…), suonati con grinta da vero rocker e cantati con la gran voce che tutti conosciamo. Un ottimo album, dunque, che ci restituisce un artista in perfetta forma, cosa che non era scontata, specie alla luce degli anni di assenza e del fatto che Blame The Vain fosse un piccolo passo indietro rispetto a Population Me.

Il disco parte alla grande con la splendida Take Hold Of My Hand, un brano scintillante tra country e rock californiano, dal sapore anni ’60 (quasi una costante per lui) e strumentazione limpida: un inizio perfetto. Ancora atmosfere d’altri tempi con Waterfall, un lentaccio senza però momenti troppo languidi (anzi, le chitarre sono elettriche e la batteria pesta di brutto); Dim Lights, Thick Smoke è l’unica cover del disco (il classico per antonomasia di Joe Maphis, poi ripreso da decine di artisti, dai Flying Burrito Brothers a Marty Stuart), nel quale Dwight rocca e rolla di brutto: gran ritmo, voce pure, sembrano i Blasters dei bei tempi.

Trying, introdotta da un organo malandrino, è una ballata che avrebbe fatto gola anche a Roy Orbison, Dwight canta come sa e la band lo segue come un rullo; l’attacco elettrico di Nothing But Love è degno di Tom Petty, di country c’è poco, Dwight arrota che è un piacere e dimostra di essere molto migliorato nell’uso della sei corde; It’s Never Alright, pianistica e dai toni quasi gospel, è un lento da taglio delle vene, un’altra delle specialità della casa: strumentazione molto classica (i fiati sono la ciliegina sulla torta) e Yoakam che canta, indovinate?…benissimo!!!

A Heart Like Mine è il primo dei due brani prodotti da Beck, una rock song con accenni pop quasi beatlesiani (e forse qui si vede la mano del produttore), una deviazione piacevole e perfettamente in linea con il resto; Long Way To Go è puro country rock, arioso, fresco, limpido, un tipo di canzone che riesce facile al cappelluto Dwight (con due “p”, dato che se si toglie lo Stetson la fronte è spaziosa alquanto). Missing Heart (ancora con Beck) è una ballata molto classica, quasi crepuscolare, direi influenzata da Gram Parsons, con un ottimo intervento di steel guitar; 3 Pears (titolo ancor più strano dal momento che nel testo Dwight dice “3 pairs”, tre paia, e non tre pere) è ancora rock, pulito e fluido, con la batteria che picchia più che mai.Chiudono il disco la bellissima Rock It All Away, ancora puro rock dal riff granitico (almeno per un disco che trovate negli scaffali del country), anch’essa figlia di Petty e Springsteen, e la ripresa per voce e piano, decisamente toccante, di Long Way To Go, quasi un’altra canzone rispetto alla versione full band.

La battuta è troppo facile: Dwight Yoakam segna tre pere e porta a casa il risultato pieno…ma alla fine è proprio così!    

Bentornato.

Marco Verdi

Il Solito “Rito” Delle Uscite Future. Neil Young, Graham Parker, Doors, Paul McCartney, Rolling Stones

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Come al solito, periodicamente, un breve giro su alcune delle prossime, ma future, uscite più interessanti. In attesa di ulteriori notizie sulle tracklist e sui formati definitivi di Grrr dei Rolling Stones e di Celebration Day dei Led Zeppelin ed in attesa, a metà ottobre, di un bel box sestuplo dal vivo dei Gov’t Mule, Georgia Bootleg Box, cominciamo col dire che il “famoso” Psychedelic Pill di Neil Young & Crazy Horse ha acquisito una nuova e definitiva data per il 30 ottobre, su Reprise/Warner. Questa la lista dei brani:

CD 1
1. Driftin Back
2. Psychedelic Pill
3. Ramada Inn
4. Born In Ontario

CD 2
1. Twisted Road
2. She’s Always Dancing
3. For The Love Of Man
4. Walk Like A Giant

Bonus Track:
5. Psychedelic Pill (Alternate Mix)

Solo nove, dirà qualcuno! Ma se la riprongo anche con i tempi dei brani?

Track list:

Disc One:
1) Driftin’ Back (27:36)
2) Psychedelic Pill (3:26)
3) Ramada Inn (16:49)
4) Born in Ontario (3:49)

Disc Two:
1) Twisted Road (3:28)
2) She’s Always Dancing (8:33)
3) For the Love of Man (4:13)
4) Walk Like a Giant (16:27)
Bonus Track:
5) Psychedelic Pill (Alternate Mix)

Tutto assume un senso, due pezzi da oltre 16 minuti e uno da 27 minuti per il secondo disco nuovo di Neil Young quest’anno, che nel corso del tour americano della scorsa estate ha un po’ snobbato Americana suonando molti brani del nuovo album non ancora uscito.

