Altri Dischi Dal Vivo, Sempre Quasi Ufficiali! The Band, Stephen Stills, David Crosby, Bonnie Raitt and Lowell George, Ry Cooder, James Taylor, Tom Waits, Santana, Gram Parsons, Janis Joplin

the band palladium circles the band carter barrom

Dopo il numero speciale dedicato al triplo di Bruce Springsteen vediamo gli altri titoli più interessanti, diciamo quasi ufficiali, usciti o di prossima uscita, in questo periodo. Non vi indico le date in quanto trattandosi di etichette “ballerine” non sempre sono molto attendibili, la qualità sonora è spesso e volentieri molto buona ed il contenuto pure, trattandosi quasi sempre di broadcast radiofonici. Non dimentichiamo che i potenziali acquirenti di questi prodotti sono appassionati che il più delle volte posseggono l’opera omnia degli artisti interessati e quindi certamente non danneggiano le case discografiche e gli artisti stessi, al limite quelli che ne beneficiamo sono i misteriosi personaggi alle spalle di queste operazioni. Comunque visto che si tratta di buona musica, ed in questo Blog è quello che ce interessa, procediamo con la disamina, partendo da ben due titoli dedicati alla Band.

The Band – Palladium Circles: The Classic NYC Broadcast 1976 – Iconography

The Band Carter Barron Amphitheater, Washington DC, July 17th 1976 – Keyhole

Entrambi i concerti provengono più o meno dallo stesso periodo, gli ultimi mesi di vita del gruppo di Robbie Robertson, Levon Helm, Rick Danko, Garth Hudson Richard Manuel, un paio di mesi prima della registrazione del “mitico” The Last Waltz, e il repertorio delle serate, pur presentando parecchi punti in comune è differente nei due CD, oltre che nelle esecuzioni, quindi niente timore, non si tratta di duplicati dello stesso concerto (come può capitare in questo materiale di dubbia provenienza, dove la “fregatura” potrebbe essere proprio nel fatto che, in alcuni casi, sono gli stessi concerti, sia pure con titoli diversi, ma non è questo il caso). Questo il contenuto dei due concerti:

Palladium, New York City https://www.youtube.com/watch?v=cNk2G8SxzaA

1. Ophelia
2. The Shape I’m In
3. It Makes No Difference
4. The Weight
5. King Harvest
6. Twilight
7. The Night They Drove Old Dixie Down
8. Across The Great Divide
9. Stage Fright
10. Acadian Driftwood
11. The Genetic Method
12. Chest Fever
13. This Wheel’s On Fire
14. Don’t Do It
15. Up On Cripple Creek
16. Life Is A Carnival
17. W.S. Walcott Medicine Show

Carter Barron, Washington DC https://www.youtube.com/watch?v=qNNSYrMix8k

1. Don’t Do It
2. The Shape I’m In
3. It Makes No Difference
4. The Weight
5. King Harvest (Has Surely Come)
6. Twilight
7. Ophelia
8. Tears Of Rage
9. Forbidden Fruit
10. This Wheel’s On Fire
11. The Night They Drove Old Dixie Down
12. The Genetic Method
13. Chest Fever
14. Up On Cripple Creek
15. The W.S. Walcott Medicine Show

stephen stills bread & roses festival

Stephen Stills- Bread And Roses Festival 04-09-1978 – Klondike

Si tratta di una rara apparizione acustica al Festival benefico organizzato da Mimi Farina, la sorella di Joan Baez, e tenuto al Greek Theater di Berkeley https://www.youtube.com/watch?v=78DMXbhsuUk . Da Thoroughfare Gap, che era il non proprio fantastico disco uscito in quel periodo, per fortuna ci sono solo due brani:

1. Love The One You’re With
2. Not Fade Away
3. One Moment At A Time
4. Everybody’s Talkin’
5. 4+20
6. Colorado
7. Take Me Back To Ohio Valley
8. Jesus Gave Love Away For Free
9. Fallen Eagle
10. Old Man Trouble
11. Thoroughfare Gap
12. Medley: Crossroads/You Can’t Catch Me
13. 49 Bye Byes/For What It’s Worth

david crsoby towering inferno 1989

David Crosby – Towering Inferno: The 1989 Broadcast – Gossip

Molto buono anche questo concerto di Crosby, tenuto al Tower Theatre di Philadelphia l’8 aprile del 1989. Accompagnato da una ottima band: Michael Finnigan (keyboards), Dan Dugmore (guitar), Jody Cortez (drums), e Davey Faragher (bass/vocals), questa è la tracklist della serata:

1. Tracks In The Dust
2. Guinnevere
3. Dreams
4. Drive My Car
5. Lady Of The Harbour
6. Deja Vu
7. Wooden Ships
8. Almost Cut My Hair https://www.youtube.com/watch?v=eec9hE-WZ0k
9. Long Time Gone

bonnie raiit lowell george ultrasonic studios 1972

Bonnie Raitt And Lowell George – Ultrasonic Studios 1972 – Iconography

Questa è una vera chicca, una session agli studi Ultrasonic di NYC nel 1972, con Bonnie Raitt accompagnata alla chitarra da Lowell George, che alla richiesta del presentatore della serata di eseguire Willin’ propone una nuovissima per l’epoca (siamo ancora negli anni della guerra del Vietnam) A Apolitical Blues. Ospite della serata anche John Hammond e Freebo al basso. Questa la sequenza dei brani:

https://www.youtube.com/watch?v=1GALqVg3biE

1. Intro
2. Love Me Like A Man
3. Under The Falling Sky
4. Love Has No Pride
5. Going Down To Louisiana
6. Can’t Find My Way Home
7. Big Road Blues
8. You Got To Know How
9. Apolitical Blues
10. Riding In The Moonlight
11. As The Years Go By
12. All Night Long
13. I Can’t Be Satisfied
14. The Sky Is Crying
15. Honest I Do
16. It’s Too Late

ry cooder broadcast from the plant 1974

Ry Cooder – Broadcast From The Plant: 1974 Record Plant, Sausalito, CA – All Access

Altro eccellente reperto d’epoca, Ry Cooder ai celeberrimi Record Plant Studios di Sausalito, con Russ Titelman al basso e Jim Keltner alla batteria, più Milt Holland – percussion, drums Bobby King – backing vocals Gene Mumford – backing vocals Cliff Givens – backing vocals, in promozione radiofonica per l’album Paradise And Lunch, ci regala una delle migliori performances di una sfolgorante carriera (a dimostrazione che questi album spesso sono delle vere pepite d’oro, scovate negli archivi o riprese, migliorate, da vecchi bootleg). Grande repertorio:

1. Police Dog Blues
2. F.D.R. In Trinidad
3. If Walls Could Talk
4. Tamp ‘Em Up Solid
5. Ax Sweet Mama
6. Billy The Kid
7. Vigilante Man
8. How Can A Poor Man Stand Such Times And Live https://www.youtube.com/watch?v=i8mOF332uwQ
9. Tattler
10. Comin’ In On A Wing And A Prayer
11. Alimony
12. Teardrops Will Fall
13. I’m A Pilgrim

james taylor georgia on my mind live in atlanta 1981

James Taylor – Georgia On My Mind: Live In Atlanta 1981 – Iconography

Questo titolo in particolare è dato in uscita il 18 agosto: si tratta di un concerto di James Taylor non più nel periodo d’oro (i capelli cominciano ad andarsene) ma sempre una buona annata, 1981, non so il giorno esatto, Atlanta Civic Center, nel corso del tour promozionale per il disco Dad Loves Is Work, buono ma non esattamente eccelso, però il concerto è nobilitato anche dalla ottima band che accompagna James: Dan Dugmore e Waddy Wachtel alle chitarre, Leland Sklar basso, Don Grolnick tastiere, Rick Marotta batteria, David Lasley e Arnold McCuller, armonie vocali, più John David Souther che canta con James Taylor una fantastica versione di Her Town Too https://www.youtube.com/watch?v=CQR1In6lGCg , forse il brano migliore di quel disco. Il resto non è da meno:

1. How Sweet It Is
2. Stand And Fight
3. Up On The Roof
4. Fire And Rain
5. Steamroller
6. Daddy’s All Gone
7. Her Town Too
8. Mexico
9. Country Road
10. Money Machine
11. You’ve Got A Friend

tom waits a s mall affair in ohio

Tom Waits – A Small Affair In Ohio: FM Radio Broadcast, Live In Cleveland, 1977 – All Access

