Ne Vale La Pena (Se Riuscite A Trovarlo), Un Altro Giorno A Nashville! Willie Nelson & Friends Live At Third Man Records

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Willie Nelson & Friends – Live At Third Man Records – Third Man Records 2LP

Willie Nelson, nella sua lunghissima carriera, non ha mai centellinato le uscite discografiche, sia in studio che dal vivo: se per quanto riguarda gli album in studio lo standard è sempre stato abbastanza alto (con qualche momento di appannamento, specie negli anni ottanta quando incideva per la Columbia), nei dischi live più di una volta è affiorata una certa routine, a stento mascherata da duetti con ospiti più o meno prestigiosi.

Questo Live At Third Man Records è però su un altro livello: inciso lo scorso anno negli studi di Nashville dell’etichetta di proprietà di Jack White per celebrare i suoi 80 anni, vede un Willie in gran forma rivisitare con vigore e freschezza alcune pagine storiche del suo repertorio (e non solo), con la compagnia di diversi amici di cui non vi rivelo ora l’identità per non rovinarvi la sorpresa.

Il problema, se di problema possiamo parlare, è che il disco, pubblicato solo in doppio vinile ed inciso su tre lati anziché quattro, è ordinabile soltanto sul sito della Third Man Records, come già altri live analoghi usciti nel recente passato.

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L’etichetta di White, tra le più dinamiche ed interessanti del panorama indie, opera infatti in tre canali ben precisi: quello delle normali uscite discografiche in CD (come i comeback albums di Wanda Jackson e Loretta Lynn, entrambi prodotti da White, e l’ultimissimo delle Haden Triplets), la ripubblicazione in tiratura limitata su vinile colorato e glow in the dark di alcuni leggendari singoli della Sun Records, e buon ultimo questa serie di album live incisi negli studi di Detroit e Nashville, quasi tutti disponibili solo in vinile (oltre ad un bel numero di artisti alternativi non molto noti, come Dex Romweber Duo, Nobunny e The Jacuzzi Boys, troviamo anche gente come i Drive-By Truckers, la stessa Jackson, i Raconteurs ed il grande Jerry Lee Lewis, quest’ultimo reperibile facilmente anche in CD su Amazon).

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Tornando a Willie, ribadisco che la qualità di questo live album vale lo sforzo di procurarselo, in quanto ci troviamo di fronte ad un musicista straordinario, uno di quelli di cui hanno buttato via lo stampo, accompagnato da una band che lo segue ad occhi chiusi (l’inseparabile Mickey Raphael, vecchi marpioni come Fats Kaplin e Phil Madeira, l’esperto batterista Marco Giovino e Dominic Davis, bassista di fiducia di White), e con una serie di canzoni a cinque stelle.

(NDM: Willie non è nuovo a questo tipo di auto-celebrazioni: vent’anni fa uscì, solo in VHS, lo splendido The Big Six-O, sorta di festa per i sessant’anni con ospiti del calibro di Bob Dylan – la loro Pancho & Lefty da sola valeva l’acquisto – Paul Simon, Ray Charles, Waylon Jennings e Lyle Lovett. Una ristampa in DVD sarebbe oltremodo gradita http://www.youtube.com/watch?v=2yL7r7-Ic9k .)

La serata si apre con l’unico brano che vede Willie senza ospiti: si tratta di una scintillante versione di Roll Me Up And Smoke Me When I Die, un tipico honky-tonk texano, fluido e coinvolgente, con assolo continui di violino, steel, piano e Nelson stesso con la sua mitica Trigger.

Poi sale sul palco Ashley Monroe, alla quale toccano due grandi brani: Angels Flying Too Close To The Ground, dove canta solo lei, e soprattutto Blue Eyes Crying In The Rain, con Willie super alla chitarra e la fisa in sottofondo che le dona un tocco mexican.

Ashley è bravina, ma sicuramente si poteva puntare più in alto (tipo Emmylou Harris).

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Poi arriva Norah Jones ed il livello sale: grande fan di Nelson (i Little Willies nascono proprio come omaggio al grande texano), Norah delizia la platea con la classicissima Funny How Time Slips Away, nella quale il suo tocco elegante dà al pezzo un tocco jazzato con cui Willie va a nozze (ricordatevi il disco in duo con Wynton Marsalis), e poi con la vivace I Gotta Get Drunk, dove però è Nelson a fare la parte del leone (e che brava che è la band) http://www.youtube.com/watch?v=C9b50PMeCf4 .

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Ed ecco il momento centrale dello show: sale sul palco nientemeno che Neil Young, che esegue con grande feeling (ma non avevo dubbi) la bella ma poco nota Sail Away (era sul mitico Rust Never Sleeps) e la stupenda (è una delle mie preferite in assoluto del Bisonte) Long May You Run http://www.youtube.com/watch?v=uQH-L78clJw : Neil fa tutto in perfetta solitudine e con Willie che lo accompagna alla chitarra, ma non alla voce.

Inutile dire che gli applausi fanno venire giù la sala.

La languida Far Away Places ospita sul palco la prezzemolina per antonomasia, cioè Sheryl Crow: la bella ex moglie di Lance Armstrong quando vuole è anche brava, e stasera fa la sua parte con grande rispetto e senso della misura http://www.youtube.com/watch?v=0q3ZdKny6IM .

Whiskey River di solito apre i concerti di Willie, ma questa sera è posta verso la fine, e vede tutti gli ospiti sul palco (con l’aggiunta di Jamey Johnson, mica un pirla qualunque) a rendere omaggio al barbuto texano: è una festa, e quindi chiudiamo gli occhi se c’è qualche stonatura o se qualcuno va fuori tempo http://www.youtube.com/watch?v=HiVunqkZ1RM .

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Un altro “gigante” in arrivo: Leon Russell, che nel 1979 aveva inciso un intero album con Willie (One For The Road), tornato in auge anche grazie ad Elton John, presta il suo vocione per il suo classico A Song For You (*NDB il video dell’80° non l’ho trovato, va bene anche quello dei 70, con Ray Charles? http://www.youtube.com/watch?v=2UW4ELmVD9M e per una godibile versione molto country’n’roll dell’evergreen di Elvis Heartbreak Hotel.

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Si chiude con i due padroni di casa, cioè Willie e Jack White, insieme per una delicata Red Headed Stranger.

“Roll Me Up” 
“Angel Flying Too Close To The Ground” – with Ashley Monroe (Unreleased)
“Blue Eyes Crying In The Rain” – with Ashley Monroe
“Funny How Time Slips Away” – with Norah Jones
“I Gotta Get Drunk” – with Norah Jones (Unreleased)
“Sail Away” – with Neil Young (Unreleased)
“Long May You Run” – with Neil Young
“Far Away Places” – with Sheryl Crow
“Whiskey River” – with Neil Young, Ashley Monroe, Sheryl Crow, Norah Jones, Jamey Johnson
“A Song For You” – with Leon Russell
“Heartbreak Hotel” – with Leon Russell (Unreleased)
“Red Headed Stranger” (Broadcast Version) – with Jack White

Un live di tutto rispetto, vale la pena di procurarselo: Willlie Nelson lo conosciamo, e poi c’è il valore aggiunto di Neil Young, mica bau bau micio micio (come direbbe Enzino Iacchetti).

Marco Verdi

Ecco “Un Giorno A Nashville”, Lo Scorso Anno, Per Robben Ford. Esce Il 4 Febbraio!

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Robben Ford – A Day In Nashville – Mascot/Provogue Uscita 04-02-2014 EU/ITA  04-03-2014 USA

La “solita anteprima” per Robben Ford!