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Contrariamente a quanto si potrebbe pensare vedendo la foto di copertina non è il nuovo disco dei Rockets riuniti, come si potrebbe arguire dalle pelate, ma quello di una reunion ben più attesa, Graham Parker and The Rumour, Three Chords Good, dopo 31 anni di nuovo insieme, e come canta Graham in uno dei brani, Coathangers. con il suo noto humor nero britannico: “Let’s go back to a time in a prehistory,”. Etichetta Primary Wave, data di uscita, 20 novembre. Niente lista dei titoli, per il momento.

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Si poteva pensare che passasse un anno senza un “nuovo disco” dei Doors? Certo che no e allora in anticipo sul prossimo Natale esce, il 23 ottobre, in vari formati, questo Live At The Bowl ’68, Eagle Rock Enternaiment. Però si tratta della edizione definitiva! CD, DVD e Blu-ray a scelta, con gli ultimi due formati che rispetto alla versione audio basica, aggiungono ” Over an hour of new bonus material including Echoes From The Bowl, The Doors route to the Hollywood Bowl, You Had To Be There, memories of The Doors performance at the Bowl, Reworking The Doors, an in-depth look at how the film was restored, and three bonus performances: Wild Child from The Smothers Brothers Show in 1968, Light My Fire from The Jonathan Winters Show in Dec 1967 and a version of Van Morrison’s Gloria with specially created visuals.” Mentre il contenuto audio è il seguente:

1) Show Start / Intro 2) When The Music s Over 3) Alabama Song / Whiskey Bar 4) Back Door Man 5) Five To One 6) Back Door Man (reprise) 7) The WASP (Texas Radio And The Big Beat) (previously unreleased) 8) Hello, I Love You (previously unreleased) 9) Moonlight Drive 10) Horse Lattitudes 11) A Little Game 12) The Hill Dwellers 13) Spanish Caravan 14) Hey, What Would You Guys Like To Hear? 15) Wake Up! 16) Light My Fire 17) Light My Fire (segue) 18) The Unknown Soldier 19) The End (segue) 20) The End

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Sempre parlando di video (o Blu-ray) esce anche Live Kisses di Paul McCartney. Sempre Eagle Rock. 120 minuti, è la registrazione dello spettacolo registrato ai Capitol Studios di Hollywood in occasione della presentazione dell’ultimo album di McCartney, Kisses On The Bottom. La band è quella con Diana Krall al pianoforte e oltre ai tredici brani ci sono i soliti extra: 1) I m Gonna Sit Right Down And Write Myself A Letter 2) Home (When Shadows Fall) 3) It s Only A Paper Moon 4) The Glory Of Love 5) More I Cannot Wish You 6) We Three (My Echo, My Shadow And Me) 7) Ac-Cent-Tchu-Ate The Positive 8) My Valentine 9) Always 10) My Very Good Friend The Milkman 11) Bye Bye Blackbird 12) Get Yourself Another Fool 13) My One And Only Love.

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Questa invece mi sembra una sorpresa degna di nota e assai più interessante del Greatest Hits con due miseri brani nuovi. Per l’occasione è stato restaurato il famoso filmato del 1965 Charlie Is My Darling dei Rolling Stones, che segue il gruppo nei due giorni passati in Irlanda, tra Belfast e Dublino, il 3 e 4 settembre di quell’anno. Mostrato ad alcuni cinema e teatri e al Festival di Mannheim nel 1966, il documentario di 50 minuti era poi scomparso nel buco nero dei problemi legali con Allen Klein e la sua ABKCO. Ora che “purtroppo” Klein ci ha lasciati, il 6 novembre uscirà in una versione restaurata ed ampliata a 65 minuti per la ABKCO Films. Oltre al DVD e al Blu-Ray ne dovrebbe uscire anche una Super Deluxe Box Set Edition quintupla. Appena ne so di più vi aggiorno. Mentre, al momento. sembrano essersi perse le tracce dell’altro documentario sugli Stones, Crossfire Hurricane.

Per oggi vi lascio, nei prossimi giorni altre anticipazioni sulle uscite.

Bruno Conti

Zappa Terza Emissione. Ecco i Nuovi Dodici Titoli!

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Questa è la terza emissione da parte della Universal delle ristampe del catalogo di Frank Zappa, in uscita il 25 settembre in UK, Europa e States, una settimana dopo da noi in Italia, il 2 ottobre. Per onestà c’è da dire che però, per esempio in Inghilterra, escono insieme alla seconda emissione di agosto che da loro non era ancora uscita.

