Supplemento Della Domenica: Forse Il Miglior Disco Dal Vivo Ufficiale Del 2017. Christy Moore – On The Road

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Christy Moore – On The Road – Yellow Furze/Sony Music Ireland 2 CD

Christy Moore è una leggenda in Irlanda (e non solo nell’isola di Smeraldo), ma è anche uno dei più grandi cantautori attualmente in circolazione, con una produzione sterminata, iniziata con un disco del 1969 che si chiamava Paddy On The Road. Sarà un caso, ma a quasi 50 anni da quel disco esce questo doppio dal vivo che si chiama On The Road: di Moore esistono molti album Live, sia da solo che con Planxty e Moving Hearts.. Anche questa volta il buon Christy centra l’obiettivo, con quello che è il suo primo album Live doppio: registrato nel corso degli ultimi tre anni, tra Inghilterra, Irlanda e Scozia, contiene 24 brani estratti dal suo repertorio, messi in sequenza per costruire una sorta di concerto ideale, con la giusta alternanza tra brani lenti e più mossi, ballate e gighe, brani malinconici, di denuncia, ma anche canzoni briose, spesso salaci, ricche di ironia e umorismo britannico, seguito da platee adoranti pronte a cantare e a battere le mani ad ogni suo comando, ma rispettose ed attente nei momenti più intensi e struggenti, quindi il pubblico ideale per qualsiasi performer. E questa volta Christy Moore non è in solitaria, è accompagnato da un piccolo ma capace gruppo di musicisti che si alterna nelle varie date: guidati all’immancabile, e grande, Declan Sinnott, a chitarra elettrica, acustica e strumenti a corda, Jim Higgins, percussioni e batteria, Cathal Hayden, violino e banjo, Mairtin O’Connor alla fisarmonica, Seamie O’Dowd, chitarra, armonica e mandolino, oltre alle voci aggiunte di Vickie Keating e del figlio di Christy Andy Moore, che da alcuni anni lo accompagna con le sue armonie.

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Il risultato, manco a dirlo, è splendido, se amate la musica folk, irlandese e non, le canzoni d’autore, e in generale la buona musica, questo doppio è imprescindibile, anche considerando che il repertorio estrapolato da ben 16 diverse locations, quindi assai diversificato e completo, è arricchito anche da parecchie cover scelte con grande cura. L’apertura del concerto è spettacolare, con uno dei brani più amati e coinvolgenti appunto del suo repertorio, Ordinary Man, che dava il titolo ad un album del 1987, proposta nel corso degli anni in svariati arrangiamenti, in questo caso la pungente elettrica di Sinnott e il violino sono quasi interscambiabili, mentre la melodia molto cantabile la rende subito preda dei presenti che la cantano a squarciagola con Christy, che si vede costretto ad adeguarsi, con piacere, alla versione del pubblico presente al Barrowland di Glasgow; Ride On, tratta dall’omonimo album che lo stesso Moore considera tra i suoi più popolari (e in Irlanda il nostro è spesso ai vertici delle classifiche), è un brano scritto da Jimmy MacCarthy (che è stato omaggiato di recente anche da Mary Black, che ha inciso un intero disco dell’autore inglese, di cui leggerete sul Blog a breve), reso proprio dall’irlandese nel corso degli anni, sera dopo sera, una di quelle sue splendide ballate, cantate con voce profonda e risonante, dove la voce della Keating e la elegante solista di Sinnott sono elementi portanti della canzone, ascoltata in religioso silenzio dal pubblico. Che può subito scatenarsi di nuovo nella giga salace e incontenibile, a tempo di banjo e percussioni, della divertente Joxer Goes To Stuttgart, ma poi nella perfetta alternanza veloce-lento arriva una splendida Black Is The Colour, un brano tradizionale che ricordo in una altrettanto bella versione di Luka Bloom, il fratello di Christy, quando si chiamava ancora Barry Moore, nel suo primo disco Treaty Stone, con il fratello che dalla sua ha anche la voce inconfondibile e ad alto tasso evocativo, come la canzone, impreziosita dal lavoro di mandolino, armonica e violino.

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Don’t Forget Your Shovel è un’altra di quelle canzoni che prevedono la partecipazione del pubblico in un crescendo inarrestabile; altra title track The Voyage, malinconica e mesta, con la chitarra di Sinnott che cesella note mentre la voce di Moore sale e scende con dolcezza. Delirium Tremens è un immaginifico ed ironico resoconto sulle gioie e i dolori, nonché sugli effetti, dell’alcol, sostanza che ha avuto un ruolo sostanziale anche nella musica e nella vita di Shane MacGowan, di cui Moore interpreta con rispetto e devozione la meravigliosa Fairytale Of New York in una versione deliziosa. Lisdoonvarna viene ironicamente annunciata come canzone partecipante all’Eurofestival, ma in effetti è una delle più carnali, “sporche”, divertenti, eccessive e travolgenti canzoni del songbook di Christy https://www.youtube.com/watch?v=_SVo9W4QM5A ; The Cliffs Of Doonen è la più vecchia del repertorio, la facevano già i Planxty, altra ballad calda ed avvolgente, subito bilanciata dalla “delirante” Weekend In Amsterdam, cantata accapella e con continui colpi di scena nella narrazione senza limiti di parola nel resoconto delle avventure del protagonista https://www.youtube.com/watch?v=ZI4W1CyPtT0 . Viva La Quinta Brigada è uno di quei brani sociali, politici, storici, epici e collettivi, che costellano la carriera del cantautore irlandese, cantata coralmente dal pubblico. Si riparte subito con il secondo CD: City Of Chicago è una radiosa canzone del fratello Luka Bloom che l’ha reincisa per il recente Refuge http://discoclub.myblog.it/2017/10/17/dal-suo-rifugio-irlandese-un-lavoro-vibrante-e-intenso-luka-bloom-refuge/ , melodia scintillante, con la fisarmonica che ne sottolinea il tessuto sonoro incantevole; Go Move Shift un brano meno noto di Ewan MacColl (quello di Dirty Old Town e The First Time I Ever Saw Your Face) è ciò nondimeno un’altra canzone di grande spessore, degna della migliore tradizione folk irlandese.

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Si rimane in questo ambiente melanconico e raccolto anche con la successiva suggestiva Nancy Spain, cantata ancora una volta in modo evocativo da Moore che si appoggia anche sullo struggente violino di Hayden e sulle armonie corali del pubblico. Torna l’acuto e divertito storyteller per l’intrigante Lingo Politico e poi si passa al puro irish folk di The Raggle Taggle Gypsy, altro pezzo da novanta del songbook di Christy Moore, come pure la successiva St. Brendan’s Voyage, nuovamente estratta da Ordinary Man, sempre tipica del canzoniere più fortemente evocativo e corale di questo splendido musicista. Un altro che scrive canzoni non male è Richard Thompson, di cui Moore riprende Beeswing, una delle sue ballate più belle, interpretata con grande passione https://www.youtube.com/watch?v=zglpXd0gpuA ; McIlhatton francamente non la ricordavo, un brano dedicato a Bobby Sands, noto attivista politico nordirlandese, a lungo nelle prigioni inglesi, una canzone ”affettuosa” e piena di riconoscenza, costruita attorno ad un’aria musicale popolare. Ulteriore brano mesmerico ed ipnotico è la delicata Bright Blue Rose, altro pezzo di Jimmy MacCarthy, con Declan Sinnott splendido alla acustica con botteneck e alla seconda voce; non è da meno la versione da manuale di If I Get An Encore, per certi versi la parafrasi dell’intero concerto e di tutta la carriera di Moore, che comunque ci regala ancora un paio di brani prima di congedarci: North And South (Of the River), scritta con Bono e The Edge,  a cui consiglierei di andarsi a risentire quando scrivevano delle belle canzoni (perché ne hanno scritte tante, in passato), con la solista di Sinnott di nuovo sugli scudi https://www.youtube.com/watch?v=i-EbThBjons  e per ultima The Time Has Come, una delle sue migliori in assoluto, scritta con Donal Lunny e che conclude in gloria questo splendido concerto (virtuale), tra i migliori del 2017.

Bruno Conti

Ottima Musica Dalla Virginia: Garantiscono I Thompson! Dori Freeman – Letters Never Read

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Dori Freeman – Letters Never Read – Blue Hens CD

L’album di esordio dello scorso anno di Dori Freeman, giovane musicista originaria di Galax in Virginia, l’omonimo Dori Freeman (prodotto da Teddy Thompson, figlio del grande Richard, il quale ha dichiarato di aver deciso di produrla dopo aver ascoltato appena dieci secondi della sua musica), ha unito la critica nel decretare il disco come uno dei debut album di Americana migliori del 2016 (*NDB Anche in questo Blog http://discoclub.myblog.it/2017/04/20/meglio-tardi-che-mai-quando-meritano-dori-freeman-dori-freeman/) . E che Dori avesse la musica nel dna era abbastanza scontato, venendo da una famiglia nella quale sia il nonno che il padre suonavano: cresciuta in mezzo ai dischi dei suoi familiari, la nostra ha assorbito come una spugna le varie influenze, anche molto eterogenee (da Peggy Lee, leggendaria jazz singer degli anni cinquanta, a Rufus Wainwright), anche se l’ascendente maggiore su di lei l’ha avuta sicuramente la musica tradizionale originaria dei monti Appalachi, che sono proprio una delle caratteristiche geografiche principali della nativa Virginia. A distanza di un anno Dori bissa quel disco con Letters Never Read, facendosi aiutare ancora da Thompson Jr., un album che, nonostante l’esigua durata (mezz’ora scarsa), risulta ancora più bello del già positivo esordio.