Altro notevole concerto, registrato il 25 ottobre del 1977 all’Agora Ballroom di Cleveland https://www.youtube.com/watch?v=UeHUZt6cwLU , per promuovere Foreign Affairs, ma come era spesso (ed è tuttora) vezzo di questi grandi artisti il grosso del repertorio della serata viene dal precedente Small Change:

1. Standing On The Corner
2. I Never Talk To Strangers
3. The One That Got Away
4. Depot, Depot
5. Jitterbug Boy
6. Step Right Up
7. Invitation To The Blues
8. Eggs & Sausage
9. Small Change
10. I Can’t Wait To Get Off Work

santana live at the ryanearson stadiumsantana live at the bootom line 1978

Santana – Live At The Rynearson Stadium, Ypsilanti MI 25TH May 1975 – Klondike

Santana – Live At The Bottom Line 1978: Radio Broadcast Recording – All Access

Un’altra accoppiata di concerti, questa volta relativi ai Santana, in entrambi i casi non siamo più nel periodo migliore della band del grande Carlos, ma soprattutto nel primo concerto, registrato nel 1975, l’anno dopo il grande Lotus, ci sono sprazzi della vecchia classe. Il nome della località è esotico ma siamo nel Michigan, nel concerto appare una rara Time Waits For No One https://www.youtube.com/watch?v=KBYbD62hOEY , un paio di brani da Borboletta, Soul Sacrifice dal primo album e i classici Black Magic Woman, Oye Como Va e Incident At Neshabur, canta tale Leon Patillo, Tom Coster, tastiere, Leon Ndugu Chancler, batteria, David Brown, basso, Armando Peraza, percussioni:

01 – Black Magic Woman
02 – Gypsy Queen
03 – Oye Como Va
04 – Time Waits For No One
05 – Give And Take
06 – Incident At Neshabur
07 – Savor
08 – Soul Sacrifice

Tre anni dopo, al leggendario Bottom Line di New York, 16 ottobre 1978, il disco da promuovere è Moonflower e pure questa serata sembra riuscita:

1. Well Alright
2. Black Magic Woman/Gypsy Queen
3. Dance Sister Dance
4. Europa
5. Dealer/Spanish Rose
6. Incident At Neshabur
7. Batuka/No One To Depend On
8. One Chain
9. She’s Not There
https://www.youtube.com/watch?v=wvcjlmxTeG8

10. Open Invitation
11. Jungle Strut
12. Transcendence
13. Evil Ways

gram parson featuring emmylou harris live new york 1973

Gram Parsons – Live New York 1973 featuring Emmylou Harris 2 CD Nova Sales

Questo il contenuto:

  1. Cry One More Time
  2. Six Weeks on the Road
  3. Streets of Baltimore
  4. Drug Store Truck
  5. California Cottonfields
  6. Love Hurts
  7. That’s All It Took
  8. We’ll Sweep Out the Ashes
  9. The New Soft Shoe
  10. Big Mouth Blues
  11. A Song for You
  12. We’ll Sweep Out the Ashes in the Morning
  13. Cold Cold Heart
  14. Still Feeling Blue
  15. That’s All It Took
  16. Folsom Prison Blues
  17. How Can I Forget You / Cry One More Time
  18. Ain’t No Beatle, Ain’t No Rolling Stone
  19. Song for You

Difficile capire l’esatta provenienza, visto che in passato sia la Rhino che la Sierra hanno pubblicato materiale di quel periodo. comunque molto interessante.

janis joplin on television

Per concludere con un extra, questo Janis Joplin On Television è pubblicato dalla Immortal, quindi c’è sia in CD che in DVD. Poco più di mezz’ora la durata, ma come si rileva dal retro copertina sembra materiale interessante anche in questo caso:

https://www.youtube.com/watch?v=jXlP7PyaHdA

https://www.youtube.com/watch?v=AC1TNgAx4AI

janis joplin on television back cover

That’s all, prossima lista, uscite imminenti agosto e inizio settembre, oltre alle recensioni che mancano all’appello.

Bruno Conti

Cantautore O Produttore? Joe Henry – Invisible Hour

joe henry invisble hour

Joe Henry – Invisible Hour – Work Song/ Ear Music/Edel Records

Lo ammetto, sono un “fan” di lunga data di Joe Henry (cognato di Madonna, ha sposato la sorella Michelle, ma non è una colpa), dai tempi dell’esordio con Talk Of Heaven (86), e l’ho seguito negli anni, mentre uscivano Murder Of Crows (con Mick Taylor e Chuck Leavell) (89), lo splendido ma poco considerato Shuffletown (90) (andatevi a risentire la traccia iniziale Helena By The Avenue https://www.youtube.com/watch?v=l2nDnE4LQS8 ),  e poi ancora Short Man’s Room (92) accompagnato dai Jayhwaks, e Kindness Of The World (93), i due lavori più influenzati dal suono americana, la trilogia Trampoline (96), Fuse (99) e Scar (01); poi Joe ha firmato per la Anti Records e le cose sono cambiate, con un disco dal suono molto personale come il geniale Tiny Voices (03), e le raffinate incisioni dell’ultimo periodo con Civilians (07) con Bill Frisell e  Van Dyke Parks, Blood From The Stars (09), e infine le sfumature blues di Reverie (11). Nel contempo Joseph Lee Henry (il suo vero nome) ha imparato a fare il produttore iniziando con Bruce Cockburn (insieme a T-Bone Burnett), Teddy Thompson (figlio di Richard & Linda) , proseguendo con Solomon Burke (con cui ha vinto un grammy nel 2003), Ani DiFranco, Bonnie Raitt, Bettye Lavette, il suo amico Loudon Wainwright III e ultimamente, con uno dei miei gruppi preferiti, gli Over The Rhine, e  mille altri (anche Lisa Hannigan, che troviamo sotto, tra i collaboratori di questo album)…

joe henry 1

Mi viene da pensare che l’occasione di stare a contatto con musicisti di diverso genere ed estrazione musicale gli ha fatto certamente bene, lo ha stimolato ad apprendere tutte le mille sfumature che la musica offre, e ora tutto quello che ha appreso si certifica in questo nuovo Invisible Hour (che esce in questi giorni) uno dei suoi dischi migliori in assoluto, un lavoro intenso e maturo, musicalmente ineccepibile, curato sia negli arrangiamenti che nella stesura delle canzoni.  Registrato in una settimana nel suo studio di Pasadena, Joe come sempre si avvale di musicisti di grande qualità, tra i quali ricordiamo Greg Leisz e John Smith alle chitarre, David Piltch o Jennifer Condos al basso, Jay Bellerose alla batteria, il figlio Levon ai fiati, e tra gli ospiti la brava Lisa Hannigan (cantante e musicista irlandese, a sua volta, già collaboratrice di Damien Rice) e i Milk Carton Kids alle armonie vocali, e direi anche non trascurabile l’apporto del noto romanziere Colum McCann per la stesura dei testi.

joe henry 2

Pur non essendo un “concept album”, le canzoni di Invisible Hour girano attorno al concetto del matrimonio, come ha ricordato in alcune interviste lo stesso Henry, a partire dal trittico iniziale, con la magnifica Sparrow https://www.youtube.com/watch?v=f5nAIX1aM6w , Grave Angels https://www.youtube.com/watch?v=XSneRuPlN3I  e i nove minuti di una Sign dove è la voce di Joe a farla da padrona (tra Van Morrison e il miglior Dirk Hamilton), dialogando con il suono minimale degli strumenti https://www.youtube.com/watch?v=cRp1w8Zqr4g . Un tocco dolce di chitarra introduce la title track, Invisible Hour, composizione intensa e struggente https://www.youtube.com/watch?v=MTl25EQ9Zls , per poi passare alle trame più ricche e complesse di Swayed  e ai suoni quasi gospel di Plainspeak, con largo uso del sax da parte del figlio Levon, mentre nell’ottima Lead Me On troviamo Lisa Hannigan al controcanto.

joe henry 3

Lo spirito di Tom Waits aleggia nell’acustica Alice, mentre il ritmo si innalza con Every Sorrow, la canzone più “roots” dell’album, andando poi a chiudere con Water Between Us, una solida ballata melodica, introdotta dalle note del piano e accompagnata nello sviluppo da sax e clarinetto (ha tutte le qualità per entrare nel novero delle sue canzoni più belle), e nella conclusiva, lunga e intensa Slide, una di quelle composizioni che rimangono impresse nella memoria per lungo tempo.

joe henry 4

Anche se il suo “status” attuale di produttore supera quello dell’autore e cantante (ma non per chi scrive), Henry non rinuncia a pubblicare dischi, e dopo una lunga e importante carriera quasi trentennale https://www.youtube.com/watch?v=567GTsSgNtw , esce con questo lavoro raffinato e delicato, percorso da avvolgenti trame, acustiche e non, supportate dalla sua abituale voce calda e sinuosa, rendendo l’ascolto un esercizio di gusto e delicatezza. Per i pochi che ancora non lo conoscono, Joe Henry è un amante della musica, di quella vera, e Invisible Hour conferma la sua bravura di musicista e produttore, e quindi di essere ampiamente in grado di portare avanti entrambe le professioni. Tra i dischi dell’anno!

