Torna Lo Springsteen Della Domenica: Una “Calda” Serata Autunnale Londinese! Bruce Springsteen – Wembley Arena, November 11, 2006

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Bruce Springsteen – Wembley Arena, November 11, 2006 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Quando si pensa ai concerti dal vivo di Bruce Springsteen il pensiero va ovviamente alle ben note scorribande con la E Street Band, molte delle quali leggendarie, ma indubbiamente uno dei tour in assoluto più coinvolgenti e divertenti del Boss è stato quello del 2006 con la cosiddetta Sessions Band, un combo numerosissimo nato per accompagnare il nostro nello splendido We Shall Overcome: The Seeger Sessions, album composto da brani della tradizione che avevano il comune denominatore di far parte dell’immenso repertorio del grande folksinger Pete Seeger: io stesso avevo visto due show da quel tour, a Milano e Torino, e mi ero divertito come poche altre volte. La serie di uscite mensili degli archivi live di Bruce fino ad oggi non ha dato molto spazio a questa tournée, pubblicando solo il concerto inaugurale a New Orleans (ma nel 2007 era uscito il bellissimo ufficiale Live In Dublin), ora fortunatamente ci regala un’altra performance anche migliore di quella tenutasi nella metropoli della Louisiana, grazie soprattutto all’intesa migliorata nel corso del tour.

Sto parlando dello show svoltosi l’11 novembre alla Wembley Arena di Londra, un doppio CD che ci presenta il Boss ed il suo esteso gruppo (compreso il leader sul palco sono in 17, e manca Patti Scialfa che era a casa a badare ai figli) intrattenere alla grande il pubblico inglese per due ore e mezza. Le canzoni di We Shall Overcome erano già irresistibili in studio, figuriamoci in queste riletture live gioiose, colorate e trascinanti più che mai, in cui la folta band di musicisti e coristi fornisce una perfetta miscela di folk, country, gospel, old time music, bluegrass e dixieland, con chitarre, banjo, mandolino, violino, fisarmonica e fiati che si rincorrono in ogni brano con assoli a ripetizione ed il pubblico che canta come se fossero classici di Bruce e non canzoni con anche più di cento anni sulle spalle. In questo concerto ascoltiamo quindi versioni entusiasmanti di Old Dan Tucker, Jesse James, Jacob’s Ladder, O Mary Don’t You Weep, Erie Canal, My Oklahoma Home e Pay Me My Money Down, ed altre assolutamente toccanti di Mrs. McGrath, Eyes On The Prize e How Can A Poor Man Stand Such Times And Live?

Ovviamente non possono mancare i brani a firma di Springsteen, ed una particolarità di questo tour era che canzoni più o meno note venivano volutamente rese quasi irriconoscibili da arrangiamenti completamente diversi dagli originali, al limite della riscrittura: così l’iniziale Blinded By The Light diventa un travolgente pezzo di ispirazione klezmer, Atlantic City un folk-grass elettrificato dal ritmo nettamente accelerato, Growin’ Up si trasforma in un sorprendente crossover tra country music e Bob Dylan e Open All Night, uno degli highlights della serata, in un torrido boogie-woogie in stile big band che sembra uscire da una revue di Chicago dei primi anni cinquanta, con Bruce che si lavora il pubblico come solo lui sa fare. Ci sono tre brani dall’allora recente Devils And Dust (la title track, Long Time Comin’ e Jesus Was An Only Son), abbastanza simili agli originali ma suonate con una veste più roots, una swingatissima You Can Look (But You Better Not Touch) che prelude ai bis ed un’anteprima mondiale di Long Walk Home (che uscirà l’anno dopo in Magic), eseguita acustica e rallentata, quasi una sorta di work in progress (con Bruce che la introduce riferendosi ad un concerto di Lucinda Williams al quale aveva assistito la sera prima, nel quale la rockeuse aveva suonato diversi pezzi inediti).

Il finale della serata è introdotto da una versione lenta e decisamente toccante del traditional When The Saints Go Marching In, seguita da una spiritata rilettura del gospel This Little Light Of Mine, dalla contagiosa giga rock American Land (che all’epoca era ancora inedita), per concludere con la filastrocca folk Froggie Went A-Courtin’, uno dei pezzi delle Seeger Sessions suonati più raramente. Concerto quindi divertentissimo, caldo e coinvolgente, e sono sicuro che il livello si manterrà tale anche nella prossima uscita, che documenterà lo Springsteen bombastico del tour di Born In The U.S.A.

Marco Verdi

Una Gran Bella Compilation Ma…Che Razza Di Anniversario E’ Il Ventunesimo? VV.AA. – Appleseed’s 21st Anniversary: Roots And Branches

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VV.AA. – Appleseed’s 21st Anniversary: Roots And Branches – Appleseed 3CD

La Appleseed è una casa discografica fondata nel 1997 da Jim Musselman, un avvocato attivista ed appassionato di musica folk, che aveva l’ambizione di creare un’etichetta che si ispirasse all’età d’oro del cosiddetto folk di protesta, in auge in America negli anni cinquanta e sessanta, e a gloriose label del passato come la Smithsonian Folkways, con l’intento di creare un roster di artisti di spiccata rettitudine morale e con un debole per le cause umanitarie, oltre che per il recupero di canzoni popolari del passato. E Musselman ha visto in breve tempo realizzarsi il suo sogno, dato che negli anni hanno inciso per la Appleseed, tra i tanti, vere e proprie leggende del folk come Pete Seeger e Ramblin’ Jack Elliott, o comunque grandi artisti come Tom Paxton, Tom Rush, Eric Andersen e John Stewart, ed è riuscito a coinvolgere nei vari progetti (come i tre tributi a Seeger o l’album benefico per i senzatetto Give Us Your Poor) anche musicisti non affiliati all’etichetta ma sensibili a certe cause, come Bruce Springsteen e Jackson Browne. Già nel 2007 era uscita una compilation, Sowing The Seeds, che riepilogava il meglio dei primi dieci anni della label, ma ora con questo Roots And Branches Musselman ha fatto le cose in grande, celebrando il ventunesimo anniversario (scelta che in realtà capisco poco, l’unica cosa che mi viene in mente è che in America i 21 anni sono la maggiore età) con uno splendido triplo album, che raccoglie il meglio della Appleseed, appunto nel periodo trattato, mettendo in fila una bella serie di brani comunque rari (sfido infatti chiunque ad averli tutti) ed aggiungendo ben nove canzoni nuove di zecca, tra inediti e pezzi incisi apposta per il progetto.

I tre dischetti sono divisi per vari temi: Let Truth Be Told, che riunisce canzoni di denuncia sociale, The Wisdom Keepers, con artisti di spiccato carisma ed importanza, e Keeping The Songs Alive, che comprende brani della tradizione. Vorrei soffermarmi nel dettaglio sui nove inediti, che iniziano proprio con Bruce Springsteen che propone una intensa versione del classico di Seeger If I Had A Hammer (la presenza di Pete aleggia costante in questo triplo, sia come artista che come autore), molto folk e piuttosto lontana dal brano allegro che conosciamo: inizio lento e quasi drammatico, poi il ritmo prende corpo e gli strumenti si intrecciano abilmente, con un dominio di chitarre, banjo, violino e fisarmonica (Bruce usa musicisti insoliti per lui, con l’eccezione di Charlie Giordano, Soozie Tyrell, e della moglie Patti Scialfa), tanto che, per stare in tema, sembra un pezzo tratto dalle Seeger Sessions. L’amico del Boss Tom Morello si cimenta con una rilettura folk-rock di Dirty Deeds Done Dirt Cheap degli AC/DC, scelta strana anche se bisogna dire che del brano originale non è rimasto molto: versione discreta, ma non indispensabile, anche perché Morello come cantante non è il massimo. Bravissimo invece l’attore Tim Robbins con una strepitosa Well May The World Go (ancora di Seeger), arrangiata in puro stile Irish folk: gran ritmo, melodia squisitamente tradizionale e feeling enorme, sembrano quasi i Pogues. Splendida anche Across The Border, canzone di Springsteen (era una delle più belle su The Ghost Of Tom Joad) affidata alla voce di Tom Russell, un altro che più invecchia e più migliora: il brano, registrato insieme a Jono Manson ed alla fisa di Max Baca, sembra proprio scritto da Tom, ha il suo passo ed anche le sue tematiche.

