Più Che Natalizio, Direi Un Album “Invernale”! Judy Collins & Jonas Fjeld – Winter Stories

judy collins winter stories

Judy Collins & Jonas Fjeld – Winter Stories – Wildflower/Cleopatra CD

Quest’anno il mio personale contributo ai dischi natalizi si è limitato al bellissimo e solare Llegò Navidad dei Los Lobos https://discoclub.myblog.it/2019/10/22/tra-los-angeles-ed-il-messico-il-natale-arriva-prima-los-lobos-llego-navidad/ , un lavoro che come ho scritto di stagionale aveva solo i testi delle canzoni; anche l’album di cui mi accingo a scrivere oggi in teoria potrebbe passare per ispirato al Natale, ma in realtà i brani al suo interno non trattano della festività, ma hanno l’inverno come tema principale (e nemmeno tutti). Sto parlando di Winter Stories, ottimo album che vede per la prima volta esibirsi insieme la leggendaria folksinger Judy Collins, 80 anni e non sentirli, ed il songwriter norvegese ma dal cuore americano Jonas Fjeld, diventato popolare nei primi anni novanta per due splendidi album registrati in trio con Rick Danko ed Eric Andersen. Ma non basta: per dare più profondità al suono i nostri hanno chiamato come backing band i Chatham County Line, gruppo country-bluegrass originario di Raleigh, North Carolina e titolare di una corposa discografia in proprio.

E Winter Stories (distribuito dalla nostra “amica” Cleopatra, etichetta che qualche volta, raramente, ci azzecca) si rivela un disco molto bello, dal suono ricco e decisamente roots, un album buono per tutte le stagioni in cui la classe sopraffina dei protagonisti viene fuori alla grande. Judy e Jonas duettano come se lo avessero fatto per anni (ma in più di un brano canta Judy da sola), e talvolta alle lead vocals possiamo ascoltare anche il frontman dei CCL Dave Wilson, mentre il resto della band (John Teer, mandolino e violino, Greg Readling, basso, steel ed organo, Chandler Holt, banjo, Russell Walden, piano, e Bill Berg, batteria) fornisce un background sonoro di tutto rispetto. Le undici canzoni si dividono tra cover, brani vecchi di Judy e Jonas rifatti ed anche tre pezzi nuovi di zecca, scritti per l’occasione da Fjeld con membri dei CCL. La Collins come autrice è presente con tre episodi del suo passato, tutti a tema invernale: la fulgida Mountain Girl, dotata di una melodia limpida e scorrevole e da un accompagnamento da perfetta country song appalachiana (e la voce è ancora bellissima), la folk ballad dal motivo toccante The Fallow Way, cantata e suonata benissimo, e l’intensa e drammatica The Blizzard, con Judy che si accompagna magnificamente al piano.

Abbiamo poi due pezzi anche dal passato di Fjeld: la profonda e vibrante country song Angels In The Snow (che era sul primo album con Danko ed Andersen), con il primo verso cantato in norvegese ed un bel refrain a due voci, e la pianistica e struggente Frozen North (scritta insieme a Hugh Moffatt), unico episodio con il songwriter scandinavo protagonista alla voce in solitudine. I tre brani nuovi iniziano con la lenta e raffinata title track, con un ritornello dal giusto pathos che contrasta apertamente con il ritmo contagioso di Bury Me With My Guitar On, puro bluegrass con ottima prestazione di Teer al mandolino, mentre Sweet Refrain è un brano tenue ed intenso che fonde in maniera mirabile canzone d’autore, roots music ed un tocco di bossa nova. Infine ci sono le cover, a partire da una splendida ripresa di Northwest Passage che apre il CD, grandissima canzone del canadese Stan Rogers (e rifatta in passato anche dal fratello Garnet), una folk song purissima e toccante resa ancora più bella dal contrasto tra la voce cristallina di Judy, quella calda di Jonas (che ricorda un Warren Zevon “invecchiato”) e quella pulita alla Jackson Browne di Wilson: forse il pezzo migliore del disco.

River è proprio il classico di Joni Mitchell, ballata magnifica che Judy tratta con grande rispetto fornendo un’interpretazione di gran classe, mentre Highwayman non ha bisogno di presentazioni: brano di Jimmy Webb che è tra i più belli del songbook americano di sempre, grazie anche alla celebre cover di Willie, Waylon, Kristofferson e Cash (e ricordo anche la stupenda rilettura “al femminile” di quest’anno delle Highwomen), ed anche qui abbiamo Judy che canta in solitudine nonostante la canzone si presti al duetto, regalandoci comunque una versione deliziosa ed emozionante. Un ottimo album quindi questo Winter Stories, uno di quei lavori che riscaldano il cuore: perfetto da suonare la notte del 25 Dicembre nonostante le tematiche più invernali che natalizie.

Marco Verdi

The Best Of 2019: Riviste E Siti Internazionali. Parte I

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L’anno scorso, in sede di presentazione degli abituali Post di fine anno che ogni anno dedico ad un panorama sulle scelte dei principali siti e riviste internazionali dedicati alla musica, riferivo che mi diventava sempre più difficile estrapolare dischi che quantomeno si avvicinavano ai gusti ed alle sensibilità di chi scrive su questa rivista, anzi, queste erano le mie esatte parole:

Quindi ormai impera, durante l’annata e anche nelle scelte di fine anno, un mondo dove dominano avant-garde metal, post punk, alternative rock e dance, electro e synthpop, art pop e art punk, noise rock, trap e rap, post rock, neo soul e neo psychedelia, in un fiorire di generi che quasi corrisponde ad ogni nuova singola uscita discografica, ma che maschera un appiattimento del livello qualitativo veramente preoccupante.

Nel frattempo non c’è stato un improvviso miglioramento delle uscite discografiche e relative scelte della stampa internazionale, sia cartacea che virtuale, ma mi pare che si torni a parlare di album dove termini che sembravano desueti (e invece in questo Blog trovate a piene mani, perché esiste, per fortuna, una ancora copiosa e vivace messe di nuove uscite e ristampe dove un certo tipo di musica vive e prospera), e quindi termini come Singer-Songwriter, Folk, Soul, Americana, persino Rock tornano a riapparire nei generi e nelle classifiche. Quindi vediamo velocemente, per iniziare, cosa propongono le tre principali riviste mensili britanniche, Mojo, Uncut e Q, nei primi 15 posti delle loro classifiche: ovviamente dei titoli che si ripetono in diverse liste, video e copertine appaiono una sola volta.