Tino Montanari

Novità Di Aprile, Speciale Pasqua E Dintorni. Ultima Parte. Joni Mitchell, Patti Smith, Tom Petty, Chuck E. Weiss, Marty Stuart, Krista Detor, Jessica Lea Mayfield

joni mitchell live at the second fret patti smith dreaming of the prophet tom petty in the coliseum

Ultima parte dedicata alle uscite discografiche del mese di Aprile, fino alla seconda decade compresa, le ultime pubblicazioni del mese poi le vediamo a parte. Ovviamente per completare e recuperare il ritardo accumulato per problemi tecnici ampliamo il numero dei CD contenuti nel Post dai sei delle altre Parti (anche perché sia la Pasqua che i dintorni sono passati da tempo) a ben sette, ha, ha! Iniziamo raggruppando un terzetto di quei CD dal vivo relativi a broadcast radiofonici, diciamo semiufficiali, ma molto interessanti comunque.

Joni Mitchell – Live At The Second Fret 1966 – All Access

Si tratta della registrazione di un concerto registrato in un club di Philadelphia quando Joni Mitchell non aveva ancora pubblicato il suo primo omonimo album (conosciuto anche come Songs To A Seagull): Marcie, Michael from Mountains, Song to a Seagull and Night in the City vengono proprio da quel disco, ma ci sono anche I Dont Know Where I Stand e Both Sides Now che sarebbero uscite su Clouds oltre un anno dopo. The Circle Game Morning Morgantown addirittura nel 1970 su Ladies Of The Canyon e Little Green (il brano dedicato alla figlia data in adozione nel 1965 e di cui non si sarebbe saputo il fatto fino al 1993) nel 1971 su Blue. Per non dire di Urge For Going, scritta nel 1966, un grande successo per Tom Rush e pubblicata dalla Mitchell, come lato B del singolo di You Turn Me On I’m A Radio in vinile e su CD nell’antologia Hits solo nel 1996. Da tutto ciò si desume che è un CD da avere anche a livello di documento storico (ovviamente circolava da anni come bootleg)! Questa è un’altra data https://www.youtube.com/watch?v=yX7YbmKL1Q4

Patti Smith – Dreaming Of The Prophet – Smokin’ Records

Anche questo broadcast radiofonico è interessantissimo. Siamo nel dicembre del 1975 al Bottom Line di New York, la Smith ha appena pubblicato Horses, in novembre, e questa data fa parte di una serie di sette concerti utilizzati per rodare il gruppo dal vivo: Ivan Kral e il batterista Jay Dee Daugherty erano appena arrivati ad affiancare Lenny Kaye e Richard Sohl. Naturalmente visto che la discografia era smilza per non dire inesistente, un LP e un singolo, nel repertorio ci sono molte chicche: come nel caso di Joni Mitchell ci sono parecchi brani che sarebbero usciti negli anni a seguire, su Radio Ethiopia e Easter, ma anche cover di We’re Gonna Have A Real Good Time, Pale Blue Eyes, Louie Louie, My Generation degli Who e Time Is On My Side, dal repertorio degli Stones e altre  https://www.youtube.com/watch?v=welUa71V57o.Comunque se volete leggere la scaletta, questo è il retro della copertina.

patti smith dreaming of the prophet back

Tom Petty – In The Coliseum – Goldfish Records

Notevole anche questo concerto di Tom Petty con gli Heartbreakers dell’epoca: Mike Campbell alla solista, Benmont Tench tastiere, Howie Epstein  basso e mandolino, e Stan Lynch batteria. Siamo al Coliseum di Jacksonville, Florida (la patria anche dei Lynyrd Snynyrd) nell’estate del 1987 nel corso del tour per promuovere Let Me Up I’ve Had Enough, ma come spesso succede nei concerti di Petty la serata diventa un happening e scorrono tutti brani da altri album e cover fantastiche, con l’eccezione dell’unica Runaway Trains https://www.youtube.com/watch?v=-qKDOSHd35I , posta in conclusione del concerto, appena prima di Refugee. Per il resto ci sono Bye Bye Johnny, l’immancabile Breakdown, The Waiting, Don’t Come Around Here No More, Here Comes My Girl, ma anche For What It’s Worth dei Buffalo Springfield, Should I Stay Or Should I Go dei Clash, il blues You Can’t Judge A Book By His Cover e Any Way That You Want It dei Troggs. Dico solo: e vai!

chuck e weiss red beans

Chuck E. Weiss – Red Beans And Weiss – Epitaph/Anti

Il nostro amico, oltre ad essere stato il soggetto di una delle più belle canzoni in assoluto di Rickie Lee Jones, Chuck E’s In Love, ed essere stato grande amico della stessa e di Tom Waits, potrebbe anche essere considerato l’epitome dell’artista di culto. 5 album in circa 35 anni di carriera, a partire da The Other Side Of Town del 1981, tutti piuttosto belli e raffinati, quasi “unici”, per arrivare a questo Red Beans And Weiss, che è forse il suo migliore in assoluto, auto prodotto, anche se nel libretto sono riportati come produttori esecutivi Tom Waits e Johnny Depp. Tredici brani, dodici firmati da Weiss e una cover di Exile On Main Street Blues degli Stones (non proprio tra i più famosi di quelli che portano la firma Jagger/Richards, ma in linea con il personaggio) https://www.youtube.com/watch?v=Q3qMAfyGzaE , con i soliti personaggi, più o meno perdenti, che hanno sempre caratterizzato le canzoni di Chuck, in quello stile tra rock, blues, roots, vecchio R&B e strane traiettorie sonore https://www.youtube.com/watch?v=ooM-tn4YizI  che lo accomuna ai suoi amici Tom e Rickie Lee https://www.youtube.com/watch?v=z7k49SflL0U . Ottimi musicisti nel disco, a partire da Tony Gilkyson alla chitarra e Don Heffington alla batteria, di Depp si dice che suoni basso, batteria, chitarra, oltre alle armonie vocali, ma mi permetto di avere dei dubbi (potrei sbagliarmi, in effetti nelle due compilations dedicate alle canzoni dei pirati erano presenti entrambi). Janice Markham al violino e il sax di Jimmy Roberts provvedono a diversificare il suono. A quando il prossimo?

marty stuart gospel music

The Gospel Music Of Marty Stuart & His Fabulous Superlatives – Gaither Music/Universal

Questa è la colonna sonora di un documentario dedicato alla musica country gospel ma in pratica è l’occasione per ascoltare un concerto dal vivo di uno dei più bravi musicisti di country e dintorni del panorama americano come Marty Stuart. Il cantante, chitarrista e band leader, dopo una lunga carriera, tra country, rock e musica d’autore, è tornato ad uno stile country più tradizionale anche se non al puro bluegrass con cui aveva iniziato una quarantina di anni fa con Lester Flatt, ma sia bluegrass il che il gospel hanno sempre fatto parte del suo percorso anche se negli ultimi anni la musica si è fatta più neo-tradizionalista. Il disco è eccellente: la moglie Connie Smith, una delle icone della country music (che ha quasi venti anni più del marito) canta un brano, come Harry Stinson e Apostle Paul Martin. Kenny Vaughn suona la chitarra e completa la formazione. Gran bel disco https://www.youtube.com/watch?v=_JHXGs11Y1s .

krista detor flat eath day jessica lee mayfield make my head

Un paio di voci femminili “minori” ma interessanti. Krista Detor – Flat Earth Diary – Tightrope Diary è arrivata al suo settimo album, risiede a Bloomington, Indiana (siamo dalle parti di John Mellecamp), ha una voce cristallina tipo Judy Collins, o per stare più sul contemporaneo Meg Hutchinson o l’ottima Carrie Newcomer, quindi folk, ma con influenze country, rock, blues, begli arrangiamenti con il piano in bella evidenza (ma anche la chitarra e qui potrebbe ricordare la prima Suzanne Vega, sentire Bridges o qualcosa di Joni Mitchell, vedi Always Somewhere, Marletta e altri). Ospite al basso in un paio di brani il virtuoso Victor Wooten. Insomma una brava https://www.youtube.com/watch?v=RzAoIDOtttQ .