Il disco uscito lo scorso anno, Bringing It Back Home, era stato registrato in “ben” tre giorni http://discoclub.myblog.it/2013/02/15/una-anteprima-a-lunga-gittata-19-febbraio-2013-il-nuovo-albu/ ! Per questo nuovo A Day In Nashville, come recita il titolo, per le procedure di registrazione si è utilizzato un solo giorno. E in tempi di moderne tecnologie si tratta di una sorta di ritorno alle vecchie metodologie degli anni ’60 e ’70, quando, volendo, ma anche allora non era facile, si registrava un intero LP in un lasso di tempo brevissimo, anche se un giorno è quasi un record. Una volta il problema era dovuto soprattutto ai costi di uno studio di registrazione, si registrava anche di notte e a rotazione con altri musicisti per spremere il massimo dalle poche ore a disposizione http://www.youtube.com/watch?v=HyqQgnW_S8g .

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Poi è diventata una questione di perfezionismo, spesso gli studi sono di proprietà dei musicisti, che vi ci si trastullano per periodi quasi biblici, per dare libero sfogo alle proprie manie o semplicemente per necessità perché l’ispirazione latita. Nel caso di Robben Ford invece tutto è stato pianificato: all’inizio il progetto prevedeva un disco dal vivo registrato durante il tour dello scorso anno, poi nella fase finale della tournée, ad ottobre, il chitarrista ha avuto dei problemi al polso e molte delle date sono state annullate e rinviate http://www.youtube.com/watch?v=sByZvhy8u2o . Nel periodo di inattività cosa ti pensa il vulcanico musicista? Perché non prenotare il Sound Kitchen Studio, uno dei migliori di Nashville (ma niente paura non è un disco country, anche se sarebbe stato interessante), dove dà appuntamento ai musicisti che fanno parte della sua attuale touring band, ai quali erano stati inviati dei demo solo voce e chitarra, su cui il gruppo avrebbe potuto improvvisare all’impronta http://www.youtube.com/watch?v=zK39bL9F7U0 .

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Ma non solo, messa da parte momentaneamente l’idea di un disco dal vivo, Ford ha scritto anche sette canzoni nuove di zecca, insieme a due cover assolutamente poco note. E il risultato è un disco che conserva la qualità e la varietà di temi di quello dello scorso anno (che era veramente bello), con una ulteriore freschezza dovuta all’approccio molto libero dato dalla possibilità, anzi direi dalla necessità, di improvvisare. Il sound è quello classico dei dischi migliori di Robben, dalla Ford Blues Band ai Blue Line, passando per le collaborazioni con Witherspoon e Musselwhite, c’è molto blues, ma non mancano abbondanti dosi di funky e soul, rock, un pizzico di jazz e la sua immensa tecnica chitarristica http://www.youtube.com/watch?v=4kln-Kuq6mE . I musicisti utilizzati per questo A Day In Nashville sono ottimi: dal tastierista Ricky Peterson, per lunghissimi anni spalla di David Sanborn e prima anche con Prince, al bassista Brian Allen (che ha un recente passato con Jason Isbell e Jamey Johnson, ma ha suonato anche con Scofield e le touring bands di Temptations e Four Tops, aumentando la quota soul del gruppo); provvista pure da Wes Little, il batterista, uno che suonato con Sting e Stevie Wonder. Per bilanciare la quota rock l’ultima aggiunta è Audley Freed, ex dei Black Crowes e quella jazz è provvista dal trombonista Barry Green (uno strumento già utilizzato nel precedente album e “scoperto” da Robben Ford negli ultimi tempi).

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Si diceva sette pezzi nuovi e due cover. Partiamo da queste ultime: Cut You Loose è un blues scritto dal grande armonicista James Cotton, qui trasformato in un fluido veicolo per la voce e la chitarra di Ford, veramente in grande forma, mentre duetta con l’organo di Ricky Peterson, aiutato dalla spinta della sezione ritmica e con un bell’assolo anche del trombone di Green; alla fine il brano è una ulteriore variazione sul tema del “blues according to Robben Ford”, non c’entra moltissimo con l’originale, ma non puoi fare a meno di apprezzare uno che suona la chitarra in modo così divino. Poor Kelly Blues viene da ancora prima, dal periodo della grande guerra, scritta da Big Maceo Merryweather e scoperta probabilmente grazie all’enciclopedica conoscenza acquisita nella band con i fratelli, qui siamo nel blues più duro e blues, i ritmi e la scansione sono quelli classici, sempre spazio per gli altri solisti ma anche una maggior grinta e voglia di improvvisare.

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Subito evidente fin dall’iniziale Green Grass Rain Water che ha un afflato rock and soul molto più immediato rispetto alle abitudini più raffinate del nostro. Midnight Too Soon è uno di quegli slow blues con chitarra lancinante che sono nel DNA di Ford mentre Ain’t Drinkin’ Beer No More ha un approccio più rilassato, quasi jazzato, con la presenza marcata del trombone e dei fiati e il tipico divertente coretto da avvinazzati di chi si è fatto qualche birra di troppo. Top Dawn Blues, nonostante il titolo, è un funky-soul strumentale, sempre con uso di fiati, con tutta la band che improvvisa alla grande mentre Different People è una bellissima mid-tempo ballad dalle ricche melodie, cantata benissimo e suonata anche meglio. Detto delle due cover che sono posizionate a questo punto del CD, rimangono una Thump And Bump, altra traccia strumentale che evidenzia le propensioni funky dei musicisti, evidenziate dal loro CV, ben suonata ma più per “Fordofili” jazz fusion. Conclude Just Another Country Road, un altro di quei blues sincopati tipici del repertorio di Robben Ford. L’ho sentito in fretta  e in streaming, un po’ all’ultimo minuto (ma il giusto), e se dovessi dire, mi sembra leggermente inferiore al precedente Bringing It Back Home, ma è l’impressione del momento!              

Bruno Conti     

Un Cantautore “Infinitamente Prezioso” ! Damien Jurado – Brothers And Sisters Of The Eternal Son

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Damien Jurado – Brothers And Sisters Of The Eternal Son – Secretly Canadian 2CD Deluxe Edition

Ho sempre pensato che ci sono nomi che girano come un segreto ben custodito, qualcuno li conosce bene, qualcuno li ha sentiti nominare, la maggior parte li ignora del tutto, e questi nomi sarebbe ora che uscissero dall’anonimato, per la musica che fanno: Damien Jurado, per chi scrive, è un esempio perfetto, quindici anni di carriera, undici dischi con questo ultimo lavoro (più EP e varie raccolte), che spaziano dal cantautorato più “puro” (Rehearsals For Departure (99), a quello più “impuro” come la triade iniziata con Saint Bartlett (10), Maraqopa (12), e questo di cui che stiamo parlando http://www.youtube.com/watch?v=frnWPrDu9CU .

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Jurado è un originale songwriter proveniente da Seattle, con un “background” formato da varie collaborazioni con diverse formazioni, ma la carriera solista di Damien comincia verso la metà degli anni ’90 quando esordisce con la prestigiosa Sub Pop Records con Waters Ave S (97), il citato Rehearsals For Departure (99), Ghost Of David (00), I Break Chairs (02). Finito il sodalizio con la casa di Seattle, si accasa con la Secretly Canadian, e con questa etichetta pubblica Where Shall You Take Me? (03),This Fabulous Century (04), On My Way To Absence (05),Caught In The Trees (08), e gli ultimi album Saint Bartlett (10) http://discoclub.myblog.it/2010/06/07/damien-jurado-saint-bartlett/ , Live At Landlocked (11), Maraqopa (12), tutti sotto la produzione del multistrumentista Richard Swift (membro degli Shins, e fondamentale per il suo cambiamento artistico).

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Per chi segue Damien Jurado, non dovrebbe essere una sorpresa che il suo “sound” ultimamente sia distante anni luce dagli esordi, e lo si nota subito sin dal primo brano Magic Number, che anche in questo album c’è qualcosa di diverso. E la riprova arriva subito con la dolce psichedelia di Silver Timothy http://www.youtube.com/watch?v=A4sQz6Y5g88 , la cantilena struggente di Return To Maraqopa e Jericho Road http://www.youtube.com/watch?v=PNHTmqAny3U  , fino alla splendida Metallic Cloud, che più la sento e più mi ricorda, a tratti, Wish You Were Here dei Pink Floyd http://www.youtube.com/watch?v=NDEc8SVXeS0 . Dopo una prima parte pazzesca, con Silver Donna e Silver Malcolm si viaggia dalle parti delle ultime produzioni di Nick Cave, mentre con Silver Katherine e Silver Joy si manifesta il Jurado più classico, si chiude infine con una Suns In Our Mind dall’incedere “younghiano” http://www.youtube.com/watch?v=wEde9mDtwtw . Il bonus CD della Deluxe Edition, presenta due brani inediti e sei versioni acustiche alternate, con accompagnamento di cori femminili.