Mojo Magazine 15 Best Albums of 2019

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143603-trust-in-the-lifeforce-of-the-deep-mystery140613-designer139433-dogrel

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Uncut 15 Best Albums Of 2019

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141758-ufof165212-ode-to-joy144979-reward

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Q Magazine 15 Best Albums Of 2019

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167313-all-mirrors146337-nothing-great-about-britain125716-quiet-signs

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Secondo il mio gusto personale mi sembra che quest’anno le liste delle principali riviste inglesi contengano anche un po’ di album più interessanti dell’anno precedente, e alcuni li ho evidenziati nelle classifiche qui sopra..

Quella di Billboard ve la risparmio, anche se all’ottavo posto ci sono le Highwomen, stesso discorso per il New Musical Express NME, ormai una rivista per super giovani e trendsetters, qualsiasi cosa significhi non sono interessato, Rolling Stone stendiamo un velo pietoso, basta dire che ai primi quattro posti ci sono Ariana Grande, Billie Eilish (secondo Mollica la cantante che ha rivoluzionato il mondo del pop), Lana Del Rey e Taylor Swift. SPIN non ne parliamo neppure, vediamo se trovo qualcosa da inserire in una breve seconda parte da pubblicare nei prossimi giorni.

Per ora è tutto.

Bruno Conti

Tra Texas E Oklahoma, Sempre Ottima Musica Country! Stoney LaRue – Onward

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Stoney LaRue – Onward – One Chord Song CD

Texano di nascita ma cresciuto nella vicina Oklahoma, Stoney LaRue è sempre stato associato al cosiddetto movimento Red Dirt, grazie anche alla sua amicizia con colleghi come Cody Canada, Jason Boland e Bob Childers. E poi il titolo del disco che nel 2005 lo fece conoscere ad una platea più grande, The Red Dirt Album, lasciava ben poco spazio all’interpretazione. LaRue è ormai attivo da più di quindici anni, ed ogni suo lavoro riesce ad ottenere buone critiche ed ultimamente anche un discreto successo di pubblico: countryman dal pelo duro, Stoney non ha mai modificato il suo suono per aver più passaggi in radio, ma è riuscito a ritagliarsi una buona fetta di popolarità rimanendo sé stesso. Musica country vera, di chiara appartenenza texana, con brani dal suono robusto ed elettrico anche nelle ballate ed un sapore rock sudista che emerge spesso: tutti elementi che troviamo anche in questo nuovo Onward, album che segue di quattro anni US Time e che ha tutte le carte in regola per soddisfare i palati più esigenti.

Oltre ad avere portato in studio il solito numero di ottime canzoni, in Onward LaRue ha fatto le cose in grande, facendosi produrre dall’esperto Gary Nicholson, uno dei nomi più di rilievo a Nashville anche come songwriter, e chiamando Ray Kennedy al mixer: in più, in session troviamo gente del calibro di Kenny Greenberg (marito di Ashley Cleveland, nonché produttore del bellissimo Blood di Allison Moorer) alle chitarre, Dan Dugmore alla steel, Mickey Raphael all’armonica, Mike Rojas al piano ed organo e, in un brano, Colin Linden alla chitarra. Il disco inizia benissimo con You Oughta Know Me By Now, una country song tersa e limpida che si dipana in maniera scorrevole e viene gratificata da una melodia immediata ed da una bella steel guitar; Hill Country Boogaloo ci mostra invece il lato rock di Stoney, un pezzo elettrico e cadenzato dal deciso sapore southern accentuato dal coro femminile nel refrain. La vivace Falling And Flying è puro country-rock caratterizzato da un motivo che prende fin dalle prime note, ed una fisarmonica sullo sfondo fornisce l’elemento tex-mex, mentre la gradevole Not One Moment, è un midtempo dallo sviluppo melodico fluido e con un’atmosfera d’altri tempi.

Segue Meet In The Middle, un grintoso country’n’roll in cui in nostro duetta con Tanya Tucker. Message In A Bottle non è il noto successo dei Police ma uno scintillante honky-tonk di stampo classico nello stile di George Jones, uno dei pezzi più riusciti del CD; Evil Angel è un gustosissimo e coinvolgente southern gospel nobilitato dalle voci delle McCrary Sisters e del leader degli Asleep At The Wheel Ray Benson https://www.youtube.com/watch?v=UEJX-6kpImA , mentre Drowning In Moonlight è un languido slow che stempera un po’ la tensione elettrica ed offre un momento di quiete. Worry Be Gone è ancora puro country dallo sviluppo contagioso, gran lavoro di piano e dobro ed una tromba a dare un sapore dixieland, la pianistica I Can’t Help You Say Goodbye è ancora una ballata di buon valore e Let’s Chase Each Other Around The Room è un trascinante honky-tonk dal gran ritmo, texano al 100%. Chiusura con la struggente Thought You’d Want To Know, forse il migliore tra i brani lenti del CD, e con la deliziosa High Time, country song elettroacustica in cui il nostro duetta con Brandon Jenkins, altro noto Red Dirt Man.

Stoney LaRue è uno che non tradisce mai, ma questo già lo sapevamo.

Marco Verdi

Tra Fairport Convention E Waterboys Una Piccola Grande Band Folk-Rock Dalla Cornovaglia. Red River Dialect – Abundance Welcoming Ghosts

red river dialect abundance welcoming ghosts

Red River Dialect – Abundance Welcoming Ghosts – Paradise Of Bachelors

Da qualche tempo, ma in particolare in questo ultimo anno, c’è stato un grande fermento nel movimento folk (rock) dell’isole britanniche: sia band che artisti solisti hanno pubblicato degli album che stanno rinverdendo gli allori del periodo d’oro del folk-rock, nei quali band come i Fairport Convention, gli Steeleye Span, i Pentangle (e sto ricordando solo i più noti di un fenomeno musicale che  ancora oggi fa sentire i suoi effetti ). Tra le uscite del 2019 come non ricordare i Lankum, Alasdair Roberts, i poco noti ma bravissimi Bird In the Belly, Joan Shelley (ok, è americana, ma il filone è quello), tra l’altro presente come ospite in questo Abundance Welcoming Ghosts, quinto album della band della Cornovaglia Red River Dialect, gruppo che fonde mirabilmente sonorità acustiche ed elettriche, ricordando quello che fecero in passato soprattutto Fairport Convention e Waterboys. Il leader del gruppo David Morris è un tipo “particolare”, seguace del buddismo, dopo avere registrato l’album ai Mwnci  Studios situati nel Galles occidentale, si è trasferito nella abbazia di Gampo, un monastero buddista in Nuova Scozia, Canada, per un ciclo di nove mesi di meditazione.