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https://www.youtube.com/watch?v=WNsq3Quz37A

La Freeman ha un approccio molto diretto verso la musica, sa scrivere melodie che profumano di tradizione, riuscendo ad essere comunicativa e fruibile allo stesso tempo, e completa il tutto con una manciata di cover scelte con competenza e, almeno in un caso, con un certo coraggio: sto parlando della splendida I Want To See The Bright Lights Tonight, uno dei classici assoluti di Richard Thompson (inciso nei seventies con l’allora moglie Linda), una rilettura limpida, tra folk e rock, con grande rispetto per l’originale ma nello stesso tempo con buona personalità, e con il sigillo della presenza in studio proprio di Thompson Sr. (che quindi è come se desse in un certo senso la sua approvazione), che ricama sullo sfondo alla sua maniera. Ma il disco, al quale partecipano anche il chitarrista Neal Casal (Ryan Adams, Chris Robinson Brotherhood) e lo steel guitarist Josh Groban (ancora Adams), ha diversi altri brani degni di nota, a partire dall’opening track, la bellissima If I Could Make You My Own, una country ballad moderna, cristallina, strumentata in maniera scintillante, con una melodia che prende subito ed un refrain vincente https://www.youtube.com/watch?v=MxJ40NU0wK8 . Decisamente riuscita anche Just Say it Now, che propone un bel contrasto tra la voce gentile di Dori e l’accompagnamento pacato ma elettrico, e con un altro motivo che piace al primo ascolto, lo stesso primo ascolto che l’anno scorso aveva folgorato Teddy.

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https://www.youtube.com/watch?v=g-KHGCcu2Ck

La solare Lovers On The Run ha un delizioso retrogusto pop, ed è anch’essa diretta e gradevole https://www.youtube.com/watch?v=q3w6DoeNuYE , Cold Waves è più interiore, e ricorda certe ballate gentili di Emmylou Harris, dato che anche qui la classe non manca di certo. Ern & Zorry’s Sneakin’ Bitin’ Dog è una delicata ninna nanna cantata a cappella e scritta da Willard Gayheart, che altri non è che il nonno di Dori, mentre Over There è un brano tradizionale che la nostra riprende in maniera quasi filologica, solo voce e banjo, come si usava fare nei canti Appalachiani. Turtle Dove, che ha il sapore incontaminato delle country songs del tempo che fu, precede la bella ed intensa That’s Alright, dal deciso sapore western, e la filastrocca Yonder Comes A Sucker, scritta da Jim Reeves e sostenuta da una ritmica quasi marziale, ennesimo pezzo con l’impronta di una antica folk song. Se Dori Freeman continuerà a crescere in questo modo disco dopo disco, fra non molti anni avremo un’altra artista da prendere a scatola chiusa.

Marco Verdi

Ci Mancava: (Anche) Dal Vivo E’ Sempre Formidabile! Richard Thompson Band – Live At Rockpalast

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Richard Thompson Band – Live At Rockpalast – WDR/MIG 3CD/2DVD

Come probabilmente saprete Rockpalast è il nome di una famosa trasmissione televisiva tedesca, che iniziò a programmare negli anni settanta e continua ancora oggi, occupandosi di mandare in onda i concerti di alcuni tra i migliori musicisti mondiali: negli anni sono stati pubblicati diversi CD e DVD tratti da quelle serate, tra cui ricordo Ian Hunter, Lee Clayton, Willy DeVille, i Rockpile, Paul Butterfield, John Cipollina, Joe Jackson, George Thorogood e moltissimi altri. Oggi questa benemerita serie decide di omaggiare uno dei più grandi di tutti, cioè Richard Thompson, e lo fa in maniera sontuosa, con una sorta di mini-box contenente ben tre CD e due DVD, controbilanciando in un colpo solo i tre recenti album acustici del musicista britannico. Le serate interessate da questo cofanetto sono quelle di un concerto completo tenutosi nel Dicembre del 1983 alla Markthalle di Amburgo (che occupa i primi due CD ed il primo DVD) ed una parte dello show del Gennaio 1984 al Midem di Cannes (quindi eccezionalmente fuori dai confini teutonici). La tournée in questione è quella a supporto di Hand Of Kindness, secondo album solista di Richard dopo Henry The Human Fly (in mezzo c’erano stati i sei lavori con la moglie Linda) ed uno dei suoi più riusciti in assoluto, anche se stiamo parlando di un artista che non ha mai sbagliato un disco in vita sua. Per questo tour Richard aveva in un certo senso riformato i Fairport Convention di Full House, tranne Dave Swarbrick (giova infatti ricordare che lo storico gruppo folk-rock inglese in quel periodo non era in attività, ma avrebbe ricominciato solo due anni dopo): infatti troviamo assieme a Thompson Simon Nicol, che suona una stranissima chitarra a forma di scatola di Cornflakes, Dave Pegg al basso e Dave Mattacks alla batteria, anche se poi di canzoni dei Fairport non ne verrà suonata nemmeno una.

A completare la lineup, tre elementi determinanti come Pete Zorn e Pete Thomas, entrambi al sassofono, e soprattutto il formidabile fisarmonicista Alan Dunn, che con il suo strumento dona un irresistibile sapore di Louisiana a quasi tutti i pezzi. E poi naturalmente c’è Richard, uno dei migliori songwriters di sempre, ma anche un performer eccezionale, più che valido come cantante e strepitoso come chitarrista, anche se tutto ciò non lo scopriamo certo oggi. Chiaramente (sto parlando del concerto di Amburgo) la parte del leone la fa Hand Of Kindness, con ben sette brani su otto totali: si parte con The Wrong Heartbeat, un pezzo decisamente saltellante e diretto al quale la fisa dona un sapore cajun, seguita dalla quasi bluesata A Poisoned Heart And A Twisted Memory (un blues sui generis, con un songwriting di qualità superiore) e l’irresistibile Tear Stained Letter, dal gran ritmo ed ancora più di un’attinenza con sonorità zydeco (ed anche i sax fanno i numeri), per non parlare della strepitosa performance del nostro alla chitarra, che dà vita ad un finale entusiasmante. Poi abbiamo la bellissima title track, uno degli highlights della serata, cadenzata, coinvolgente e ricca di spunti chitarristici notevoli, la lenta How I Wanted To, una ballata ricca di pathos, la velocissima Two Left Feet, puro cajun al 100%, a cui è difficile resistere, e lo squisito folk elettrificato di Both Ends Burning. E’ molto ben rappresentato anche l’album Shoot Out The Lights (all’epoca ancora recente), l’ultimo ed anche il migliore di quelli incisi con l’ormai ex moglie, un vero capolavoro del rock internazionale e non solo degli anni ottanta: troviamo infatti una title track potente come raramente ho sentito, una Don’t Renege On Our Love solida e chitarristica, la sempre splendida Wall Of Death, una delle più belle del songbook di Richard e qui presente in versione davvero spettacolare, la guizzante Man In Need, favolosa, e la vibrante Back Street Slide.

C’è un’unica concessione di Thompson al suo passato discografico: Night Comes In era uno dei pezzi centrali di Pour Down Like Silver, e qui il nostro ne offre una rilettura straordinaria, fluida ed intensa, di ben undici minuti, con un assolo di chitarra semplicemente inarrivabile. Dulcis in fundo, troviamo ben sette cover: lo strepitoso folk-rock strumentale Amarylus, una vera goduria, il travolgente traditional Alberta con i due sax e la fisa di Dunn (che qui è anche voce solista) grandissimi protagonisti, l’insolita Pennsylvania 6-5000 di Glenn Miller, raffinata e jazzata, un godibilissimo divertissement che Richard dedica a sua madre; il gran finale è strepitoso, con quattro brani a tutto rock’n’roll uno in fila all’altro: il traditional Danny Boy, You Can’t Sit Down (Phil Upchurch, The Dovells) e l’uno-due finale da k.o. con due classici di Jerry Lee Lewis, Great Balls Of Fire e Highschool Hop (più noto come High School Confidential), entrambi suonati ai duecento all’ora. Basterebbe ed avanzerebbe questo concerto, ma è a questo punto molto gradita l’inclusione anche della serata di Cannes che, come ho già accennato è incompleta; c’è anche un cambio nella lineup, con la sezione ritmica di Pegg e Mattacks rimpiazzata da Rory McFarlane al basso e Gerry Conway (anch’egli futuro Fairport) ai tamburi. La scaletta è identica a quella tedesca, anche se si interrompe alla quattordicesima canzone omettendo le ultime sei, e le versioni sono tutte leggermente più brevi di quelle di Amburgo a parte Night Comes In che è più corta di tre minuti abbondanti, ma la qualità della performance è assolutamente analoga (un po’ meno quella della registrazione, specie da Wall Of Death in poi), con una menzione speciale per Tear Stained Letter e Hand Of Kindness che sono forse perfino miglori.

Decisamente un ottimo momento per i fans di Richard Thompson.

Marco Verdi

Non C’è Due Senza Tre Revisited! Richard Thompson – Acoustic Rarities

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Richard Thompson – Acoustic Rarities – Beeswing/Proper CD

A pochissima distanza dal secondo volume dei suoi Acoustic Classics (ma già in vendita insieme ad esso in versione doppio CD sul sito di Pledge Music, ora però esaurito) Richard Thompson pubblica il terzo e penso ultimo album della serie, emulando così Randy Newman che aveva negli anni scorsi rivisitato in perfetta solitudine gran parte del suo catalogo, anche se a differenza dell’occhialuto pianista americano il buon Richard ha fatto tutto in tempi decisamente più ristretti. Se nei primi due CD Thompson aveva reinterpretato buona parte delle sue canzoni più o meno note http://discoclub.myblog.it/2017/08/19/i-classici-non-mancano-neppure-nel-secondo-capitolo-richard-thompson-acoustic-classics-ii/ , in questo Acoustic Rarities vengono presi in esame brani rari, oppure poco eseguiti dal vivo o addirittura inediti, il tutto sempre con lo stesso approccio con la spina staccata, ma sovente con l’utilizzo di diverse chitarre sovarincise ed anche alcuni backing vocals ad opera di Richard stesso. Il disco è, così come per gli altri due, molto bello, in quanto il nostro resta sempre  un compositore di primissimo livello ed un chitarrista sopraffino anche in acustico, e quindi le 14 canzoni non annoiano neanche per un attimo, anzi in certi momenti non si sente neanche il bisogno di una band alle spalle.