Jessica Lea Mayfield – Make My Head Sing – Ato era partita col botto, o meglio, dopo il primo album White Lies pubblicato sotto il nome di Chittlin’ (una sorta di mini che durava meno di mezz’ora) era stata “scoperta” da Dan Auerbach dei Black Keys, che dopo averla impiegata nei loro dischi e concerti, le aveva pubblicato il primo album ufficiale With Blasphemy So Heartfelt  e poi aveva continuato la collaborazione anche nel secondo, Tell Me, pubblicato dalla Nonesuch e nel disco solista di Auerbach. Ma se stranamente i primi dischi erano più da cantautrice tradizionale (tra molte virgolette), questo nuovo, registrato in quel di Nashville, con la produzione del marito e bassista Jesse Newport (ma tra tutti e due, suonano più o meno tutti gli strumenti, batteria esclusa) è più alternative rock https://www.youtube.com/watch?v=0RV1lBgULZk , anche se, a voler essere sinceri, non mi sembra questo capolavoro, anche se gli ho dato solo un ascolto veloce. Se avrò tempo cetrcherò di approfondire (ma quando?):

Anche per oggi è tutto, domani cerchiamo di recuperare altre uscite interessanti di questo scorcio di fine aprile, prima di tuffarci nelle uscite di Maggio che si annunciano assai interessanti (a partire da Natalie Merchant, che torna con un album omonimo di canzoni nuove dopo una “vita”!

Bruno Conti

Potrebbe Essere Il Miglior Live Del 2014! Beth Hart Joe Bonamassa – Live In Amsterdam

beth hart joe bonamassa live in amsterdam

Beth Hart & Joe Bonamassa – Live In Amsterdam – 2CD/2DVD/Blu-ray Jr/Mascot/Provogue

Presi separatamente sono fantastici. Lui, Joe Bonamassa, è uno dei migliori chitarristi rock (e blues, jazz, funky, come dimostra il recente doppio CD con DVD dei Rock Candy Funk Party di cui avete letto qualche giorno fa), lei, Beth Hart, è il prototipo di come deve essere la perfetta cantante rock (ma con un amore smisurato per soul, jazz e canzone d’autore). Insieme diventano irresistibili e complementari. A chi scrive è capitato di vederli in concerto, ognuno per conto proprio e l’esperienza è stata molto soddisfacente in entrambi i casi. In questo album, nel formato che preferite, il risultato è una delle rare occasioni in cui unendo due talenti si ottiene esattamente la somma delle due personalità: Bonamassa ha già pubblicato “miliardi” di dischi dal vivo (quatto in contemporanea lo scorso novembre), quindi in questa accoppiata, può riservarsi il ruolo “semplicemente” del Chitarrista (anche se con la C Maiuscola), lasciando il proscenio alla Hart, che è il perfetto animale da palcoscenico, esagerata e vibrante, ma anche con una anima malinconica e scura, solare e divertente nel suo interscambio con il pubblico, più “composta” nella  nuova immagine da panterona, con taglio di capelli e colore più sobri, ma sempre pronta a scatenarsi all’impronta https://www.youtube.com/watch?v=BA7cCeSW2Ic .

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I fortunati che erano presenti al Koninklijk (uno scioglilingua) Theater Carré di Amsterdam, il 30 giugno dello scorso, hanno potuto godersi lo spettacolo di persona, per tutti gli altri questo Live, direi, è quasi imperdibile. Veniamo al contenuto. Si parte con lo swing divertente di Them There Eyes, per rompere il ghiaccio, formazione con i fiati aggiunti, primo assolo jazzato per Joe, un brano della Billie Holiday meno sofferta e più disincantata, piacevole ma non memorabile, Beth non potrà mai essere “Lady Day” ma se la cava egregiamente. Sinner’s Prayer è il primo blues che comincia a scaldare l’atmosfera della serata, un vecchio pezzo di Ray Charles, molto virato verso il rock-blues più sanguigno, quasi subito in uno stile che ricorda Humble Pie e Led Zeppelin, novelli Page e Plant (anche se lei è più carina, la voce c’è), Joe è alla slide. Anche Can’t Let Go non molla la presa, sempre modalità slide, ritmi serrati e veloci per il brano di Lucinda Williams, completamente cambiato rispetto all’originale, ma comunque musica ad alto tasso adrenalinico e sempre cantato alla grande. For My Friend ,scritta in origine da Bill Withers, diventa un infuocato brano rock, come avrebbero potuto farlo i citati Humble Pie o gli Zeppelin, molto cadenzato e tirato, e la successiva Close To My Fire non abbassa la tensione, anche se i tempi rallentano e il brano pop degli Slackwax, nato per una pubblicità, diventa quasi uno standard soul degli anni ’60, con la chitarra di Bonamassa che aggiunge solo tocchi di colore https://www.youtube.com/watch?v=HMuz3ANHPj0 .

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Il vero soul esplode con Rhymes, i fiati sincopati e l’organo di Shierbaum alzano la temperatura, lei canta come una novella Etta James (anche se è dura) e Joe fa il Clapton della situazione. L’omaggio a Etta prosegue con una sanguigna Something’s Got A Hold On Me, Beth Hart sfoggia la sua ugola d’oro, a metà tra il R&B nero (sottolineato da fiati e coristi) e la “cattiveria” del rock duro, incarnato dalla solista ispirata di Bonamassa, che dal vivo concede di più rispetto alle versioni di studio. Cambio totale di atmosfera per il brano scritto da Melody Gardot, con Tomorrow Is As Black As Night si passa ad un fumoso locale della New York anni ’60, immaginate una Nina Simone bianca sul palco, con Joe che fa il Kenny Burrell della situazione, con alcune pennellate jazz, prima di rilasciare un assolo blues che è un miracolo di equilibri sonori e potenza, bellissimo. Chocolate Jesus è il classico brano waitsiano che appariva nel primo album della coppia, l’ottimo Don’t Explain (eccellente, come il successore Seesaw, da avere entrambi), Schierbaum alla fisarmonica, il sound è molto rilassato ed europeo, ma l’assolo di Joe è tagliente e cattivo come pochi, e lei canta con impegno ammirevole, confermandosi la migliore voce femminile di stampo rock attualmente in circolazione https://www.youtube.com/watch?v=DPks5XAwfxQ .

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Baddest Blues, con Beth che siede al piano, viene dal repertorio solista della cantante losangelena, una struggente ballata dedicata alla madre, con la band che aggiunge intensità alla voce fantastica della Hart. Intensità che rimane nella successiva Someday After Awhile, il classico slow blues che è lo showcase per l’anima più Claptoniana di Bonamassa, che canta e suona come fosse posseduto dal fantasma del buon Eric, e che assolo, fluido e ricco di classe, alla faccia di quelli che lo considerano un “fracassone”. Presentazione dell’ottima band e poi si riparte con Well Well, un rock’n’soul alla Delaney & Bonnie (grande Joe), le ambientazioni mitteleuropee di If I Tell Tou I Love You, ancora della Gardot, un omaggio ad un’altra Regina, Aretha Franklin, con il soul puro di Seesaw (che voce, ragazzi), un momento raccolto ed emozionante con una Strange Fruit assai sentita da Beth, che è una grande fan della Holiday, e poi di nuovo una fucilata rock-blues con una micidiale Miss Lady che conclude il concerto https://www.youtube.com/watch?v=mHW4YARgcJA .Ma ci sono i bis: I Love You More Than You’ll Ever Know è un blues lento ed intensissimo, scritto da Al Kooper per i Blood, Sweat & Tears, di cui faceva un’ottima versione anche Donny Hathaway, con Beth e Joe che danno il meglio di sé nei rispettivi ruoli di cantante e chitarrista. Nutbush City Limits non la faceva nessuno così bene dai tempi di Ike & Tina Turner, grandiosa e con una energia dirompente  e poi gran finale con l’ennesima versione di I’d Rather Go Blind, una canzone che la Hart ha reso propria nel corso degli anni e che è seconda solo, come versione, a parere di scrive, a quella originale di Etta James, ma di poco. Credo che dischi dal vivo così belli non ne usciranno molti quest’anno, “giustamente” ai Grammy non hanno vinto nulla come coppia, ma Live In Amsterdam sarà difficile da superare (anche se pure il Musicares Tribute a Bruce Springsteen è un gran concerto, entrambi registrati lo scorso anno), per il momento Live del 2014 https://www.youtube.com/watch?v=Jjv9Hmu5Vj0 !