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Con questo Brothers And Sisters Of The Eternal Son, i due compari Damien Jurado e Richard Swift firmano il vertice della “trilogia”, con dieci piccole gemme che riescono a trasmettere delle emozioni autentiche, con armonie lente e toccanti, in equilibrio tra folk, rock e pop psichedelico.

La musica di Damien Jurado probabilmente non è per tutti, ma sicuramente merita più attenzione e visibilità di quella avuta finora, e questo lavoro è uno dei dischi più belli, originali e spiazzanti di questi primi mesi dell’anno, e scusate se è poco.

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NDT: Il singolo Everything Trying (dall’album Caught In The Trees) è incluso nella colonna sonora del film La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, candidato ai prossimi Oscar http://www.youtube.com/watch?v=6GVhGX93fsc .

Tino Montanari  

Novità Di Gennaio Parte IIb. A.J. Croce, Amy Ray, Rhonda Vincent, Beth Nielsen Chapman, Autumn Defense, John Hammond

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Seconda parte del Post di ieri, altre sei interessanti uscite discografiche, diciamo “minori”. Di tutto non si riesce a parlare, ma come vedete le recensioni si succedono a raffica (fra poco arrivano anche Damien Jurado e Robben Ford), per cui bando alle ciance e partiamo.

A.J. Croce tra i vari figli d’arte è uno dei migliori in circolazione (il babbo era Jim Croce, cantautore dei primi anni ’70, spesso sottovalutato dalla critica, perché aveva successo e questo era un delitto di lesa maestà). Era dal 2009 che non pubblicava dischi nuovi, l’ultimo Cage Of Music, e nella mia carriera di recensore (anche sulla carta stampata, Buscadero) mi è capitato di occuparmi di lui in passato. Pianista e cantante di ottima qualità, parzialmente cieco dall’infanzia per un tumore che ha rischiato di farlo morire (il babbo morì in un incidente aereo) Adrian James Croce ha esordito nel lontano 1993 con un disco omonimo che era co-prodotto da T-Bone Burnett e John Simon (quello della Band), con Ron Carter, Robben Ford, Jim Keltner e Benmont Tench tra i musicisti utilizzati. Ottimo anche il secondo That’s Me In The Bar, ancora con Robben Ford, Ry Cooder, Stephen Bruton, David Hidalgo, Bill Payne, Dean Parks e di nuovo Jim Keltner che era anche il produttore. Ma senza raccontarvi tutta la discografia i dischi di A.JCroce sono sempre stati piuttosto buoni, con uno stile che oscilla tra il cantautore pianista raffinato, il bluesman, l’innamorato della musica di New Orleans e dintorni. Questo nuovo 12 Tales esce nuovamente per una etichetta importante, la Compass, dopo qualche anno di dischi autogestiti. Per non farsi mancare nulla ha scelto 6 dei migliori produttori in circolazione per registrare questo disco che lo riporta ai vecchi splendori: Tony Berg (Fiona Apple, Bob Dylan), Mitchell Froom (Crowded House, Los Lobos), “Cowboy” Jack Clement (Elvis Presley, Johnny Cash),  Kevin Killen (Elvis Costello, Peter Gabriel), Allen Toussaint (Dr. John, Paul McCartney) e
Greg Cohen (Tom Waits, John Zorn) praticamente i primi che passavano per strada http://www.youtube.com/watch?v=5VZZsjQ0ZQA !

Lo sanno tutti, ma ricordiamolo, Amy Ray è una delle due Indigo Girls (insieme ad Emily Saliers): come solista questo Goodnight Tender è il sesto album che appare. Esce per la Daemon Records che pubblica sempre il loro materiale quando non agiscono come duo. Si tratta di una primizia per la brava cantante: un disco di country. Genere che ha fatto sempre capolino nelle prove di Amy ma non in modo così evidente. Ed il disco è veramente bello, uno dei migliori un assoluto della sua carriera, da sola o in coppia. Già il fatto che ci sia un brano intitolato Duane Allman dove le armonie vocali sono a cura di Susan Tedeschi depone a favore della qualità musicale. Ma nel disco ci sono anche Justin Vernon (Bon Iver per i meno attenti), Heather McEntire dei Mount Moriah, Kelly Hogan e molti altri musicisti, Megafaun dice qualcosa?, meno noti ma di gran spessore. Sentire per credere http://www.youtube.com/watch?v=vWw14MJ-xzM

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Altre due deliziose voce femminili, sempre benvenute su questo Blog: nomi che su queste pagine virtuali vengono sempre citati con piacere. L’ultimo disco ricordato di Rhonda Vincent, era stato il CD dal vivo del 2012, Sunday Mornin’ Singin Live, pubblicato, come i precedenti dalla sua etichetta, la Ingrooves/Upper Managent (prima uscivano per la Rounder). Chiamata, non a caso, “The Queen Of Bluegrass”, la Vincent ha una delle più belle voci in circolazione, come conferma questo nuovo Only Me (stessa etichetta), anche se questa volta il disco si divide tra bluegrass e country tradizionale e un disco più honky-tonk. E’ un doppio, ma contiene dodici canzoni in tutto, 6 per CD, non sanno più cosa inventare e duetti con Daryle Singletary Willie Nelson (strano non lo fa mai con nessuno). Se amate il genere, una piccola chicca http://www.youtube.com/watch?v=t94iNHwb62Q .

Anche Beth Nielsen Chapman non appare su Disco Club per la prima volta, se volete sapere tutto (o quasi) su di lei lo trovate qui, http://discoclub.myblog.it/2010/04/04/beth-nielsen-chapman-back-to-love/. Anche la nostra amica ha la sua etichetta personale (un’esigenza che molti artisti ormai devono avere per sopravvivere), la BNC, per cosa starà, mistero? E anche il nuovo Uncovered esce in questo modo autogestito: si tratta di un disco “strano”, un album di cover all’incontrario, è lei che canta le sue canzoni che sono state successi in passato per altri cantanti, e lo fa ospitando nel disco quasi tutti gli artisti originali. Senza farla troppo lunga, ma per incuriosirvi, sappiate che nel CD cantano e suonano: Duane Eddy Jessie Colter-Jennings Vince Gill Darrell Scott Pam Tillis & Lorrie Morgan Amy Grant Mary Chapin Carpenter Gretchen Peters, Suzy Bogguss and Matraca Berg Bekka Bramlett Phil Cunningham, John McCusker, e molti altri, vedete voi, se interessa http://www.youtube.com/watch?v=gxWFyk2QAek !

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Due segnalazioni in breve per concludere. La prima è per il nuovo album degli Autumn Defense, che per aiutare il recensore alle prime armi si chiama Fifth. Stiamo parlando della band collaterale di Pat Sansone e John Stirratt, quando non sono impegnati con i Wilco, molto piacevoli e con un sound tipicamente 70’s, niente male http://www.youtube.com/watch?v=uHoDiVChxiY .

L’altra segnalazione è per il nuovo album di John Hammond (Jr. se preferite, ma ormai il babbo non c’è più da tempo e il rischio di confonderli è molto basso), uno dei più grandi bluesmen bianchi di sempre: il nuovo CD si chiama Timeless, è dal vivo, in solitaria, solo voce, chitarra ed armonica, e secondo alcuni tra i suoi migliori in assoluto. Visto che quei due o tre album di Blues, ogni tanto, mi capita di recensirli, magari ci ritorno con più calma http://www.youtube.com/watch?v=lTs6DC3byWc .

Direi che per oggi, per il momento, è tutto.