Ho parlato di brani nuovi (o inediti, che è lo stesso), ed in Acoustic Rarities ce ne sono ben sei, a partire dall’apertura di What If?, una canzone decisamente energica e potente nonostante la veste spoglia, con la chitarra suonata con estrema forza, subito seguita da They Tore The Hippodrome Down, molto più meditativa ed intima, una ballata tipica del nostro, con un refrain limpido e la chitarra arpeggiata con dolcezza. Poi abbiamo la gradevole e bizzarra I Must Have A March, con Richard che si autodoppia alla voce ed un motivo quasi cabarettistico, le vivacissime Alexander Graham Bell e Push And Shove (meglio quest’ultima come canzone), con il nostro che suona in maniera divina sia la ritmica che la solista, e la fluida She Played Right Into My Hands, dal motivo delizioso ed immediato. Ci sono poi tre pezzi scritti da Thompson ma mai incisi da lui: Seven Brothers (registrata dal giovane Blair Dunlop, che poi è il figlio di Ashley Hutchings), un bellissimo brano di derivazione folk, drammatico ed intenso, con prestazione chitarristica notevole, la squisita Rainbow Over The Hill, uno scintillante motivo donato da Richard alla Albion Band, davvero immediato e piacevole (e che classe), e I’ll Take All My Sorrows To The Sea, presa dalla suite orchestrale Interviews With Ghosts, un pezzo molto interiore che è anche il più “normale” tra quelli presenti (che per Thompson significa comunque ad alto livello).

Poi è la volta di brani già noti, ma riproposti molto raramente dal vivo, specie in anni recenti: Never Again (dal disco con Linda Thompson Hokey Pokey), lenta, struggente e con una fisarmonica discreta in sottofondo, suonata anche questa da Richard, la splendida Poor Ditching Boy, presa dall’esordio solista del nostro Henry The Human Fly, una tipica Thompson song di quelle belle e ricca anche dal punto di vista strumentale, con due chitarre ed ancora la fisa, e l’altrettanto bella ed intensa End Of The Rainbow, ancora incisa originariamente con Linda su I Want To See The Bright Lights Tonight (ma si sa che nei primi tre album con l’ex moglie non c’è neppure un minuto da scartare). Dulcis in fundo, abbiamo due brani del periodo Fairport Convention, entrambi tratti da Full House, cioè l’ultimo disco della storica band con Richard nella lineup: Poor Will And The Jolly Hangman (che all’epoca il nostro fece rimuovere dall’LP in quanto non soddisfatto del suo assolo), più folkeggiante che mai in questa veste, con le due chitarre, una per ogni canale dello stereo, suonate con una maestria che ha pochi eguali, e soprattutto la magnifica Sloth, uno dei brani storici del gruppo, per anni un tour de force nei concerti dal vivo (mentre qui dura “solo” cinque minuti). Ero molto curioso di ascoltarla in versione acustica, e devo dire che non mi ha deluso: inizio lento e cristallino, con Richard che intona la ben nota (e splendida) melodia doppiando la sua stessa voce ed omaggiando quindi anche Dave Swarbrick (che era il co-autore del pezzo), e poi seguono sublimi interventi di chitarra che, anche se non sono elettrici, costituiscono sempre una goduria.

Se amate Richard Thompson e non vi siete lasciati sfuggire i due Acoustic Classics, anche questo terzo volume non mancherà di riscuotere il vostro apprezzamento: personalmente non mi dispiacerebbe averne uno diverso ogni due mesi.

Marco Verdi

I Classici Non Mancano Neppure Nel Secondo Capitolo! Richard Thompson – Acoustic Classics II

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Richard Thompson – Acoustic Classics II – Beeswing/Proper

Nel primo volume, uscito circa tre anni fa nel luglio 2014, Richard Thompson aveva rivisitato una nutrita serie di “classici” del proprio repertorio in versione acustica: brani già eseguiti moltissime volte in modalità voce e chitarra, ma tratti solo da esibizioni live, mentre per il disco si era scelto proprio di inciderli ex novo, con un arrangiamento ad hoc e con la tecnologia di studio a disposizione, nonché spesso con l’esperienza e la visione differente maturate in quasi 50 anni di carriera. Il bacino da cui pescare non mancava di sicuro, in quanto il musicista di Notting Hill Gate ha scritto una serie impressionante di bellissime canzoni e quindi c’era solo l’imbarazzo della scelta: e quindi nel CD del 2014, che forse allora non era ancora previsto fosse il primo di una serie, troviamo brani splendidi come I Want To See The Bright Lights, Wall The Death, Walking On A Wire, 1952 Vincent Black Lightning, Shoot Out The Lights, tanto per citarne alcune, comunque potete leggere dei contenuti completi qui http://discoclub.myblog.it/2014/07/21/electric-quasi-inevitabilmente-richard-thompson-acoustic-classics/ . Per il nuovo capitolo Thompson ha deciso di andare ancora più a fondo nel proprio songbook, riprendendo anche alcuni dei pezzi scritti per i Fairport Convention, oltre ad alcune canzoni tratte dal repertorio solista, quello più ampio ed altre ancora incise anche da altri cantanti. Il risultato è come sempre di grande fascino, sia per gli amanti di Richard Thompson, sia per chi lo avvicina per la prima volta, per quanto il sottoscritto, come si desume dai numerosi post che gli ho dedicato sul Blog e anche da parecchie recensioni scritte per il Buscadero, lo predilige in versione elettrica, o forse, meglio in ancora, in una combinazione delle due modalità.

L’apertura è affidata a She Twists The Knife Again, un brano tratto da Across A Crowded Room del 1985, il secondo album del post Richard & Linda Thompson (ma in mezzo c’era stato Small Town Romance, un album acustico dal vivo, uno dei tanti della sua discografia), una delle sue canzoni più accorate, ricca di rabbia e disperazione, sulla dissoluzione di un rapporto, forse un “classico” minore ma che comunque ad oltre trenta anni dalla sua composizione, e anche in versione acustica, non ha perso la rabbia e l’urgenza della versione originale, forse temperate dalla distanza temporale ma ancora brucianti, con la chitarra acustica a disegnare le solite traiettorie incredibili. The Ghost Of You Walks era su You? Me? Us?, il doppio album uscito nel 1996, tra i più controversi a livello critico di Thompson, secondo il sottoscritto comunque un piccolo capolavoro, e con questa canzone dove si apprezzava il lavoro dell’altro grande Thompson, Danny, un brano intimista e malinconico. Genesis Hall, uno dei primi capolavori scritti per i Fairport Convention, appariva su Unhallbricking del 1969 ed era in origine cantata da Sandy Denny, Richard ci regala una splendida versione aggiornata per questo Acoustic Classics, Jet Plane In A Rocking Chair era su Poor Down Like Silver, il disco del 1975 inciso insieme a Linda, un alto “classico minore”, ma ci sarebbe gente pronta a uccidere per scrivere delle canzoni così belle, e Thompson la canta con la sua voce unica e particolare che a 68 anni non mostra cenni di cedimento, ancora fresca e vivace, oggi come ieri.

A Heart Needs A Home è una delle sue ballate più belle (ma ne ha scritte di brutte?), struggente e delicata, è un’altra delle canzoni incise con Linda, ma che poi ritorna periodicamente nei suoi dischi, sempre unica e diversa. Pharaoh non è notissima, secondo alcuni è una delle sue composizioni più affascinanti, per altri addirittura la più bella, in origine era su Amnesia del 1988, il secondo disco prodotto da Mitchell Froom; io non mi spingerei così a fondo nell’entusiasmo, per quanto il brano sia intenso ed avvolgente, riservando le mie lodi per Gethsemane, una delle sue perle nascoste, apparsa su The Old Kit Bag, il disco del 2003 che andrebbe ripescato tra i suoi lavori migliori: in questa versione doppia chitarra acustica, una che tiene il ritmo e l’altra che disegna fregi sonori di classe sopraffina. Devonside ammetto che non la ricordavo neppure io, si trova su Hand Of Kindness, il primo disco del post Richard & Linda, un’altra storia di una relazione finita tragicamente, ma in questo caso non legata direttamente alla propria vicenda; non sarà nota ma è pur sempre un ascolto avvincente; così come quello della successiva Meet On The Ledge, a tutt’oggi la signature song dei Fairport, scritta quanto aveva 19 anni, ed interpretata insieme alla Denny su What We Did On Our Holidays, una sorta di variazione sul tema dell’amore eterno che anche oggi, in questa versione della maturità, non ha perso un briciolo del suo fascino, con Richard che ancora una volta si sdoppia alla chitarra acustica per questa splendida canzone.