Wesley Stace in arte John Wesley Harding rifà una sua vecchia canzone, Scared Of Guns (con un reading da parte della figlia), un pezzo molto elettrico e dal ritmo sostenuto, cantato con voce “costelliana”; Anne Hills ci delizia con una versione pura e cristallina del classico di Bert Jansch Needle Of Death, riuscendo ad emozionare con due strumenti in croce, ed anche Donovan non è da meno con una rilettura ricca di pathos della nota ballata di origini irlandesi Wild Mountain Thyme, incisa insieme a due leggende come Danny Thompson, ex bassista dei Pentangle, e lo straordinario drummer Jim Keltner. Gli ultimi inediti sono di due artisti che non sono più tra noi: Jesse Winchester commuove con Get It Right One Day, gentile e stupenda ballata nel suo tipico stile garbato (era incompleta, l’ha terminata Mac McAnally), mentre There Is Love ci fa risentire la voce del grande John Stewart, per un brano con un’intensità da brividi. Il resto del triplo è quindi composto da brani già editi, ma risentiamo (ed in alcuni casi sentiamo per la prima volta, dato che è difficile possedere il catalogo completo della Appleseed) con grande piacere collaborazioni come una meravigliosa versione dell’inno pacifista Bring Them Home ad opera di Pete Seeger, Billy Bragg, Anne Hills, Ani DiFranco e Steve Earle, un reggae decisamente orecchiabile come Kisses Sweeter Than Wine, che vede Jackson Browne duettare con Bonnie Raitt, la poco nota Stepstone di Woody Guthrie, un brano folk di straordinaria intensità che vede un quartetto formato da Joel Rafael, ancora Browne, Jimmy LaFave ed Arlo Guthrie, ed una spettacolare Bring It With You When You Come con David Bromberg e Levon Helm.

Poi, ovviamente, altre grandi canzoni come Give Me Back My Country, splendido country-rock, limpido e solare, ad opera dei Kennedys, o ancora Tom Morello che stavolta ci regala una versione corale e deliziosa dell’inno americano non ufficiale, cioè This Land Is Your Land, o di nuovo Springsteen con il superclassico folk We Shall Overcome, diversa da quella finita sulle Seeger Sessions. Il redivivo Al Stewart ci delizia con la scintillante folk song Katherine Of Oregon, bellissima, la Angel Band con la travolgente Jump Back To The Ditch, tra folk e gospel, Tom Rush con la squisita What I Know (che classe), Lizzy West And The White Buffalo con l’altrettanto bella Portrait Of An Artist As A Young Woman. Infine, non mancano emozionanti riletture di traditionals e brani di dominio pubblico, vere e proprie gemme tra le quali non posso non ricordare The Water Is Wide (John Gorka), Rovin’ Gambler (Ramblin’ Jack Elliott), John Riley (Roger McGuinn con Judy Collins), fino ad una fulgida Where Have All The Flowers Gone, tra le più belle folk songs di sempre, da parte di Tommy Sands, Dolores Keane e Vedran Smailovic. Una collezione preziosa quindi, sia dal punto di vista artistico che culturale, e perfetto regalo natalizio per qualsiasi appassionato di musica folk.

Marco Verdi

Sono Passati 20 Anni Ma E’ Sempre Un Piacere (Ri)Ascoltare Questa Voce Splendida. Eva Cassidy – Songbird 20

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Eva Cassidy –  Songbird 20 – Blix Street CD

Eva Cassidy, splendida cantante ed interprete sopraffina, non ha potuto godere del notevole successo avuto dai suoi album, in quanto il destino, sotto forma di un incurabile melanoma, ce l’ha portata via nel 1996 all’età di soli 33 anni. Una storia tristissima: Eva, che era una cantante eccezionale e di grande classe (con una formazione di base jazz e blues) è riuscita a vedere pubblicati solo due album prima di lasciarci, il poco conosciuto The Other Side (inciso con il chitarrista Chuck Brown) e lo strepitoso Live At Blues Alley, ristampato nel 2015 nella sua versione completa e re-intitolato Nightbird http://discoclub.myblog.it/2016/01/10/il-supplemento-della-domenica-disco-club-dimenticare-cantante-sublime-eva-cassidy-nightbird/ : fortunatamente (per noi) Eva aveva inciso una lunga serie di brani in studio (al 99% scritti da altri artisti, Eva era essenzialmente un’interprete), che hanno portato alla pubblicazione di ben sette bellissimi album postumi, molti dei quali di grande successo. Il disco che però l’ha fatta conoscere è Songbird, del 1998, una raccolta di dieci pezzi tratti dal disco dal vivo, da The Other Side e da Eva By Heart (1997), il primo lavoro uscito dopo la sua morte.

Oggi per il ventennale quel lavoro viene ripubblicato con il titolo di Songbird 20, aggiungendo quattro demo voce e chitarra di pezzi presenti nel disco e mai sentiti prima. Se volessi esprimere un giudizio in stellette ne dovrei dare tre e mezza, contrapponendo alle quattro del valore artistico dell’album le tre (e sono generoso) dell’opportunità della ristampa di un disco che già nel 1998 era un’antologia (e con quattro brani presi da un live riedito appena tre anni fa), seppur con l’esca dei quattro inediti per chi già lo possiede. I pezzi tratti dal concerto al Blues Alley iniziano con Fields Of Gold, una versione da brividi (molto meglio dell’originale di Sting) per voce e chitarra, toccante e splendida, per proseguire con un’intensa rilettura dell’evergreen Autumn Leaves, ancora acustica ma con la voce di Eva che è un vero e proprio strumento aggiunto, con una sontuosa People Get Ready di Curtis Mayfield (un plauso per la band, perfetta per accompagnare la cantante di Washington), e con Oh, Had I A Golden Thread, che da folk song resa popolare da Pete Seeger si trasforma in un impeccabile brano di stampo soul.

I pezzi in studio sono una magistrale versione swingata del traditional Wade In The Water, suonata con classe e cantata in maniera straordinaria, una raffinatissima Wayfaring Stranger in chiave jazz-blues (ma che voce!), una sentita riproposizione del classico Over The Rainbow, ancora voce , chitarra e poco altro, per non parlare della deliziosa Songbird (Fleetwood Mac), in cui Eva si produce anche in un raro assolo chitarristico. Infine abbiamo due brani scritti appositamente per la Cassidy (da Diane Scanlon), la sofisticata ballad Time Is A Healer, ancora dal sapore soul (Eva era in grado di affrontare con suprema nonchalance qualunque genere), e la struggente I Know You By Heart. I quattro inediti, quattro versioni spoglie di Songbird, Wade In The Water, People Get Ready e Autumn Leaves (quest’ultima in particolare da pelle d’oca), sono tutti decisamente belli ed intensi, e dimostrano che Eva non aveva bisogno di chissà quali orpelli per emozionare. Se già possedete il Songbird originale, l’acquisto di questa edizione per il ventennale è forse superflua (nonostante la bellezza degli inediti), ma se non conoscete ancora Eva Cassidy la parola indispensabile è l’unica che mi viene in mente.