Bruno Conti

 

 

 

“Giovane Per Sempre”, Ma Alla Fine Anche Lui Se Ne E’ Andato, A 94 Anni Si E’ Spento Pete Seeger!

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Peter (Pete) Seeger, nato e morto a New York, 3 maggio 1919 – 27 gennaio 2014, è stato uno dei più importanti musicisti dello scorso secolo e di uno scorcio di questo, attivista politico, autore di canzoni, per grandi e piccini, “socio” di Woody Guthrie, ha attraversato due guerre mondiali, è stato “comunista in America”, ecologista, pacifista, antesignano di Occupy Wall Street, voi pensatelo, lui lo ha fatto http://www.youtube.com/watch?v=ADtAU43MM14 . Ha scritto centinaia di canzoni e registrato decine di dischi, da solo o con gli Almanac Singers e i Weavers, ha influenzato un po’ tutti, da Dylan e i Byrds http://www.youtube.com/watch?v=W4ga_M5Zdn4a Joan Baez e Steve Earle, fino a Springsteen e Mellencamp http://www.youtube.com/watch?v=mt9jWoXmrLw . Sarebbe troppo lungo raccontare la sua parabola musicale, e quindi piuttosto che ridurmi a dire, come hanno fatto molti quotidiani italiani, che il suo contributo più significativo alla musica è stato quello di scrivere If I had a hammer, che in italiano diventò Datemi un martello di Rita Pavone!, preferisco ripubblicare quanto avevo scritto, sul finire del 2012, in occasione dell’uscita del suo ultimo disco, aggiornandolo con alcune foto significative più di mille parole (e qualche video) http://www.youtube.com/watch?v=QhnPVP23rzo . Mi sembra un epitaffio più dignitoso.

93 Anni E (Quasi) Non Sentirli! With Lorre Wyatt – A More Perfect Union

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Pete Seeger & Lorre Wyatt – A More Perfect Union – Appleseed Recordings/IRD

Nel 2008 aveva pubblicato At 89, chiaro riferimento alla sua età, l’anno successivo per il 90°, si è tenuto al Madison Square Garden un concerto commemorativo, The Clearwater Concert, dove appariva accanto ad una folla di cantautori accorsa per celebrare la sua carriera, da Springsteen a Mellencamp, Dave Matthews, Billy Bragg, Tom Morello, Roger McGuinn, Joan Baez, Ramblin’ Jack Elliott e moltissimi altri, tra i quali il figlio del suo vecchio sodale Woody, Arlo Guthrie. Proprio a Woody Guthrie, in contemporanea a questo A More Perfect Union, in occasione del centenario, Pete Seeger ha dedicato un doppio CD Pete Remembers Woody e per non farsi mancare nulla, a luglio, in quel di New York al Bryant Park, è apparso a firmare copie della sua autobiografia, arzillo come non mai e ha partecipato, naturalmente al movimento Occupy Wall Street http://www.youtube.com/watch?v=1y2SIIeqy34 .

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Il suo compagno di avventura in questo album è Lorre Wyatt, un folksinger molto più giovane di Seeger (bella forza direte voi!), ma che ha avuto notevoli problemi di salute a metà degli anni ’90 e ci ha messo quasi una quindicina di anni a riprendersi completamente dal “colpo”. Quindi “una bella accoppiata”, ma a dispetto delle premesse il disco è molto piacevole, tra favola, parabola e impegno politico, con una particolare attenzione per i più piccoli, che sia nelle tradizione musicale di Guthrie che di Seeger hanno sempre avuto una parte di rilievo nel repertorio affrontato, sia come fruitori che come piccoli canterini. Naturalmente ci sono degli “amici” anche più adulti in questo CD, a partire dal primo brano God’s Counting On me…God’s Counting On You, che dopo il primo verso cantato da Seeger e da un coro di bambini, vede la presenza di Bruce Springsteen http://www.youtube.com/watch?v=t1AuE-LoRe4 che si alterna con Lorre Wyatt e Seeger nel cantato del brano http://www.youtube.com/watch?v=GmoHJyUaVIQ  e non è la solita partecipazione “invisibile”, dove per sentire la voce dell’ospite devi indossare le cuffie e cercare di percepire la presenza dell’ospite nascosto in armonie vocali indecifrabili, invece in questo caso Bruce canta chiaramente più o meno metà della canzone (non saranno le Seeger Sessions, ma si lascia sentire), scritta a proposito del disastro ambientale nel Golfo del Messico del 2010, un tipico brano del repertorio di Seeger http://www.youtube.com/watch?v=cvnsB_kVNYI .

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Il folksinger si accompagna con l’immancabile banjo e la voce è quella che è, diciamo vissuta, nel folk-blues Old Apples, dopo il primo verso lascia spazio a Wyatt che ha ancora una bella voce a dispetto dei problemi fisici e si fa aiutare dal bel baritono di Jeff Haynes, mentre una bella slide lavora di fino nel tessuto sonoro delle retrovie. Ottima Keep The Flame Alive, con l’alternanza tra le voci di Wyatt e Seeger, mentre Memories Out of Mud, un duetto tra Wyatt e Dar Williams, accompagnati da un tappeto di percussioni ha un sapore quasi etnico, fino alla citazione del clarinetto del tema di When The Saints Go Marching In. Nella lunga title-track A More Perfect Union, un brano fatto e finito, con basso, batteria e sax ad aggiungersi alla parca strumentazione acustica abituale, e la partecipazione di Tom  Morello alla chitarra e voce,  gli arrangiamenti sono quasi sofisticati, nella loro semplicità.

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The Old Man Revisited scandita dal banjo di Seeger vede l’alternarsi delle voci di Dar Williams, di nuovo, Steve Earle e Lorre Wyatt, con quell’andatura della filastrocca folk che ha sempre caratterizzato il miglior folk, anche didattico. These days in Zimbabwe solo percussioni e la voce di Wyatt è un po’ una “palla”, mentre in Somebody’s Else’s Eye si apprezza anche lo scorrere del tempo nella fragilità della voce di Seeger che non demorde, accompagnato dal violino in sottofondo di Sara Milonovich. Strange Lullabye, come da titolo, è una fragilissima ninna-nanna accapella per bimbi di tutte l’età. Somos El Barco/We Are The Boat è la canzone più famosa di Lorre Wyatt che è stata incisa in passato da Peter, Paul & Mary, Holly Near e dallo stesso Seeger, qui viene ripresa in una versione corale con la bellissima voce di Emmylou Harris a fare da guida http://www.youtube.com/watch?v=r1rKxRXkukU . Gli ospiti finiscono qui, ma non le canzoni, ci sono favolette simpatiche e didattiche, su gatti e cani parlanti, come Howling For Our Supper, ballate struggenti come Fields Of harmony e una A Toast of The Times ancora combattiva nonostante il tempo che passa. Un disco onesto e (quasi) bello per un signore di 93 anni, che non ha ancora deciso di appendere il banjo al chiodo. Una leggenda del folk e molti amici per una piacevole oretta senza tempo, Forever Young, come ha cantato nel tributo a Dylan http://www.youtube.com/watch?v=Ezyd40kJFq0 !

Bruno Conti

Un Grande “Storyteller” In Fuga Verso Il Freddo Nord! Kreg Viesselman – If You Lose Your Light

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Kreg Viesselman – If You Lose Your Light – Continental Song City/Ird

Kreg Viesselman dal Minnesota, è un cantautore Americano che da qualche anno è stato artisticamente adottato dalla Norvegia, dove questo suo ultimo lavoro If You Lose Your Light ha suscitato l’ammirazione degli addetti ai lavori e del pubblico. Partiamo quindi dagli esordi: nel ’98 il buon Kreg incide un EP dal vivo nel Maine, ma l’album non va oltre i confini dello stato. Nel ’02 ritorna in sala d’incisione per incidere l’omonimo Kreg Viesselman  in completa solitudine, ma anche in questo caso il nome Viesselman rimane ancora nell’oblio. Cinque anni dopo, all’incirca, (sono questi i tempi che occorrono quando non si lavora con grandi etichette), il musicista torna ad incidere con un album più ricco di contenuti e di musicisti http://www.youtube.com/watch?v=w-EOdoZj5Io , e il risultato è il bellissimo The Pull, che finalmente lo porta all’attenzione della critica e degli ascoltatori http://www.youtube.com/watch?v=hZqKxXNmidw .