Keep Your Distance viene da Rumor And Sigh, uno degli album degli anni ’90, per chi scrive uno dei migliori della maturità, lo stesso disco di 1952 Vincent Black Lightning e I Misunderstood presenti nel precedente Acoustic Classics, un’altra delle tipiche composizioni del nostro, con la rara presenza di una seconda voce ad armonizzare la melodia avvolgente e calda. Bathsheba Smiles viene da Mock Tudor, l’ultimo disco degli anni ’90, siamo nel 1999, e forse anche il più bello complessivamente, con brani che magari non si ricordano singolarmente, ma sono sempre di grande pregio, come questo, sempre ammaliante anche in dimensione acustica (ma se vi viene voglia di ascoltarli in versione elettrica sono ancora più brillanti). Crazy Man Michael, scritta sempre a 19 anni, insieme a Dave Swarbrick, per il capolavoro assoluto dei Fairport Convention e del folk-rock, Liege And Lief, anche questa affidata alla splendida voce di Sandy Denny ed ora riletta di nuovo alla voce del suo autore per una versione di rara intensità e bellezza, arricchita da un fingerpicking  chitarristico di grande tecnica e feeling. Il brano più recente contenuto in questo secondo capitolo della saga acustica è Guns Are The Tongues, che proviene da Sweet Warrior del 2007, uno degli ennesimi capolavori degli anni della maturità, un brano dove appare anche un mandolino per rendere la tragicità di questa devastante storia di un ragazzo allenato per diventare una macchina da guerra, cantata, a tratti, nuovamente con doppia voce, con una partecipazione ed una intensità una volta ancora quasi palpabili. E ancora da Rumor And Sigh, uno degli album più saccheggiati troviamo Why Must I Plead? un’altra delle sue canzoni d’amore, supplice e struggente, magnifica anche in questa “nuova” dimensione acustica.

Richard Thompson colpisce ancora!

Bruno Conti

 

Supplemento Della Domenica: Ma Quanto Sono Grandi I Loro Archivi? Fairport Convention – Come All Ye: The First Ten Years

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Fairport Convention – Come All Ye: The First Ten Years – UMC/Universal 7CD Box Set

DISC ONE

01: Time Will Show The Wiser ( 3:05 ) from Fairport Convention
02: Decameron ( 3:42 ) from Fairport Convention
03: Jack O’ Diamonds ( 3:30 ) from Fairport Convention
04: One Sure Thing ( 2:53 ) from Fairport Convention
05: I Don’t Know Where I Stand ( 3:38 ) from John Peel’s Top Gear programme 2/6/1968
06: You Never Wanted Me ( 3:15 ) from John Peel’s Top Gear programme 2/6/1968
07: Fotheringay ( 3:04 ) from What We Did On Our Holidays
08: I’ll Keep It With Mine ( 5:53 ) from What We Did On Our Holidays
09: Mr Lacey ( Sandy on Vocals ) ( 2:55 ) from the Sandy Denny box set
10: Eastern Rain ( Sandy on Vocals ) ( 3:48 ) – Previously Unreleased
11: Nottamun Town – A Capella version ( 1:48 ) – Previously Unreleased
12: Meet On The Ledge ( 2:50 ) from What We Did On Our Holidays
13: Throwaway Street Puzzle ( 3:27 ) – B Side on What We Did On Our Holidays remastered
14: Reno Nevada ( 2:23 ) from the David Symonds radio show 6/1/1969
15: Suzanne ( 5:25 ) from John Peel’s Top Gear programme 1/9/1968
16: A Sailor’s Life ( without Swarb ) ( 11:23 ) from the Sandy Denny box set
17: Genesis Hall ( 3:35 ) from Unhalfbricking
18: Autopsy – Alt Take ( 4:33 ) – Previously Unreleased
19: Who Knows Where The Time Goes ? – Alt Take ( 5:19 ) – Previously Unreleased

DISC TWO

01: Dear Landlord ( 4:08 ) from Unhalfbricking
02: Si Tu Doir Partir ( 2:25 ) from John Peel’s Top Gear programme 6/4/1969
03: Percy’s Song ( 5:28 ) from John Peel’s Top Gear programme 1/9/1968
04: Ballad of Easy Rider ( 4:54 ) – Guitar Vocal
05: The Deserter – Rehearsal version ( 4:40 ) – Previously Unreleased
06: Come All Ye – Alt Take ( 5:27 ) from the Sandy Denny box set
07: Reynardine ( 4:31 ) from Liege and Lief
08: Matty Groves – Alt Take ( 7:43 ) from the Sandy Denny box set
09: Farewell Farewell ( 2:38 ) from Liege and Lief
10: Quiet Joys Of Brotherhood – Take 1 edit ( 6:42 ) from Liege & Lief Deluxe Edition
11: Tam Lin ( 7:46 ) from John Peel’s Top Gear programme 27/9/1969
12: Sir Patrick Spens ( 3:44 ) from John Peel’s Top Gear programme 27/9/1969
13: The Lark In The Morning medley ( 4:12 ) from John Peel’s Top Gear 27/9/1969
14: Bonny Bunch Of Roses ( 10:48 ) – Full House Out-Take

DISC THREE

01: Walk Awhile ( 3:51 ) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
02: Dirty Linen ( 3:55) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
03: Sloth ( 12:17 ) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
04: Journeyman’s Grace ( 4:47 ) – Live on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
05: Sir B.McKenzie ( 4:29) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
06: Flatback Caper – Live 1970 ( 5:57 ) – Previously Unreleased
07: Doctor of Physick – Live 1970 ( 3:52 ) – Previously Unreleased
08: Poor Will and The Jolly Hangman (5:34 ) from Guitar, Vocal
09: Bonnie Black Hare – Alt Take ( 3:04 ) – Previously Unreleased
10: Lord Marlborough ( 3:24 ) from Angel Delight
11: Banks of the Sweet Primroses ( 4:11 ) from Angel Delight
12: Breakfast In Mayfair ( 3:07 ) from Babbacombe Lee
13: Little Did I Think ( 1:52 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
14: John Lee ( 1:48 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
15: Cell Song ( 4:27 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
16: Time Is Near ( 2:49 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
17: Dream Song ( 4:14 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
18: Farewell To A Poor Man’s Son ( 5:16 ) from The Man They Could Not Hang

DISC FOUR

01: Sweet Little Rock ‘n’ Roller – Live at the LA Troubadour ( 3:55 ) from Guitar Vocal
02: That’ll Be The Day ( 2:02 ) from The Bunch
03: Think It Over – Sandy Denny rehearsal version ( 2:31 ) – Previously Unreleased
04: Maverick Child ( 4:03 ) Previously Unreleased
05: Sad Song aka As Long As It Is Mine ( 5:06 ) Previously Unreleased
06: Matthew, Mark, Luke & John ( 3:05 ) Previously Unreleased
07: Rattle Trap ( 2:05 ) Previously Unreleased
08: Sheep In The Meadow ( 4:10 ) Previously Unreleased
09: Rosie ( 3:34 ) Previously Unreleased
10: Country Judy Jane ( 2:36 ) Previously Unreleased
11: Me With You ( 3:23 ) Previously Unreleased
12: My Girl ( 4:05 ) Previously Unreleased
13: To Althea from Prison ( 2:25 ) Previously Unreleased
14: Knights Of The Road ( 3:52 ) from Rosie
15: The Plainsman ( 3:19 ) from Rosie
16: Matthew, Mark, Luke & John from the Old Grey Whistle Test ( 3:44 ) Previously Unreleased
17: Brilliancy medley from the Old Grey Whistle Test ( 3:55 ) Previously Unreleased
18: Polly On The Shore ( 4:53 ) from Nine
19: Fiddlestix (The Devil In The Kitchen) without orchestra ( 2:49 ) Previously Unreleased
20: Possibly Parsons Green ( 3:41 ) – OZ 7” single mix Previously Unreleased
21: Bring Em Down ( 5:55 ) from Nine

DISC FIVE

01: Sloth – Live in Sydney ( 11:31 ) from Live Convention
02: John The Gun ( 5:05 ) – John Peel session 6/8/1974
03: Down In The Flood ( 3:27 ) – John Peel session 6/8/1974
04: Rising For The Moon ( 4:18 ) – John Peel session 6/8/1974
05: After Halloween ( 2:54 ) Byfield Demo – Alt Take Previously Unreleased
06: Restless ( 3:59 ) from Rising For The Moon
07: White Dress ( 3:24 ) Live on LWT (on Rising for the Moon deluxe edition)
08: Stranger To Himself ( 2:52 ) from Rising For The Moon
09: Dawn – Alt version ( 4:09 ) from the Sandy Denny box set
10: One More Chance – Alt Take ( 7:52 ) Previously Unreleased
11: All Along The Watchtower – Live in Oslo in 1975 ( 4:22 )
12: When First Into This Country ( 2:28 ) from Gottle O’ Geer
13: Sandy’s Song aka Take Away The Load ( 3:34 ) from Gottle O’Geer
14: Royal Seleccion No 13 ( 4:24 ) from A World of Music: Anne Lorne Gillies 26/11/1976 Previously Unreleased
15: Adieu Adieu ( 2:35 ) from A World of Music: Anne Lorne Gillies 26/11/1976 Previously Unreleased
16: Reynard The Fox ( 2:59 ) from Tipplers Tales
17: Poor Ditching Boy ( 3:46 ) from In Concert – STV 1976 Previously Unreleased
18: Flowers Of The Forest ( 3:50 ) from In Concert – STV 1976 Previously Unreleased

DISC SIX – Live at Fairfield Hall 16/12/1973

01: Polly On The Shore ( 5:12 ) Previously Unreleased
02: Furs and Feathers ( 5:11 ) Previously Unreleased
03: Tokyo ( 3:09 ) Previously Unreleased
04: Cell Song ( 5:05 ) Previously Unreleased
05: The Claw ( 3:01 ) Previously Unreleased
06: Far From Me ( Old Broken Bottle ) ( 3:47 ) Previously Unreleased
07: Brilliancy medley / Cherokee Shuffle ( 4:14 ) Previously Unreleased
08: Days of 49 ( 6:20 ) Previously Unreleased
09: Fiddlestix (The Devil In The Kitchen) ( 3:07 ) Previously Unreleased
10: Dirty Linen ( 4:33 ) Previously Unreleased
11: Matthew, Mark, Luke & John ( 6:34 ) Previously Unreleased
12: Possibly Parsons Green ( 3:39 ) Previously Unreleased
13: Sir B. McKenzie ( 6:21 ) Previously Unreleased
14: Down In The Flood – Full version ( 3:45 ) Previously Unreleased
15: Something You’ve Got- Full version ( 3:00 ) Previously Unreleased