Marco Verdi

Torna Finalmente Il Padre Di Tutti I Tributi! VV.AA. – Woody Guthrie: The Tribute Concerts

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Woody Guthrie: The Tribute Concerts – Bear Family 3CD Box Set

Non ho controllato con precisione, ma credo proprio che il concerto del Gennaio 1968 tenutosi alla Carnegie Hall di New York in memoria di Woody Guthrie sia stato il primo omaggio “all-stars” ad un singolo artista, evento tra l’altro replicato due anni dopo stavolta sulla costa Ovest, alla Hollywood Bowl di Los Angeles, con successo molto minore (anche perché nel frattempo, musicalmente parlando, era cambiato il mondo). E’ comprovato comunque che se in quel periodo c’era una figura meritevole di un tale trattamento, questa era certamente Guthrie (passato a miglior vita nell’Ottobre 1967 dopo una lunga malattia), grandissimo folksinger, attivista convinto e padre putativo musicale del cosiddetto “folk revival” in voga nei primi anni sessanta, oltre che titolare di un songbook talmente importante che negli anni è entrato a far parte della Biblioteca del Congresso (la sua This Land Is Your Land è considerata una sorta di inno americano non ufficiale). I due concerti in questione, organizzati entrambi dal figlio di Woody, Arlo Guthrie (singer-songwriter a sua volta, anche se di statura artistica decisamente inferiore rispetto al padre), portarono sul palco la crema della musica folk (e non) dell’epoca, due serate magiche che vennero pubblicate prima su LP ed in seguito anche su CD, anche se il tutto era ormai fuori catalogo da anni.

Ora la benemerita Bear Family, etichetta tedesca specializzata quasi esclusivamente in ristampe (e quasi mai a buon mercato), immette sul mercato questo Woody Guthrie: The Tribute Concerts, uno splendido cofanetto triplo che presenta per la prima volta i due concerti nella loro interezza, comprendendo anche le parti narrate tra un brano e l’altro (da Robert Ryan, Will Geer e Peter Fonda), ed aggiungendo anche diverse performances mai sentite prima. In più, il box si presenta con due bellissimi libri a copertina dura pieni zeppi di note dettagliate, rare foto dei due eventi, testimonianze dei partecipanti, oltre ad una esauriente retrospettiva sulla figura di Guthrie e sulla sua importanza, includendo anche una discografia essenziale e le copertine di tutti gli album tributo usciti negli anni. Un’operazione importante quindi anche dal punto di vista culturale, che per una volta vale fino all’ultimo centesimo l’alto costo richiesto (circa cento euro). Dal punto di vista della musica, il meglio si trova nel primo CD, che riporta integralmente la serata del 1968 a New York, soprattutto grazie alla presenza di Bob Dylan, un evento nell’evento in quanto si trattava della prima volta on stage dopo i famosi concerti europei del ’66 (e dopo l’altrettanto noto incidente motociclistico). Bob si presenta sul palco insieme a The Band (unico artista della serata a beneficiare di un accompagnamento elettrico, ma stavolta, a differenza di Newport 1965, sono solo applausi), dimostrandosi in ottima forma e proponendo ben tre brani uno in fila all’altro, “rubando” lo show come si dice in gergo: una coinvolgente Grand Coulee Dam, dal ritmo saltellante (e Bob che urla nel microfono come nei concerti del 1966), seguita da una lunga e godibile Dear Mrs. Roosevelt di stampo quasi country e da I Ain’t Got No Home, splendido esempio di folk-rock di classe.

Il resto della serata include la crema del circuito folk dell’epoca, pur con qualche grave assenza (soprattutto Phil Ochs e Dave Van Ronk, oltre a Jack Elliott che però ci sarà nel 1970). Le performances migliori sono date da Arlo Guthrie, con una Oklahoma Hills pura e rigorosa, la splendida Judy Collins con una cristallina So Long, It’s Been Good To Know Yuh (Dusty Old Dust) e la meravigliosa Plane Wreck At Los Gatos (Deportee), una delle più belle folk songs di sempre, Roll On Columbia, la bellissima Union Maid in duetto con Pete Seeger ed una in trio con Pete ed Arlo per una fluida Goin’ Down The Road. Seeger è stranamente poco presente (ma si rifarà due anni dopo), in quanto esegue soltanto la poco nota Curly Headed Baby da solo al banjo e Jackhammer John insieme a Richie Havens, il quale ha poi spazio con la sua Blues For Woody (unico brano della serata non scritto da Guthrie) e con una lunga ed a suo modo coinvolgente Vigilante Man, caratterizzata dal tipico modo di suonare la chitarra del folksinger di colore. Tom Paxton è un altro bravo, e si prende due classici assoluti (Pretty Boy Floyd e Pastures Of Plenty) e la meno nota Biggest Thing That Man Has Ever Done, mentre l’immensa (non solo in senso fisico) Odetta presta la sua grandissima voce ad una Ramblin’ Round da brividi. Gran finale con tutti sul palco (Dylan compreso) per la prevedibile celebrazione di This Land Is Your Land.

La serata del 1970 occupa invece tutto il secondo dischetto e metà del terzo e, nonostante l’assenza di Dylan, risulta in certi momenti ancora più piacevole, grazie soprattutto alla presenza in diversi pezzi di una band elettrica, guidata nientemeno che da Ry Cooder (e la sua slide è riconoscibilissima) e con gente del calibro di Chris Etheridge al basso, John Beland al dobro, Gib Guilbeau al violino, Thad Maxwell e John Pilla alle chitarre e Stan Pratt alla batteria. Rispetto a New York sono “confermati” Guthrie Jr., Seeger, Havens ed Odetta, mentre le new entries sono Jack Elliott, Earl Robinson, Country Joe McDonald e soprattutto una ispiratissima Joan Baez a prendere idealmente il posto della Collins. L’inizio è simile, con Arlo ad intonare Oklahoma Hills (ma con la slide di Cooder in più), mentre gli highlights sono rappresentati da un intenso duetto tra la Baez e Seeger (So Long, It’s Been Good To Know Yuh), le stupende Hobo’s Lullaby e Plane Wreck At Los Gatos (Deportee) sempre con Joan protagonista, una I Ain’t Got No Home con Pete ed Arlo (ed il figlio di Woody ci regala anche una trascinante Do Re Mi, quasi rock), la solita potentissima Odetta (Ramblin’ Round e John Hardy – che è di Leadbelly – entrambe elettriche e da brividi lungo la schiena), mentre Elliott e Country Joe il meglio lo danno rispettivamente con la drammatica 1913 Massacre (dalla quale Dylan rubò la melodia per scrivere la sua Song To Woody) e con la countreggiante Pretty Boy Floyd, con Cooder in grande evidenza. Senza dimenticare una strepitosa Hard Travelin’ dall’arrangiamento bluegrass ad opera di un inedito sestetto formato da McDonald, Eliott, Robinson, Baez, Arlo e Seeger, ed il maestoso finale con This Land Is Your Land ed ancora So Long, It’s Been Good To Know Yuh unite in medley per la durata di dieci minuti (e con la voce di Odetta che si staglia su tutte).

Come ulteriore bonus abbiamo una serie di brevi ed interessanti interviste di quest’anno in cui vari protagonisti (Arlo, la Collins, Paxton, Seeger in una testimonianza del 2012, McDonald ed Elliott) ricordano le due serate fornendo anche qualche aneddoto, oltre ad un Phil Ochs del 1976 (quindi a poco tempo dalla sua morte) ancora risentito del mancato invito. Per chiudere con Dylan che recita la sua poesia Last Thoughts On Woody Guthrie, performance già edita sul primo Bootleg Series. Splendido box quindi, che ci presenta per la prima volta due serate nelle quali i migliori folksingers del mondo hanno fatto squadra per omaggiare il loro ideale padre artistico. In una parola: imperdibile.

Marco Verdi

Più Che Un Disco, Una (Splendida) Operazione Culturale! Artisti Vari – Roll Columbia: Woody Guthrie’s 26 Northwest Songs

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VV.AA. – Roll Columbia: Woody Guthrie’s 26 Northwest Songs – Smithsonian Folkways 2CD

Nel 1941 l’America si stava risollevando a fatica da un decennio tremendo, conseguente alla crisi finanziaria del 1929 ed al periodo conosciuto come Grande Depressione (ed era imminente, anche se chiaramente non lo si sapeva ancora, l’ingresso in guerra in seguito all’attacco del Giappone a Pearl Harbor, che avverrà nel Dicembre di quello stesso anno): era un periodo di duro lavoro e di ricostruzione, ed una parte fondamentale del processo era ridare un po’ di ottimismo alla popolazione. Una delle iniziative mirate appunto a pubblicizzare i grandi sforzi che venivano fatti, fu l’incarico che la Bonneville Power Administration diede al famoso folksinger Woody Guthrie, incarico che consisteva nello scrivere una serie di canzoni atte a commentare un documentario sulla costruzione di dighe e centrali idroelettriche lungo il fiume Columbia, il più importante corso d’acqua della zona nord-ovest del Pacifico (che nasceva in Canada, nella British Columbia, e si gettava nell’oceano dopo aver attraversato gli stati di Washington ed Oregon). E Woody, già affermato songwriter, affrontò il lavoro con grandissima dedizione e professionalità, scrivendo la cifra record di ben 26 canzoni in 30 giorni (e, almeno per un mese, rappresentò il paradosso di un cantautore noto per essere contro il sistema che però allo stesso tempo lavorava per l’amministrazione federale, un vero uomo di lotta e di governo…), canzoni alcune delle quali sono entrate di diritto tra i suoi classici, come Pastures Of Plenty, Roll On, Columbia, Roll On e The Grand Coulee Dam (dal nome della più famosa tra le dighe costruite).