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Cresciuto alla scuola di Ray LaMontagne (con un ottimo seguito di fans in Europa) Kreg scrive canzoni che viaggiano sul confine tra chitarra e pianoforte (come si faceva negli anni ’70), e tutte le canzoni di If You Lose Your Light sono farina del suo sacco, e così pure la produzione, seppur condivisa con altri amici. L’album è stato registrato in Norvegia (dove è uscito già dal 2012), con l’aiuto di musicisti del luogo, che rispondono al nome (spero di non sbagliare) di Oystein Hvamen Rasmussen alla batteria, Sondre Meisfjord al basso, Bjarne Gustavsen al pianoforte, la dolce Annelise Frokedal alle armonie vocali, e ovviamente la chitarra acustica e la voce calda e nera di Kreg Viesselman.

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Il trittico iniziale è composto da brani toccanti come If You Think You Knew Me Once http://www.youtube.com/watch?v=mODNNvcX5HU , una ballata che ricorda il già citato Ray LaMontagne (*NDB, aggiungerei anche il primo David Gray e mastro Van), a cui fanno seguito il duetto in Half Baked News con Annelise http://www.youtube.com/watch?v=U6LQ4V3kO7Q  e una Morning, Come and Help Me con le chitarre in spolvero e coretti femminili. Si riparte con la solitaria The Great Deceiver http://www.youtube.com/watch?v=AoG7NAV2s8U (*NDB Il video è stato registrato sette anni fa per una televisione locale di Como, perché noi italiani siamo avanti, e diciamolo!), la dolcissima The Cups e l’interessante esperimento di Emigration sempre in duetto con la Frokedal, su un caldo tessuto folk. La title track è una ballata calda e passionale, una dolce canzone d’amore in cui la voce di Kreg è particolarmente ispirata, mentre Freeze Of  Life è un altro brano folk vicino allo spirito di LaMontagne, per poi chiudere con le dolcissime Nantucket Woman e The Well , brani di una bellezza cristallina , valorizzati dalla sua inconfondibile voce “soul”.

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Il suono di If You Lose Your Light  è caldo e intimo, e se i brani sono toccanti, il  merito va ascritto principalmente alla voce cavernosa, fumosa e malinconica di Kreg, che si dimostra (come in The Pull) anche un ottimo performer, per un album che ricorda vagamente i dischi degli anni ’70.  Il grande Taj Mahal ha speso per questo artista (ormai scandinavo, risiede da anni in Norvegia) parole d’elogio e l’istinto del vecchio “bluesman” non sbaglia di certo, quindi segnatevi questo nome, Kreg Viesselman, risentiremo parlare di lui, ma intanto cominciate a cercarlo da subito, lui la luce non l’ha persa!

Tino Montanari

Novità Di Gennaio Parte IIa. Hard Working Americans, Doug Paisley, Damien Jurado, Haden Triplets, David Crosby, Whiskey Myers

hard working americansdoug paisley strong feelings

Eccoci a una nuova puntata, divisa in due parti, com’è consuetudine ultimamente, della rubrica dedicata alle uscite discografiche che non trovano uno spazio ad hoc nei Post giornalieri (ma non è detto che alcuni dischi poi non vengano recuperati, anzi è probabile). Questa settimana parliamo di CD pubblicati nelle settimane che vanno dal 21 al 28 gennaio. Di Paul Rodgers che esce domani vi ho già parlato sabato, altri sono in lavorazione, in settimana ci sarà l’anteprima del nuovo Robben Ford A Day In Nashville, in uscita il 4 febbraio, peraltro già pronta e altre chicche, tempo permettendo, perché non è facile scrivere di tutto, manca il tempo di ascoltare tutti i dischi che escono e poi, essendo la cadenza giornaliera e non di un mensile tipo Busca, in alcuni casi è troppo anticipare la pubblicazione di recensioni di dischi che usciranno magari a fine mese prossimo, tipo il box di Johnny Winter, anche questa già pronta . Per cui negli album di questa rubrica mi limito, ove possibile, ad un ascolto velocissimo, per avere un’idea del contenuto, con l’intenzione di ritornarci con calma, anche se non sempre è possibile e qualche volta poi si decide di soprassedere, ma almeno una segnalazione consistente è giusto farla.

Chi sono gli Hard Working Americans http://www.youtube.com/watch?v=vgLAGHfHNf8 ? E’ una specie di nuovo supergruppo formato da Todd Snider, che è la voce solista e il frontman della formazione, Dave Schools, il bassista dei Widespread Panic, Neal Casal, grande cantautore pure lui come Snider, ma anche chitarra solista, prima nei Cardinals di Ryan Adams e ora con Chris Robinson Brotherhood (e eccezionale alla solista in questo disco), Chad Staehly, tastiere dei Great American Taxi e Duane Trucks (della famiglia, fratello di Derek), batteria con Col. Bruce Hampton http://www.youtube.com/watch?v=2IKZ7Tbqyg4 . Il disco è stato registrato ai TRI Studios di San Rafael, California, di proprietà di Bob Weir, co-prodotto da Snider e Schools e vi appaiono come ospiti John Keane e John Popper. Il genere, visti i musicisti coinvolti, è proprio un miscuglio di cantautorato, jam, rock classico, anche southern, con cover tratte dal repertorio di Randy Newman, Lucinda Williams, Kevin Gordon, Hayes Carll, Kevn Kinney (Drivin N Cryin), Gillian Welch & Dave Rawlings, Brian Henneman (The Bottle Rockets), Will Kimbrough eTommy Womack, Kieran Kane, Chuck Mead (BR5-49), Don Herron e Frankie Miller. E non tra le più celebri, per cui si gode anche del piacere della (ri)scoperta e il disco evita anche le lungaggini di certi gruppi troppo dediti alle jam e poco alle canzoni, infatti i brani sono tutti tra i tre e i quattro minuti, con uno solo che supera i cinque http://www.youtube.com/watch?v=e0yWTr2mGUk .

doug paisley

Di Doug Paisley, splendido cantautore canadese, il Blog si è occupato in passato (http://discoclub.myblog.it/2010/11/08/temp-3507313775689154ecbe16f0fb3900d1/). Questo Strong Feelings è il suo terzo album (più un mini, uscito nel 2012), pubblicato come al solito dalla indipendente No Quarter, e quindi di non facile reperibilità. I cenni biografici li trovate nel Post linkato, ma volevo confermarvi, come giustamente evidenziato dalla stampa inglese, Mojo e Uncut unanimi gli danno 4 stellette o 8/10, che si tratta di un altro piccolo gioiellino a due passi dal capolavoro. Poi avrà diritto ad una sua recensione, ma già il fatto che gli ospiti siano Garth Hudson della Band, alle tastiere in tutto il disco, come in passato, e Mary Margaret O’Hara che duetta con Paisley in una splendida e notturna What’s Up Is Down http://www.youtube.com/watch?v=f5rRoOfPHhI , per non dire di Bazil Donovan, il bassista dei Blue Rodeo, mi fa consigliare questo disco a tutti gli amanti della buona musica, anche se la copertina è orrenda, sembra Jack lo Squartatore appena scoperto sulla scena del delitto!

damien jurado brothers and sistershaden triplets

Altro ottimo cantautore è Damien Jurado (http://discoclub.myblog.it/2010/06/07/damien-jurado-saint-bartlett/), questo Brothers And Sisters Of The Eternal Son, se ho fatto bene i compiti, dovrebbe essere l’undicesimo della sua discografia (Vinili, raccolte e limited esclusi) http://www.youtube.com/watch?v=frnWPrDu9CU . Prodotto come il precedente Maraqopa da Richard Swift, con il numero dei collaboratori tenuto al minimo, sempre pubblicato dalla Secretly Canadian, anche Jurado questa volta non ha potuto esimersi dalla Deluxe Edition doppia con otto tracce extra, ma ha risparmiato sui titoli: Silver Timothy, Silver Donna, Silver Malcolm, Silver Katherine, Silver Joy http://www.youtube.com/watch?v=A4sQz6Y5g88 . A parte questo non ha risparmiato sulle emozioni, in un disco che è ancora una volta veramente bello, candidato ad una recensione più completa, appena possibile. Presto, molto presto: ho messo al lavoro i collaboratori http://www.youtube.com/watch?v=NDEc8SVXeS0 .