Bruno Conti

Sembra Molto Interessante! Rod Stewart – Tonight’s The Night: Live 1976-1998

rod stewart tonight's the night 1976-1998

Rod Stewart – Tonight’s The Night: Live 1976-1988 4 CD Warner Bros/Rhino 18-03-2014

Ormai se ne parla da quasi quattro anni, è stato più volte annunciato e poi rimandato, ma alla fine ormai è certo, il 18 marzo la Warner pubblicherà questo cofanetto di 4 CD di materiale dal vivo completamente inedito, registrato da Rod Stewart fra il 1976 e il 1998: la copertina, se devo esprimere un parere, diciamo che non ha una immagine particolarmente ispirata (però poteva anche andare peggio), ma il contenuto sembra assai interessante, 58 brani presi da quattro decadi di quello che Rod The Mod ha sempre saputo fare meglio, cantare dal vivo (quando ha smesso di fare bei dischi in studio, da solo o con i Faces). Ecco il contenuto completo dei quattro dischetti, che seguiranno un ordine cronologico, senza presentare concerti completi, ma selezioni registrate qui e là, in giro per il mondo:

Disc One: 1976

https://www.youtube.com/watch?v=ihjoj1PCRYY
‘Three Time Loser’
‘You Wear It Well’
‘Big Bayou’
‘Tonight’s the Night (Gonna Be Alright)’
‘The Wild Side of Life’
‘Sweet Little Rock ‘n Roller’
‘I Don’t Want to Talk About It’
‘The Killing of Georgie (Part I and II)’
‘Maggie May’
‘Angel’
‘Get Back’
‘(I Know) I’m Losing You’
‘This Old Heart of Mine’

https://www.youtube.com/watch?v=tK6SU-wFvb8

Disc Two: 1976-1981
‘Sailing’
‘Stay with Me’
‘Born Loose’
‘(If Loving You Is Wrong) I Don’t Want to Be Right’
‘I Just Want to Make Love to You’
‘Blondes (Have More Fun)’
Medley: ‘(I Know) I’m Losing You/It’s All Over Now / Standin’ in the Shadows of Love / Layla’
Medley: ‘Twistin’ the Night Away / Every Picture Tells a Story’
‘She Won’t Dance with Me’
‘Passion’
‘Gi’ Me Wings’
‘Hot Legs’ (with Tina Turner)

Disc Three: 1984-1989
‘Tonight I’m Yours (Don’t Hurt Me)’
‘You’re in My Heart (The Final Acclaim)’
‘(Sittin’ On) The Dock of the Bay’
‘Hungry Heart’
‘Bad for You’
‘Some Guys Have All the Luck’
‘Rock Me Baby’
‘Infatuation’
‘I Ain’t Superstitious’
‘Every Picture Tells a Story’
‘Lost in You’
‘Forever Young’
‘Da Ya Think I’m Sexy?’
‘Crazy About Her’
‘Try a Little Tenderness’
‘You’re in My Heart (The Final Acclaim)’ (Reprise)

Disc Four: 1991-1998
‘Downtown Train’
‘This Old Heart of Mine’
‘Stay with Me’
‘Sweet Soul Music’
‘Mandolin Wind’
‘Highgate Shuffle’
Baby Jane’
‘Baby Please Don’t Go’
‘Cut Across Shorty’
‘(Find a) Reason to Believe’
‘Handbags & Gladrags’
‘Having a Party’
‘People Get Ready’
‘Have I Told You Lately’
Medley: ‘Twistin’ the Night Away / Chain Gang’
‘Cigarettes and Alcohol’
‘Rocks’

La scelta dei pezzi mi pare eccellente, con moltissime chicche e poco materiale pescato tra quello più bieco e commerciale di Rod Stewart, un bel cofanetto da mettere lì sui vostri scaffali, di fianco a cofanetti come Storyteller, Reason To Believe: The Complete Mercury Recordings (il migliore, un triplo che copre il periodo magico dal 1969 al 1974, imprescindibile), The Rod Stewart Sessions 1971-1998 (Rarities/Sessions box o il suo fratello “minore”, il doppio Rarities), senza dimenticare il quadruplo dedicato all’opera omnia dei Faces, Five Guys Walk Into A Bar…. A questo proposito vi ricordo che l’11 marzo uscirà un bellissimo doppio CD antologico, a prezzo speciale, dedicato a Ronnie Lane & Slim Chance, Oh La La: An Island Harvest, ma ne parliamo poi a parte.

rod stewart christmas eve 1976

Tornando al cofanetto dedicato a Rod Stewart il primo CD contiene materiale dedicato nel tour inglese del 1976, in diverse località: ci sono molti pezzi presi da quello che era il disco che era appena uscito, A Night On The Town, compresa Tonight’s The Night (Gonna Be Alright) che dà il titolo a questo box, oltre a tre ottime performances tratte dal suo capolavoro Every Picture Tells A Story, ovvero “You Wear It Well,” “Maggie May” e “(I Know) I’m Losing You”, oltre a I Don’t Want To Talk About It di Danny Whitten un n.1 nel 1977 e poi nuovamente, ri-registrato, nel 1998, una rara versione di Get Back dei Beatles, che era uscita in All This and World War II (uno strano documentario uscito nel 1976 sulla seconda guerra mondiale, che aveva la colonna sonora tutta di brani dei Beatles, fatti da chiunque, da Elton John, Jeff Lynne, i Bee Gees e Bryan Ferry, passando per gli Ambosia, Keith Moon e Riccardo Cocciante, ma anche una bella versione di Strawberry Fields Forever cantata da Peter Gabriel, fine della digressione). Tornando al primo dischetto del box c’è anche una notevole This Old Heart Of Mine, la celebre canzone degli Isley Brothers incisa per la Motown.

rod stewart a night

Il secondo CD riporta ancora due brani incisi nel 1976, Sailing e Stay With Me, mentre la maggior parte dei brani viene dal concerto al Forum di Los Angeles del 1979, tra cui (If Loving You Is Wrong) I Don’t Want to Be Right di Sam And Dave, un classico del Blues come I Just Want to Make Love to You, anche se non mancano, purtroppo, Blondes (Have More Fun) e Passion, riabilitate da due medley strepitosi,  Medley: ‘(I Know) I’m Losing You/It’s All Over Now / Standin’ in the Shadows of Love / Layla e Medley: ‘Twistin’ the Night Away / Every Picture Tells a Story, minchia!, scusate, perbacco https://www.youtube.com/watch?v=f5Lw-pqlaNU .Gi’ Me Wings viene da un concerto a Wembley del 1980, mentre Hot Legs è un duetto con Tina Turner registrato a LA nel 1981.

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Il terzo CD riporta estratti da un concerto a San Diego del 1984 e da una alla Meadowlands Arena (il fortino di Springsteen): infatti tra i brani c’è anche una cover di Hungry Heart di Bruce (mai saputo che l’avesse fatta), oltre a Rock Me Baby del grande BB King (all’inizio di carriera con gli Steampacket, Stewart era un fior di cantante di blues) e anche con Jeff Beck, non si scherzava con il repertorio, come dimostra una poderosa I Ain’t Superstitious, senza dimenticare (Sittin’ On) The Dock Of The Bay e Try A Little Tenderness di mastro Otis Redding, Forever Young di Dylan e Some Guys Have All The Luck, un megasuccesso per i Persuaders (e per lo stesso Rod). Però vi cuccate Do Ya Think I’m Sexy? scopiazzata da Taj Mahal di Jorge Ben, Infatuation e You’re In My Heart.

rod stewart live 1976

Il quarto CD, quello che va dal 1991 al 1998, stranamente è forse il migliore. Va bene che Stewart era reduce dal clamoroso successo di pubblico e critica dell’ottimo Unplugged…And Seated https://www.youtube.com/watch?v=C_KrAYtU6Zs , dove aveva rivisitato il suo miglior repertorio classico ma non mi ricordavo che avesse cantato dal vivo così tante belle canzoni: Downtown Town di Tom Waits ok, presa da un concerto sempre a Wembley del 1991 (non dimentichiamo che il buon Rod Stewart ha il record per il concerto gratuito con la maggiore affluenza di pubblico della storia, dai 3.500.000 ai 4.700.000 presenti (!!!), a seconda se le cifre le forniscono gli organizzatori o la questura, comunque una valanga di gente, per un concerto a Rio De Janeiro tra il 31/12/1994 e il 1° Gennaio 1995), ancora This Old heart of Mine, Stay With Me dei Faces, Sweet Soul Music di Arthur Conley, Mandolin Wind, Baby Please Don’t Go, Cut Across Shorty, Reason To Believe, Handbags and Gladrags, tutti brani che venivano dai primi album, quelli più belli. E ancora Havin’ A Party e il medley di Twistin’ The Night Away/Chain Gang dell’altro idolo di Stewart, il grandissimo Sam Cooke. Have I Told You Lately, la struggente ballata di Van Morrison, People Get Ready, il bellissimo brano degli Impressions di Curtis Mayfield che aveva registrato con Jeff Beck (a quando la rimpatriata più volte annunciata? E quella con i Faces? Questa è ufficiale, lo ha detto Ron Wood nel suo programma radiofonico). La conclusione è affidata ad altre due cover insolite, registrate nel 1998, Cigarettes and Alcohol degli Oasis https://www.youtube.com/watch?v=u4DhNSSKQjQ  e Rocks dei Primal Scream, apparse entrambe su When We Were The New Boys di quell’anno, uno dei meno peggio di Rod Stewart dell’ultimo trentennio, perché belli, a parte l’Unplugged, non ne ha fatti.

https://www.youtube.com/watch?v=hcgcPdkwk3s

Questo invece è decisamente bello ed interessante, praticamente vi ho già fatto la recensione, non resta che acquistarlo quando uscirà il 18 marzo, ad un prezzo che dovrebbe essere intorno ai 30 euro, quindi decisamente abbordabile.