In ordine cronologico:

“Orchestral Favorites” (‘79)

“Joe’s Garage” (’79) 2 CD

“Tinseltown Rebellion” (’81)

“Shut Up ‘N Play yer Guitar” (’82) 2 CD

“You Are What You Is” (’82)

“Ship Arriving Too Late To Save A Drowning Witch” (’82)

“The Man from Utopia” (’83)

“Baby Snakes” (’83)

“London Symphony Orchestra Vols. 1 & 2” (’83) 2 CD

“The Perfect Stranger” (’84)

“Them Or Us” (’84) 2 CD

 “Thing Fish” (’84)

Questa volta la famiglia Zappa ha un po’ “ciurlato nel manico” con la cronologia e il formato dei CD. Joe’s Garage era uscito in due parti, Act I e Acts II & III, ma in effetti nel 1979 i CD non c’erano ancora. Idem per Shut Up ‘N Play Yer Guitar, che era uscito addirittura diviso in tre parti, con i due seguiti, Shut Up ‘N Play Yer Guitar Some More e The Return Of The Son Of Shut Up ‘N Play Yer Guitar pubblicati in origine in vinile nel 1981 e poi riuniti on un triplo LP nel 1982 e in un doppio CD nel 1986. Anche You Are What You Is è del 1981 e poi in CD nel 1990. La famosa copertina di Tanino Liberatore di The Man From Utopia del 1983 fa riferimento al concerto tenuto in Italia vicino al laghetto di Redecesio nell’estate dell’anno prima: non so se voi c’eravate, ma io sì e vi posso assicurare che le zanzare erano veramente così grosse. Una situazione (quelle delle zanzare) che è stata emulata in anni recenti solo dai concerti tenuti in quel di Vigevano, quasi tutti, indistintamente (questo a livello entomologico).

Anche London Symphony Orchestra era uscito in due parti divise, la prima pubblicata nel 1983, la seconda addirittura nel 1987, con la London Symphony Orchestra diretta da Kent Nagano. Il titolo completo di Perfect Stranger sarebbe Boulez Conducts Zappa: The Perfect Stranger. Come vedete ai tempi Zappa pubblicava pochissimo materiale, “solo” 14 dischi in 5 anni, tra il 1979 e il 1984 (se non vi tornano i conti, due erano nella precedente emissiome) e moltissimi in vinile era doppi o tripli. Roba che neanche James Brown ai tempi d’oro…

Per Zappa ci risentiamo alla fine del prossimo mese per la quarta emissione.

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte II. Hidalgo, Nanji & Dickinson, Mark Eitzel, Larry Graham, Paul Carrack, Lucy Kaplansky, Shemekia Copeland, Pete Seeger, Preservation Hall Jazz Band, Jon Lord, Deacon Blue, Lee Ritenour Eccetera

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Siamo arrivati all’ultima settimana di settembre e il piatto delle uscite del 25 settembre è ricchissimo, per cui partiamo.

Il primo CD ha due copertine diverse (scritte blu e sfondo rosso per l’edizione americana su Blues Bureau Int’l e scritte gialle su sfondo nero per la Provogue in Europa), ma i tre teschi, 3 Skulls & The Truth, sono gli stessi e la musica contenuta pure. Si tratta di una collaborazione una tantum tra David Hidalgo dei Los Lobos, Mato Nanji degli Indigenous e Luther Dickinson dei North Mississippi Allstars (e Black Crowes). I tre si sono conosciuti durante l’Experience Hendrix Tour e hanno deciso di registrare insieme materiale scritto appositamente per l’occasione, produce Mike Varney e il sound si potrebbe definire southern-boogie-rock-blues, con tante chitarre, ma tante!

A proposito di chitarre, Joe Bonamassa, in attesa di pubblicare un nuovo album unplugged, edita anche in versione doppio CD, il famoso concerto al Beacon Theatre dello scorso anno. Per chi non ama i DVD, e stranamente sono in tanti, la Provogue vi dà l’occasione di ascoltarlo anche in dischetti audio: ho letto commenti non lusinghieri sulla qualità del suono di questa versione.

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Breve sezione dedicata alla musica nera.

Se amate il funky anni ’70, con bassi slappati (e Larry Graham, in qualità di primo bassista di Sly Stone si dice abbia inventato questa tecnica), chitarre con wah-wah, voci in falsetto e tutti gli ingredienti del genere che impazzano, potreste apprezzare questo Raise Up attribuito a Larry Graham & Graham Central Station e pubblicato dalla Razor And Tie. Indicato anche per gli amanti di Prince in crisi di astinenza, visto che il musicista di Minneapolis appare in tre brani, mentre Raphael Saadiq ne canta uno.