Oggi, a 75 anni da quell’evento, la leggendaria Smithsonian Folkways (mi tremano quasi le mani solo a pensare che nel 2017 sto recensendo un disco pubblicato da loro) ha preparato questo meraviglioso doppio CD intitolato Roll Columbia: Woody Guthrie’s 26 Northwest Song, un progetto che, anche se copertina e titolo potrebbero far pensare ad una raccolta di Guthrie, è in realtà un tributo a quelle 26 canzoni, da parte di tutta una serie di musicisti che hanno attinenza con la zona geografica in questione, sia che ci siano nati sia che ci risiedano. E l’album è davvero splendido, uno showcase lungo 104 minuti per un totale di 28 tracce (un paio di brani hanno l’onore di due differenti versioni, Pastures Of Plenty e Jackhammer Blues), nel quale una lunga serie di artisti al 95% di estrazione folk paga un sincero e sentito tributo Woody ed al magnifico risultato di quel temporaneo incarico da parte del governo: canzoni di lavoro e di fatica, ma anche di speranza per un futuro migliore, un’opera che, oltre che musicale, ha anche un profondo significato culturale e didattico (e sarebbe interessante conoscere le reazioni dei giovani di oggi al fatto che in quegli anni si scrivessero canzoni che parlavano di dighe e centrali elettriche). Brani che rispondono a titoli quali Oregon Line, Eleckatricity And All, Portland Town To Klamath Falls, Guys On The Grand Coulee Dam, Hard Travelin’ (altro pezzo molto noto), Columbia Waters, Mile And A Half From The End Of The Line, titoli che oggi sarebbero inimmaginabili per le canzoni contemporanee.

L’operazione, oltre ad essere benemerita dal punto di vista culturale, lo è anche da quello più strettamente musicale, in quanto si è scelto di coinvolgere artisti molto poco noti o praticamente sconosciuti, ma che hanno affrontato la prova con grandissimo rispetto e riproponendo le sonorità pure dell’epoca, solo con l’utilizzo delle chitarre acustiche e qualche volta di un banjo o un violino (e solo in un paio di brani la chitarra elettrica, ma senza mai l’uso della sezione ritmica): gli unici nomi un po’ più conosciuti sono quelli del grande David Grisman (e della moglie Tracy), della cantautrice folk Martha Scanlan, dell’ex chitarrista dei R.E.M., Peter Buck (e del suo compare nel Baseball Project, Scott McCaughey), di John Moen, componente dei Decemberists e del banjoista e chitarrista Tony Furtado. Gli altri partecipanti sono meno o per niente noti, ma non per questo meno bravi: Kristin Andreassen, Cahalen Morrison, i Timberbound, Jon Neufeld, Joe Seamons (anche produttore con Neufeld del lavoro, ed autore delle dettagliate liner notes nel bellissimo libretto di 44 pagine accluso al doppio CD), tanto per fare qualche nome. Un valido esempio per capire l’onestà di intenti del progetto è la presenza di Michael Hurley, che apre il lavoro con la prima delle due Pastures Of Plenty, un folksinger coetaneo di Bob Dylan e Joan Baez ed appartenente al folk revival del Greenwich Village nei primi anni sessanta, ma che già all’epoca stava nelle retrovie (ed infatti non so quanti di voi lo abbiano mai sentito nomimare, pur essendo titolare di una vasta discografia).

Non è il caso di fare una disamina canzone per canzone, ma non per pigrizia (anzi, avrete notato che se c’è da dilungarsi non mi tiro di certo indietro), bensì perché questo è un songbook che va goduto per intero, e non c’è un solo momento di stanca o un’interpretazione che sia meno che ottima, sia che si tratti di una ballata drammatica, che di un pezzo più vivace e disimpegnato, o ancora di un talkin’ blues. Woody aveva inciso per il documentario solo 17 delle 26 canzoni scritte, alcune le aveva registrate in seguito, altre le aveva lasciate solo con il testo (ad esempio, Lumber Is King è stata musicata nientemeno che da Pete Seeger, e solo nel 1987): qui invece non c’è frammentarietà, solo purezza, amore e cultura, oltre ad una spiccata capacità di intrattenere anche da parte dei musicisti meno blasonati tra quelli coinvolti (vale a dire quasi tutti).

Se Manzoni prima di scrivere I Promessi Sposi era andato a “sciacquarsi i panni in Arno”, questo Roll Columbia si può paragonare ad un bagno di purificazione nelle acque del fiume Columbia (e dove se no?): so che siamo solo a Febbraio e definirlo disco folk dell’anno può sembrare prematuro, ma sono certo che a Dicembre non avrà perso molte posizioni.

Marco Verdi

Una Ne Pensa E Cento Ne Fa! Fabrizio Poggi – Il Soffio Della Libertà

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Fabrizio Poggi – Il Soffio Della Libertà – Appaloosa/IRD

Un po’ a sorpresa, visto che non è neppure passato un anno dall’uscita dell’ultimo, eccellente, album di Fabrizio Poggi con i suoi Chicken Mambo http://discoclub.myblog.it/2014/11/03/quindi-abbiamo-inventato-anche-il-blues-fabrizio-poggi-chicken-mambo-spaghetti-juke-joint/, ecco già pronto un nuovo progetto: Il Soffio Della Libertà, che nel suo sottotitolo recita “Il Blues E I Diritti Civili – Una Marcia Sonora Da Selma Ai Giorni Nostri”, unendo le due anime di Fabrizio, quella del musicista e quella del divulgatore. Tra l’altro, anche se nel sottotitolo campeggia la parola Blues, in questo caso (come in altri dischi a firma Fabrizio Poggi) non possiamo parlare di solo blues, ma anche dei suoi cugini, zii, parenti, antenati, dal folk alla canzone d’autore, il soul, il gospel, lo spiritual e altri generi affini.

fabrizio poggi

Il tutto in un disco che è allo stesso tempo una antologia e un disco nuovo.: diciamo una “antologia alternativa”, con brani inediti, versioni inedite o versioni alternative, pezzi tratti dalla discografia recente di Fabrizio Poggi con i Chicken Mambo, da Spirit Of Mercy, che già era una antologia, Spirit And Freedom (due temi ricorrenti) e Mercy. Tra le mille attività recenti, testimoniata dalla foto che vedete sopra, c’è stata anche la partecipazione alla trasmissione di Rai5 Ghiaccio Bollente, con relativa intervista di Carlo Massarini e una esibizione Live in Studio nella MusicRoom dei Chicken Mambo (si tratta dell’ultima puntata della stagione 2014-15, comunque ogni tanto la replicano, oppure andate sul sito Rai e la cercate, è la puntata con Ligabue http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/page/Page-01a63ccc-3363-4ee6-ba6b-11c74022b3f4.html).