Alla prossima.

Bruno Conti

 

Quasi Gemelli Nel Blues, Brandon Santini e Jeff Jensen.

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Brandon Santini – This Time Another Year – Swing Suit Records

Jeff Jensen – Road Worn And Ragged – Swing Suit Records

Quasi una coppia di gemelli del blues, ok “gemelli diversi”, vengono da stati di origine differenti, uno, Brandon Santini, suona l’armonica, l’altro Jeff Jensen, la chitarra, però entrambi hanno scelto come città di elezione musicale, Memphis, dove hanno registrato i rispettivi dischi nei celebrati Ardent Studios, zona Beale Street, una delle mecche della musica delle radici americane, e, cosa più curiosa ed interessante, suonano ciascuno nel disco dell’altro, ma non solo, Jensen produce il proprio e co-produce, con Santini, il disco del “socio”, e usano esattamente gli stessi musicisti per i due album, anche se sono usciti poi in tempi diversi, già da alcuni mesi, ma la reperibilità del materiale di questa Swing Suit Records diciamo che non è tra le più agevoli. La sezione ritmica è composta da Bill Ruffino al basso e James Cunningham alla batteria, Chris Stephenson si occupa dell’organo e, quando serve, in alcuni brani, stesso ospite al piano, Victor Wainwright (che per quanto ne sappia non fa parte della “dinastia”).

brandon santini

Brandon Santini viene presentato come il nuovo crack dell’armonica, il migliore delle ultime generazioni, anche se io non sottovaluterei Greg Izor (http://discoclub.myblog.it/tag/greg-izor/) , ed in effetti in questo nuovo This Time Another Year, il suono dell’armonica è molto pimpante, classico e moderno al tempo stesso, anche per merito della produzione di Jensen, molto attenta ai particolari e curata negli arrangiamenti. Il fatto di avere una bella voce sicuramente non guasta, il tutto, unito ad un buon talento compositivo (solo un paio di cover, più un riadattamento di un classico, curiosamente, o forse no, come per Jensen, c’è un brano a firma Willie Dixon). La band ha un bel tiro, come testimonia la traccia di apertura, una Got Good Lovin’ che ricorda tanto il suono del british blues, dagli Yardbirds ai Nine Below Zero, quanto gruppi americani come Fabulous Thunderbirds o certe formazioni di West Coast e Texas Blues, con il basso che pompa di gusto, tutti che swingano ed armonica e chitarra che si dividono con misura gli spazi solisti anche se, ovviamente, la mouth harp fa la parte del leone. Nella cadenzata title-track ci si avvicina al classico Chicago Electric Blues, ma miscelato al suono di Memphis, Tennessee, come ricorda lo stesso Santini nel testo autobiografico del brano (dove si fa aiutare da un altro che di armoniche, e di blues, se ne intende, come Charlie Musselwhite), molto intenso, qualche reminiscenza di Help Me, con Jensen e Santini che sono quasi telepatici nei loro interscambi http://www.youtube.com/watch?v=npS_bamUzqI .

santini jensen

Sempre molto classica la corale What You Doing To Me, dal suono che si avvicina anche a New Orleans, con Wainwright che si prodiga al piano e alle armonie vocali http://www.youtube.com/watch?v=qdfIDe8ybIM ed eccellente uno slow blues come Late In the Evening, dove si percepisce il fantasma di Little Walter http://www.youtube.com/watch?v=CTaB-PHJ5Ck  e degli altri grandi della Chess, ma anche di Sonny Boy Williamson, cui viene reso omaggio pure in un brano firmato appunto con Willie Dixon, una Bye Bye Bird dove il suono si fa più acustico e raccolto. Dig Me A Grave, con l’organo di Stephenson e la chitarra di Jensen molto presenti, ha delle sonorità decisamente più moderne, e lui canta veramente bene http://www.youtube.com/watch?v=IddTP-qJMTc . Things You Putting Down è una di quelle dove si gusta di più l’armonica, mentre nella jazzata Been So Blue Jensen cesella gli accordi sulla sua solista. Coin Operated Woman, scritta ancora da Wainwright, vira di nuovo verso Chicago mentre lo showcase per Santini è una Help Me With The Blues, adattamento di un brano di Walter Horton, dove il piano di Wainwright viaggia come un treno, senza dimenticare la latineggiante Raise Your Window anche questa riadattata da un brano di Sonny Boy Williamson e Elmore James, e a chiudere Fish Is Bitin’, un tuffo tra cajun e folk bues.

jeff jensen

Il disco di Jeff Jensen, Road Worn And Ragged, forse è leggermente inferiore a livello qualitativo globale http://www.youtube.com/watch?v=DDlInpJ4YZM , forse, ma la partenza con un rock blues fulminante come Brunette Woman è da applausi a scena aperta, cantata in modo splendido e suonata anche meglio, con l’armonica di Santini subito in grande spolvero ed un assolo di chitarra di Jensen da sballo, grande apertura http://www.youtube.com/watch?v=CTqAg5_B5zQ . Notevole anche la cover di Heart Attack and Vine di Tom Waits, rivista come se fosse un brano di Howlin’ Wolf, quasi alla Spoonful, con la chitarra lancinante e l’organo di Stephenson in bella evidenza http://www.youtube.com/watch?v=FxNIe0Rw8so . Divertente e frenetico il rockabilly boogie dello strumentale Pepper e raffinato il blues after-hours della jazzata Gee Baby Ain’t I Good To You. Niente male anche le altre due cover, una Little Red Rooster a firma Willie Dixon, in una versione decisamente a velocità accelerata, con il consueto eccellente interscambio con l’armonica scintillante di Santini e Crosseyed Cat, un brano non conosciutissimo di Muddy Waters, che è puro Chicago sound. Raggedy Ann, il brano scritto con Wainwright, è una sorta di blues swingato con ampio spazio per il piano dell’ospite http://www.youtube.com/watch?v=_SXU3ECYy7E  e River Runs Dry è una notevole ballata, quasi da cantautore tradizionale, molta “atmosfera” e poco blues, ma non per questo meno bella, anzi. E si chiude, su una nota brillante, con il funky-soul, proprio da Memphis sound, della ritmatissima Thankful, con un altro assolo da “chitarra fumante” di Jensen, che conclude degnamente questo CD molto eclettico. Bravi entrambi, attenti a quei due!

Bruno Conti 

L’Ultimo Del 2013 O Il Primo (Grande) CD Del 2014? Fate Voi! Bocephus King – Amarcord

bocephus king amarcord

http://vimeo.com/81283021

Bocephus King – Amarcord – Appaloosa/IRD

E’ uscita in questi giorni (nella settimana tra Natale e Capodanno, quindi vogliamo considerarlo l’ultimo album del 2013 o il primo del 2014?) questa antologia dedicata a James Perry, in arte Bocephus King, geniale e un po’ folle, artisticamente parlando, musicista canadese. Curata da Andrea Parodi, al quale Bocephus (pseudonimo d’arte anche di Hank Williams Jr, il figlio di…, a cui Perry ha aggiunto un King) aveva prodotto il disco di esordio, si tratta di un giusto omaggio all’arte di uno dei cantautori più interessanti usciti dal continente nordamericano nell’ultimo ventennio.