Le Haden Triplets sono le tre figlie di Charlie Haden, nonché sorelle di Josh, il leader degli Spain, con cui spesso collaborano: Petra, Rachel e Tania http://www.youtube.com/watch?v=lQohy8kafJg . Petra,voce e violino, la più famosa delle tre, ha pubblicato anche alcuni dischi a nome proprio, l’ultimo http://discoclub.myblog.it/2013/01/30/riletture-cinematografiche-petra-haden-goes-to-the-movies/, uscito all’incirca un anno fa. Tanya, che canta e suona il cello, è anche la moglie dell’attore Jack Black (proprio lui, quel Jack Black!), mentre Rachel, voce, basso e batteria, ha fatto parte, con la sorella, dei that dog. Tutte e tre, e il resto della famiglia, avevano partecipato a quella meraviglia di disco che è Rambling Boy, uscito a nome Charlie Haden, Family and Friends, dove suonano una quantità spropositata di grandi musicisti, se non lo avete vi consiglio di cercarlo. In questo eponimo The Haden Triplets, che esce per la Third Man Records (l’etichetta di Jack White, che ha pubblicato anche un raro vinile di Willie Nelson And Friends di cui leggerete sempre sul Blog a giorni, ce n’è per tutti), il brano che ha dato il via alla storia è una rilettura del celebre brano della Carter Family, Single Girl, Married Girl (dal vivo la facevano già da 10 anni e oltre http://www.youtube.com/watch?v=iEwQ-tOA4q4), e da lì tutta una serie di “vecchie” canzoni dai repertori di Louvin Brothers, Stanley Brothers, Phil Monroe. A questo punto è entrato in scena Ry Cooder, che se c’è da preservare un patrimonio non è secondo a nessuno http://www.youtube.com/watch?v=Yhhriutw7h4 , come produttore, musicista e portandosi al seguito il figlio Joachim. Il risultato, manco a dirlo, è delizioso.

david crosby crozwhiskey myers early morning shakes

Altre due uscite interessanti. La prima è il nuovo album solista di David Crosby, Croz, annunciato già da un paio di anni e che esce domani per la Blue Castle Rock, l’etichetta dell’amico Graham Nash. Un unico appunto è per la copertina, dove la R e la O rosse della scritta del titolo cadendo sull’ampia fronte, gli conferiscono un aspetto quasi diabolico. Per il resto siamo di fronte al solito David, che ha firmato nove dei brani contenuti nel CD, alcuni da solo, uno con Shane Fontayne, parecchi con il figlio James Raymond, che ne ha scritti un paio da solo. Gli anni ormai sono 72, ma la voce è al solito, calda, ispirata, dolce e quasi “spaziale”, Wynton Marsalis e Mark Knopfler appaiono come solisti ospiti http://www.youtube.com/watch?v=A2paJl4uEVc (niente Nash), oltre ad una nutrita serie di musicisti tra cui spiccano il già citato Shane Fontayne alle chitarre, Todd Caldwell all’organo Hammond B3, KeviMcCormick e il “mitico” Leland Sklar che si alternano al basso, Steve Tavaglione, fiati e tastiere, e il figlio, che suona praticamente tutto il resto. Il disco è molto piacevole, ma, ad un primo veloce ascolto, non mi sembra un capolavoro http://www.youtube.com/watch?v=TcPWar4xo10 . Viene presentato come il suo primo album solista da venti anni a questa parte, e tecnicamente è vero, ma alcuni degli album usciti a nome CPR, che quello erano, mi sembravano meglio.

Oggi terminiamo con un altro bel dischetto. Altro gruppo di cui vi ho parlato sul Blog (e altrove) http://discoclub.myblog.it/2011/05/15/sudisti-veri-e-di-quelli-ma-molto-bravi-whiskey-myers-firew/. Anche in questo caso le notizie biografiche e le informazioni le trovate al link del disco precedente. Si tratta del terzo disco della band di Cody Cannon, i Whiskey Myers, Early Morning Shakes, precisi, uno ogni tre anni, 2008, 2011, 2014, sempre autogestiti e distribuiti dalla propria etichetta, la Wiggy Thump, e sempre del buon sano, vecchio southern rock, con abbondanti dosi di country di quello molto energico http://www.youtube.com/watch?v=kLz-C8R3uNA . Mi sa che anche di questo disco se ne parlerà diffusamente ancora sul Blog, dove tra i lettori ci sono vari estimatori del genere.

Per oggi è tutto, domani seconda parte. Se ho tempo, nel frattempo, oggi o al massimo domattina, magari vi metto un’altra recensione di un bel dischetto di quelli per Carbonari, che merita assolutamente di essere conosciuto. La ricerca continua, come sempre.

Bruno Conti

Il Ritorno Della “Bobfest”! Bob Dylan – The 30th Anniversary Concert Celebration Deluxe Edition

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Ventidue anni fa, il 16 ottobre del 1992, si tenne al Madison Square Garden di New York un concerto per festeggiare il 30° Anniversario della carriera di Bob Dylan (nel frattempo gli anni sono diventati 50, e oltre) . Nella sua esuberante felicità Neil Young (chi altri?) lo definì, con un simpatico slogan, coniato al momento, “Bobfest”! L’evento fu mandato in onda in televisione un po’ in tutto il mondo (in Italia da Mediaset, brutalmente tagliato, incompleto e con continui inserti pubblicitari, quindi come al solito) e poi, cinque anni dopo, nel 1997, pubblicato in doppio CD e doppia VHS, non mi sembra ci fosse il vinile, mentre, se non ricordo male, uscì anche la versione Laser Disc. In DVD l’evento, uno dei più bei concerti della storia del rock, sia per lo spessore delle canzoni quanto per i partecipanti, è entrato nella storia anche per il famoso episodio con Sinead O’Connor che, dopo una versione all’impronta di War, fu fischiata in modo “energico” del pubblico, finché non fu costretta ad abbandonare il palco in lacrime, accompagnata da Kris Kristofferson http://www.youtube.com/watch?v=y4fVxcT00Sc .

bob dylan 30th anniversary concert

Stranamente in tutti questi anni non era mai uscita una versione ufficiale del concerto in DVD (né tantomeno in Blu-Ray), anche se versioni bootleg, anche doppie, ne sono circolate molte, con qualità sonora audio e video discreta (vista dal sottoscritto, posso confermare). Ora però la Sony ha recuperato da una emittente giapponese, la NHK, la versione registrata in HD, quindi con telecamere ad alta definizione, che erano presenti all’evento, ma che per le limitazioni della tecnologia di allora non vennero utilizzate. Comunque non aspettatevi la perfezione neppure questa volta: nel comunicato stampa annunciano che la versione di Song For Woody, eseguita da Dylan, non ci sarà per problemi tecnici della chitarra di Bob, mentre il gran finale dove tutti eseguono My Back Pages è stato sistemato con qualche overdub di armonie vocali qui e là.

bob dylan 30th anniversary concert 1997

Dal lato positivo, negli extra del CD, è stata aggiunta la versione di I Believe In You di Sinead O’Connor, registrata durante le prove e prima che il pubblico la “massacrasse”, per avere stracciato la foto del Papa durante la esibizione al Saturday Night Live. Sempre dal soundcheck proviene una versione alternativa di Don’t Think Twice, It’s Alright eseguita da Eric Clapton, in quell’occasione veramente in serata di grazia, raramente mi era capitato di sentirlo cantare e, soprattutto, suonare la chitarra in un modo così “divino” (alla fine della sua esibizione ricordo una sorta di standing ovation della house band sul palco, e c’era gente come Steve Cropper, Booker T, GE Smith, Donald “Duck” Dunn e altri fior di musicisti) http://www.youtube.com/watch?v=FsF3aX0dzV4 . Inoltre il DVD contiene un documentario di 40 minuti che racconta l’evento e il dietro le quinte http://www.youtube.com/watch?v=0AdQ7OiXFcs , oltre a riportare le versioni di Leopard-Skin Pill-box Hat di John Mellencamp, Boots of Spanish Leather di Nancy Griffith con Carolyn Hester e Gotta Serve Somebody di Booker T & The Mg’s, presentati come extra nel DVD, ma che ricordo distintamente di avere visto e sentito all’epoca. Viceversa mi sono accorto (sempre perché lo ricordo) che non c’è traccia, neppure nel comunicato della Sony, della presenza di I Want You di Sophie B. Hawkins (oltre a tutto artista della Columbia) http://www.youtube.com/watch?v=GmL18fJXVU8 .