Tornando al disco “nuovo” contiene 14 brani che raccontano la storia della conquista dei diritti civili degli afroamericani, attraverso alcune canzoni che ne hanno segnato il percorso. Con precise e puntuali note di Fabrizio e alcune fote che testimoniano dei passaggi importanti di questa storia. Si parte con We Shall Overcome, brano attribuito a Pete Seeger (con Frank Hamilton e Guy Carawan), anche se in anni recenti è stato simbolicamente deciso che la canzone è un adattamento del brano If My Jesus Wills, scritto da Louise Shropshire, e lo stesso Seeger confermò l’attendibilità della fonte. Poi naturalmente la canzone è stata eseguita da migliaia di interpreti, la versione più famosa quella di Joan Baez, e tra la più recenti quella di Springsteen. La versione di Poggi è uno dei due inediti del disco, breve ma intensa, solo voce, chitarra acustica e armonica poi sfocia in I Shall Be Released, uno dei brani più belli in assoluto di Dylan, già apparsa su Spirit And Freedom del 2010 e qui presentata in una versione alternativa, bellissima. Needed Time è uno spiritual vecchissimo, apparso in origine su Mercy, l’album del 2008, con il grande Ponty Bone alla fisarmonica, stessa interpretazione, difficile migliorarla. Deep In My Heart è un brano che porta la firma di Fabrizio, classico blues acustico, appariva in origine sul Live in Texas, spesso presente nelle sue esibizioni in concerto, qui in versione alternativa.

Come pure I’m On My Way, “disperato” gospel impreziosito dalle voci dei Blind Boys Of Alabama e dall’armonica di Charlie Musselwhite, sul disco è riportato “versione alternativa”, mi fido, non sono andato a controllare, grande brano comunque, era quello che cantavano i manifestanti nella tragica giornata a Selma. Si trovava su Spirit And Freedom, come pure la successiva I Heard The Angels Singin’ , un brano a firma del Rev. Gary Davis, nobilitato dalla presenza di Eric Bibb alla voce e alla slide e di Garth Hudson, che con il suo tocco inconfondile e unico all’organo lo rende un brano memorabile, “alternata”? Oh Freedom, è l’altro inedito, brevissimo,  che poi sfocia in una alternate di Stayed On Freedom sempre tratta da Spirit And Freedom, con Augie Meyers e Guy Davis.You Gotta Move, sempre del Reverendo Davis, è proprio quella che facevano anche gli Stones, era su Mercy del 2008, un folk blues solo voce, chitarra acustica e armonica. We Shall Not Be Moved è il brano che racconta la vicenda di Rosa Parks (a cui i Neville Brothers hanno dedicato una bellissima Sister Rosa, sul loro album migliore, Yellow Moon), sempre tratta dall’album del 2010, altro grande brano, se avete già il disco conoscete, oppure è l’occasione per apprezzarla per la prima volta. Come pure la successiva, splendida I Want Jesus To Walk With Me, nuovamente tratta da Mercy, con Garth Hudson alla fisarmonica e la moglie Maud alle armone vocali.

Ci avviamo alla conclusione. Jesus On The Mainline moltissimi la conoscono nella versione di Ry Cooder, quella di Fabrizio Poggi viene sempre dall’ottimo Mercy ed è anche questa targata come “alternativa”, comunque la giri rimane sempre un grande gospel-blues. Stessa provenienza anche per Precious Lord, ancora dall’album del 2008, brano scritto dal Reverendo Thomas Dorsey, si tratta di un altro intenso spiritual proveniente dalla immensa tradizione afroamericana, nuovamente solo voce, acustica e armonica a bocca, come nel disco originale. A concludere Amazing Grace, uno degli spiritual più celebri della musica americana, che come riporta la foto nel libretto del CD, Fabrizio è riuscito a suonare di fronte alla tomba di Martin Luther King ad Atlanta in Georgia https://www.youtube.com/watch?v=-6v1L_8K0AI .

Something new, something old, something borrowed, per parafrasare un celebre detto: la musica è valida, una occasione per conoscere Fabrizio Poggi e la sua musica se siete dei novizi https://www.youtube.com/watch?v=gZiD-VCGgaA , un ripasso con sorprese per gli altri.

Bruno Conti

Un Cantastorie, La Sua Chitarra E Poco Altro! Jeff Black – Folklore

jeff black folklore

Jeff Black – Folklore – Lotos Nile Music

Per il sottoscritto, Birmingham Road (98) è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno (l’album che mi ha spalancato le porte a Jeff Black), e da allora, dopo altri lavori di ottimo livello (come sempre  puntualmente recensiti su queste pagine virtuali), è diventato un artista di “culto” anche per colleghi ben più noti. Con Folklore continua la sequenza ininterrotta di successi artistici di Black : registrato nell’arco di due giorni (nel gennaio di quest’anno) presso gli Arcana Studios di Nashville,e solo con l’aiuto al mix dell’acclamato Dave Sinko, il buon Jeff suona tutti gli strumenti, chitarra a 6 e 12 corde, banjo, armonica, tutte le tredici canzoni uscite dalla sua penna, di cui una in coabitazione con i figli Emerson e Zuzu (vedo che anche in America imperversa la ricerca di nomi strani ed improbabili).

Folklore è senza dubbio il suo disco più tradizionale fino ad oggi, basato su un progetto acustico, che permette alla voce e ai testi di essere sempre al centro della scena, a partire dalle iniziali Rider Coming, Folklore, Break The Ground, Hondy Do con in evidenza la melodia delle dodici corde, mentre il banjo accompagna la dolente Cages Of My Heart, per poi passare al folk recitativo di 63 Mercury Meteor. Lemonade è la breve filastrocca country composta con i figli, a cui fanno seguito le dolci ballate con armonica in sottofondo #10 Bus e No Quarter, passando poi alle atmosfere della tradizione dei monti Appalachi di Sing Together (in memoria di Pete Seeger) e Tom Domino (dove nel ritornello spunta un verso di un brano dei Rolling Stones), chiudendo con due meravigliose bonus tracks, Flat Car con una lacerante armonica ad accompagnare la voce di Jeff, e le noti finali di una triste Decoration Day.

Se non conoscete Jeff Black, questa è la giusta occasione di fare la sua conoscenza, perché  anche questo lavoro è un disco splendido, una collezione unica di grandi canzoni, introspettive e sofferte, scandite dal timbro della sua bellissima voce, accompagnate solamente dal “fingerpicking” della sua chitarra e dalla melodia  di un’armonica “morriconiana”, una musica intensa, personale e profonda, che non appartiene ad alcuna corrente o genere musicale, ma che è pura ed incontaminata, da cercare assolutamente (anche se purtroppo al solito è un CD autodistribuito, di difficile reperibilità).

Tino Montanari

“Giovane Per Sempre”, Ma Alla Fine Anche Lui Se Ne E’ Andato, A 94 Anni Si E’ Spento Pete Seeger!

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Peter (Pete) Seeger, nato e morto a New York, 3 maggio 1919 – 27 gennaio 2014, è stato uno dei più importanti musicisti dello scorso secolo e di uno scorcio di questo, attivista politico, autore di canzoni, per grandi e piccini, “socio” di Woody Guthrie, ha attraversato due guerre mondiali, è stato “comunista in America”, ecologista, pacifista, antesignano di Occupy Wall Street, voi pensatelo, lui lo ha fatto http://www.youtube.com/watch?v=ADtAU43MM14 . Ha scritto centinaia di canzoni e registrato decine di dischi, da solo o con gli Almanac Singers e i Weavers, ha influenzato un po’ tutti, da Dylan e i Byrds http://www.youtube.com/watch?v=W4ga_M5Zdn4a Joan Baez e Steve Earle, fino a Springsteen e Mellencamp http://www.youtube.com/watch?v=mt9jWoXmrLw . Sarebbe troppo lungo raccontare la sua parabola musicale, e quindi piuttosto che ridurmi a dire, come hanno fatto molti quotidiani italiani, che il suo contributo più significativo alla musica è stato quello di scrivere If I had a hammer, che in italiano diventò Datemi un martello di Rita Pavone!, preferisco ripubblicare quanto avevo scritto, sul finire del 2012, in occasione dell’uscita del suo ultimo disco, aggiornandolo con alcune foto significative più di mille parole (e qualche video) http://www.youtube.com/watch?v=QhnPVP23rzo . Mi sembra un epitaffio più dignitoso.