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Contiene brani tratti da tutti gli album della discografia, cinque in tutto: Joco Music del 1996 (poi ristampato con una maggiore reperibilità (!?) nel 2003), A Small Good Thing, secondo alcune biografie e discografie, cito, anzi linko testualmente:” comincia la sua carriera musicale nel 1998 quando esce il suo secondo lavoro A SMALL GOOD THING (del primo disco infatti non si sa praticamente nulla)”…zzo vuol dire, come fa uno a iniziare la sua carriera con il secondo lavoro? Salvo poi inserire nelle suddette discografie Joco Music come disco del 2003, ma allora qualcosa se ne sa! Misteri della stampa musicale, su cui non voglio indagare ulteriormente, ma se fate un Google in rete lo trovate con facilità. Nel 2000 esce The Blue Sickness, il secondo ed ultimo lavoro pubblicato dalla New West, attratta verso un autore di talento come Bocephus King, poi mollato in fretta, forse anche per una non grande affidabilità, per usare un eufemismo. Le stesse discografie sono di difficile interpretazione: A small good thing per alcune esce nel 2008, per altre nel 2009, The Blue Sickness viene attribuito sia alla New West come alla Tonic Records, che pubblica tutti gli altri album del nostro.

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Quello che è certo è che devono passare quattro-cinque anni (con l’intermezzo della ripubblicazione di Joco) prima che esca il nuovo album, All children believe in heaven, e siamo nel 2005, circa. Lunghissima pausa condita da molti problemi e nel 2011 esce Willie Dixon God Damn!, album che lo riporta ai suoi migliori livelli, ma nessuno di quelli citati scende sotto livelli medio-alti. Presentato come una sorta di incrocio tra Dylan, Springsteen, Waits, con echi di Woody Guthrie e Prince (!), una spruzzatina di Morricone e Townes Van Zandt, ma il sottoscritto trova anche molto Morrison (Van), DeVille, retrogusti di blues e della Lousiana, ognuno http://www.youtube.com/watch?v=jhKhbZivYIY ci “sente” qualcosa di diverso, comunque una musica e dei testi molto ricchi di immagini, assai variegati, sempre diversi tra loro, uniti solo dalla qualità elevata dei contenuti.

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Questa antologia pesca, come detto, da tutti gli album della discografia: tre brani a testa, più una cover finale “inedita” di Senor di Bob Dylan e una outtake, sempre unreleased,  What we talk about when we talk about Love, tratta dalle sessions per Willie Dixon God Damn, e una radio version (ma in quale radio?) di Eight and a half che era su The Blue Sickness. Quindi, per chi ha tutto, due inediti e mezzo, il gioco vale la candela? Beh, intanto la confezione è molto bella, edizione digipack con taschina che contiene un libretto succosissimo con tutti i testi delle canzoni, tradotti anche in italiano da Flavia Lazzarin, oltre a due brevi saggi, uno di Parodi e l’altro dello stesso James Perry (Bocephus King)!

Certo che a sentirle tutte insieme queste canzoni fanno un gran bell’effetto: dagli inizi semi-acustici ed indipendenti del primo Joco Music, registrato in quel di Point Roberts, Wisconsin, nella casa di famiglia, dal tipo sbarbato che ci guarda dalla foto di copertina, ai capitoli successivi registrati (e concepiti) in giro per gli Stati Uniti e nel natio Canada. Veramente tante belle canzoni, vale quasi la pena di ricomprarsele o, meglio ancora, per chi non lo conosce e non vuole “rischiare” tutta la discografia, di lanciarsi alla scoperta di un talento che fa parte di quella benemerita categoria che viene definita dei “Beautiful Losers”, ma spero per lui che il termine non abbia quei connotati negativi che spesso assume per le vite di chi viene associato al club! Un po’ pirata, un po’ signore, un poco freakettone, come si desume dalle foto, ma sicuramente un gran talento.

Bocephus king joco music

Già, le canzoni: dai suoni scarni ma perfettamente compiuti di On The Hallelujah Side, con quel violino insinuante che ricorda tanto Dylan quanto DeVille ma è molto Bocephus King, la voce non così scartavetrata come quella di Waits e le dediche, scritte nel libretto, a Joseph Spence, grande chitarrista delle Bahamas, adorato tanto da Bloomfield quanto da Ry Cooder, passando per Juanita, altra ballata gridata alla luna, dedicata a Juanita DesJardins, uno dei tanti personaggi straordinari che popolano le canzoni di Perry, con un mandolino struggente, che si fa largo tra organo e chitarre spagnoleggianti, che tanto ricorda certe cose del Dylan di Street Legal intrecciato con il Tom Waits degli esordi. Lay Down, una delizia notturna per voce, piano, un tocco di Synth e una chitarra “atmosferica” affidata alle sapienti mani di Steve Dawson.

bocephus king a small good thing

E questi sono solo i tre brani tratti da Joco Music, poi ci sono, cito alla rinfusa, altre canzoni straordinarie come Blues For Buddy Bolden http://www.youtube.com/watch?v=m8W4YOCMIEAtra Joe Camilleri e Dirk Hamilton, altri due fedeli “adepti” del primo Van Morrison o altri ritratti di femme fatales, come Ruby e Josephina http://www.youtube.com/watch?v=hs49yTVMXCQ , il blues jazzato di The Way The Story Goes  , o lo Springsteen dei primi due album tratteggiato nella deliziosa Nowhere At All,  Ballad Of The Barbarous Night è, come da nome, una ballata di una bellezza sontuosa, degna delle cose migliori di Dylan o Van Morrison. La versione inedita, per la radio dei vostri sogni, di Eight And A Half (con omnichord, synth, chitarre spagnole, sitar, alla faccia degli arrangiamenti scarni del primo disco) e ancora ricordi cinematografici in Goodnight Forever Montgomery Clift (bellissima, ma ce n’è una brutta?) e qui e là vengono citati anche Ava Gardner, Robert Mitchum, il tram Chiamato Desiderio e la Gatta Sul Tetto Che Scotta, ovvero Elizabeth Taylor.

L’altro inedito, con un titolo preso a prestito da una novella di Raymond Carver, come si diceva, viene dalle sessions per l’ultimo disco Willie Dixon God Damn ed è un gospel in salsa New Orleans dalla incontenibile energia. La cover di Senor di Dylan, viene da una session fatta in compagnia di due maestri indiani, durante la quale Bocephus King ha registrato Street Legal nella quasi totalità, così dice nelle note del libretto, dove promette che prima o poi lo farà uscire. Ma c’è da credergli? La scorsa estate, durante il suo tour, non doveva uscire un doppio, tutto di cover, Love Letter To Nina Simone poi mutato in St. Eunice, che fine ha fatto? Comunque “accontentiamoci” per il momento di questo Amarcord, sedici canzoni, una più bella dell’altra, fa niente se le conosciamo quasi tutte, questa antologia rende piena giustizia alla bravura di un piccolo genio come questo signore. Un plauso alla Appaloosa/IRD e ad Andrea Parodi per l’operazione. Questa volta mi autocito: sono solo tre parole, Gran Bel Disco, vale anche per le ristampe e le antologie!

Bruno Conti

P.s Mi è venuto in mente chi mi ricorda la voce di James Perry, ce l’avevo lì sulla punta della lingua o in punta di tastiera, per tutto il tempo in cui ho elaborato e scritto il post, altro genere ma la voce è molto simile: Howard Werth degli Audence, quelli di House On The Hill, doveva anche entrare nei Doors al posto di Jim Morrison! Citazione colta, non c’entra niente ma mi andava di dirlo.

Due “Fanciulle” Che Meritano Attenzione! Basia Bulat E Star Anna

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Basia Bulat – Tall Tall Shadow – Secret City Records 2013

Star Anna – Go To Hell – Spark & Shine Records – 2013

Nativa di Etobicoke, Ontario, nell’area metropolitana di Toronto, Basia Bulat è arrivata al terzo album, dopo l’esordio con Oh, My Darling (2007) e Heart Of My Own (2010), con ampi e meritati riconoscimenti critici (anche su questo Blog piccoli-talenti-crescono-basia-bulat-heart-of-my-own.html), merito senz’altro di una voce e una visione artistica di primaria qualità. Ad aiutarla in questo lavoro Tall Tall Shadow, Tim Kinsbury e Mark Lawson (rispettivamente bassista e ingegnere del suono dei connazionali Arcade Fire), per dieci brani che rapiscono per il loro ritmo fluido e orchestrale.