DISC SEVEN – Live at the LA Troubadour 1/2/1974

01: Down In The Flood ( 3:13 )
02: The Ballad Of Ned Kelly ( 3:59 )
03: Solo ( 5:34 )
04: It’ll Take A Long Time ( 5:35 )
05: She Moves Through The Fair ( 4:15 )
06: The Hens March Through The Midden & The Four Poster Bed ( 3:17 )
07: The Hexamshire Lass ( 2:44 )
08: Knockin’ On Heaven’s Door ( 4:33 )
09: Six Days On The Road ( 3:44 )
10: Like An Old Fashioned Waltz ( 4:20 )
11: John The Gun ( 5:10 )
12: Down Where The Drunkards Roll – Alt Take ( 4:30 ) Previously Unreleased
13: Crazy Lady Blues ( 4:02 )
14: Who Knows Where The Time Goes ( 6:54 )
15: Matty Groves ( 7:05 )
16: That’ll Be The Day ( 3:23 )

Devo riconoscere che essere fan dei Fairport Convention, categoria alla quale mi onoro di appartenere, è una vera pacchia, in quanto nei 50 anni di carriera dello storico gruppo folk-rock britannico non sono mai mancate le sorprese. Infatti, oltre ad avere una corposa discografia sia studio che live, i Fairport sono stati negli anni oggetto di grande attenzione per quanto riguarda gli archivi, tra cofanetti (imperdibile Fairport Unconventional, ma bellissimi anche Cropredy Capers e quello dedicato alle BBC Sessions), antologie con inediti e ripubblicazioni di vecchi album con bonus tracks, senza dimenticare tutti gli inediti disseminati nei vari box sets dedicati ai componenti del gruppo (principalmente Richard Thompson e Sandy Denny, ma anche Ashley Hutchings e Dave Swarbrick). Non nascondo quindi di aver avuto un moto di gioia quando è stato annunciato che, per festeggiare ulteriormente i loro primi 50 anni (dopo il nuovo album 50:50@50 http://discoclub.myblog.it/2017/01/30/il-mezzo-secolo-di-una-band-leggendaria-fairport-convention-505050/ ), sarebbe uscito questo nuovo cofanetto intitolato Come All Ye che, come fa notare il sottotitolo The First Ten Years, riepiloga in ben sette CD il meglio della prima fase della loro carriera, che poi è anche la migliore, cioè dal 1968 al 1978 (i 50 anni ricorrono quest’anno in quanto il gruppo si formò nel 1967, ma il loro esordio discografico è dell’anno successivo, e comunque non per essere pignoli ma dal 1968 al 1978 gli anni sono undici…).

La cosa saliente del box è però il fatto che, su 121 canzoni totali, ben 55 sono inedite, un numero impressionante soprattutto considerando che negli anni passati, come ho già scritto, i FC sono sempre stati generosi nell’elargire brani unreleased: un box quindi da avere assolutamente, nonostante il costo relativamente importante, anche perché, dei brani editi, la maggior parte è comunque rara, in quanto proviene da varie antologie e box del passato, e non solo del gruppo (per esempio ci sono canzoni prese dal meraviglioso cofanetto di 19 CD del 2010 dedicato a Sandy Denny, ed anche dalla rara compilation anni settanta di Richard Thompson Guitar, Vocal), limitando al minimo i pezzi tratti dai dischi originali. Il box è corredato da un bel libretto con copertina dura di una cinquantina di pagine, ricco di foto, due saggi e le note di tutti i brani (anche se manca l’indicazione delle fonti originali di provenienza, che sono quindi indicate nella tracklist all’inizio del Post). Ecco quindi una veloce disamina dei contenuti, nella quale privilegerò chiaramente i pezzi mai sentiti prima.

I primi due CD documentano gli anni sessanta dei Fairport, la loro golden age, arrivando fino a Full House del 1970: sono anche i due dischi con meno inediti (quattro nel primo, tra cui una Nottamun Town a cappella e due belle versioni alternate di Autopsy e Who Knows Where The Time Goes?, ed uno sul secondo), ma l’ascolto è comunque consigliabile in quanto, oltre a contenere, come già detto, diversi pezzi provenienti da BBC Sessions, cofanetti e deluxe editions del passato, vedono anche ala presenza di Iain Matthews Ashley Hutchings: e poi il secondo dischetto per i contenuti musicali è da cinque stelle. Il terzo CD comincia con cinque brani dal vivo mai sentiti, per il programma Pop Deux, del Dicembre 1970, importanti in quanto gli ultimi con Thompson in formazione (se ne andrà infatti di lì a un mese): la qualità sonora è da bootleg, ma la performance è notevole, con due Sloth e Journeyman’s Grace da urlo grazie soprattutto a Richard, ed una altrettanto strepitosa Sir B. McKenzie, dove Swarbrick si prende la rivincita. Gli altri inediti sono due versioni dal vivo ancora con la stessa lineup (ma incisi molto meglio) delle poco note Flatback Caper e Doctor Of Physick, ed i sei brani finali del dischetto, tratti dallo special del 1975 The Man They Could Not Hang, cinque dei quali tratti appunto dal concept album di quattro anni prima Babbacombe Lee (bellissima ed intensa Time Is Near), oltre alla ballad Farewell To A Poor Man’s Son, scritta da Swarb per l’occasione.

Il quarto CD è anche il più interessante in quanto, a parte una versione inedita di Think It Over di Buddy Holly non utilizzata per il progetto collaterale The Bunch ed il rarissimo singolo uscito solo in Australia comprendente Fiddlestix e Possibly Parsons Green, include per la prima volta in via ufficiale tutti i dieci brani del mitizzato Manor Album, cioè il disco che Swarbrick e Dave Pegg, all’epoca (1972) ridotti a duo, avevano inciso con il cantautore canadese David Rea alla voce e chitarra e Tom Farnell alla batteria, una lineup che durò solo sei mesi e che non lasciò tracce ufficiali della sua esistenza. Molti di questi pezzi finiranno su dischi futuri del gruppo, a partire dal seguente Rosie (tra cui la title track, qui cantata da Rea), altri resteranno inediti (Sad Song, Rattle Trap e Sheep In The Meadow). Dieci brani interessanti, anche se si sente che non sono rifiniti, ed alcuni sono quasi a livello di demo (Rosie, la canzone, non vale un’unghia dell’originale, e Rea non era adatto a stare nei Fairport, infatti durò poco), e che tutto sommato i nostri fecero bene a non mettere su disco, anche se la loro pubblicazione odierna è comunque una chicca notevole. Il quinto dischetto si occupa degli anni finali, e c’è all’interno molto materiale con Sandy Denny, che nel 1974 era rientrata nel gruppo raggiungendo il marito Trevor Lucas, ma ci sono anche cose meno note dagli ultimi tre album dei seventies: gli inediti sono pochi (non male il medley strumentale Royal Selection No. 43), ma uno di essi vale gran parte del prezzo richiesto, cioè una versione alternata, e meno elettrica, della meravigliosa One More Chance, una delle canzoni più belle degli anni settanta e secondo me uno degli highlights assoluti della Denny come songwriter: forse ancora più bella di quella finita su Rising For The Moon (piccolo appunto: ma sul box di 19 CD dedicato a Sandy non doveva esserci tutto, ma proprio tutto quello da lei inciso in carriera? Evidentemente no…). Non sono inedite, ma decisamente rare una splendida White Dress dal vivo ed una insolita All Along The Watchtower di Bob Dylan live ad Oslo.

Ed eccoci al sesto dischetto, il più interessante insieme al quarto, in quanto presenta un concerto totalmente inedito del Dicembre del 1973 a Fairfield Halls: il tour è quello di Nine, e la band è quella con il suono più “americano” di sempre, grazie soprattutto al chitarrista Jerry Donahue. Un concerto bello e vibrante, con pochi classici ma rarità assolute come lo strumentale di Jerry Reed The Claw (eccellente Jerry alla solista acustica), il traditional Days Of 49 e soprattutto la splendida Far From Me di John Prine, che all’epoca era ancora sconosciuto ai più. Nei due bis di Down In The Flood e Something You’ve Got sale a sorpresa sul palco Sandy Denny, che l’anno seguente rientrerà nel gruppo in pianta stabile, anche se solo per un biennio. Il settimo ed ultimo CD è forse l’unica delusione del box: si tratta di un concerto del 1974 al Troubadour di Los Angeles, un live splendido e con Sandy in forma strepitosa, un disco migliore di quello uscito all’epoca…peccato che fosse già stato incluso nella versione deluxe doppia di Rising For The Moon della Denny, uscita nel 2013 (con l’unica differenza di una versione alternata ed inedita di Down Where The Drunkards Roll, probabilmente presa da un’altra serata), una cosa che penso si potesse evitare in quanto non credo manchino registrazioni dal vivo di buon livello del gruppo. Un neo però che non cambia il giudizio finale: un cofanetto imperdibile, un altro gradito episodio della saga infinita dei Fairport Convention.

Marco Verdi

Un Altro “Piacevole” Salasso Estivo. Il 28 Luglio Esce Il Cofanetto Dei Fairport Convention – Come All Ye: The First Ten Years

fairport convention come all ye the first ten years

Fairport Convention – Come All Ye: The First Ten Years – Box 7 CD Universal – 28-07-2017

Un’altra uscita interessante per allietare questa calda estate è sicuramente questo box antologico celebrativo, che festeggia sia i 50 anni dei Fairport Convention, che i loro primi dieci anni di carriera, con un cofanetto di 7 CD, 121 tracce di cui 55 inedite.