93 Anni E (Quasi) Non Sentirli! With Lorre Wyatt – A More Perfect Union

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Pete Seeger & Lorre Wyatt – A More Perfect Union – Appleseed Recordings/IRD

Nel 2008 aveva pubblicato At 89, chiaro riferimento alla sua età, l’anno successivo per il 90°, si è tenuto al Madison Square Garden un concerto commemorativo, The Clearwater Concert, dove appariva accanto ad una folla di cantautori accorsa per celebrare la sua carriera, da Springsteen a Mellencamp, Dave Matthews, Billy Bragg, Tom Morello, Roger McGuinn, Joan Baez, Ramblin’ Jack Elliott e moltissimi altri, tra i quali il figlio del suo vecchio sodale Woody, Arlo Guthrie. Proprio a Woody Guthrie, in contemporanea a questo A More Perfect Union, in occasione del centenario, Pete Seeger ha dedicato un doppio CD Pete Remembers Woody e per non farsi mancare nulla, a luglio, in quel di New York al Bryant Park, è apparso a firmare copie della sua autobiografia, arzillo come non mai e ha partecipato, naturalmente al movimento Occupy Wall Street http://www.youtube.com/watch?v=1y2SIIeqy34 .

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Il suo compagno di avventura in questo album è Lorre Wyatt, un folksinger molto più giovane di Seeger (bella forza direte voi!), ma che ha avuto notevoli problemi di salute a metà degli anni ’90 e ci ha messo quasi una quindicina di anni a riprendersi completamente dal “colpo”. Quindi “una bella accoppiata”, ma a dispetto delle premesse il disco è molto piacevole, tra favola, parabola e impegno politico, con una particolare attenzione per i più piccoli, che sia nelle tradizione musicale di Guthrie che di Seeger hanno sempre avuto una parte di rilievo nel repertorio affrontato, sia come fruitori che come piccoli canterini. Naturalmente ci sono degli “amici” anche più adulti in questo CD, a partire dal primo brano God’s Counting On me…God’s Counting On You, che dopo il primo verso cantato da Seeger e da un coro di bambini, vede la presenza di Bruce Springsteen http://www.youtube.com/watch?v=t1AuE-LoRe4 che si alterna con Lorre Wyatt e Seeger nel cantato del brano http://www.youtube.com/watch?v=GmoHJyUaVIQ  e non è la solita partecipazione “invisibile”, dove per sentire la voce dell’ospite devi indossare le cuffie e cercare di percepire la presenza dell’ospite nascosto in armonie vocali indecifrabili, invece in questo caso Bruce canta chiaramente più o meno metà della canzone (non saranno le Seeger Sessions, ma si lascia sentire), scritta a proposito del disastro ambientale nel Golfo del Messico del 2010, un tipico brano del repertorio di Seeger http://www.youtube.com/watch?v=cvnsB_kVNYI .

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Il folksinger si accompagna con l’immancabile banjo e la voce è quella che è, diciamo vissuta, nel folk-blues Old Apples, dopo il primo verso lascia spazio a Wyatt che ha ancora una bella voce a dispetto dei problemi fisici e si fa aiutare dal bel baritono di Jeff Haynes, mentre una bella slide lavora di fino nel tessuto sonoro delle retrovie. Ottima Keep The Flame Alive, con l’alternanza tra le voci di Wyatt e Seeger, mentre Memories Out of Mud, un duetto tra Wyatt e Dar Williams, accompagnati da un tappeto di percussioni ha un sapore quasi etnico, fino alla citazione del clarinetto del tema di When The Saints Go Marching In. Nella lunga title-track A More Perfect Union, un brano fatto e finito, con basso, batteria e sax ad aggiungersi alla parca strumentazione acustica abituale, e la partecipazione di Tom  Morello alla chitarra e voce,  gli arrangiamenti sono quasi sofisticati, nella loro semplicità.

seeger baez springsteen morello

The Old Man Revisited scandita dal banjo di Seeger vede l’alternarsi delle voci di Dar Williams, di nuovo, Steve Earle e Lorre Wyatt, con quell’andatura della filastrocca folk che ha sempre caratterizzato il miglior folk, anche didattico. These days in Zimbabwe solo percussioni e la voce di Wyatt è un po’ una “palla”, mentre in Somebody’s Else’s Eye si apprezza anche lo scorrere del tempo nella fragilità della voce di Seeger che non demorde, accompagnato dal violino in sottofondo di Sara Milonovich. Strange Lullabye, come da titolo, è una fragilissima ninna-nanna accapella per bimbi di tutte l’età. Somos El Barco/We Are The Boat è la canzone più famosa di Lorre Wyatt che è stata incisa in passato da Peter, Paul & Mary, Holly Near e dallo stesso Seeger, qui viene ripresa in una versione corale con la bellissima voce di Emmylou Harris a fare da guida http://www.youtube.com/watch?v=r1rKxRXkukU . Gli ospiti finiscono qui, ma non le canzoni, ci sono favolette simpatiche e didattiche, su gatti e cani parlanti, come Howling For Our Supper, ballate struggenti come Fields Of harmony e una A Toast of The Times ancora combattiva nonostante il tempo che passa. Un disco onesto e (quasi) bello per un signore di 93 anni, che non ha ancora deciso di appendere il banjo al chiodo. Una leggenda del folk e molti amici per una piacevole oretta senza tempo, Forever Young, come ha cantato nel tributo a Dylan http://www.youtube.com/watch?v=Ezyd40kJFq0 !

Bruno Conti

Novità Di Settembre Parte IIc. Roy Harper, Laura Cantrell, Sarah Jarosz, Alan Jackson, Bill Callahan, Live At Caffè Lena

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Avevo promesso una terza ed ultima parte sulle uscite discografiche del mese di settembre (ottobre ormai è alle porte) ed eccola qua, tra una recensione, una anticipazione a lunga gittata e news varie, questa volta parliamo di titoli proprio da “carbonari”, outsiders se preferite, alcuni di gran classe, e per qualcuno di questi dischi, insieme ad altri, già in lavorazione, non escludo dei Post ad hoc.

Ma partiamo con uno dei “grandi vecchi” della musica inglese, che sta vivendo una seconda, terza giovinezza, parlo di Roy Harper che con questo Man & Myth ha pubblicato un disco che non ha nulla da invidiare ai capolavori della sua lontana giovinezza, quando nei suoi dischi suonava gente come gli amici Jimmy Page e David Gilmour (e lui avrebbe ricambiato cantando Have A Cigar in Wish You Were Here e ricevendo un sentito omaggio come Hats Off To Roy in Led Zeppelin III). Ed ora a 47 anni dal primo album Sophisticated Beggar e a 13 dall’ultimo di studio The Green Man, esce questo nuovo CD, registrato in studio, il 22°, più una serie infinita di dischi dal vivo, antologie, raccolte di rarità, ripubblicate quasi tutte nel corso degli anni 2000 dalla Science Friction, la sua etichetta. (Ri)scoperto  prima da Joanna Newsom, poi da una schiera infinita di musicisti americani ed inglesi che lo hanno riconosciuto come fonte di ispirazione, e, last but not least, da Jonathan Wilson, suo compagno di etichetta alla Bella Union (a proposito, il nuovo disco Fanfare, esce il 15 ottobre), che lo ha ospitato nei suoi Fivestar Studios a Echopark dove sono stati registrati 4 dei sette brani di Man and Myth (titolo perfetto). In Cloud Cuckooland c’è Pete Townshend alla chitarra solista. Sono “solo” sette canzoni, ma una dura più di 15 minuti (caratteristica anche dei vecchi album di Roy Haper, che spesso avevano brani che duravano una intera facciata dei vecchi vinili). Il disco è uscito tra le recensioni trionfali delle varie riviste musicali specializzate, album del mese su Uncut, e minimo, recensioni da 4 stellette. Magari farò una bella recensione comparativa riportando i giudizi di tutta la stampa, anche il “mio” Buscadero ha dato 4 stellette meritate!

