Gordon Lightfoot – Solo – Early Morning/Warner CD
Una delle sorprese discografiche di questo inizio 2020 è senz’altro il ritorno di Gordon Lightfoot, grande songwriter canadese (non amo il termine “leggendario” perché viene spesso usato a sproposito, ma per lui potrei anche fare un’eccezione) che era fermo a Harmony del 2004, e da più parti si pensava che si fosse ritirato almeno per quanto riguardava la proposta di nuova musica (l’età avanzata, a novembre saranno 82 anni, aiutava questo pensiero) dato che dal vivo aveva smesso di esibirsi solo in presenza di periodici problemi di salute. Solo è il titolo del nuovo album del cantautore dell’Ontario, un titolo che lascia intuire la struttura del disco, che vede infatti l’esclusiva presenza di Gordon e della sua chitarra acustica ad intrattenerci forse per l’ultima volta (almeno in studio) con dieci composizioni nuove di zecca. Stimato da una lunghissima serie di colleghi (anche Bob Dylan è un suo fan), Lightfoot è sempre stato un songwriter di base folk, che ha spesso costruito le sue canzoni intorno alla chitarra anche nel periodo più “pop” a cavallo tra gli anni settanta e gli ottanta, ma un disco totalmente in solitaria non lo aveva mai fatto.
Chiaramente Solo è un lavoro rivolto ai fan di Gordon (chi compra oggi un disco voce e chitarra?), ma nonostante questo non è facile per nessuno tenere alta l’attenzione con una veste sonora così spartana: questo però non è un problema per il nostro, che negli anni ha dimostrato di saper scrivere canzoni di “discreto” livello (e poi di tempo dal 2004 ad oggi ne ha avuto), ed in più ha avuto la furbizia di contenere la durata complessiva in poco più di mezz’ora, con brani che non arrivano mai a quattro minuti. Solo non è il nuovo Nebraska (ma neppure American Recordings di Johnny Cash), ma è comunque un bel dischetto di puro folk, con Lightfoot che ha conservato un timbro di voce perfettamente adeguato alla bisogna, un album che già dalle prime note di Oh So Sweet (una cristallina folk ballad che rimanda ai primi passi degli anni sessanta) ci fa capire che siamo di fronte ad un artista per niente arrugginito. E-Motion vede Lightfoot strimpellare la chitarra in modo forte e deciso, con la melodia che si insinua tra le pieghe del suono creando un brano dal buon pathos, Better Off è dotata di un motivo molto discorsivo, del tipo che Gordon scrive con estrema facilità, mentre Return Into Dust è contraddistinta da un bell’arpeggio in fingerpicking e ha il passo dei classici del nostro, il quale dimostra di essere ancora in grado di emozionare.
Do You Walk, Do You Talk e Just A Little Bit sono entrambe strutturate con una lunga serie di domande messe in musica, ma mentre la prima è scandita da un’ideale cadenza ritmica che fa venire voglia di tenere il tempo con le mani, la seconda sembra riportare indietro le lancette ai primi sixties, quando il Village era il centro del mondo ed il folk revival era il genere di tendenza (anche se Lightfoot non ha mai fatto parte della scena newyorkese). Molto bella anche Easy Flo, resa ancora più toccante dalla voce che qui mostra qualche crepa, mentre Dreamdrift è tesa ed affilata e vede Gordon cantare in una tonalità più alta e tentare anche di fischiettare (in questo caso senza grande successo); chiudono il CD la vivace ed orecchiabile The Laughter We Seek e l’intensa Why Not Give It A Try, terzo brano nel quale il nostro si rivolge all’ascoltatore con una serie di domande.
Forse Solo non conterrà le nuove Early Mornin’ Rain, Sundown o If You Could Read My Mind, ma se sarà l’ultimo lavoro di Gordon Lightfoot sarà comunque un congedo fatto con classe e delicatezza.
Marco Verdi