Shemekia Copeland è sicuramente tra le blueswomen di maggior talento (e voce, nonché peso) nelle ultime generazioni. Figlia del grande Johnny Copeland (di cui interpreta un brano in questo album), dopo una serie di quattro dischi per la Alligator, da un paio di CD è approdata alla Telarc (Concord in Europa) e questo 33 1/3 è un omaggio ai vecchi vinili. Non ricordo titoli di CD che ricordano la “ragione sociale” dei vecchi LP e comunque non è fondamentale saperlo, Produce Olivier Wood, il chitarrista dei Wood Brothers e tra i musicisti coinvolti ci sono Buddy Guy, JJ Grey, di cui viene interpretato un brano, oltre a canzoni scritte da Sam Cooke, Ain’t That Good News, e una bella versione di I’ll Be Your Baby Tonight di Bob Dylan. Quindi voce strepitosa e ottima musica, se amate il genere, blues tinto di soul, non occorre aggiungere altro.

Il terzo disco ha solo una metà “nera”, quella di Merle Saunders, grande tastierista, mentre il suo pard è Jerry Garcia. Sarebbe tutto fantastico se queste registrazioni non fossero già uscite in 50 edizioni. Ma questa volta abbiamo Keystone Companions: The Complete 1973 Fantasy Recordings, un cofanetto di 4 CD pubblicato, ovviamente, dalla Fantasy. Si tratta dei famosi concerti tenuti a Berkeley in California il 10 e 11 luglio del 1973 (sempre quelli), ma questa volta al materiale che era già uscito in precedenza in due volumi, sono stati aggiunti 7 brani, distribuiti nei vari dischetti, per un totale di circa 70 minuti. Ma come mi capita di dire spesso: non era meglio un bel CD singolo, come terzo volume della serie?

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Sezione ristampe ed “antichita”!

Parlando di cofanetti quadrupli esce queste notevole box dedicato ai 50 anni di attività della Preservation Hall Jazz Band, The 50th Anniversary Collection, pubblicato dalla Sony Legacy ripercorre in 58 brani tutta la luminosa carriera di questo glorioso gruppo di New Orleans, questo il contenuto:

Disc: 1
1. Band Introduction
2. Eh La Bas
3. Oh Didn’t He Ramble (Voice)
4. I Get The Blues When It Rains
5. St. James Infirmary (King Britt Remix)
6. Ice Cream
7. In The Evening (When The Sun Goes Down)
8. Down By the Riverside
9. Corinna, Corinna Preservation
10. I’m Alone Because I Love You
11. El Manicero
12. Do Lord (Voice)
13. St. James Infirmary
14. Just A Little While To Stay Here (Instrumental)
15. Complicated Life
16. We Shall Overcome
Disc: 2
1. His Eye Is On The Sparrow
2. Shake It and Break it
3. Nellie Grey
4. When The Saints Go Marchin’ In (Voice)
5. Little Liza Jane
6. You Don’t Love Me (Voice)
7. In the Sweet Bye and Bye
8. I’ll Fly Away
9. That Bucket’s Got A Hole In It
10. Love Song Of The Nile
11. Blue Yodel #9
12. Shine
13. Burgundy Street Blues
14. I Want A Little Girl
15. Chimes Blues
Disc: 3
1. Whenever You’re Lonesome
2. Lord, Lord, Lord, You Sure Been Good to Me (Voice)
3. Sing On (Instrumental)
4. Joe Avery (Instrumental)
5. Louisiana Fairytale
6. Shake That Thing
7. Short Dressed Gal
8. Freight Train Moanin’ Blues
9. Over In The Gloryland
10. A Good Man Is Hard To Find
11. Nobody Knows the Way I Feel This Morning
12. I Ain’t Got Nobody (Voice)
13. Amen (Instrumental)
Disc: 4
1. Tootie Ma Is A Big Fine Thing
2. Bourbon Street Parade (Voice)
3. I’m Confessin’ (That I Love You)
4. Le Petit Fleur
5. One More ‘Fore I Die
6. Shake It and Break It (Voice)
7. C.C. Rider
8. That’s A Plenty
9. Westlawn Dirge
10. Who Threw The Whiskey In The Well
11. Peanut Vendor
12. Trouble In Mind
13. A Good Gal Is Hard To Find (A Good Man Is Hard To Find)
14. Precious Lord

Ci sono anche molti duetti tratti dai loro album: Richie Havens, Andrew Bird, Tom Waits, Yim Yames, Del Mccoury e Pete Seeger.

Proprio di Pete Seeger, che ha da poco compiuto raggiunto la ragguardevole cifra dei 93 anni, ma non demorde, escono due nuovi album, entrambi per la Appleseed Recordings: uno è doppio, si chiama Pete Remembers Woody, ed è il tributo al centenario di Woody Guthrie, conosciuto nel lontano 1940 (e di cui appare un brano, proprio di quell’anno).

L’altro disco, registrato in coppia con Lorre Wyatt, si intitola A More Perfect Union, e vede tra i musicisto coinvolti, Bruce Springsteen, Tom Morello, Steve Earle, Emmylou Harris e Dar Williams (in due brani). Quindi non solo per fans di Seeger.