Diciamo che sono fatti suoi, anche se inquadra il personaggio: il gruppo è un sestetto, Morris incluso, che oltre a cantare e suonare le chitarre, ha composto tutti i nove brani del disco, gli altri componenti si occupano di chitarre elettriche, tastiere, basso e batteria, oltre alla presenza costante del violino. Il risultato finale è affascinante, come testimonia fin dall’inizio Blue Sparks, una canzone che ricorda quelle più epiche dei Waterboys di Mike Scott, anche per la voce passionale e risonante di Morris, partenza con un pianoforte solitario, poi entra una chitarra acustica arpeggiata, la sezione ritmica, la voce, il ritmo che cresce lentamente, arrivano le tastiere avvolgenti, le chitarre, un cello, poi il violino guizzante di Ed Sanders che porta ad una parte strumentale corale, ricca di energia. Two White Carps è un brano più intimo e spirituale con la voce emozionale di David che galleggia tra violino, piano e chitarre varie, nella spaziosità dell’arrangiamento ricco e raffinato; Snowdon è uno dei punti nodali dell’album, ad affiancare la voce di Morris arrivano quelle di Joanne Shelley e Coral Kindred Boothby,  la bassista della band, un attimo e siamo catapultati all’epoca di Liege And Lief dei Fairport Convention, tra melodie malinconiche ed improvvise sferzate elettriche, sempre con il violino in grande spolvero, bellissima.

Forse sono solo citazioni di cose già sentite, ma meglio una musica che rimanda (bene) al passato, piuttosto che sonorità moderne senza costrutto, create solo per colpire l’ascoltatore distratto. Deliziosa anche la dolce e ardente Slow Rush, di nuovo con la voce di Coral a sostenere quella austera e romantica di David, mentre il gruppo imbastisce le sue melodie senza tempo; Salvation, ha un incipit quasi sussurrato, poi la musica si anima, con sferzate elettriche tra wah-wah  e il violino sempre presente, altro brano che rimanda ai Waterboys più vigorosi ed epici https://www.youtube.com/watch?v=OBW-GUE3mNg , Celtic-rock di eccellente fattura. Simon Drinkwater, il chitarrista dei RRD è alle armonie vocali in Red River, una canzone dove il violino si fa a tratti più stridente, il ritmo più marziale, l’atmosfera è più inquietante e meno rassicurante, con qualche rimando appunto per l’uso costante dei violino ai Waterboys; anche nella successiva, lunga e bellissima Piano ci sono analogie con la band di Mike Scott, atmosfera più intima e raccolta, di nuovo con le ottime armonie vocali della Shelley in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=iGRi4FBRc7o . My Friend ha un ritmo più mosso e sbarazzino, la voce al solito piana, quasi alla Bert Jansch, di Morris, si anima e si irrobustisce a tratti, ancora con il supporto della Boothby, mentre la slide dell’ospite Tara Jane O’Neill la rende più evocativa, e a chiudere un eccellente album arriva infine la triste e malinconica BV Kistvaen, di nuovo con il violino di Sanders e le tastiere ad evocare le magiche e misteriose atmosfere delle Highlands.

 

Veramente una piccola grande band da seguire.

Bruno Conti

Un Altro Live Dei Dead? Sì, Ma Stavolta E’ Un Po’ Diverso! Grateful Dead – Ready Or Not

grateful dead ready or not

Grateful Dead – Ready Or Not – Rhino/Warner CD

Mentre scrivo queste righe il mese di Dicembre è ormai inoltrato e con il 100% di sicurezza posso affermare che, nell’ambito delle ristampe dei Grateful Dead per i cinquantennali dei loro album, non sarà prevista una riedizione del loro storico disco dal vivo Live/Dead, il cui anniversario è caduto il 10 Novembre: pertanto è lecito assumere che l’operazione riguardi solo i lavori in studio, nonostante il comunicato stampa uscito nel 2017 affermasse il contrario. Volevate però che i nostri non ci gratificassero comunque di una bella uscita dal vivo, nonostante il triplo Saint Of Circumstance (per tacere del box di 14 CD da cui è tratto) risalga a meno di due mesi fa? https://discoclub.myblog.it/2019/10/08/cadono-le-prime-foglie-ed-arriva-un-live-dei-dead-grateful-dead-saint-of-circumstance/  Però questa volta la band di San Francisco ci ha riservato una sorpresa: Ready Or Not non è infatti il solito concerto dal vivo del passato, bensì una collezione di nove brani su un singolo CD (da quando i Dead non pubblicavano qualcosa su un CD singolo?) tratta da vari show tenuti negli ultimi anni di attività prima della tragica scomparsa nel 1995 di Jerry Garcia.

E se i titoli dei brani non vi suonano familiari avete ragione, in quanto stiamo parlando delle canzoni che avrebbero in teoria dovuto formare il nuovo album di studio dei nostri, in pratica il seguito di Built To Last del 1989, progetto che non andò in porto un po’ per la loro proverbiale lunghezza, un po’ perché il fato ci mise il becco, appunto con la morte di Garcia. Nove brani inediti quindi, ma suonati varie volte dal vivo tra il 1992 ed il 1995 ed ora finalmente riproposti tutti insieme quasi a voler rendere pubblico quell’album mai pubblicato. I collezionisti più assidui dei Dead conosceranno già questi titoli, dato che non è comunque la prima volta che escono ufficialmente: le versioni più rare si trovano su un concerto del 1993 uscito nel 2009 nell’ambito della serie Road Trips e nel megabox di 80CD Thirty Trips Around The Sun (nei concerti degli anni 1993, 1994 e 1995), ma anche nello splendido cofanetto quintuplo del 1999 So Many Roads, al cui interno c’erano ben sei di questi nove brani, tre dei quali addirittura incisi in studio in versione più da rehersal che come canzone finita. Se però non possedete quanto appena indicato, Ready Or Not è sicuramente il modo migliore per scoprire i pezzi in questione, in quanto suonati da quella che secondo molti è la migliore formazione di sempre dei Dead, cioè con Vince Welnick alle tastiere.