L’iniziale ballata folk Tall Tall Shadow, dialoga così con il pop di Five, Four e Promise Not To Think About Love, seguita dalla splendida (solo voce e autoharp) It Can’t Be You, la scanzonata Wires, le dolci armonie di The City With No Rivers, la moderna tecnologia pop di Someone, per poi passare alla filastrocca folk di Paris Or Amsterdam, la quasi recitativa e tambureggiante Never Let Me Go, e chiudere con la pianistica From Now On (con echi della grande Joni Mitchell). Il folk dei dischi precedenti, in Tall Tall Shadow è inserito in un contesto più robusto, con canzoni in bilico tra le ultime opere di Feist e Laura Marling (spero che il Bruno me lo consenta), forse il primo passo per la Bulat di intraprendere una nuova direzione. Dolcissimo disco per le prossime cupe giornate invernali.

Di Star Anna, mi ero già occupato circa due anni fa recensendo il suo terzo lavoro Alone in This Together (star+anna+and+the+laughing+dogs) e a differenza della Bulat stenta a decollare, continua a rimanere quella che si dice in questi casi “una bella promessa”, causa forse di una distribuzione difficoltosa dei suoi dischi e una notorietà circoscritta nei “punk-rock” e “coffee houses”, della scena West Coast.

Go To Hell (prodotto con il polistrumentista Ty Bailie) è in tal senso il proseguimento del percorso dei lavori precedenti, contrassegnato dalle interpretazioni vocali di Star Anna e da una qualità sonora “dura e sporca” (senza i fedeli Laughing Dogs), ma con veterani sessionmen, a partire oltre che da Ty Bailie, da Jeff Fielder alle chitarre, Julian MacDonough alla batteria, Will Moore al basso e altri bravi musicisti “di area”.

La partenza è affidata alla “rokkeggiante” For Anyone, seguita dalla title track Go To Hell (un brano dal repertorio di Nina Simone), la rootsy Electric Lights e da un altro brano rock Let Me Be, cantato con voce potente. Si riparte con gli arpeggi “roots” di Mean Kind Of Love, la batteria sincopata di Younger Then e il blues rurale di Power Of My Love. La chiusura è affidata splendidamente alla ballata pianistica Everything You Know (con un crescendo imperioso) e ad una cover d’autore, Come On Up To The House di Tom Waits (brano conclusivo di Mule Variations), che sembra eseguita dai bassifondi di una metro.

Il viaggio di Star Anna continua, una tipa che ha imparato la lezione da artisti della grandezza di Lucinda Williams o di Brandi Carlile e Grace Potter (la mia preferita con Dana Fuchs), pronta al grande salto, più di altre blasonate colleghe.

Tino Montanari

Poesia E Musica Per Un Grande Artista Minore! Sam Baker – Say Grace

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Sam Baker – Say Grace – Self Released 2013

Sam Baker da Austin, Texas, è un cantautore molto personale, dotato di una voce aspra, quasi “dylaniana”, che parla più che cantare, l’ultimo discendente di una stirpe di songwriters che si riconosce in autori come Guy Clark, John Prine e il grande Townes Van Zandt. Say Grace arriva dopo l’eccelso debutto di Mercy (2004), seguito dagli altrettanto validi Pretty World (2007) e Cotton (2009) a chiudere una trilogia incentrata sui temi della misericordia e della rinascita in forma spirituale (dopo che Sam si ritrovò coinvolto in un attentato che costò la vita ad alcune persone).

La pienezza di suono di questo lavoro (più corposo e variegato rispetto ai precedenti), va attribuita in larga parte alla bravura e qualità dei musicisti presenti, gente come Gurf Morlix e Anthony Da Costa alle chitarre, Rick Richards alla batteria, il polistrumentista Lloyd Maines e Joel Guzman alla fisarmonica, oltre alle due “donzelle” Carrie Elkin e Raina Rose alle armonie vocali, distribuite in quattordici tracce dolenti e intense, cantate con la consueta passione da Sam Baker.

Le canzoni sono tutte di valore, a cominciare dall’iniziale Say Grace, brano delicato accompagnato dai riff chitarristici di Antonio Da Costa, per proseguire con la malinconica The Tattooed Woman, la tenue Road Crew e la splendida Migrants (dedicata alla morte degli immigrati messicani), arricchita dalla fisa di Joel Guzman. Il cuore del disco è circoscritto nella nuda bellezza delle varie White Heat, Ditch, Interlude, Isn’t Love Great, mentre nella teatrale Feast (ispirata da un verso del poeta Yeats) si trovano cenni del miglior Tom Waits. Una voce angelica introduce Sweet Hour Of Prayer, un brano strumentale (da una melodia medievale francese) con il pianoforte in primo piano, a cui fanno seguito due ballads intimiste, Panhandle Winter e Button By Button, con i ricami “rootsy” del violino di Maines, per poi chiudere con la breve ma sempre intensa Go In Peace.

Say Grace è un lavoro bello, profondo, toccante, con pochi strumenti, una voce che racconta storie,  racconti personali, una raccolta di sensazioni ed emozioni, in quanto Baker è uno “storyteller” nato, che sa unire gioia e malinconia, passione e dolore, un disco triste e solitario, perfetto per le prossime giornate autunnali.

L’invito è quindi di avvicinarvi a Sam Baker, un poeta e musicista (e pittore) che chiede a pieno diritto di entrare nel “gotha” del cantautorato Usa, con questo Say Grace: una fortuna (purtroppo) solo per i pochi che lo hanno scoperto e subito amato, visto la difficile reperibilità dei suoi dischi!

Tino Montanari

Il “Secondo Lavoro” Di Brian Fallon, Un Live Affascinante, Da Togliere il Fiato. Horrible Crowes – Live At The Troubadour

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The Horrible Crowes – Live At The Troubadour – Side One Dummy CD + DVD 2013

Dopo aver riscosso un meritato successo con i suoi Gaslight Anthem, circa due anni fa il leader e frontman Brian Fallon con l’amico di infanzia e polistrumentista Ian Perkins, decise di dedicarsi anche a qualcosa di più personale, il progetto The Horrible Crowes con il magnifico Elsie, un lavoro dalle forti tinte rock, dall’animo “dark”, che richiamava le sue radici musicali. Per chi scrive, è stato un innamoramento musicale al primo ascolto, il confronto con la sua band di origine è stato inevitabile, in quanto la voce inconfondibile di Fallon teneva insieme tutte le canzoni, che spaziavano dal blues al rock in forma minimalista, ispirati al canto borbottato di Tom Waits. In attesa del seguito di Elsie, inaspettatamente esce questo CD + DVD, registrato il 14 Settembre 2011 al Troubadour di West Hollywood, dove sono saliti su questo leggendario palco. oltre ai due “pards” Brian e Ian, Alex Rosamilia alle tastiere, Frank Marra al basso e Steve Sidelnyx alla batteria, per 75 minuti di grande musica (che lo stesso Fallon ha certificato come uno dei migliori concerti della sua carriera).

La scaletta ripercorre quasi fedelmente la tracklist dell’album d’esordio, partendo dal gospel-rock di Last Rites, per poi passare alla dolente Sugar, mentre Behold The Hurricane (che è stato uno degli hit radiofonici), viene fatta con un ritmo più veloce. I Witnessed A Crime ha un’anima soul, seguita da Go Tell Everybody che inizia mormorata e poi esplode, con Brian che canta in maniera feroce, a cui fa seguito una cupa cantilena come Cherry Blossoms, mentre con Ladykiller e Crush si viaggia dalle parti degli U2 più ispirati. Dopo una pausa, il concerto riparte con un brano di Katy Perry Teenage Dream (una normale melodia pop), che nelle mani dei corvi orribili” si trasforma in una canzone dal ritmo martellante, per poi passare ai riff di chitarra di Mary Ann eseguita con un canto rabbioso, addolcito dalla seguente Black Betty & The Moon. Ci si avvia alla fine con l’energica ballata Blood Loss, la melodica e romantica I Believe Jesus Brought Us Together per chiudere alla grande una magnifica performance live, con una bella versione di un brano degli Inxs Never Tear Us Apart, scritta del compianto Michael Hutchence.

Questo Live At The Troubadour è il classico disco che si adatta facilmente agli stati d’animo di chi lo ascolta, capace di trasmettere del sano rock e di far riflettere quando le melodie prendono il sopravvento, con un Brian Fallon che si conferma una delle migliori voci della nuova ondata  rock, un lavoro completo insomma, da sentire durante un viaggio, di notte, con sullo sfondo la luna e le stelle, aspettando di vedere se a breve, Elsie (da recuperare) avrà un successore.

NDT:  Oltre all’intero concerto, il DVD contiene le interviste a Brian e Ian, filmati sound check e i video musicali di Behold The Hurricane e Ladykiller.

Tino Montanari