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Per la serie tributi, autotributi e celebrazioni (soprattutto reparto Deep Purple), ecco a voi…

L’album di Jon Lord Concerto For Group And Orchestra era già previsto in uscita per questo periodo. La scomparsa del musicista inglese lo rende una sorta di tributo postumo. Essendo stato registrato in studio, la versione CD+DVD, contiene nel DVD audio solo la versione 5.1 del disco. Questa ennesima versione vede la partecipazione dei seguenti musicisti:

Jon Lord – Hammond organ
Joe Bonamassa – guitar
Steve Morse – guitar
Darin Vasilev – guitar
Bruce Dickinson – vocals
Steve Balsamo – vocals
Kasia Laska – vocals
Guy Pratt – bass
Brett Morgan – drums

Royal Liverpool Symphony Orchestra
conducted by Paul Mann

Distribuisce la Ear Music/Edel.

Stessa casa, ma su etichetta Eagle Rock, per Re-Machined: A Tribute To Deep Purple’s Machine Head. Non preoccupatevi. il 9 ottobre esce anche il cofanetto quintuplo per il 40° anniversario della versione originale dei Deep Purple, ma ne parliamo nelle prossime settimane, per il momento:

1. Smoke On The Water – Carlos Santana & Jacoby Shaddix
2. Highway Star – Chickenfoot
3. Maybe I’m A Leo – Glenn Hughes & Chad Smith
4. Pictures Of Home – Black Label Society
5. Never Before – Kings Of Chaos: Joe Elliott, Steve Stevens, Duff McKagan, Matt Sorum
6. Smoke On The Water – Flaming Lips
7. Lazy – Jimmy Barnes with Joe Bonamassa
8. Space Truckin – Iron Maiden
9. When A Blind Man Cries – Metallica

Quello di Lee Ritenour più che un tributo è omaggio alle sezioni ritmiche: si chiama appunto Rhythm Sessions, viene pubblicato dalla Concord e i musicisti coinvolti, sezioni ritmiche e non, tra gli altri, sono Chick Corea, George Duke, Stanley Clarke, Marcus Miller, Dave Grusin, Christian McBride Dave Weckl, Vinnie Colaiuta, Sonny Emory, Melvin Davis, Larry Goldings, Patrice Rushen, Oscar Seaton, Peter Erskine, Alan Pasqua, Wil Kennedy, Tal Wilkenfeld, più i cantanti Kurt Elling e dal Sud Africa Zamajobe. Come vedete, i primi che passavano per strada.

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Per la serie a volte ritornano, un paio dall’Inghilterra e uno dagli States.

Dopo l’esperimento di reunion parziale come McIntoshRoss con il piacevolissimo The Great Lakes del 2009, per l’occasione abbiamo l’articolo originale, ovvero i Deacon Blue, The Hipsters è il primo album del gruppo da 11 anni a questa parte. E sono passati 25 anni dal primo Raintown. Tra l’altro, proprio quest’anno (lo so non ne ho parlato, ma qualcosa sfugge sempre) la Edsel ha ripubblicato tutti i vecchi CD in versione Deluxe. Anche il nuovo esce per la Edsel.

Altra “vecchia gloria”, Paul Carrack, ma lui continua a fare dischi nuovi con regolarità, ogni paio di anni. Il nuovo si chiama Good Feeling, esce distribuito in proprio, e tra i brani ci sono cover di Springsteen, Goffin-King, Nick Lowe, oltre ad un omaggio a Ray Charles e un brano scritto con l’ex Squeeze, Chris Difford. La voce è sempre molto piacevole e lui fa sempre della musica pop di buona qualità.

Dagli States Mark Eitzel. Questo disco doveva uscire sotto la sigla American Music Club, ma in seguito ad un infarto subito da Eitzel è stato rinviato più volte. Ora esce come disco solista per la Decor/Merge, si chiama Don’t Be A Stranger e secondo chi lo ha sentito è uno dei suoi migliori album in assoluto. Partecipano, l’inseparabile Vudi alla chitarra, Pete Thomas degli Attractions alla batteria e una intera sezione archi. Sentiremo!

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E per finire, dal country(bluegrass) al folk.

Prima di tutto, il nuovo Ricky Skaggs, Music To My Ears, ho perso un po’ il conto delle uscite, ma dovremmo essere intorno alla ventina. Non ha nessuna intenzione di appendere il mandolino al chiodo considerando che ha “solo” 58 anni e da parecchio i suoi dischi se li pubblica da solo su Skaggs Family. Se vi piacciono country, bluegrass e musica tradizionale in genere qui è difficile prendere delle fregature.