In più, per compilare questo CD sono state scelte con cura le performance migliori disponibili, che provengono da varie serate tra il 1992 ed il 1995, di cui due al Madison Square Garden di New York e tutte le altre una ciascuna da una location diversa (Memphis, Atlanta, Noblesville, Chapel Hill, Burgettstown, Philadelphia e Oakland), con lunghezze che vanno dai sei ai quindici minuti. Negli ultimi anni Garcia aveva dato molto più spazio del solito al songwriting dei suoi compagni, soprattutto a Bob Weir ma anche a Brent Mydland prima della sua improvvisa scomparsa, e ciò era stato il problema principale di Built To Last, album inferiore al precedente In The Dark proprio per la differente qualità dei brani non scritti da Jerry; ma si sa che nei gruppi rock l’eccessiva democrazia ha spesso fatto danni. Ready Or Not, pur risultando alla fine un album coi fiocchi, soffre in parte degli stessi problemi, cioè con i pezzi a firma Garcia/Hunter di livello nettamente superiore agli altri. I brani di Jerry iniziano con Liberty, una rock ballad godibile e diretta dal motivo immediato che richiama i classici degli anni settanta del gruppo, una bella canzone punteggiata dal piano liquido di Welnick ed ovviamente dalla magnifica chitarra del leader.

Lazy River Road è un delizioso pezzo dal sapore tradizionale, suonato con piglio rock, quasi southern, ma con una melodia decisamente folk, mentre So Many Roads è una splendida ballata lenta, tra le migliori scritte da Jerry nei suoi ultimi decenni di vita, dotata di un motivo toccante ed un crescendo formidabile, che culmina in un finale stupendo con un coro in sottofondo che richiama la melodia di Knockin’ On Heaven’s Door: avrebbe potuto diventare un classico assoluto. Per contro lo slow Days Between è un brano piuttosto nella media, nobilitato però da una solida performance da parte di tutti. Eternity è la prima delle tre tracce di Weir, scritta insieme a Rob Wasserman e addirittura al mitico Willie Dixon, un brano fluido solo sfiorato dal blues, dall’andatura insinuante e con ottimi spunti di Jerry e Vince, che passa con disinvoltura dal piano al synth (poco per fortuna) all’organo. Poi abbiamo la lunga Corrina (un quarto d’ora), brano grintoso e ben strutturato che è un pretesto per una jam di ottimo livello, ancora con chitarra e tastiere sugli scudi; chiude il trittico dei brani di Bob la roccata Easy Answers, una discreta canzone inficiata però dall’uso insistito del sintetizzatore: non imperdibile.

Anche Welnick ha l’onore di avere due brani a disposizione (primi ed unici all’interno dei Dead), scritti anch’essi con l’aiuto del paroliere Robert Hunter: Samba In The Rain è un pezzo mosso e fluido che fortunatamente non ha molto di brasiliano ma ricorda al limite un latin-rock alla Santana, non un capolavoro ma si lascia ascoltare specie nelle parti strumentali, dato che Vince non aveva una voce bellissima e neanche particolarmente intonata (meglio comunque di quella di Phil Lesh). Way To Go Home, rock-blues alla maniera dei nostri, è un brano diretto e gradevole grazie anche ad uno strepitoso assolo di Garcia ed a Welnick che tiene più sotto controllo la voce. Quindi un altro bel live per i Grateful Dead, questa volta con canzoni che non si ascoltano spesso, e con quelle di Garcia di un gradino superiore alle altre. E poi c’è So Many Roads, un capolavoro.

Marco Verdi

Una Proposta “Diversa” Ma Affascinante Per La Grande Vocalist Irlandese. Mary Black – Orchestrated

mary black orchestrated

Mary Black Orchestrated – Blix Street Records

Mary Black è una delle cantanti folk irlandesi più brave e popolari, diciamo che in patria ha goduto di un consenso quasi unanime dalla critica e anche vendite più che rispettabili, con i suoi undici album di studio che hanno quasi sempre raggiunto la vetta delle classifiche e tutti hanno avuto la status di disco di platino. Da qualche anno a questa parte, dopo avere annunciato il suo ritiro, Mary Black ha comunque diradato di molto le sue apparizioni discografiche, un album nel 2005 e uno nel 2011, e anche le tournée sono molto più brevi di un tempo, e quasi completamente sul territorio irlandese: però escono molti progetti  particolari che rivisitano il suo songbook, magari con l’aggiunta di bonus, come è stato per Mary Black Sings Jimmy MacCarthy, o per la versione del trentennale di By The Time It Gets Dark, nel 2008 era uscito anche Twenty Five Years Twenty Five Songs,  con il meglio della sua carriera e alcune chicche aggiunte per i fans.

L’ultima “pensata” è questo Orchestrated, in cui la vocalist di Dublino ha scelto le sue canzoni preferite (sia dal proprio repertorio che cover) e le ha rivestite di sontuosi arrangiamenti orchestrali, con l’aiuto di Brian Byrne che ha curato le partiture e diretto la RTÉ National Symphony Orchestra. Ovviamente la ragione per cui si apprezza questo album, che poteva essere un azzardo invece funziona, è la possibilità di potere ascoltare ancora una volta una delle più belle voci in circolazione, e non solo in ambito folk, con un timbro così puro e cristallino che per anni è stata la testimonial di molte case di prodotti hi-fi per audiofili. Ora forse la voce non è più così perfetta, ma ha sempre un fraseggio vocale che è goduria pura. Diciamo che, specie quando l’orchestra entra massicciamente negli arrangiamenti, lo spirito celtico un po’ si perde, ma le canzoni si ascoltano sempre con grande piacere (e forse non è un caso che l’etichetta che da qualche tempo pubblica i suoi dischi, sia la Blix Street, la stessa che cura il patrimonio discografico della scomparsa Eva Cassidy, altra voce superba).