Di Laura Cantrell avevo citato in questa rubrica il precedente album Kitty Wells Dresses, uscito nel 2011 e anche se dei quattro precedenti dischi di studio il migliore rimane il primo, Not The Tremblin’ Kind, pubblicato nel 2000 (e citato da John Peel come il suo disco preferito della decade in corso e forse in assoluto di sempre), questo No Way There From Here si avvicina molto alla qualità di quel primo lavoro, tra roots rock, un country-folk che ricorda, anche nella voce, i lavori di Nanci Griffith o, per certi versi, Laura Veirs. Insomma una brava. Solita etichetta Spit and Polish non di facilissima reperibilità, ma si trova, è uscito, come il precedente di Roy Harper, questa settimana, il 24 settembre.

Sempre martedì, per la Sugar Hill, è uscito anche il terzo album della giovanissima (22 anni) Sarah Jarosz, polistrumentista, banjo, chitarra e mandolino, bravissima cantante, potrebbe essere la nuova Alison Krauss, se l’altra non fosse viva e vegeta e sempre in azione con ottimi dischi. Il nuovo CD della Jarosz si intitola Build Me Up From Bones e vede la partecipazione di molti musicisti di pregio, a partire dal fratello maggiore della appena citata Alison, Victor Krauss, grande contrabbassista, ma ci sono anche Jerry Douglas, Dan Dugmore, Kenny Malone, Aoife O’Donovan, Kate Rusby, Darrell Scott, Chris Thile e brani tratti dal repertorio di Dylan (una ottima Simple Twist Of fate) e Joanna Newsom (The Book Of Right-on), oltre a 9 brani firmati dalla stessa Sarah che si conferma anche brava autrice. Proprio un bel dischetto, se vi piacciono i nomi citati.

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Alan Jackson, uno dei dei “re” della country music, dopo quasi 25 anni di carriera, il primo album è del 1989, approda a The Bluegrass Album, e per una volta il titolo dice tutto. Dopo i due album dedicati al country gospel, Precious memories vol.2 è uscito da pochissimo, alla fine di marzo, il nostro amico Alan, con cappello e tutto, approda dall’altro lato di Nashville e pubblica un disco di Bluegrass, ma a parte un omaggio ai classici, Bill Monroe (Blue Moon Of Kentucky), e uno agli innovatori, The Dillards (There Is A Time), il resto è quasi tutto scritto dallo stesso Jackson o comunque per l’occasione da altri autori. Non ci sono nomi notissimi, a parte il produttore Keith Stegall ma il risultato, pubblicato dalla EMI Music Nashville/Universal e in uscita sempre martedì 24, è molto buono!

Bill Callahan nel 2005 ha sciolto gli Smog e dato vita ad una carriera di cantautore che ora nel 2013 approda al 5° album solista, questo Dream River, uscito il 17 settembre per la Drag City. IL disco, suono scarno ed immediato è probabilmente il suo migliore in assoluto e tra i più validi usciti in questo scorcio di stagione. Sono otto brani per un totale di 40 minuti di musica ai quali la rvista inglese Mojo ha assegnato le fatidiche 5 stellette, gran bel disco.

Confesso che fino a qualche giorno fa ignoravo l’esistenza del Caffé Lena (proprio scritto all’italiana) a Saratoga Springs, New York. Pare che si tratti della più antica coffeehouse americana dove si fa ancora musica. Il locale di proprietà di Lena Spencer (da qui il nome) ha aperto nel lontano 1960 e ora l’etichetta Tompkins Square pubblica questa cofanetto triplo, con libro fotografico accluso a cura di Joe Alper, che raccoglie oltre 40 anni di registrazioni inedite dei vari musicisti folk (e non solo) che si sono succeduti sul piccolo palco nel corso dei lustri. E’ la lista è impressionante:

Live At Caffè Lena: Music From America’s Legendary Coffeehouse, 1967-2013 3CD

DISC ONE
01 Intro by Lena Spencer / Guy Carawan Cripple Creek 1970
02 Hedy West Shady Grove 1968
03 Intro by Lena Spencer / Sleepy John Estes Holy Spirit 1974
04 Frank Wakefield and Friends Will The Circle Be Unbroken 1971
05 Jean Ritchie West Virginia Mine Disaster 1969
06 Billy Faier Hunt The Wren 1967
07 Greenbriar Boys Hit Parade of Love 1968
08 Mike Seeger O Death 1971
09 Jacqui and Bridie Hello Friend 1974
10 Tom Paxton Morning Again 1968
11 David Amram Little Mama 1974
12 Patrick Sky Reality Is Bad Enough 1971
13 Rosalie Sorrels Travelin’ Lady 1974
14 Smoke Dawson Devil’s Dream 1968
15 Utah Phillips The Green Rolling Hills of West Virginia 1974
16 Michael Cooney Thyme It Is A Precious Thing 1974
17 Kate McGarrigle and Roma Baran Caffè Lena 1972

DISC TWO
01 Intro by Lena Spencer / Dave Van Ronk Gaslight Rag 1974
02 Jerry Jeff Walker Mr. Bojangles 1968
03 Barbara Dane Mama Yancey’s Advice / Love With a Feeling 1968
04 Roy Book Binder Ain’t Nobody Home But Me 1974
05 Intro by Lena Spencer / David Bromberg The Holdup 1972
06 Ramblin’ Jack Elliott Pretty Boy Floyd 1992
07 Arlo Guthrie City of New Orleans 2010
08 Aztec Two Step The Persecution and Restoration of Dean Moriarty 1989
09 Happy And Artie Traum Trials Of Jonathan 1974
10 Rick Danko It Makes No Difference 1988
11 Paul Geremia Something’s Gotta Be Arranged 1989
12 Robin and Linda Williams S-A-V-E-D 1987
13 John Herald Ramblin’ Jack Elliott 1991
14 Pete Seeger Somos El Barco (We Are the Boat) 1985

DISC THREE
01 Sarah Lee Guthrie and Johnny Irion Folksong 2013
02 Anais Mitchell Wedding Song 2013
03 Bill Morrissey The Last Day Of The Furlough 1990
04 Patty Larkin Island Of Time 1992
05 Greg Brown Flat Stuff 1989
06 Mary Gauthier I Drink 2013
07 Sean Rowe Old Black Dodge 2013
08 Tom Chapin Cats In The Cradle 1987
09 Intro by Lena Spencer / Christine Lavin It’s A Good Thing He Can’t Read My Mind 1987
10 Bill Staines Sweet Wyoming Home 1990
11 Bucky and John Pizzarelli I Like Jersey Best 1989
12 Rory Block That’s No Way To Get Along 1989
13 Chris Smither Killing The Blues 1989
14 Tift Merritt Traveling Alone 2013
15 John Gorka Down In The Milltown 1990
16 Lena Spencer Dear Little Cafe 1972

Anche per oggi è tutto, domani incominciano la pubblicazione, vista la lunghezza, a puntate domenicali, come nei vecchi romanzi d’appendice o nei supplementi festivi, e in netto anticipo sull’uscita prevista per il 5 novembre, di un vasto resoconto dedicato da Marco Verdi al cofanetto di Bob Dylan The Complete Albums Collection Vol. One.

Bruno Conti

Cofanetti e Cofanettini, Presenti e Imminenti! Ghost Brothers Of Darkland Country/Stephen King/John Mellencamp/T-Bone Burnett – ZZ Top The Complete Studio Album 1970-1990 – Woody Guthrie At 100 – Live At The Kennedy Center

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Tre uscite interessanti, in formati multipli, box sets o CD+DVD e notizie collegate.

Ghost Brothers Of Darkland Country – CD+DVD Hear Music/Concord/Universal 04-06-2013 USA – 11-06-2013 EU – 25-06-2013 ITA

In Italia esce tre settimane in ritardo rispetto al mercato americano ma non ci meravigliamo, d’altronde il progetto è in gestazione da parecchi anni e sarebbe dovuto uscire, secondo gli ultimi avvistamenti, il 19 marzo di quest’anno. Si tratta di un musical “gotico-sudista”, la parte letteraria è affidata a Stephen King, e pare non fosse eccelsa, da qui il ritardo, ma essendo lo scrittore americano un grande appassionato di musica ha coinvolto nella lavorazione anche John Mellencamp, che ha scritto musica e testi e T-Bone Burnett, che ha curato la direzione musicale e ha prodotto il disco, perchè, volendo, ne esiste anche una versione singola, solo con le canzoni e degli estratti del recitato che è a cura di Kris Kristofferson, Meg Ryan, Matthew McConaughey, Samantha Mathis, Elvis Costello, che sono il cast del musical o della mini-opera, come volete chiamarla.