Reunion è il settimo album per la Red House della rinomata folksinger americana Lucy Kaplansky (che al sottoscritto, come moltissime altre cose peraltro, piace parecchio). Non ero a conoscenza di separazioni per cui direi che il titolo è solo quello di un brano dedicato alla nonna e del suo viaggio dalla Polonia al Canada agli inizi del secolo scorso. Ci sono altri brani scritti da Lucy con l’abituale collaboratore Richard Litvin, oltre a cover della collega Eliza Gilkyson, del “collega” Woody Guthrie, di Amy Correia e dei Beatles. Per gli amanti delle cantautrici, una certezza.

La famiglia Waterson è veramente tentacolare. Marry Waterson e Oliver Knight, sorella e fratello, sono i figli di Lal Waterson, nonchè collegati alla cugina Eliza Carthy e allo zio Martin Carthy, che appaiono nel disco. CD che si chiama Hidden, è il secondo che pubblicano, esce per One Little Indian, ed è il classico folk britannico elettroacustico che ci si può aspettare dai membri di questa famiglia, con lei in possesso della classica bella voce e lui che suona la chitarra elettrica ed acustica e firma i brani con la sorella. Altro che Dynasty!

Anche per questa volta, That’s All Folks. Magari, a parte, vi ragguaglio, sui nuovi 12 titoli delle ristampe di Zappa.

Bruno Conti

Pop In Excelsis Deo! Avett Brothers – The Carpenter

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Avett Brothers – The Carpenter – American Recordings/Universal

La breve premessa è che in questo giorni ho ascoltato molto questo The Carpenter degli Avett Brothers, godendo come un riccio. Il CD è in heavy rotation sul mio lettore in alternativa con Babel dei Mumford and Sons, al quale per il momento, lo preferisco per una breve incollatura (ma i giudizi nel tempo potrebbero cambiare). E quindi ve lo consiglio, e qui potrebbe finire il giudizio critico, per chi ha poco tempo per leggere.

Se avete pazienza vorrei esporvi una mia breve teoria. Gli Avett Brothers, secondo me, sono l’ultimo gruppo in una lunga teoria che prende l’abbrivio a fine anni ’60, primi ’70 con Nitty Gritty Dirt Band e Poco (ma anche i Dillards), per passare attraverso i canadesi Blue Rodeo negli anni’80 e i Jayhawks negli anni ’90 (tutti ancora in attività), che partendo da una base country, chi più chi meno, ha saputo fonderla con una attitudine pop, nel senso più nobile del termine, belle canzoni, armonie vocali, arrangiamenti sempre diversi, praticamente i Beatles, per creare questo ibrido che nel corso delle decadi si è chiamato di volta in volta, country-rock, Americana, alternative country, insurgent country, roots music, nelle sue varie declinazioni, ma che in fondo è l’arte, partendo da un banjo, una chitarra acustica o un mandolino, di creare una bella canzone pop.

Gli Avett Brothers sono uno dei gruppi più versati in questa diificile alchimia. Dagli esordi acustici dei primi anni 2000, quando erano solo i due fratelli Scott e Seth Avett, con il contrabbassista Bob Crawford, e il primo CD del 2002, profeticamente, si chiamava Country Was, da allora hanno fatto parecchia strada, dalla piccola Ramseur sono approdati alla American Recordings di Rick Rubin, che li ha portati dalla Sony all’attuale distributore Universal. Hanno raggiunto il 16° posto delle classifiche di Billboard con il precedente album I And Love And You, il primo prodotto dal “barbudo” e ora con questo The Carpenter, settimo disco in studio, oltre a una sequela di live ed EP, in un mondo alternativo in cui le classifiche sono “serie” e di solito non esistono, ma nel momento in cui scrivo è realtà, debuttano al 4° posto della classifica americana, nella stessa settimana in cui Dave Matthews è 1°, i Little Big Town (un discreto gruppo country) sono secondi, Bob Dylan è 3° con Tempest, e il trio alternativo degli xx e quello non molto alternativo degli ZZ Top, li seguono al 5° e 6° posto. Cose da non credersi! 

Ma torniamo ai nostri amici. I fratelli Avett hanno un raro dono, quello di saper scrivere belle canzoni, aiutati dal fido Crawford, dal violoncellista Joe Kwon, dal batterista Jacob Edwards e da un gruppo di amici tra cui spiccano Lenny Castro che suona le percussioni in tutto l’album, Benmont Tench che suona le tastiere in ben otto brani, Chad Smith dei Red Hot Chili Peppers alla batteria in tre brani, gli ottimi Doug Wamble e Blake Mills alle chitarre elettriche nella bellissima Live And Die (ma sono tutte belle) e molti altri artisti che sotto la produzione di Rubin ci regalano un Pop raffinato, solare e malinconico, con degli arrangiamenti spesso superbi e delle armonie vocali magiche che ricordano di volta in volta i già citati Beatles, Jayhawks, Poco e persino, a chi scrive, parere molto personale ma provate a sentire in alcuni momenti i Bee Gees dell’era pre-disco, quando facevano della musica semplice ma sublime, che passava dal singolo perfetto ad un album ricercato come Odessa.