Il disco si apre con una a tratti fin troppo lussureggiante versione di No Urge For Going di Joni Mitchell, con l’orchestra che rischia (quasi) di coprire la splendida voce di Mary; Carolina Rua è una delle sue canzoni più famose e mantiene quello spirito celtico dei suoi brani più riusciti, con intermezzi più intimi, quasi acustici, anche sotto forma di gighe, alternati alle potenti accelerazioni orchestrali, No Frontiers è una meraviglia del creato, una canzone malinconica e sognante dove la voce della Black quasi risplende, con quel timbro caldo ed avvolgente che ci affascina sempre. Poison Tree è un adattamento di un poema di William Blake, eseguita in duetto insieme alla collega australiana Marcia Howard, con un risultato finale turgido, molto da musical di Broadway, bello ma forse con poco calore. The Summer Sent You viceversa è una delle più belle canzoni scritte da Noel Brazil per lei, molto calda, passionale e coinvolgente, poi tocca ad uno dei capolavori assoluti di Richard Thompson The Dimming Of The Day, un altro brano dove la malinconia regna sovrana e l’arrangiamento orchestrale ne evidenzia la maestosità.

Turning Away, scritta dal cantautore scozzese Dougie MacLean, è brano di impianto folk, delicato e quasi danzante, peccato per il finale troppo pomposo e carico dell’orchestra, Bless The Road ha una melodia più dolce e cantabile, perfetta per la voce empatica della Black, mentre l’orchestra non è troppo invadente e lascia trasparire gli accenti celtici. The Loving Time, scritta sempre da Brazil, è stata in passato anche un duetto con una quasi deferente Emmylou Harris https://www.youtube.com/watch?v=Br55Mjve33Q , e pure in questa versione più matura mette in luce quella voce splendida, che è poi il motivo per cui uno compra i dischi di Mary Black; Adam At The Window è l’altra canzone di Jimmy MacCarthy, l’autore di No Frontiers, altra melodia rigogliosa, con una fisarmonica che a tratti fa capolino. Chiude Poison Words, uno dei brani più intimi e raccolti, con chitarra e cello che dopo una breve introduzione acustica lasciano spazio ai soliti florilegi orchestrali.Quindi un disco “diverso” ed affascinante che non mancherà di soddisfare sia i fans quanto chi vorrà avvicinarsi alla musica di questa grande vocalist, un patrimonio della musica irlandese.

Bruno Conti

Garantisce Un Certo John Prine! Kelsey Waldon – White Noise/White Lines

kelsey waldon white noise white lines

Kelsey Waldon – White Noise/White Lines – Oh Boy/Thirty Tigers CD

Quando la gavetta porta risultati: Kelsey Waldon è una musicista del Kentucky che ha esordito discograficamente nel 2010, ma per anni i suoi album sono stati distribuiti da lei stessa ed oggi sono pertanto introvabili, con l’eccezione del suo penultimo lavoro I’ve Got A Way del 2016 (ma anch’esso al momento è irreperibile, almeno a prezzi accessibili). La fortuna di Kelsey è girata allorquando è stata notata dal grande John Prine, che ne è rimasto talmente impressionato da volerla come opening act per i suoi concerti e, soprattutto, le ha fatto firmare il primo contratto stipulato dalla sua casa discografica, la Oh Boy Records, negli ultimi quindici anni. White Noise/White Lines è quindi il risultato di questa collaborazione, ed è un buon dischetto di country music d’autore, suonato con perizia da un manipolo di strumentisti poco conosciuti (il più noto è il chitarrista e produttore del disco Dan Knodler, già nel recente passato con Rodney Crowell) e cantato dalla Waldon con una bella voce squillante e leggermente nasale, perfetta per la sua musica.

Non c’è Prine nel CD, ma non serve, in quanto Kelsey è assolutamente in grado di camminare con le sue gambe, e le canzoni che ha scritto per questo album (tutte sue tranne una) lo dimostrano: musica country diretta e piacevole ma non solo, in quanto qua e là troviamo anche robuste tracce di folk e rock, con le chitarre elettriche che spesso e volentieri assumono il ruolo di protagoniste al pari di violini e steel, e la titolare del lavoro che riesce ad essere intimista in alcuni momenti  e vigorosa in altri, con uguale credibilità. L’energica Anyhow apre l’album in maniera grintosa, un country-rock spedito ed elettrico che è un tripudio di chitarre e steel, oltre ad avere un motivo decisamente immediato. Nella title track Kelsey sembra invece una versione femminile di Tom Petty: il brano è rock, ma il mood è attendista e suadente e la Waldon si destreggia molto bene tra chitarre che arrivano da più parti ed un drumming non pressante ma continuo.

Kentucky, 1988 è una ballata tersa e distesa, cantata e suonata in maniera rilassata ma senza perdere di vista il gusto per la melodia diretta e piacevole, Lived And Let Go è un delicato intermezzo dal sapore folk e dalla strumentazione essenziale (voce e chitarra), mentre Black Patch, che unisce con disinvoltura violino e chitarra elettrica, è una vibrante country song alla maniera degli Outlaw degli anni settanta, ed infatti il paragone che ho in mente è con Jessi Colter che un “fuorilegge” lo aveva anche sposato. Un breve assolo di banjo introduce la limpida Run Away, un brano lento e country al 100%, ma sempre con chitarre e steel a dettare il motivo di base; Sunday’s Children ha un inizio quasi funky, ma nel prosieguo assume tonalità sudiste, con il ritmo sempre cadenzato da un basso molto pronunciato, un pezzo che non ti aspetti e che precede la bella Very Old Barton, che invece sembra in tutto e per tutto un classico valzerone texano. Chiusura con una languida versione di My Epitaph, brano della leggendaria folksinger Ola Belle Reed, un finale suggestivo con la voce in primo piano, la steel sullo sfondo ed il minimo indispensabile di strumenti aggiunti.

Al sesto album forse è venuto il momento che qualcuno si accorga di Kelsey Waldon, considerando anche che i margini di miglioramento sono ancora enormi: d’altronde se si è mosso uno come John Prine qualcosa vorrà pur dire.