Ecco la lista completa dei brani:

DISC ONE
1 Time Will Show The Wiser ( 3:05 ) from Fairport Convention
2 Decameron ( 3:42 ) from Fairport Convention
3 Jack O’ Diamonds ( 3:30 ) from Fairport Convention
4 One Sure Thing ( 2:53 ) from Fairport Convention
5 I Don’t Know Where I Stand ( 3:38 ) from John Peel’s Top Gear programme 2/6/1968
6 You Never Wanted Me ( 3:15 ) from John Peel’s Top Gear programme 2/6/1968
7 Fotheringay ( 3:04 ) from What We Did On Our Holidays
8 I’ll Keep It With Mine ( 5:53 ) from What We Did On Our Holidays
9 Mr Lacey ( Sandy on Vocals ) ( 2:55 ) from the Sandy Denny box set
10 Eastern Rain ( Sandy on Vocals ) ( 3:48 ) – Previously Unreleased
11 Nottamun Town – A Capella version ( 1:48 ) – Previously Unreleased
12 Meet On The Ledge ( 2:50 ) from What We Did On Our Holidays
13 Throwaway Street Puzzle ( 3:27 ) – B Side on What We Did On Our Holidays remastered
14 Reno Nevada ( 2:23 ) from the David Symonds radio show 6/1/1969
15 Suzanne ( 5:25 ) from John Peel’s Top Gear programme 1/9/1968
16 A Sailors Wife ( without Swarb ) ( 11:23 ) from the Sandy Denny box set
17 Genesis Hall ( 3:35 ) from Unhalfbricking
18 Autopsy – Alt Take ( 4:33 ) – Previously Unreleased
19 Who Knows Where The Time Goes ? – Alt Take ( 5:19 ) – Previously Unreleased

DISC TWO

1 Dear Landlord ( 4:08 ) from Unhalfbricking
2 Si Tu Doir Partir ( 2:25 ) from John Peel’s Top Gear programme 6/4/1969
3 Percy’s Song ( 5:28 ) from John Peel’s Top Gear programme 1/9/1968
4 Ballad of Easy Rider ( 4:54 ) – Guitar Vocal
5 The Deserter – Rehearsal version ( 4:40 ) – Previously Unreleased
6 Come All Ye – Alt Take ( 5:27 ) from the Sandy Denny box set
7 Reynardine ( 4:31 ) from Liege and Lief
8 Matty Groves – Alt Take ( 7:43 ) from the Sandy Denny box set
9 Farewell Farewell ( 2:38 ) from Liege and Lief
10 Quiet Joys Of Brotherhood – Take 1 edit ( 6:42 ) from Liege and Lief Deluxe Edition
11 Tam Lin ( 7:46 ) from John Peel’s Top Gear programme 27/9/1969
12 Sir Patrick Spens ( 3:44 ) from John Peel’s Top Gear programme 27/9/1969
13 The Lark In The Morning medley ( 4:12 ) from John Peel’s Top Gear 27/9/1969
14 Bonny Bunch Of Roses ( 10:48 ) – Full House Out-Take

DISC THREE
1 Walk Awhile ( 3:51 ) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
2 Dirty Linen ( 3:55) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
3 Sloth ( 12:17 ) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
4 Journeyman’s Grace ( 4:47 ) – Live on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
5 Sir B.McKenzie ( 4:29) – Live in Concert on Pop2 – 5/12/1970 – Previously Unreleased
6 Flatback Caper – Live 1970 ( 5:57 ) – Previously Unreleased
7 Doctor of Physick – Live 1970 ( 3:52 ) – Previously Unreleased
8 Poor Will and The Jolly Hangman (5:34 ) from Guitar, Vocal
9 Bonnie Black Hare – Alt Take ( 3:04 ) – Previously Unreleased
10 Lord Marlborough ( 3:24 ) from Angel Delight
11 Banks of the Sweet Primroses ( 4:11 ) from Angel Delight
12 Breakfast In Mayfair ( 3:07 ) from Babbacombe Lee
13 Little Did I Think ( 1:52 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
14 John Lee ( 1:48 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
15 Cell Song ( 4:27 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
16 Time Is Near ( 2:49 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
17 Dream Song ( 4:14 ) from The Man They Could Not Hang – Previously Unreleased
18 Farewell To A Poor Man’s Son ( 5:16 ) from The Man They Could Not Hang

DISC FOUR

1 Sweet Little Rock ‘n’ Roller – Live at the LA Troubadour ( 3:55 ) from Guitar Vocal
2 That’ll Be The Day ( 2:02 ) from The Bunch
3 Think It Over – Sandy Denny rehearsal version ( 2:31 ) – Previously Unreleased
4 Maverick Child ( 4:03 ) Previously Unreleased
5 Sad Song aka As Long As It Is Mine ( 5:06 ) Previously Unreleased
6 Matthew, Mark, Luke and John ( 3:05 ) Previously Unreleased
7 Rattle Trap ( 2:05 ) Previously Unreleased
8 Sheep In The Meadow ( 4:10 ) Previously Unreleased
9 Rosie ( 3:34 ) Previously Unreleased
10 Country Judy Jane ( 2:36 ) Previously Unreleased
11 Me With You ( 3:23 ) Previously Unreleased
12 My Girl ( 4:05 ) Previously Unreleased
13 To Althea from Prison ( 2:25 ) Previously Unreleased
14 Knights Of The Road ( 3:52 ) from Rosie
15 The Plainsman ( 3:19 ) from Rosie
16 Matthew, Mark, Luke and John from the Old Grey Whistle Test ( 3:44 ) Previously Unreleased
17 Brilliancy medley from the Old Grey Whistle Test ( 3:55 ) Previously Unreleased
18 Polly On The Shore ( 4:53 ) from Nine
19 Fiddlestix (The Devil In The Kitchen) without orchestra ( 2:49 ) Previously Unreleased
20 Possibly Parsons Green ( 3:41 ) – OZ 7” single mix Previously Unreleased
21 Bring Em Down ( 5:55 ) from Nine

DISC FIVE
1 Sloth – Live in Sydney ( 11:31 ) from Live Convention
2 John The Gun ( 5:05 ) – John Peel session 6/8/1974
3 Down In The Flood ( 3:27 ) – John Peel session 6/8/1974
4 Rising For The Moon ( 4:18 ) – John Peel session 6/8/1974
5 After Halloween ( 2:54 ) Byfield Demo – Alt Take Previously Unreleased
6 Restless ( 3:59 ) from Rising For The Moon
7 White Dress ( 3:24 ) Live on LWT (on Rising for the Moon deluxe edition)
8 Stranger To Himself ( 2:52 ) from Rising For The Moon
9 Dawn – Alt version ( 4:09 ) from the Sandy Denny box set
10 One More Chance – Alt Take ( 7:52 ) Previously Unreleased
11 All Along The Watchtower – Live in Oslo in 1975 ( 4:22 )
12 When First Into This Country ( 2:28 ) from Gottle O’ Geer
13 Sandy’s Song aka Take Away The Load ( 3:34 ) from Gottle O’Geer
14 Royal Seleccion No 13 ( 4:24 ) from A World of Music: Anne Lorne Gillies 26/11/1976 Previously Unreleased
15 Adieu Adieu ( 2:35 ) from A World of Music: Anne Lorne Gillies 26/11/1976 Previously Unreleased
16 Reynard The Fox ( 2:59 ) from Tipplers Tales
17 Poor Ditching Boy ( 3:46 ) from In Concert – STV 1976 Previously Unreleased
18 Flowers Of The Forest ( 3:50 ) from In Concert – STV 1976 Previously Unreleased  

DISC SIX – Live at Fairfield Hall 16/12/1973
1 Polly On The Shore ( 5:12 ) Previously Unreleased
2 Furs and Feathers ( 5:11 ) Previously Unreleased
3 Tokyo ( 3:09 ) Previously Unreleased
4 Cell Song ( 5:05 ) Previously Unreleased
5 The Claw ( 3:01 ) Previously Unreleased
6 Far From Me ( Old Broken Bottle ) ( 3:47 ) Previously Unreleased
7 Brilliancy medley / Cherokee Shuffle ( 4:14 ) Previously Unreleased
8 Days of 49 ( 6:20 ) Previously Unreleased
9 Fiddlestix (The Devil In The Kitchen) ( 3:07 ) Previously Unreleased
10 Dirty Linen ( 4:33 ) Previously Unreleased
11 Matthew, Mark, Luke and John ( 6:34 ) Previously Unreleased
12 Possibly Parsons Green ( 3:39 ) Previously Unreleased
13 Sir B. McKenzie ( 6:21 ) Previously Unreleased
14 Down In The Flood – Full version ( 3:45 ) Previously Unreleased
15 Something You’ve Got- Full version ( 3:00 ) Previously Unreleased

DISC SEVEN – Live at the LA Troubadour 1/2/1974

1 Down In The Flood ( 3:13 )
2 The Ballad Of Ned Kelly ( 3:59 )
3 Solo ( 5:34 )
4 It’ll Take A Long Time ( 5:35 )
5 She Moves Through The Fair ( 4:15 )
6 The Hens March Through The Midden and The Four Posted  Bed ( 3:17 )
7 The Hexamshire Lass ( 2:44 )
8 Knockin’ On Heaven’s Door ( 4:33 )
9 Six Days On The Road ( 3:44 )
10 Like An Old Fashioned Waltz ( 4:20 )
11 John The Gun ( 5:10 )
12 Down Where The Drunkards Roll – Alt Take ( 4:30 ) Previously Unreleased
13 Crazy Lady Blues ( 4:02 )
14 Who Knows Where The Time Goes ( 6:54 )
15 Matty Groves ( 7:05 )
16 That’ll Be The Day ( 3:23 )

Il prezzo, molto indicativo, dovrebbe essere tra i 60 e i 65 euro, quindi in fondo onesto.