Comunque queste sono le liste complete dei contenuti del concerto, che uscirà il prossimo 4 marzo, in 2 CD, 2 DVD o Blu-Ray:

“Like A Rolling Stone” – John Mellencamp
“Blowin’ In The Wind” – Stevie Wonder
“Foot of Pride” – Lou Reed
“Masters of War” – Eddie Vedder/Mike McCready
“The Times They Are A-Changin'” – Tracy Chapman
“It Ain’t Me Babe” – June Carter Cash/Johnny Cash
“What Was It You Wanted” – Willie Nelson
“I’ll Be Your Baby Tonight” – Kris Kristofferson
“Highway 61 Revisited” – Johnny Winter
“Seven Days – Ron Wood
“Just Like a Woman” – Richie Havens
“When the Ship Comes In” – The Clancy Brothers and Robbie O’Connell with special guest Tommy Makem
“War” – Sinead O’Connor
“Just Like Tom Thumb’s Blues” – Neil Young
“All Along the Watchtower” – Neil Young
“I Shall be Released” – Chrissie Hynde
“Love Minus Zero, No Limit” – Eric Clapton (Track Only Available on DVD/Blu-Ray Format)
“Don’t Think Twice, It’s Alright” – Eric Clapton
“Emotionally Yours” – The O’Jays
“When I Paint My Masterpiece” – The Band
“You Ain’t Goin’ Nowhere” – Mary Chapin Carpenter/Rosanne Cash/Shawn Colvin
“Absolutely Sweet Marie – George Harrison”
“License to Kill” – Tom Petty & The Heartbreakers
“Rainy Day Women #12 & 35” – Tom Petty & The Heartbreakers
“Mr Tambourine Man” – Roger McGuinn
“It’s Alright, Ma” – Bob Dylan
“My Back Pages” – Bob Dylan/Roger McGuinn/Tom Petty/Neil Young/Eric Clapton/George Harrison
“Knockin’ On Heaven’s Door” – Everyone
“Girl of The North Country” – Bob Dylan

DVD Bonus Tracks:
“Leopard-Skin Pill-box Hat” – John Mellencamp
“Boots of Spanish Leather” – Nanci Griffith with Carolyn Hester
“Gotta Serve Somebody” – Booker T. & the M.G.’s

CD Audio Bonus Tracks:
“I Belive in You” – Sinéad O’Connor  (from soundcheck, previously unreleased)
“Don’t Think Twice, It’s Alright” – Eric Clapton (from soundcheck, previously unreleased)

Non siamo ai livelli qualitativi musicali dei Festival di Woodstock, di Monterey o dell’isola di Wight, ma nettamente superiori a quelli del Live Aid o dei concerti di Amnesty International, direi imperdibile, anche se, come al solito, si ricompra sempre la stessa roba.

Bruno Conti

Incontro Tra “Nobili” In Quel Di Memphis! Paul Rodgers – The Royal Sessions

paul rodgers royal sessions

Paul Rodgers – The Royal Sessions – Caroline/429 Records/Universal 28/01 o 04/02

Partiamo da un presupposto (anche due, forse tre): come potrebbe essere brutto un disco che contiene quattro canzoni del repertorio di Otis Redding (una via O.W. Wright), due di Albert King, una di Ann Peebles (ma la faceva anche Tina Turner), una scritta da Bacharach/David, ma nella versione Stax sfavillante di Isaac Hayes, una scritta da Smokey Robinson per i Temptations (cantata pure dal grande Otis nel ’66) e che inizia con uno dei brani più famosi del repertorio di Sam and Dave? La risposta è ovviamente no, a prescindere! Se a questo aggiungiamo che a cantare “tutto sto popò di roba” c’è una della più grandi voci bianche “nere” della storia della musica rock, Paul Bernard Rodgers, da Middlesborough, Inghilterra, bisognerebbe essere folli a pensarlo. E per mettere anche il carico, i musicisti che suonano nel disco sono (Reverend) Charles Hodges, all’organo, Michael Toles alla chitarra (se dico Shaft può bastare?), LeRoy Jones, al basso, “Hubby” Archie Turner, al piano elettrico Wurlitzer, Steve Potts e James Robertson, alla batteria. Più una quantità notevoli di cantanti di supporto e fiati, radunati ai Royal Studios di Memphis, dove tutti questi “benedetti” signori registravano, sotto la guida di Willie Mitchell, nei dischi di Al Green, Ann Peebles, O.W. Wright, Syl Johnson e miriadi di altri, dischi nati nel profondo Sud degli Stati Uniti, a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70, quando la soul music era al suo apogeo creativo.

Il titolo un po’ criptico del Post sta a significare proprio questo, un incontro della “nobiltà” della musica, cantanti, canzoni (che perdono la loro intangibilità, tanto sono belle), musicisti, studi di registrazione, tutte le cose che la musica moderna sta cercando di ammazzare. Il tutto unito dalla voce ancora incredibile di Paul Rodgers, uno che nella sua carriera ha cantato ogni genere: il blues e il rock fusi in un tutt’uno nei leggendari Free (All Right Now la conoscono anche i giovanissimi, perchè periodicamente riappare in uno spot o in una colonna sonora, con il suo riff inconfondibile http://www.youtube.com/watch?v=bHNxuo4i5Ds ), l’hard -rock, american style, che ha influenzato intere generazioni di rockers negli anni a venire, ma che era suonato da quattro musicisti inglesi, e anche un po’ di avventure finite male, i Firm con Jimmy Page e i Law con Kenney Jones, è meglio non ricordarli. Come molte delle avventure soliste del nostro amico: con una grande eccezione, guarda caso un altro tributo, Muddy Water Blues: A Tribute To Muddy Waters, il titolo dice tutto e Rodgers era accompagnato da una sflilza di chitarristi da paura (però sono passati più di 20 anni, era il 1993, anno in cui usciva anche uno splendido EP dal vivo, altrettanto bello, The Hendrix Set, dove omaggiava il mancino di Seattle

Nel frattempo reunion varie dei Bad Company, con molti dischi e DVD dal vivo, qualcuno anche bello e l’avventura con i Queen, dove, francamente, la voce pur potente ed espressiva di Paul, che aveva influenzato proprio quella di Mercury, non c’entrava molto con il repertorio degli ultimi anni della band inglese, con un risultato non disastroso, ma fondamentalmente inutitle. Come “splendidamente” inutile è questo The Royal Sessions. Molti si chiedono che senso ha rifare, quasi pari pari, dei classici della musica soul, quando potresti fare qualche bel dischetto di dubstep o nu soul “moderno? Ahia, mi sono fatto male mordendomi la lingua, boccaccia mia statti zitta, una risposta ce l’avrei ma mi taccio! Oppure cantanti come Bruno Mars, Pharrell o gruppi come i Daft Punk ed altri che eccellono proprio quando i “loro” brani meglio riescono ad imitare gli originali, presentando le canzoni come frutto di ispirazione quasi preternaturale (non sentite su vecchi dischi, aleggiano nell’aria), o i geni dell’hip-hop e del rap che per fare prima i brani famosi li campionano, però tutto questo è di Moda!