Marco Verdi

Anche Quest’Anno Ci Siamo: Il Meglio Del 2019 Secondo Disco Club, Parte IV

numero uno alan ford

Ogni tanto mi rituffo nelle mie vesti virtuali di “Numero Uno” (anche del Blog), in questo caso per la mia classifica di fine anno, molto ampia ed articolata, e vi annuncio sin d’ora che ci sarà anche una appendice corposa, che mi riservo in qualità di Boss, ma soprattutto perché scorrendo le uscite del 2019 mi sono accorto che sarebbero rimasti fuori dalla lista molti titoli meritevoli, già individuati, che però avrebbero reso questo Post quasi un romanzo. Per cui andiamo con il Best Of in versione “normale”, il resto a seguire. Non sono in stretto ordine di preferenza, esclusi i primi sette o otto.

Bruno Conti Il Meglio Del 2019

Top 15

van morrison three chords & the truth

Van Morrison – Three Chords & The Truth

janiva magness sings john fogerty

Janiva Magness – Sings John Fogerty Change In The Weather

christy moore magic nights

Christy Moore – Magic Nights

mavis staples we get by

Mavis Staples – We Get By

gov't mule bring on the music 2 cd

Gov’t Mule – Bring On The Night Live At Capitol Theatre

marc cohn blind boys of alabama work to do

Marc Cohn And Blind Boys Of Alabama – Work To Do

mike zito a tribute to chuck berry

Mike Zito & Friends – Rock ‘n’ Roll – A Tribute To Chuck Berry

reese wynans sweet release

Reese Wynans And Friends – Sweet Release

john mayall nobody told me

John Mayall – Nobdoy Told Me

jack ingram ridin' high...again

Jack Ingram – Ridin’ High Again

chris kinght almost daylight

Chris Knight – Almost Daylight

over the rhine love and revelation

Over The Rhine – Love And Revelation

allison moorer blood

Allison Moorer – Blood

delbert mcclinton tall dark and handsome

Delbert McClinton – Tall, Dark & Handsome

bruce springsteen western starsbruce springsteen western stars songs form the film

Insieme e alla pari, alla faccia di chi ne ha parlato male!

Bruce Springsteen – Western Stars + Western Stars: Songs From The Film

 

Le Migliori Ristampe Nel senso più ampio del termine.

jimi hendrix songs for groovy children front

Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children The Fillmore East Concerts

bob dylan rolling thunder revue

Bob Dylan The Rolling Thunder Revue – The 1975 Live Recordings

fleetwood mac before the beginning front

Fleetwood Mac – Before The Beginning

rory gallagher blues

Rory Gallagher – Blues

allman brothers band fillmore west '71 box

Allman Brothers Band – Fillmore West ’71

van morrison the healing game

Van Morrison – The Healing Game 3 CD

the band the band 2 CD

The Band – The Band 50th Anniversary Edition 2 CD

richard thompson across a crowded room live

Richard Thompson – Across A Crowded Room Live At Barrymore’s 1985

steve miller band welcome to the vault

Steve Miller Band – Welcome To The Vault

rolling stones bridges to buenos aires

Rolling Stones – Bridges To Buenos Aires

Jorma Kaukonen & Jack Casady - Bear’s Sonic Journals Before We Were Them

Jorma Kaukonen & Jack Casady – Before We Were Them

E’ uscito all’inizio dell’anno e molti se lo sono dimenticato, ma merita.

bob dylan travelin' thru bootle series vol.15

Bob Dylan – Travelin’ Thru The Bootleg Series Vol. 15 1967-1969

L’altro cofanetto di quest’anno di Bob Dylan (e Johnny Cash).

gregg allman laid back deluxe

Gregg Allman – Laid Back

carole king live at montreux 1973 cd+dvd

Carole King – Live At Montreux 1973 CD/DVD

marvin gaye what's going on live

Marvin Gaye – What’s Going On Live

pretty things the final bow

Pretty Things – The Final Bow CD/DVD/10″

Recensione nei prossimi giorni: ospiti nel concerto Van Morrison David Gilmour.

 

mandolin' brothers 6

Miglior Disco Italiano

Mandolin’ Brothers – 6

 

Il Meglio Del Resto (Una Prima Selezione)

mary black orchestrated

Mary Black – Orchestrated

runrig the last dance

Runrig – The Last Dance

patty griffin patty griffin

tom russell october in the railraod earth

Tom Russell – October In The Railroad Earth

tedeschi trucks band signs

Tedeschi Trucks Band – Signs

drew holcomb neighbors

Drew Holcomb & The Neighbors – Dragons

rodney_crowell-Texas_cover

Rodney Crowell – Texas

https://discoclub.myblog.it/2019/08/22/un-riuscito-omaggio-alle-sue-radici-anche-attraverso-una-serie-di-duetti-rodney-crowell-texas/

robert randolph brighter days

Robert Randolph & The Family Band – Brighter Days

peter frampton band all blues

Peter Frampton Band – All Blues

echo in the canyon soundtrack

Jakob Dylan & Friends – Echo In The Canyon

nick cave ghosteen

Nick Cave & The Bad Seeds – Ghosteen

michael mcdermott orphans

Michael McDermott – Orphans

joe henry the gospel according to water

Joe Henry – The Gospel According To Water

session americana north east

Session Americana – North East

doobie brothers live from the beacon theatre

Doobie Brothers – Live From The Beacon Theatre

leonard cohen thanks for the dance

Leonard Cohen – Thanks For The Dance

 

Delusione Dell’Anno 

sturgill simpson sound & fury

Sturgill Simpson – Sound And Fury Ovvero, il disco più brutto dell’anno! Intendiamoci, ce ne sono a decine, a centinaia, di più brutti, ma da “uno dei nostri” non me lo aspettavo.

Per ora è tutto, ma nei prossimi giorni, come promesso all’inizio del Post, una corposa appendice con il Resto Del Meglio.