Bruno Conti

75 Anni Così? Da Farci La Firma Subito! Joan Baez – 75th Birthday Celebration

joan baez 75th celebration

Joan Baez – 75th Birthday Celebration – Razor & Tie CD – DVD –  2CD/DVD

Quest’anno non solo Bob Dylan ha festeggiato il raggiungimento del settantacinquesimo anno di età, ma ancora prima di lui (il 9 Gennaio) è stata la volta di Joan Baez, che ancora oggi qualcuno associa al grande cantautore di Duluth nonostante i due non abbiano rapporti di alcun genere da almeno trent’anni, a causa del legame fortissimo, sia artistico che sentimentale, che unì Dylan e la Baez all’inizio degli anni sessanta, quando venivano identificati entrambi come i leader del movimento folk di protesta. Come sappiamo Bob deviò presto verso altre strade, mentre Joan ha sempre continuato con le sue battaglie fino ad oggi, con una coerenza rara nel mondo della musica, ma che le fa senz’altro onore, anche se qualcuno potrebbe etichettarla come personaggio anacronistico. A differenza di Dylan, da sempre refrattario alle auto-celebrazioni, Joan ha deciso di festeggiare il compleanno con qualche giorno di ritardo (il 27 Gennaio), con un concerto al Beacon Theatre di New York e con una serie incredibile di grandi ospiti presenti (tranne Bob, naturalmente, ma anche Joan aveva mancato la famosa BobFest al Madison Square Garden nel 1992), tutti in fila rispettosamente ad omaggiare una vera e propria leggenda vivente della nostra musica. E Joan, come si evince dal DVD allegato al doppio CD pubblicato da pochi giorni, per l’occasione (intitolato semplicemente 75th Birthday Celebration) è apparsa in forma eccezionale, sia fisica che vocale, intrattenendo magnificamente per tutti i cento minuti circa dello spettacolo, cantando da sola o con l’aiuto degli amici che vedremo tra breve una bella serie di classici del passato, suoi e di altri, oltre a diverse chicche https://www.youtube.com/watch?v=CvxdtlG3Q9g .

Vocalmente forse Joan non ha più la potenza dei primi anni (quando si diceva potesse rompere un bicchiere di cristallo solo con l’uso della voce), ma la purezza è rimasta intatta, ed in questa serata dimostra anche di essere una padrona di casa splendida, muovendosi sul palco con una classe immensa ed introducendo i vari ospiti con presentazioni brevi ma efficaci (ed è anche un’ottima chitarrista, il che non guasta). Il concerto è al 100% acustico, con pochi brani suonati full band, ma il feeling è talmente alto e le canzoni sono talmente belle che non solo la noia è totalmente assente, ma non si contano i momenti emozionanti o addirittura commoventi. Inizio splendido con l’intensa God Is God, un brano di Steve Earle che Joan esegue in perfetta solitudine, voce limpidissima e grande feeling, due strofe e ho già i brividi; There But For Fortune è uno dei classici assoluti di Phil Ochs, una delle più belle canzoni dello sfortunato folksinger, mentre Freight Train, il noto evergreen di Elizabeth Cotten, vede entrare il primo ospite, cioè il grande David Bromberg, che non canta ma si fa sentire eccome con il suo splendido pickin’. Per Blackbird, nota canzone dei Beatles, Joan è raggiunta sul palco, con acclusa prima grande ovazione, da David Crosby (e da Dirk Powell alla chitarra): i due armonizzano in maniera superlativa, anche perché David questo brano dal vivo con CSN lo fa da una vita; She Moved Through The Fair è una delle più famose ballate irlandesi, ed a Joan si unisce Damien Rice (che è irlandese pure lui), solo due voci ed un harmonium, ma che intensità! Joan omaggia anche Donovan con Catch The Wind (il brano più noto del periodo folk del cantautore, quando veniva chiamato il “Dylan inglese”), ed alla padrona di casa si aggiunge la bravissima Mary Chapin Carpenter per una buona versione, molto rigorosa.

Anche Hard Times, è stata fatta dalla metà di mille (è una canzone popolare composta da Stephen Foster, lo stesso di Oh, Susannah!), e qui Joan divide il microfono con Emmylou Harris, una delle poche che come voce non ha paura della Baez (e Powell si sposta al piano), altra rilettura da pelle d’oca; Joan ed Emmylou vengono poi raggiunte da Jackson Browne (che somiglia sempre di più a Carlo Massarini con la parrucca, ed i due tra l’altro sono amici), per una strepitosa versione a tre voci e tre chitarre di Deportee, una delle più belle canzoni di Woody Guthrie, ed uno dei momenti top della serata. Ed ecco Dylan (inteso come autore), ma Joan, dopo un’introduzione in cui sfotte bonariamente il vecchio Bob, sceglie un pezzo poco conosciuto, Seven Curses, suonato in totale solitudine, come anche la canzone successiva, una fluida interpretazione del traditional Swing Low, Sweet Chariot; la prima parte del concerto (e primo CD) si chiude con la grande Mavis Staples che si unisce a Joan per un medley di puro gospel eseguito a cappella dalle due artiste, Oh, Freedom/Ain’t Gonna Let Nobody Turn Me Around, dove spicca il contrasto tra la potenza di Mavis ed il timbro cristallino di Joan.

The Water Is Wide è un altro splendido traditional che la nostra avrà cantato mille volte, ma stasera con le Indigo Girls (cioè Amy Ray ed Emily Saliers) ed ancora la Chapin Carpenter è tutta un’altra storia; le Ragazze Indaco restano sul palco per un altro pezzo di Dylan, la grandissima Don’t Think Twice, It’s All Right, altra versione da manuale, voci perfette e pathos a mille, un altro magic moment del concerto. Ed ecco il primo brano full band, ed è una eccezionale rilettura del classico House Of The Rising Sun, resa imperdibile dalla presenza di due chitarristi come David Bromberg e Richard Thompson, dire strepitosa è riduttivo. Thompson rimane per una versione a due di quello che è il brano più recente tra quelli proposti: infatti She Never Could Resist A Winding Road era una delle canzoni di punta dello splendido Still, album dello scorso anno del chitarrista inglese http://discoclub.myblog.it/2015/06/30/altro-disco-richard-thompson-still/ , ma la sua presenza in scaletta ha senso in quanto Joan preannuncia che sarà uno dei pezzi presenti sul suo prossimo disco di studio, e se il livello si manterrà così ci sarà da divertirsi; ancora Jackson Browne per una toccante versione di una delle sue signature songs, Before The Deluge (che Joan aveva inciso negli anni settanta), con solo Jackson al piano, più un violino ed una percussione: magnifica. Diamonds And Rust è sicuramente la più bella e famosa tra le (poche) canzoni scritte dalla Baez, e qui è riproposta con un’intensità incredibile, e con l’aiuto di Judy Collins, che ha solo due anni in più di Joan ma sembra sua nonna, anche se è sempre in possesso di una grande voce.

Gracias A La Vida, il noto brano di Violeta Parra ed uno dei maggiori successi di Joan, vede la nostra in compagnia del musicista cileno Nano Stern, per una scintillante versione che parte lenta ma poi si trasforma in un brano dalla ritmica molto vivace e “latina” che piacerà sicuro anche ai fans dei Los Lobos. Ci avviciniamo alla fine, ma c’è il tempo per una stupenda The Boxer eseguita proprio in compagnia di Paul Simon (e di Richard Thompson), un brano tra i più belli di sempre rifatto in maniera sublime; The Night They Drove Old Dixie Down, oltre ad essere uno dei classici assoluti di The Band, è stato anche il più grande successo commerciale di Joan a 45 giri, ed è perfetta per chiudere la serata in questa versione full band, con la Baez visibilmente emozionata quando il pubblico le canta spontaneamente “Happy Birthday To You”; come bis Joan sceglie ancora Dylan, e non poteva esserci canzone più appropriata per l’occasione di Forever Young, eseguita per sola voce e chitarra.

Un concerto magnifico, un atto dovuto per una cantante splendida: ritenendo che Totally Stripped degli Stones ed i volumi 2, 3 e 4 di It’s Too Late To Stop Now di Van Morrison siano comunque da considerarsi ristampe, a mio parere questo 75th Birthday Celebration è, fino a questo momento, il live dell’anno.

Marco Verdi

Questa Volta E’ Morto Davvero, Purtroppo! A 75 Anni, Oggi Ci Ha Lasciati Anche Dave Swarbrick, Una Leggenda Del Folk Britannico.

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Il 29 aprile del 1999 il Daily Telegraph (quindi non un giornaluccio qualsiasi) aveva pubblicato un prematuro necrologio sulla morte di Dave Swarbrick a causa di una infezione polmonare dovuta all’enfisema di cui il violinista britannico soffriva da parecchi anni (e che è stata purtroppo la causa della morte, questa volta effettiva avvenuta oggi 3 giugno 2016): ai tempi Swarbrick con vero humour inglese aveva commentato “Non è la prima volta che sono morto a Coventry”, presunto luogo della sua dipartita. Poi gli amici di una vita, Dave Christine Pegg, avevano lanciato lo stesso anno uno “SwarbAid” per raccogliere fondi per le cure dovute alla sua salute declinante e nel 2004 uno SwarbAid II, che poi alla fine di quell’anno, con i i fondi raccolti, gli aveva permesso di essere sottoposto ad un doppio trapianto di polmone, grazie al quale aveva potuto riprendere la sua carriera musicale, ancora ricca di concerti e collaborazioni e di qualche disco. Andando a ritroso da oggi i fatti salienti degli ultimi anni: al 2014 risale il suo ultimo tour britannico e l’ultima collaborazione discografica con l’artista reggae canadese Jason Wilson nell’album Lion Rampant, al 2013 l’ultimo tour con Martin Carthy, insieme al quale ha realizzato moltissimi album e calcato i palcoscenici di tutto il mondo, anche nel 2011 e 2010. Nel 2010 l’ultima apparizione con la sua band, i Fairport Convention e lo stesso anno l’ultimo album solista Raison D’étre. L’ultima pubblicazione discografica però è nell’album Live In Finland 1971 dei Fairport Covention, un CD con un concerto inedito, pubblicato in questi giorni dalla Real Gone Music e di cui leggerete la recensione completa ed approfondita la prossima settimana a cura di Marco Verdi.