Nella parte cantata invece abbiamo, come da lista dei brani completa, intermezzi parlati compresi:

Disc: 1
1. Introduction By The Zydeco Cowboy
2. That s Me (Performed by Elvis Costello)
3. Anna and Frank Badmouthing Drake
4. That s Who I Am (Performed by Neko Case)
5. The Ghosts Argue and Fight
6. So Goddam Smart (Performed by Dave Alvin, Phil Alvin, Sheryl Crow)
7. Monique and Anna Meet
8. Wrong, Wrong, Wrong About Me (Performed by Elvis Costello)
9. Frank and Drake Argue
10. Brotherly Love (Performed by Ryan Bingham, Will Dailey)
11. Monique, Frank, Drake, and Anna Argue
12. How Many Days (Performed by Kris Kristofferson)
13. The Ghosts Talk (Dialog Underscoring: Patrick Fleming)
14. Home Again (Performed by Sheryl Crow, Dave Alvin, Phil Alvin, Taj Mahal)
15. Monique Comforts Drake
16. You Are Blind (Performed by Ryan Bingham)
17. Joe Begins To Tell His Story
18. Tear This Cabin Down (Performed by Taj Mahal)
19. Joe Continues His Story
20. My Name Is Joe (Performed by Clyde Mulroney)
21. Jenna Expresses Her Feelings
22. Away From This World (Performed by Sheryl Crow)
23. Monique Frustrated With The Boys
24. You Don t Know Me (Performed by Rosanne Cash)
25. Joe Continues As The Ghosts Observe (Dialog Underscoring: Patrick Fleming)
26. And Your Days Are Gone (Performed by Sheryl Crow, Dave Alvin, Phil Alvin)
27. Jack And Andy Fight Over Jenna
28. Jukin (Performed by Sheryl Crow)
29. Jack And Andy Argue And Fight
30. So Goddam Good (Performed by Phil Alvin, Dave Alvin, Sheryl Crow)
31. Joe Talks With His Younger Self
32. What Kind Of Man Am I (Performed by Kris Kristofferson, Phil Alvin, Sheryl Crow, Dave Alvin, Taj Mahal)
33. The Shape Sums Things Up
34. Truth (Performed by John Mellencamp with Lily and Madeleine Jurkiewicz)
35. Joe Talks With The Bartender 

Della parte musicale si parla molto bene, anche se Mellencamp canta solo in un brano, il progetto letterario ha entusiasmato meno, ma sentirò bene per giudicare.

ZZ Top – The Complete Studio Albums 1970-1990 – Box 10 CD Rhino/Warner – 11-06-2013

Questo esce in contemporanea all over the world, a prezzo speciale, la settimana prossima e sono i dieci album pubblicati dalla band texana nel periodo del loro contratto con la Warner, e quindi, senza bonus o extra, comprende i seguenti dischi:

ZZ Top’s First Album (1971)
Rio Grande Mud (1972)
Tres Hombres (1973)
Fandango! (1975)
Tejas (1976)
Degüello (1979)
El Loco (1981)
Eliminator (1983)
Afterburner (1985)
Recycler (1990)

Woody Guthrie at 100! Live At The Kennedy Center – CD+DVD Sony Legacy 11-06-2013 UK 18-06-2013 USA – ??? ITA

Questa è la uscita più sorprendente, perché inattesa. Si tratta del concerto registrato il 14 ottobre dello scorso anno al Kennedy Center di Washington, DC per festeggiare il centenario della nascita di Woody Guthrie, a tre mesi dalla data di nascita, che era il 14 luglio. Lo spettacolo verrà trasmesso, in contemporanea all’uscita discografica dalla PBS Television, con otto brani in meno. Ovviamente anche le date di uscite discografiche e spettacoli vari non c’entrano nulla con il compleanno di Guthrie, ma è proprio lì il bello, sarebbe troppo semplice uscire alle date giuste. In ogni caso, questa è la lista completa:

CD:

  1. Howdi Do – Old Crow Medicine Show
  2. Union Maid – Old Crow Medicine Show
  3. Ramblin’ Reckless Hobo – Joel Rafael
  4. Hard Travelin’ – Jimmy LaFave
  5. Riding In My Car – Donovan
  6. I Ain’t Got No Home – Rosanne Cash with John Leventhal
  7. Pretty Boy Floyd – Rosanne Cash with John Leventhal
  8. I’ve Got To Know – Sweet Honey In The Rock
  9. House Of Earth – Lucinda Williams
  10. Pastures Of Plenty – Judy Collins
  11. Ease My Revolutionary Mind – Tom Morello
  12. Deportee – Ani DiFranco with Ry Cooder and Dan Gellert
  13. You Know The Night – Jackson Browne
  14. So Long, It’s Been Good To Know Yuh – Del McCoury Band with Tim O’Brien
  15. Woody’s Rag – Del McCoury Band with Tim O’Brien and Tony Trischka
  16. Do Re Mi – John Mellencamp
  17. 1913 Massacre – Ramblin’ Jack Elliott
  18. This Train Is Bound For Glory – All Performers
  19. This Land Is Your Land – All Performers

 

DVD:

 

  1. Howdi Do – Old Crow Medicine Show *
  2. Union Maid – Old Crow Medicine Show
  3. This Is Our Country Here – Jeff Daniels *
  4. Ramblin’ Reckless Hobo – Joel Rafael
  5. Hard Travelin’ – Jimmy LaFave *
  6. Riding In My Car – Donovan
  7. I Ain’t Got No Home – Rosanne Cash with John Leventhal *
  8. Pretty Boy Floyd – Rosanne Cash with John Leventhal
  9. I’ve Got To Know – Sweet Honey In The Rock
  10. House Of Earth – Lucinda Williams
  11. Pastures Of Plenty – Judy Collins *
  12. Ease My Revolutionary Mind – Tom Morello
  13. Deportee – Ani DiFranco with Ry Cooder and Dan Gellert
  14. I Hate A Song (spoken word) – Jeff Daniels *
  15. You Know The Night – Jackson Browne
  16. So Long, It’s Been Good To Know Yuh – Del McCoury Band with Tim O’Brien
  17. Woody’s Rag – Del McCoury Band with Tim O’Brien and Tony Trischka *
  18. Do Re Mi – John Mellencamp
  19. 1913 Massacre – Ramblin’ Jack Elliott *
  20. Nora Guthrie (spoken word)
  21. This Train Is Bound For Glory – All Performers
  22. This Land Is Your Land – All Performers

* Bonus track does not appear in televised PBS special

Il DVD contiene anche materiale raro relativo a performances dello stesso Guthrie, un documentario e interviste varie.

Sembra più che intereressante, peccato che non sia mai uscito a livello ufficiale il concerto che era stato fatto per festeggiare il 90° compleanno di Pete Seeger al Madison Square Garden di New York: per l’occasione c’erano Bruce Springsteen, John Mellencamp, Ani DiFranco, Emmylou Harris, Joan Baez, Dave Matthews, Tom Morello, Arlo Guthrie, Bruce Cockburn, Taj Mahal, McGarrigle Sisters, Steve Earle, Billy Bragg e tantissimi altri. Il tutto è durato più di quattro ore e mezza. Sono passati 4 anni, era il 2009, ma speriamo ci ripensino, come diceva il maestro Manzi “Non è mai troppo tardi!”, anche se alcuni, Kate McGarrigle e Richie Havens, non ci sono più. Per la serie le notizie collegate, nei prossimi giorni, mi devo ricordare di parlare giustappunto del doppio tributo a Kate McGarrigle, intitolato Sings Me The Songs: Celebrating The Works of Kate McGarrigle, curato con amore da Joe Boyd  e con la partecipazione di parenti ed amici, un cast fantastico, ma ne parliamo prossimamente.

Alla prossima.

Bruno Conti