Bruno Conti

Indovinate Un Po’ “Chi” E’ Tornato A Fare Dischi! The Who – WHO

the who - who cdthe who who deluxe

The Who – WHO – Polydor/Universal CD

Uno degli eventi musicali del 2019 è indubbiamente il nuovo album in studio degli Who, che come saprete più che una vera band sono ormai da anni un duo formato dal cantante Roger Daltrey e dal chitarrista Pete Townshend, dato che gli ex compagni scomparsi prematuramente Keith Moon e John Entwistle, non sono mai stati rimpiazzati con musicisti facenti ufficialmente parte del gruppo. E’ abbastanza sorprendente che la band britannica abbia dato un seguito all’ormai lontano Endless Wire del 2006, in quanto sembrava che a Townshend non interessasse più scrivere nuove canzoni (ed infatti anche la sua carriera solista è ferma a Psychoderelict del 1993) mentre Daltrey, che ultimamente è molto attivo (lo splendido Going Back Home del 2014 con Wilko Johnson, il buon As Long As I Have You dello scorso anno https://discoclub.myblog.it/2018/06/15/la-voce-e-la-grinta-sono-quelle-di-un-trentenne-ma-pure-il-disco-e-bello-roger-daltrey-as-long-as-i-have-you/  e di recente anche la versione live orchestrale di Tommy) non è mai stato e mai sarà un songwriter.

La seconda sorpresa è che WHO (questo il titolo del CD, rigorosamente maiuscolo) è probabilmente il miglior lavoro della band negli ultimi 40 anni: detto così potrebbe sembrare un’esagerazione, ma se poi andate a vedere durante le ultime quattro decadi i nostri hanno pubblicato solo i non eccelsi Face Dances e It’s Hard negli anni ottanta, nulla nei novanta ed il già citato Endless Wire, discreto ma niente più, come unico nuovo album del millennio corrente. WHO invece è un buon album, un lavoro in cui Townshend dimostra di avere ancora la voglia e la capacità di scrivere belle canzoni, cosa assolutamente non scontata quando hai più di 50 anni di carriera sulle spalle; non siamo dalle parti del capolavoro, qualche brano è di livello inferiore rispetto ad altri, ma il tutto è suonato alla grande ed il feeling è quello dei giorni migliori. E poi Daltrey ha ancora una voce magnifica, forte e pulita come se avesse ancora trent’anni. I nostri hanno fatto le cose in grande anche dal punto di vista grafico, affidandosi a Peter Blake (l’uomo dietro la storica copertina di Sgt. Pepper), che ha messo a punto un collage di immagini che comprendono Chuck Berry, Mohammed Ali, Batman e Robin, oltre a riferimenti a dischi del passato dei nostri tipo il flipper di Pinball Wizard ed i baked beans di Sell Out ed all’estetica Mod tipica dei sixties (anche se il risultato finale somiglia parecchio all’edizione del decennale di Stanley Road di Paul Weller).

Ovviamente sono della partita sia il bassista Pino Palladino che il batterista Zak Starkey (figlio di Ringo Starr), da anni con Pete e Roger anche dal vivo, ma al basso troviamo anche Guy Seyffert ed ai tamburi Joey Waronker, figlio del noto produttore Lenny, Matt Chamberlain e Carla Azar, mentre alle tastiere siede l’ex Heartbreaker Benmont Tench. L’album inizia in maniera potente con All This Music Must Fade, un brano tipico con gli stacchi chitarristici per i quali gli Who vanno famosi, Palladino e Starkey che cercano di non far rimpiangere Entwistle e Moon e l’ugola tonante di Daltrey in primo piano: forse non è una canzone rivoluzionaria, ma il suono è quello giusto. Un preambolo pianistico alla Pinball Wizard introduce la tonica Ball And Chain, sorta di rock-blues fatto alla maniera dei nostri, tosto, chitarristico, roboante e coinvolgente; I Don’t Wanna Get Wise è una rock song diretta e decisamente orecchiabile, con Roger che canta come ai bei tempi ed una strumentazione forte e pulita; Detour è grintosa e presenta un gran lavoro di percussioni ma come canzone è forse la meno riuscita del disco, mentre Beads On One String è una limpida e distesa ballata dal motivo di presa immediata, con elementi rock sempre ben presenti e Roger che dimostra di non essere solo uno screamer.

Hero Ground Zero è una rock’n’roll song potente e decisamente bella, impreziosita da una orchestrazione che la rende ancora più epica, e ha il passo delle cose migliori dei nostri, e pure Street Song, pur non raggiungendo lo stesso livello, è un pezzo di grande forza e vigore ed è dotato di un buon refrain. I’ll Be Back è l’unica traccia cantata da Townshend, una pop ballad d’atmosfera gradevole e di buona fattura pur se diversa dallo stile abituale del gruppo, mentre con Break The News torna Roger per un bellissimo folk-rock elettroacustico, diretto e trascinante: tra i brani migliori del CD. Finale con Rockin’ In Rage, ballata pianistica che in breve si trasforma in un grintoso e travolgente rock’n’roll, e con She Rocked My World, che ha quasi il sapore di una bossa nova ma non sfigura affatto. Esiste anche una versione deluxe dell’album con tre brani in più (This Gun Will Misfire, Got Nothing To Prove, Danny And My Ponies), che in realtà erano dei demo di canzoni inedite, scritte da Townshend in epoca diverse: la prima una canzone sul controllo degli armamenti, dovrebbe provenire dal periodo di Psychoderelict, il secondo è un pezzo registrato nel 1966 per gli Who, non utilizzato all’epoca, a cui è stata aggiunto recentemente una ulteriore strumentazione https://www.youtube.com/watch?v=f2FZmbB7B-M  e nella terza sembra che Pete usi un vocoder, comunque tutti e tre i brani con Townshend alla voce solista, tre pezzi che comunque non spostano il giudizio finale.

Un giudizio decisamente positivo.

Marco Verdi

Anche Quest’Anno Ci Siamo: Il Meglio Del 2019 Secondo Disco Club, Parte III

Proseguiamo con la pubblicazione delle liste del meglio del 2019 dei collaboratori del Blog, questa volta tocca a Tino Montanari. Come vedete sono molto creative e diverse tra loro, ognuno le imposta in modo differente, anche con categorie di fantasia, comunque visto che vogliono essere anche dei suggerimenti, delle segnalazioni delle cose più interessanti e sfiziose uscite nel corso dell’anno (nonché pure per il piacere e il divertimento di chi le scrive), qui e là vengono arricchite da video, link a post del Blog e qualche commento inserito dal sottoscritto.