La musica pop quando non è fatta da ragazzine ansanti e sospirose o da boy band francamente improponibili è un genere assolutamente da non disprezzare perché ti regala melodie che ti rimangono nel cervello e momenti di puro genio, se a suonarla ci sono musicisti di talento. E tra un disco e l’altro, di Canterbury, di psichedelia, di acid-rock, di alternative, di jazz-rock, di rock-blues o di quant’altro ascoltiate abitualmente è un “piacere proibito” a cui è possibile indulgere senza che il solito critico rompicoglioni vi dica “si però, è musica orecchiabile”! Ovviamente ci sono stati i geni e ci sono gli artigiani di lusso nel genere, gli Avett Brothers fanno parte, con merito, della seconda categoria.

Il disco contiene 12 bellissimi brani (14 nella versione per la catena Target, e ho visto sul loro sito che ce n’è una versione SuperDeluxe, che oltre a memorabilia varia contiene anche un CD con 6 versioni demo inedite, peccato costi sugli 80 dollari ed esca a ottobre): si parte con la bellissima The Once And Future Carpenter che contiene il verso “If I Live The Life I’m Given i Won’t Be Scared To Die”, forse dedicato ai temi della mortalità ed in particolare alla piccola figlia di due anni del bassista Bob Crawford che combatte con un tumore al cervello. La canzone parte con un giro di chitarra acustica, poi entra la sezione ritmica, l’organo di Benmont Tench, il cello di Kwon che aggiunge quella patina di malinconia alle continue aperture melodiche del ritornello, con quegli stupendi crescendi vocali che sono il loro marchio di fabbrica, con le voci che armonizzano deliziosamente. Se possibile, la già citata Live And Die è ancora più bella, aperta da un banjo solitario a cui si aggiungono poco alla volta tutti gli altri strumenti, è il singolo apripista, un esempio di come fare musica pop toccata dal genio, con un refrain irresistibile e quei delicati impasti vocali mentre il banjo guida il tema del brano in alternanza con la slide dell’ospite Doug Wamble. Winter In My Heart con Benmont Tench che si sposta al piano, è una melancolica ode alla stagione invernale, con una costruzione sonora che mi ricorda i Bee Gees citati prima, quelli di brani come New York Mining Disaster 1941, Holiday o l’intro di I’ve A Get A Message to you o To Love Somebody (se le hanno cantate gente come Nina Simone, Leonard Cohen, Janis Joplin e i Blue Rodeo, tanto per citarne alcuni, non doveva essere solo musica pop usa e getta): qui si sente anche la mano di Rubin, con un arrangiamento complesso che mette in evidenza il cello e il saw (in questo caso come strumento e non come sega).

Pretty Girl From Michigan è l’ultima di una serie di canzoni dedicate “alle belle ragazzuole” (che impazziscono per loro), ce n’è una in ogni album, cambia il luogo di provenienza della Pretty Girl. In questo caso c’è ampio spazio per la chitarra elettrica di Seth Avett che punteggia tutto il tema del brano. I Never Knew You con le voci dei fratelli che si rispondono dai canali dello stereo, è molta Beatlesiana ma anche ricorda il country-rock di Jayhawks e Blue Rodeo (che peraltro una o due canzoni dei Beatles devono averle sentite). Il clima è gioioso come ci si aspetta dalla musica pop più classica. February Seven è una classica ballata in quello che molti hanno definito l’Avett Sound, con il cello che si amalgama con le chitarre acustiche prima della consueta esplosione corale delle voci. Through My Prayers è un’altra deliziosa costruzione sonora, con acustiche e cello che ci conducono, insieme alle voci dei fratelli (di nuovo alla Bee Gees, insisto), in una dimensione quasi cameristica, con harmonium, oboe, piano e clarinetto a colorare tenuamente il brano.

Down With The Shine è un’altra bellissima ballata guidata dal banjo di Scott Avett, con le trombe che aggiungono un flavor quasi da border song messicana e le due voci che si alternano alla guida del brano, come nella migliore tradizione del country-rock più epico. Anche Father’s First Spring è un’altra elucubrazione sui temi della paternità, costruita sulla solita base acustica, arricchita da organo e cello e che poi si apre in quelle ricche soluzioni melodiche dove le voci si appoggiano sul tessuto sonoro, delicata e struggente al tempo stesso. Geraldine sono 1 minuto e 38 secondi degli Avett Brothers che si danno al rock, per un brano tra Young e Beatles (le solite armonie) che farà faville nella probabile versione ampliata live.