Comunque per tracciare la sua lunghissima e ricchissima carriera discografica bisogna risalire ai primi anni ’60 quando Dave Swarbrick fa il suo esordio nello Ian Campbell Folk Group (assieme ai quali apparirà in una decina tra album ed EP, pubblicati da Topic e Transatlantic, e i cui estratti si possono trovare anche nelle due bellissime antologie Electric Muse I e II). Poi, appunto con Martin Carthy, forma un duo folk, forse il più conosciuto e popolare in Gran Bretagna negli anni ’60, ma che ha proseguito la sua attività fino al 2006, pubblicando una decina di album in diversi periodi delle loro carriere. “Swarb”. come era conosciuto da tutti, ha pubblicato anche una decina di album solisti, sparsi in tre diverse decadi, e ha collaborato con tutto il gotha del folk-rock britannico, soprattutto con gli ex compagni di avventura dn quella che è stata la più grande band inglese del genere, i Fairport Convention, dove ha militato dal 1969 al 1979, registrando gli album più belli del gruppo.

Da Unhalfbricking dove c’era un brano epico come A Sailor’s Life dove il violino di Dave duetta con la chitarra di Richard Thompson in modo sublime (cosa ripetuta nella leggendaria Sloth che potete ascoltare a fine Post), affiancando la stupenda voce di Sandy Denny,  passando per il seminale e leggendario Liege And Lief dove mette il suo marchio in un indiavolato medley di quattro gighe e reels. Ma anche nei furori rock ed elettrici dello splendido Full House dove appare la deliziosa Sir Patrick Spens, uno dei brani dove il folk e il rock si sono incontrati con risultati direi perfetti.

E poi ancora nel periodo più “gentile” di Angel Delight, Babbacombe Lee, Rosie Nine, quando diviene la voce solista ed il principale autore della band, prima del ritorno di Sandy Denny nel 1975, con la quale aveva comunque collaborato nello splendido album solista Sandy del 1972, come pure ai dischi di John Renbourn, Julie Felix, Al Stewart (il fantastico Past, Present and Future), Richard Thompson, Peter Bellamy, Simon Nicol, Whippersnapper, John Kirkpatrick, Steve Ashley, Bert Jansch e decine di altri, soprattutto al violino, sia acustico che elettrico (di cui era un vero maestro), ma anche viola, mandolino e chitarra acustica, oltre alla sua inconfondibile voce.

Se per caso vi capita di rintracciarlo ancora sarebbe da avere lo splendido box di 4 CD Swarb, pubblicato dalla Free Reed, che raccoglie il meglio della sua produzione e che vedete effigiato qui sotto.

dave swarbrick swarb box

Direi che questo basta e avanza per assicurargli un posto nella Hall Of Fame virtuale dei più grandi musicisti del cosiddetto British Folk e credo che Davy Graham, Bert Jansch, John Renbourn, Sandy Denny e pochi selezionati altri lo attendano in cielo per qualche leggendaria jam session a tempo di giga, reel o aria lenta. Tipo questa sotto che è straordinaria.

Comunque un Riposa In Pace è ben meritato anche per lui!

Bruno Conti

Chitarre A Go-Go, Tra Psych, Rock, Television, Richard Thompson E Libera Improvvisazione! Chris Forsyth & The Solar Motel Band – The Rarity Of Experience

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Chris Forsyth & The Solar Motel Band – The Rarity Of Experience – 2 CD No Quarter Records

Chris Forsyth è un chitarrista americano, in azione già dagli anni ’90, quindi non un pivellino: uno che agli inizi della sua carriera si muoveva in territori alternative folk, drone music, improvvisazione allo stato puro, anche in ambito quasi avanguardistico e post-rock (pensate a cose tipo Glenn Branca, LaMonte Young e altri, che comunque un aggancio sia pure flebile con rock e blues ce l’hanno), collaborazioni con Steve Gunn e Meg Baird, poi ha “scoperto” Grateful Dead e Quicksilver, Television, Richard Thompson e un certo approccio più rock, fondando la Solar Motel Band, un quartetto che esordisce con un Live nel 2013, poi pubblica Intensity Ghost a fine 2014 https://www.youtube.com/watch?v=YEZJmN31CZs  ed ora, con un nuovo chitarrista in formazione, Nick Millevoi, approda a questo doppio The Rarity Of Experience, dove vengono confermati il bassista Peter Kerlin (anche alla chitarra quando serve) e l’ottimo batterista Steven Urgo, oltre alle tastiere di Shawn Edward Hansen. Diciamo che si tratta di uno dei soliti doppi CD “brevi”, intorno ai 72 minuti di durata, probabilmente per aderire alla mistica dell’album doppio, un classico del rock, 10 brani in tutto, di cui tre oltre i dieci minuti di durata, prettamente strumentali, con le parti cantate che se arrivano ai due minuti in tutto l’album è già tanto.

Per il resto chitarre, chitarre, e ancora chitarre, ma di quelle da gustare a fondo, quasi sempre in modalità improvvisativa o di ricerca sonora, in quello stile che fu caro appunto alle band psych-rock della fine anni ’60, ma anche a band come i Television, di cui il gruppo esegue dal vivo una poderosa Little Johnny Jewel (con citazione iniziale di Hendrix), o a solisti come Richard Thompson, del quale i Solar Motel ci regalano una fedele cover di Calvary Cross, come traccia conclusiva di questo The Rarity Of Experience. E chi legge questo Blog sa quanto ami il chitarrista inglese di cui considero quel brano uno delle punte di diamante della sua scintillante opera, soprattutto in ambito solistico, con un assolo tra i più lancinanti ed intensi mai regalati alla storia del rock https://www.youtube.com/watch?v=R8i61cG8Glk . Forsyth e Millevoi fanno del loro meglio per riprodurre quella memorabile cavalcata chitarristica, anche se la prima parte, specie all’inizio, quando il testo del brano viene più che altro recitato, è un piccolo passo falso poi riscattato dalla feroce veemenza della parte strumentale. Veemenza solista che viene subito a galla nel disco, fin dalle prime note di Anthem I, un pezzo dove il sound dei Television di Verlaine Lloyd sembra la stella polare delle twin guitars di Forsyth e soci, che poi si espandono ed elaborano il loro approccio nella gloriosa Anthem II, dove il mood del brano pesca anche nel bacino della psichedelia pura californiana dei Quicksliver di Cipollina Duncan, dove la chitarra lancinante e acida di Chris Forsyth, ben sostenuta dal vorticoso drumming di Urgo, ci riporta in territori sonori che credevamo dimenticati da anni. E questo, a ben vedere, è rock, di quello di grande qualità, pure se, non sempre di facile fruibilità, ma quando funziona, come in questi brani, e nelle due parti di The Rarity Of Experience, di cui la seconda parte, con il suo riff ciclico, è una sorta di Marquee Moon per i nostri giorni, è una vera gioia per i padiglioni auricolari.

Non tutto è “semplice” e facilmente fruibile, The First Ten Minutes Of Cocksucker Blues, una sorta di colonna sonora per la famosa pellicola “vietata” degli Stones https://www.youtube.com/watch?v=9DDHj-TUOVA , già nel loro repertorio Live, è, per dirla alla Sacchi o Trapattoni di Mai Dire Gol, tra l’ostico e l’agnostico, pura improvvisazione jazz dove il sax e la tromba di Daniel Carter aggiunti alle chitarre, sfidano la pazienza dell’ascoltatore, anche se in questo ambito ci sta. Però in brani più complessi come come la lunga High Castle Rock si percepiscono anche echi di Grateful Dead e dei primi Pink Floyd, sempre movimentati dallo stile percussivo quasi alla Keith Moon di Urgo, che lancia nella stratosfera le lunghe improvvisazioni dei due chitarristi, anche all’unisono a tratti, con le tastiere a creare un tappeto soffice di coloritura sonora. Harmonius Dance è un’oasi di serena e tranquilla musica quasi pastorale, sempre a cavallo tra scorribande sonore e segmenti che possono ricordare il miglior rock progressivo, quello più ricercato, etereo e sognante, dove le chitarre reiterano continuamente gli stessi giri d’accordi in una sequenza quasi circolare che continua a rincorrersi. Boston Street Lullaby potrebbe addirittura ricordare il sadcore rarefatto di band come i Red House Painters o i Sun Kil Moon di Mark Kozelek, in una sorta di dream pop minimale. Prima di arrivare alla conclusiva The Calvary Cross incontriamo  il lento e solenne crescendo di Old Phase una ulteriore occasione per incontrare di nuovo le deliziose traiettorie incrociate delle due chitarre soliste, veramente splendide nelle loro sonorità sognanti ed aggressive, a seconda dei momenti. Senza dimenticare che il tutto viene offerto con indubbia perizia tecnica allo strumento e un gusto particolare per la ricerca di sonorità spesso raffinate ed eleganti.

Bello ed affascinante, da sentire!

Bruno Conti