Allora a questo punto meglio un disco come questo, dove tutto è quasi “matematico”, gli arrangiamenti, la produzione (di Perry Margouleff, che con assoluta nonchalance passa dai Maroon 5 al soul della Hi Records), l’abilità dei musicisti e quella componente spesso trascurabile, come si chiamano quelle robe? Ah sì, le “canzoni”, un fattore infimo! E allora scorrono I Thank You di Sam & Dave , Down Don’t Bother Me di Albert King e I Can’t Stand The Rain, che cantava da par suo Ann Peebles, tutte in versioni gagliarde e sanguigne, con Rodgers che ha ancora una voce della madonna, dategli delle canzoni e lui sa cosa farci. L’uno-due da sballo di I’ve Been Loving You Too Long (To Stop Now) (in una long version memorabile) e That’s How Strong My Love Is, tratte dall’opera di Otis Redding, fa bene al cuore e alle coronarie. La versione di Walk On By non è quella, peraltro sontuosa, scritta da Burt Bacharach per Dionne Warwick, ma è quella concepita alla Stax da Isaac Hayes per il suo stupendo Hot Buttered Soul. Senza raggiungere i dodici minuti di quella versione memorabile gli elementi ci sono tutti, il wah-wah di Toles, gli archi, le coriste “in calore”, una piccola meraviglia. Questo signore compie 65 anni a fine anno, ma è ancora una potenza, non per niente nel 2007 si è pure sposato una Miss Canada ( un po’ di gossip). Any Ole Way è considerato un brano minore dell’opera di Otis Redding, era il lato B di Satisfaction, poi inserito nella Collector’s Edition di Otis Blue, il capolavoro del King Of Soul , ma averne di canzoni “minori” così. Anche It’s Growing non è conosciutissima ma canzoni così sono delle perle della soul music. I Free avevano altri brani del repertorio di Albert King nel loro carniere (The Hunter!), ma questa versione di Born Under A Bad Sign risveglia vecchi ricordi, il blues si riaffaccia sul percorso sonoro di Rodgers, meno dura e più sinuosa rispetto alle “cattiverie” dei vecchi tempi, ma sempre un bel sentire. La conclusione sarebbe affidata ad una strepitosa I’ve Got Dreams To Remember, sempre Otis!, mamma mia come canta, come si chiama quella cosa che o ce l’hai o se no non la inventi? Feeling, forse? Qui ce n’è a tonnellate. D’altronde si tratta di una delle più belle canzoni di tutti i tempi: senza urlare, strepitare, esagerare, Paul Rodgers la canta come se ne andasse della sua vita.

Dicevo sarebbe, perché se comprate la versione Deluxe del CD (vi pareva potesse mancare) trovate altri tre brani: due omaggi al maestro di Otis (perchè tutti ne hanno avuto uno), quel Sam Cooke dalla voce melismatica che potrebbe essere considerato uno degli inventori della soul music, con altre due versioni micidiali di Shake e Wonderful World, e uno a sé stesso con Walk In My Shadow ,che era uno dei brani più belli dei Free. Non vi basta ancora? C’è pure il DVD con il “making of” del tutto, dove potete vedere un drappello di grandiosi musicisti mentre si preparano a regalarci questa delizia che spero si poserà nei vostri lettori al più presto. Dal 28 gennaio in Europa e dal 4 febbraio negli Usa. Nel 2013 Boz Scaggs aveva registrato un ottimo Memphis che correva più o meno su queste coordinate http://discoclub.myblog.it/2013/02/27/la-classe-non-e-acqua-boz-scaggs-memphis/ , Royal Sessions forse è anche meglio, il tempo lo dirà!

Bruno Conti

Gli “Ultimi Fuorilegge” Del “Jam-Roots-Grass” – Railroad Earth – Last Of The Outlaws

railroad earth last of the outlaws

Railroad Earth – Last Of The Outlaws – Black Bear Records

Nati dalle ceneri dei From Good Homes (una band tanto brava quanto sfortunata, separatasi nel ’98 e pressoché dimenticata), i Railroad Earth sono forse la più eccitante jam-roots-grass band attualmente in circolazione, una formazione capace di amalgamare con assoluta naturalezza bluegrass, country, folk, rock e arie irlandesi, in composizioni dallo splendido tessuto strumentale e dalla limpida linea melodica. Grazie alla scintillante musicalità delle canzoni composte dal leader Todd Sheaffer ed alla straordinaria tecnica strumentale dei musicisti http://www.youtube.com/watch?v=en6SSwOyvs0 : i Railroad Earth sono sulla scena dal lontano 2001 con l’esordio The Black Bear Sessions, poi passano alla Sugar Hill Records e incidono due splendidi album, Bird In A House (02) e The Good Life (04), ancora un cambio di etichetta con la Sci Fidelity Records per un meraviglioso doppio dal vivo Elko (06) e Amen Corner (08), e poi l’ultimo lavoro in studio l’omonimo Railroad Earth (10, senza contare le innumerevoli miglia fatte per attraversare l’America e suonare in decine di Festival, con un nome ormai consolidato, e non solo nei circuiti delle “jam bands” http://www.youtube.com/watch?v=5dfMGje05RE .

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Todd Sheaffer, chitarra e voce, come detto, guida le truppe, a lui si aggiungono la bravura di Tim Carbone alla fisarmonica e violino, di John Skehan al mandolino e pianoforte, Andrew Altman al basso e Carey Harmon alla batteria, sono la sezione ritmica e il polistrumentista Andy Goessling, arricchisce i particolari del sound della band; il risultato, ancora una volta, è un album coinvolgente, registrato negli studi RR Sound di Los Angeles http://www.youtube.com/watch?v=KGrAQpz5j2Y .

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Quindici canzoni, più di settanta minuti di musica, il disco inizia con il travolgente bluegrass di Chasin’ A Rainbow, un concentrato di pura energia, la title track The Last Of The Outlaws è più rilassata, inizia con pianoforte e violino, uniti alla voce di Todd, una tenue ballata d’atmosfera http://www.youtube.com/watch?v=TDnLtAD4Xv0 , per poi passare a Grandfather Mountain, dove il ritmo viene dettato dal violino e mandolino, per una melodia suggestiva. Si prosegue con il brano più lungo del disco All That’s Dead May Live Again, una maestosa “suite” composta da sette capitoli (conglobando anche la successiva Face in A Hole:In Paradisum), una sorta di sinfonia musicale che parte con arie celtiche, per poi arrivare attraverso varie sezioni musicali ad un suono psichedelico che sfiora anche il jazz, per 21 minuti di musica, che certificano la perizia di tutta la band.

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Monkey ha un attacco “dance”, il piedino non riesce a stare fermo, il pianoforte impazza e il brano scivola via spedito, mentre Hangtown Ball ancora molto lunga, smorza i toni e presenta un suono languido, che vive sulle evoluzioni del banjo e violino, seguita a sua volta da una When The Sun Gets In Your Blood, ritmata e decisa, e che mischia i vari strumenti in continue evoluzioni, ad un ritmo vertiginoso. La conclusione di un disco magnifico è affidata a One More Night On The Road, un rock venato di blues http://www.youtube.com/watch?v=cKxYLjj6tdg  e a Take A Bow (per fortuna non quella di Madonna), una ballata in cui il ritmo è lento, ma la cornice musicale è ricca, con la voce di Todd carica d’anima.

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Quindi una gradita conferma per una band che non sbaglia un colpo, fautrice di un suono caldo e affascinante, con il violino e gli strumenti a corda che sviluppano un tappeto sonoro fluido per la voce del leader, che continua imperterrito la strada che aveva intrapreso nella sua precedente incarnazione rock, nei From Good Homes. Chi acquisterà Last Of The Outlaws non sarà certamente deluso e per gli altri, peccato, non sapete cosa vi perdete!

Tino Montanari