Ancora chitarre elettriche fumanti e rock per una Paul Newman Vs The Demons, dedicata alla intensa vita del grande attore americano. Questi sono gli Avett degli ultimi anni, con Chad Smith alla batteria, quelli che hanno imparato a convivere anche con la loro anima più “rumorosa” ma non dimenticano mai l’importanza delle loro intricate evoluzioni vocali. La conclusione è affidata ad un’altra strepitosa ballatona di quelle DOC, Life, dove il reparto vocale viene potenziato dalle Magnificent Webb Sisters come le chiamava mastro Leonard Cohen sul palcoscenico dei suoi concerti. Si conclude così in gloria questo disco che conferma il valore del gruppo. D’altronde se sono stati scelti con i “confratelli” d’oltre oceano Mumford And Sons per accompagnare Dylan nella serata dei Grammy un motivo ci sarà pure stato!

C’è di meglio? Sicuramente, ma anche, molto, moltissimo di peggio, osannato senza motivo. Questi almeno sono falegnami e quindi bravi artigiani.

Bruno Conti

E Quest’Anno Sono 50 Anche Per Loro! 15 Nuove Ristampe Per I Beach Boys

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Come promesso, alla lunga lista di anticipazioni sulle uscite discografiche del post estate mancava questa nutrita serie di ristampe dedicate ai Beach Boys, che anche loro nel 2012 festeggiano i 50 anni di carriera. Sono dodici album della discografia più due raccolte realizzate ad hoc per l’occasione e il disco natalizio. Entro fine anno è annunciata anche l’uscita di un Box celebrativo dove si spera ci saranno eventuali inediti o rarità (anche se con le varie edizioni di Pet Sounds e Smile hanno raschiato un po’ il fondo del barile).

Si tratta dei primi dodici album del gruppo: Surfin’ U.S.A.Surfer GirlLittle Deuce CoupeShut Down, Volume 2All Summer Long; TheBeach Boys Today!Summer Days (And Summer Nights!!)Beach Boys Party!Pet SoundsSmiley SmileSunflower (stereo mix only); and Surf’s Up (stereo mix only). I primi dieci conterranno sia la versione mono che quella stereo e pare che il motivo di interesse risieda qui, in quanto molti degli album del primissimo periodo non si erano mai ascoltati in vero stereo. Ntauralmente zero inediti e aggiunte, il tutto con una nuova masterizzazione a cura di Mark Linnett. Le due raccolte create appositamente hanno la stessa copertina ma differiscono nel titolo e nel contenuto, la seconda è doppia, con 50 brani mentre la prima riporta 20 brani. Se volete queste sono le tracklist di entrambe:

The Beach Boys Greatest Hits: 50 Big Ones Tracklist:
Disc 1:
01. California Girls
02. Do It Again
03. Surfin’ Safari
04. Catch a Wave
05. Little Honda
06. Surfin’ U.S.A.
07. Surfer Girl
08. Don’t Worry Baby
09. Little Deuce Coupe
10. Shut Down
11. I Get Around
12. The Warmth of the Sun
13. Please Let Me Wonder
14. Wendy
15. Getcha Back
16. The Little Girl I Once Knew
17. When I Grow Up (To Be a Man)
18. It’s OK
19. Dance, Dance, Dance
20. Do You Wanna Dance
21. Rock And Roll Music
22. Barbara Ann
23. All Summer Long
24. Help Me, Rhonda
25. Fun, Fun, Fun

Disc 2:
01. Kokomo
02. You’re So Good To Me
03. Wild Honey
04. Darlin’
05. In My Room
06. All This Is That
07. This Whole World
08. Add Some Music To Your Day
09. Cotton Fields
10. I Just Wasn’t Made For These Times
11. Sail on, Sailor
12. Surf’s Up
13. Friends
14. Heroes and Villains
15. I Can Hear Music
16. Good Timin’
17. California Saga (On My Way to Sunny Californ-I-A)
18. Isn’t It Time (single version)
19. Kiss Me, Baby
20. That’s Why God Made The Radio
21. Forever
22. God Only Knows
23. Sloop John B
24. Wouldn’t It Be Nice
25. Good Vibrations

The Beach Boys: Greatest Hits Tracklist:
01. That’s Why God Made The Radio
02. California Girls
03. Sloop John B
04. Wouldn’t It Be Nice
05. Surfer Girl
06. Do It Again
07. Surfin’ Safari
08. Surfin’ U.S.A.
09. Don’t Worry Baby
10. Little Deuce Coupe
11. I Get Around
12. Fun, Fun, Fun
13. Be True to Your School
14. Dance, Dance, Dance
15. All Summer Long
16. Help Me, Rhonda
17. Rock And Roll Music
18. God Only Knows
19. Good Vibrations
20. Kokomo

Dovrebbero uscire tutte il 25 settembre per la Capitol ma potrebbero slittare al 9 ottobre.

Bruno Conti