Bruno Conti

P:S Visto che il Post è un po’ lungo e carico di materiale potrebbe caricarsi con lentezza.

POLL 2019

 leonard cohen thanks for the dance

 Disco Dell’Anno

Leonard Cohen – Thanks For The Dance

Canzone Dell’Anno

Leonard Cohen – The Hills

https://discoclub.myblog.it/2019/11/24/il-testamento-postumo-di-leonard-thanks-for-the-dance-leonard-cohen/

Concerto Dell’Anno

Eric Andersen Trio (Featuring Scarlet Rivera) – Spazio Musica Pavia

https://discoclub.myblog.it/2019/11/15/in-attesa-di-futuri-sviluppi-concerto-evento-a-spazio-musica-di-pavia-eric-andersen-scarlet-rivera-eric-andersen-trio-09112019-dal-nostro-inviato/

tom petty the best of everything

Cofanetto Dell’Anno

Tom Petty And The Heartbreakers – The Best Of Everything 1976-2016

*NDB Non è proprio un cofanetto, visto che si tratta di un doppio CD, ma è comunque un modo per tenere vivo il ricordo del biondo rock che ci manca sempre più.

the band the band 2 CD

Ristampa Dell’Anno

The Band . The Band 50th Anniversary

joni mitchell 75 movie

Tributo Dell’Anno

Various Artists Joni 75: A Birthday Celebration 

joe bonamassa live at sydney opera house

Disco Rock

Joe Bonamassa – Live At The Sydney Opera House

https://discoclub.myblog.it/2019/10/23/sia-pure-in-ritardo-ma-non-poteva-mancare-un-suo-nuovo-album-nel-2019-joe-bonamassa-live-at-the-sydney-opera-house/

robert randolph brighter days

Disco Rock-Blues

Robert Randolph & The Family Band – Brighter Days

Proprio in questi giorni è entrato nella cinquina delle nominations ai Grammy come Best Contemporary Blues Album

https://discoclub.myblog.it/2019/08/19/tra-blues-gospel-e-rock-un-chitarrista-eccezionale-con-la-produzione-di-dave-cobb-robert-randolph-family-band-brighter-days/

Disco Folk

Dervish – The Great Irish Songbook

Disco Roots

Tom Russell – October In The Railroad Earth

old crow medicine show live at the ryman

Disco Country

Old Crow Medicine Show – Live At The Ryman

mavis staples we get by

Disco Rhythm & Blues

Mavis Staples – We Get By

teskey brothers run home slow

Disco Soul

Teskey Brothers – Run Home Slow

peter frampton band all blues

Disco Blues

Peter Frampton Band – All Blues

https://discoclub.myblog.it/2019/06/10/una-dichiarazione-di-intenti-sin-dal-titolo-a-sorpresa-un-eccellente-disco-peter-frampton-band-all-blues/

Disco Jazz (??) *NDB Diciamo fusion.

Spyro Gyra – Vinyl Tap

vent du nord territoires

Disco World Music

Le Vent Du Nord – Territories

Disco Gospel

Marc Cohn & Blind Boys Alabama – Work To Do

creedence live at woodstock

Disco Oldies

Creedence Clearwater Revival – Live At Woodstock

Disco Live

archie roach the concert collection

Archie Roach – The Concert Collection 2012-2018

https://discoclub.myblog.it/2019/06/22/forse-il-canto-del-cigno-di-un-grande-aborigeno-australiano-archie-roach-the-concert-collection-2012-2018/ *NDB Forse, perché prossimamente vi presenteremo sul Blog un nuovo CD di Archie Roach.

cheap wine faces cd

Disco Italiano

Cheap Wine –  Faces

the irishman soundtrack

Colonna Sonora

Various Artists – The Irishman

runrig the last dance

Dvd Musicale

Runrig – The Last Dance

Il Meglio Del Resto 

Chris Knight – Almost Daylight

jimmy barnes my criminal record

Jimmy Barnes – My Criminal Record

paul kelly live at sydney opera house

Paul Kelly Live At Sidney Opera House

Nick CaveGhosteen

Van Morrison Three Chords And The Truth

christy moore magic nights

Christy Moore – Magic Nights

*NDB Questo è bellissimo, sarà anche nella mia lista dei migliori dei migliori del 2019, recensione prossimamente sul Blog, prima la leggerete sul Buscadero (tanto è sempre mia).

Jon Brooks & The Outskirts Of Approval – Moth Nor Rust II

doug seegers a story i got to tell

Doug Seegers – A Story I Got To Tell

anderson east alive in tennessee

Anderson East – Alive In Tennessee

*NDB Facciamo un’eccezione visto che è uscito solo in vinile, ma lui è veramente bravo.

Neil Young – Colorado

mary black orchestrated

Mary Black Orchestrated

Recensione sul Blog nei prossimi giorni!

Carrie Newcomer – The Point Of Arrival

janiva magness sings john fogerty

Janiva Magness – Change In The Weather Sings John Fogerty

Mavis Staples – Live In London

beth hart war in my mind deluxe

Beth Hart – War In My Mind

Rickie Lee Jones – Kicks

Lisa Hannigan & Stargaze – Live In Dublin

Loreena McKennitt – Live At The Royal Albert Hall

jude johnstone living room

Jude Johnstone – Living Room

https://discoclub.myblog.it/2019/11/09/canzoni-dal-salotto-di-casa-jude-johnstone-living-room/

allison moorer blood

Allison Moorer – Blood

 

The Delines – The Imperial

black sorrows live at the palms

Black Sorrows Live At The Palms

https://discoclub.myblog.it/2019/05/22/un-altro-disco-che-quasi-non-ce-un-mitico-locale-australiano-per-una-grande-band-black-sorrows-live-at-the-palms/

goats don't shave out the libe

Goats Don’t Shave – Out The Line

subdudes lickskillet

Subdudes – Lickskillet

The Steel Woods – Old News

Purple Mountains – Purple Mountains

doobie brothers live from the beacon theatre

Doobie Brothers – Live From The Beacon Theatre

over the rhine love and revelation

Over The Rhine – Love & Revelation

whiskey myers whiskey myers

Whiskey Myers – Whiskey Myers

session americana north east

Session Americana – North East

Tino Montanari